Genesi |
Il titolo "Genesi" significa "Origine" o "Generazione".
In ebraico il libro è indicato con l'espressione iniziale Bereshìt, "In principio".
Il libro della Genesi si sviluppa come un solo grande affresco aperto dalla descrizione delle origini ( 1,1-11,26 ) e poi, nella parte più vasta ( 11,27-50,26 ), tutto occupato dalla storia dei patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe.
Si conclude con il racconto della emigrazione in Egitto di Giacobbe e della sua famiglia.
Nella parte prima, il libro affronta i grandi enigmi dell'esistenza: origini dell'universo e dell'uomo, quale sia il giusto rapporto dell'uomo con Dio, il problema del bene e del male, del dolore, della morte, la crescita dell'umanità e il suo differenziarsi nello scorrere del tempo.
Su questo sfondo vengono poi raccontate le vicende di un singolo uomo, Abramo, che Dio sceglie a suo interlocutore, strumento di benedizione per la sua famiglia e "per tutte le famiglie della terra" ( 12,1-3 ).
Il libro narra quindi le vicende dei discendenti di Abramo.
Creazione e riposo divino ( 1,1-2,4a )
Gli inizi dell'umanità:
dalla creazione al diluvio ( 2,4b-5,32 )
Noè e il diluvio ( 6,1-9,29 )
L'umanità dopo il diluvio ( 10,1-11,26 )
Abramo ( 11,27-25,18 )
Isacco e i suoi figli Esaù e Giacobbe ( 25,19-37,1 )
Giuseppe e i suoi fratelli ( 37,2-50,26 ).
I quesiti dell'esistenza umana non vengono affrontati con riflessioni o ragionamenti teorici, ma attraverso il racconto.
Le genealogie servono a esprimere lo scorrere della storia attraverso le generazioni e a collocare in rapporto tra loro i diversi popoli.
In ogni momento, il protagonista delle vicende è sempre e soltanto Dio che, con la sua presenza e la sua parola, proietta una luce di speranza anche sulle situazioni più angosciose.
Nell'insieme del libro compaiono alcune grandi tematiche, che si ritrovano poi nell'intera Bibbia:
alleanza,
promessa,
peccato,
salvezza,
benedizione,
terra come dono di Dio,
circoncisione,
discendenza di Abramo.
Il primo destinatario del libro della Genesi fu il popolo d'Israele, in particolare il popolo tornato dall'esilio babilonese.
La tradizione d'Israele e quella della Chiesa hanno attribuito l'intero Pentateuco, e quindi anche il libro della Genesi, all'opera di Mosè.
Gli studi degli ultimi secoli hanno mostrato, tuttavia, la complessità del processo di scrittura del libro: tradizioni diverse confluiscono nell'ultima redazione, portando con sé la memoria di momenti storici diversi e ambienti diversi del popolo d'Israele e convogliando riflessioni teologiche differenti sull'esperienza del popolo con il suo Dio.
Come tutto il Pentateuco, anche la Genesi dovette raggiungere la sua forma attuale verso i secoli V-IV a.C.
Genesi (= origine, in greco) è il primo libro della Bibbia, cosi chiamato perché descrive l'origine del mondo, dell'umanità e delle dodici tribù israelitiche.
Gli Ebrei palestinesi lo chiamarono invece con un termine che significa in principio, dalla prima parola con cui il libro inizia.
Sia per l'indole del contenuto sia per la sua origine, Gen. si divide in due parti : la preistoria biblica ( cc. 1-11 ) e la storia dei patriarchi ebrei ( cc. 12-50 ).
La prima parte si svolge in un orizzonte universalistico: tutta l'umanità o, comunque, una umanità non ebraica è oggetto della provvidenza divina.
La seconda parte è la storia particolare di un popolo nei suoi personaggi più antichi: dapprima l'antenato eletto da Dio, Abramo ( cc. 12-25 ), poi Isacco e Giacobbe ( cc. 25-36 ), in fine i figli di Giacobbe, specialmente Giuda e Giuseppe ( cc. 37-50 ).
La prima parte risulta di concetti storico-religiosi ricevuti per rivelazione e di tradizioni raccolte da altri popoli; la seconda invece di tradizioni di famiglia e di stirpe, proprie del popolo ebraico.
Nella prima parte prevale l'insegnamento teologico, sostenuto da un tenue filo storico; nella seconda prevale l'elemento storico, largamente narrativo.
Dal punto di vista della struttura letteraria, distinguiamo in Gen. un seguito di narrazioni condotte con un'arte semplice ma assai efficace, intercalate da documenti aridissimi ( genealogie, elenchi ), e un canovaccio ricco di dati cronologici: una specie di rete che trattiene nelle sue maglie narrazioni e documenti, dando unità al tutto.
I punti salienti di questo canovaccio portano titoli, che suddividono Gen. in dieci generazioni di lunghezza assai diversa.
Il termine generazioni che traduciamo variamente secondo il contesto, indica pressa poco la « storia dei discendenti », così » generazioni di Terakh » ( 11,27 ) indica in realtà la storia di Abramo, figlio di Terakh.
Ecco le dieci sezioni così delimitate:
I. Generazioni del cielo e della terra ( 2,4 ), cioè la storia dei primi uomini;
II. Generazioni di Adamo ( 5,1 ), cioè i discendenti di Adamo fino a Noè;
III. Generazioni di Noè ( 6,9 ), cioè la storia del diluvio;
IV. Generazioni dei figli di Noè ( 10,1 ), la così detta tavola dei popoli;
V. Generazioni di Sem ( 11,10 ), i discendenti di Sem fino a Terakh;
VI. Generazioni di Terakh ( 11,27 ), la famiglia di Terakh e la storia di Abramo;
VII. Generazioni di Ismaele ( 25,12 ), cioè i dodici figli d'Ismaele;
VIII. Generazioni di Isacco ( 25,19 ), cioè la storia di Esaù e Giacobbe;
IX. Generazioni di Esaù ( 36,1 ), serie di documenti riguardanti le tribù degli Idumei;
X. Generazioni di Giacobbe ( 37,1 ), cioè la storia di Giuseppe e dei suoi fratelli.
Cinque di queste sezioni ( II, IV, V, VII, IX ) hanno esclusivamente la forma di una genealogia o d'un elenco.
Questo canovaccio di titoli e di notizie sommarie mette in forte evidenza un carattere strutturale di Gen. che per altro sarebbe presente anche senza questo ausilio, nella semplice successione delle narrazioni.
Si tratta del procedimento eliminatorio, per il quale l'Autore va mano mano eliminando dal suo tema una parte dell'umanità o una famiglia o una tribù, per continuare il filo narrativo entro un orizzonte più ristretto.
Questo procedimento, unico nel suo genere in tutta la letteratura dell'antico Oriente, è connesso con l'idea della libera elezione divina : è Dio stesso che va via via segregando da un gruppo umano più ampio quella parte di cui vuoi servirsi per realizzare i suoi piani; e l'Autore continua il suo filo narrativo interessandosi sempre della parte eletta.
L'altra parte, quella che per le sue colpe o per libera decisione divina non viene eletta, dopo qualche notizia viene eliminata mediante un elenco dei discendenti.
Gen. risulta in gran parte di narrazioni trasmesse oralmente fin dall'epoca dei patriarchi ebrei e pertanto più antiche di Mosè; ma tali narrazioni sono mirabilmente collegate in modo da formare un disegno storico ben ordinato.
Questo fatto esige l'intervento di una personalità spiccata, la quale sia stata conscia di un destino particolare della nazione ebraica e abbia saputo presentare i racconti tradizionali in funzione di questa idea.
Tale personalità, secondo la tradizione e secondo ogni verosimiglianza storica, fu Mosè il quale, dando al suo popolo un complesso d'istituzioni religiose e civili sanzionate dall'alleanza con Jahve, il Dio universale e insieme nazionale, dovette esporre al popolo le premesse di tale alleanza, e cioè i precedenti interventi di Dio nella storia per scegliersi un popolo determinato, quale suo particolare possesso.
L'unità letteraria risulta dal disegno unitario del libro.
Tuttavia tale disegno è ottenuto con due sistemi: la successione degli episodi e lo schema cronologico che fa da canovaccio a tutto il libro.
Orbene, per la retta interpretazione del libro, i due sistemi devono essere considerati separatamente.
Lo schema cronologico deve essere considerato come un mezzo per esprimere il disegno storico, ma i numeri che vi figurano mostrano chiari indizi di una elaborazione artificiosa, convenzionale non oggettiva, e perciò non devono essere usati per precisare le narrazioni episodiche dalle quali, secondo l'indole delle narrazioni popolari, esulano i dati cronologici.
Questo verrà messo in rilievo dal commento nei singoli casi.
Con ciò non si vuole pregiudicare la questione dell'unità o della molteplicità degli autori, perché gli antichi possono aver avuto criteri di unità letteraria diversi dai nostri, e le soluzioni date a questo problema sono troppo disparate e incerte per essere elencate qui.
Ciò che è certo e utile a sapersi dal lettore avvertito è che i lunghi brani di stile narrativo rappresentano i fatti quali furono trasmessi oralmente, mentre le annotazioni cronologiche e schematiche sono frutto di un sistema elaborato da un dotto o da una scuola di eruditi, che seguivano criteri particolari.
Se questi antichi non hanno visto una contraddizione tra i due sistemi, è perché erano consci del valore puramente relativo dello schema cronologico.
Quanto alla preistoria biblica ( cc. 1-11 ) il commento metterà in chiaro il suo carattere particolare di storia vera ma espressa con mezzi diversi da quelli usati nel nostro genere letterario storico.
La storia dei patriarchi è invece una raccolta di ricordi familiari, la cui trasmissione fu resa possibile dalla continua e invariata ripetizione, dalla connessione con determinate località - alberi, fonti, pietre - e con certi nomi di persone o di luoghi.
Naturalmente l'arte dei narratori ebbe la sua parte; ma trattandosi di episodi semplici, quali ogni giorno si svolgevano sotto gli occhi di una popolazione seminomade, la vivace pittura dei particolari non dovette essere molto lontana dalla più stretta realtà storica.
Ne abbiamo una riprova interessante nei dati dell'archeologia.
Gli scavi e la lettura dei documenti dissepolti nelle zone percorse dai patriarchi hanno rivelato quale fosse il tenore di vita e quali le città abitate nella prima metà del II millennio a. C.
Orbene, le vicende patriarcali narrate da Gen. riflettono esattamente questa situazione.
Siccome con l'epoca del ferro ( sec. XIII a. C. ) e con la conquista ebraica della Palestina le condizioni di vita e di ambiente mutarono completamente, e d'altra parte gli Israeliti dei sec. XII-IX non conoscevano i dati archeologici di cui noi disponiamo per ricostruire il passato, se ne deduce che le narrazioni patriarcali sono più antiche dell'epoca del ferro e furono conservate intatte attraverso la trasmissione orale e scritta.
Naturalmente, trattandosi della storia di una famiglia seminomade, non c'è da aspettarsi di trovare nelle iscrizioni del tempo un accenno ai fatti particolari che interessavano Abramo e i suoi discendenti.
In complesso, la nostra conoscenza dell'antico Oriente ci mette in grado di comprendere oggi e di valutare assai meglio dei nostri antenati le narrazioni di Gen.
Dal punto di vista letterario, gran parte di Gen. è redatta in una prosa narrativa semplice ed efficace, che non solo detiene il primato nella letteratura ebraica, ma rappresenta, dopo alcuni racconti dell'Egitto faraonico, l'esempio più antico dell'arte narrativa in prosa.
Tuttavia Gen. contiene anche brani di stile diverso, aridi elenchi, genealogie, notizie schematiche e talvolta brani poetici.
Come risulta dalla storia dell'arte e dai manuali di religione, Gen. tiene un posto di prim'ordine nell'insegnamento religioso.
Fu attraverso il piacevole racconto di Gen. che la rivelazione divina fece comprendere all'umanità ancora arretrata la trascendenza di Dio, che, rimanendo distinto dal mondo, lo crea e ne dirige i movimenti, intervenendo in modo decisivo nella storia dell'umanità.
Gen. pone l'uomo tra il creato e Dio, mette in risalto l'intima debolezza dell'uomo e ne spiega la causa, mentre mette in evidenza le esigenze morali del creatore.
Abbiamo in questo libro i fondamenti di ogni retto pensiero religioso e i presupposti della rivelazione cristiana.
Se infatti il N. T. annuncia la redenzione, è perché in Gen. si parla di una caduta, se là si promette la vita eterna, è perché qui si descrive un paradiso perduto; se là appare raggiante la figura del Messia, è di qui che prende la mossa quella lunga ascesa di una stirpe umana, che è tutta protesa verso un avvenire pieno di promesse.
Soprattutto da questo punto di vista Gen. rivela la sua assoluta originalità nell'ambito dei documenti dell'antico Oriente e si presenta non come un prodotto letterario puramente umano, ma come un frutto della spirazione divina.
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