Il Crocifisso Tesoro dell'umanità |
B107-A3
( Seguito - vedi num. precedente ).
Come S. Benedetto, Patriarca della vita religiosa in Occidente nel primo Medio Evo, S. Francesco d'Assisi, padre di nuovi religiosi e restauratore dei grandi valori della Religione nel secondo Medio Evo, trovò nel Divin Crocifisso l'ispiratore, la guida e il sostegno dell'opera sua che doveva dare una nuova impronta alla Cristianità e avviarla nel 1200 verso nuovi destini.
Egli attinse da Lui tesori di grazia e di carità e lo imitò talmente da divenire una copia perfetta del Divino Modello, dalla nascita in una stalla fino alla morte per mistica crocifissione, dalla rinunzia di tutti i suoi beni fino a morire nella nudità, coperto appena da una logora veste imprestatagli per carità; dalla fondazione di un novello istituto religioso con dodici compagni, fino all'evangelizzazione di tutte le parti del mondo per mezzo dei suoi discepoli che si moltiplicarono come le stelle del cielo e le arene del mare.
Figlio di un ricco mercante di Assisi, fornito a dovizia dei beni di fortuna, Francesco si sente portato negli anni giovanili a godersi la vita, ma il suo buon cuore gl'ispira la più tenera carità verso i poveri e gl'infelici, perciò non sa godere dei beni di questo mondo senza farne partecipi coloro che ne sono privi.
Ai poverelli dona quindi generose limosine, si spoglia talvolta dei suoi abiti per rivestire la nudità dei miserabili, si priva del cibo per sovvenirli nella fame e nel bisogno, abbraccia perfino un povero lebbroso incontrato per la campagna e a lui dona per amor di Dio quanto denaro ha con sé.
Francesco ama tanto Gesù, cui egli serve nella persona degl'infelici, e questi gli parla un giorno da un grande Crocifisso nella chiesetta di S. Damiano in Assisi: « Francesco, anch'io dalla mia Croce ti domando la carità …: restaura la mia Chiesa che va in rovina ».
Il generoso giovane, ardente d'amore pel Crocifisso che gli ha parlato, s'accinge davvero alla restaurazione del piccolo tempio quasi cadente di San Damiano e porta calce e mattoni, e paga spese, finché non vede restaurata quell'umile chiesetta, ripetendo poi in seguito la stessa opera benefica per la chiesa di S. Pietro in Assisi e per quella di Santa Maria della Porziuncola diventata più tardi la culla dell'Ordine Francescano.
Ma non è tanto il tempio materiale che Gesù chiede sia restaurato: è la cattolica Chiesa, sua Sposa prediletta, ch'Egli vuole riformata, rinnovata e rinvigorita nella Fede e nei costumi, nelle opere di carità e di zelo apostolico, nella fiamma dell'amore divino che sprona al sacrificio e al martirio.
Francesco comprende quanto chiede da lui il Divin Crocifisso e si consacra interamente al suo servizio.
Rinunzia nelle mani del padre quanto gli spetta di eredità, gli consegna perfino gli abiti che ha indosso, si fa rivestire di rozza tonaca dal Vescovo di Assisi e come sposato alla povertà che d'ora innanzi amerà più di se stesso, dà inizio a una vita di penitenza, di carità e di predicazione che deve servire qual base sicura al mutamento dei costumi e alla restaurazione dei valori spirituali nella coscienza dei popoli.
Attirati dai suoi meravigliosi esempi di eroica penitenza e dalla fiamma di carità che Francesco sa destare nei cuori, molti uomini e donne prendono a seguirlo per la via della rinunzia evangelica, ed egli fonda per gli uni l'Ordine dei Frati Minori, per le altre quello delle Clarisse, e per chi non può abbandonare la famiglia nel secolo istituisce il cosidetto Terz'Ordine per ingaggiare così ogni ceto di persone a vivere più intensamente la vita cristiana.
Per mezzo di queste tre mirabili istituzioni, Francesco propugna la riforma della Chiesa e realizza in mezzo al popolo cristiano quel periodo di mistico fervore, di pace e di bene, di meravigliosa santità che altamente onora il secondo Medio Evo.
In questo periodo di tempo che durò quasi tre secoli, la Chiesa Cattolica annoverò tra i suoi figli innumerevoli Santi, vide iniziarsi le prime Missioni per la conversione degl'infedeli nell'Asia e nell'Africa, e contò tra i membri del Terz'Ordine di S. Francesco quei sommi geni che rispondono al nome di Dante, di Giotto e di Colombo.
Ma dove attinge Francesco i tesori di ardente carità, di magnanimo sacrificio e di zelo straordinario per trascinare i popoli sulla retta via del buon costume, del perdono reciproco, della pace sociale e del lavoro proficuo?
Dal SS. Crocifisso che è per lui fonte inesauribile di ogni grazia e di ardore sovrumano per combattere senza posa le sante battaglie del Signore e riportarne frutti copiosi.
« In fuoco l'Amar mi mise! » esclama ogni tanto questo innamorato di Gesù Crocifisso, per attestare che dalla Croce soltanto « da cui pende il suo Amore » gli viene quella fiamma di carità che lo sprona a tutto osare per la gloria di Dio e la salute delle anime.
Egli mai non predica se non ha con se la Croce del suo Signore; vuole che una gran Croce troneggi nella vasta sala dove si radunano i suoi Frati; li manda a inalberarla nelle terre degl'infedeli e con la Croce in mano si presenta egli stesso coraggiosamente al Sultano d'Egitto per annunziargli la Fede di Gesù Cristo, bramoso com'è del martirio di sangue che vuole spargere per Chi è morto per lui sulla croce.
Ma non ricevendo da quel Sultano altro che attestazioni di stima e benevolenza, e trovando chiusa la via per andare a Gerusalemme e al Calvario del suo Signore, ritorna in Italia per diventare martire di amore e di dolore ineffabile sul monte della Verna, ove Gesù Crocifisso gli imprime nelle mani, nei piedi e nel costato le sacre Stimmate della sua Passione, crocifiggendolo misticamente e in modo da poter esclamare anch'egli con San Paolo: « Sono con Cristo confitto in Croce ».
Se pel prodigio delle Sacre Stimmate S. Francesco poté considerarsi confitto in Croce con Gesù, di altro non seppe gloriarsi che della Croce del Divin Redentore.
E Gesù lo glorificò in una maniera tutta speciale, proprio come Dio Padre glorificò il divin suo Figlio dopo gli obbrobri e le umiliazioni della Croce.
Difatti S. Francesco fu ricco nella povertà, felice nei patimenti, onorato nelle umiliazioni.
Nulla Gesù Cristo lasciò mancare al fedele suo Servo che aveva disprezzato ogni ricchezza e sposato la povertà: gli si fabbricavano i conventi, gli si portava il necessario per nutrire i suoi Frati e in così grande abbondanza da darne ancora ai poveri …; il suo Ordine fondato sulla povertà sussiste da oltre sette secoli a edificazione di tutto il mondo.
Nei patimenti poi S. Francesco trovò la sorgente delle più vere delizie e non vi fu mai sulla terra un uomo più contento della sua sorte quanto questo Poverello, che in mezzo a tante pene e privazioni ebbro di gioia andava esclamando: « Dio mio e mio tutto! ».
Finalmente nelle umiliazioni trovò il colmo della gloria.
Francesco fuggiva gli onori e la glorificazione, eppure questa gli andava dietro.
Quali acclamazioni e concorso di popolo al suo entrare nelle città! Quale impero non esercitava egli sulla natura, sugli animali, sulle cose!
Aveva il dono dei miracoli, della scrutazione dei cuori, di convertire i peccatori anche i più induriti che cadendo ai suoi piedi piangevano i loro peccati.
E quando « sorella morte » venne a trovarlo nell'estremo della vita, Francesco l'accolse col sorriso sulle labbra sapendo che il Paradiso lo attendeva, ed esclamò con la gioia che gli inondava il volto: « Mi aspettano i Giusti del cielo …, lassù mi è serbata la corona di vita eterna! ».
Chi ama e si conforma a Gesù Crocifisso sarà da Lui glorificato, perché è vera la grande parola di S. Paolo predicante il Crocifisso: « Si compatimur et conglorificemur … » se con Lui soffriamo, con Lui saremo glorificai?
( Continua )
Fr. Ernesto delle S. C.