La sapienza |
B236-A2
Spesso nel linguaggio popolare si confonde la sapienza con la scienza: il dotto, per esempio, viene detto sapiente.
Invece sono due cose assai diverse.
La stessa etimologia dei termini sapienza e scienza è diversa: scienza deriva dal latino « scire » che vuol dire conoscere, nel senso di essere informato; sapienza deriva da « sapere » che significa « aver sapore, aver gusto ».
Certo anche questo è un modo di conoscere, ma un conoscere sperimentale, assai più profondo e differente.
Un uomo erudito, un dotto, può anche levarsi in superbia ed essere stolto, mentre un altro di scarsa cultura può essere sapiente, perché più facilmente può essere umile.
E la S. Scrittura dice appunto che là dove è umiltà ivi è sapienza ( Pr 11,2 ).
In quella numerosa collezione di opere che è la S. Scrittura ( o Bibbia, come alcuni preferiscono chiamarla ) vi è un libro, attribuito a Salamene, che si intitola « Sapienza ».
In esso il divino autore ne da un concetto molto diverso da quello di semplice dottrina o erudiziOne, anzi quasi lo identifica con quello di bontà e di rettitudine: « la sapienza non entra in un'anima malvagia » ( Sap 1,4 ); « in un cuore prudente riposa la sapienza » ( Pr 14,35 ); « la sapienza è tanto superiore alla stoltezza quanto la luce alle tenebre » ( Qo 2,13 ).
Quando il citato Salomone divenne re d'Israele Iddio gli apparve in sogno e gli disse: « Chiedimi ciò che devo darti ».
Salomone chiese la sapienza per governare e a Dio piacque tale richiesta, gliela concesse largamente, dandogli con una grande sapienza molti altri doni.
Dalla sapienza infatti derivano molti beni, come dalla sua carenza derivano molti mali.
Tanto nell'ordine naturale quanto nell'ordine soprannaturale, perché è la sapienza che fa percepire il valore delle cose.
Nella sua infinita liberalità il Signore concesse ai suoi fedeli, affinché conseguissero il fine della vita, specialmente attraverso i SS. Sacramenti, la grazia ( attuale e abituale ), le virtù infuse e i doni dello Spirito Santo.
lì più alto e più perfetto dei doni dello Spirito Santo è quello della Sapienza, che fa giudicare e vivere secondo Dio.
Esso è più o meno efficace secondo la docilità e la corrispondenza che trova in ogni uomo.
Sono i doni dello Spirito Santo che danno ai cristiani il carattere che più li distingue e fanno loro compiere opere straordinarie.
Gesù stesso disse ai suoi apostoli di non preparare alcuna difesa per quando saranno chiamati in giudizio, perché « lo Spirito Santo vi insegnerà in quella stessa ora quello che bisognerà dire » ( Lc 12,12 ).
Questi doni non sono frutto di esercizio, come le virtù acquisite, ma doni gratuiti, concessi alle anime ben disposte, e frutto della preghiera, come avvenne il giorno di Pentecoste nel Cenacolo.
Essi illuminano l'uomo in tutti gli avvenimenti, sul valore delle cose, sul senso della vita e lo guidano al conseguimento del suo fine, che è Dio.
« Vanità delle vanità, tutto è vanità, fuorché amare Dio e a Lui solo servire ».
È parola dello Spirito Santo, ma non va male interpretata, come coloro che rinunziano ad affrontare i problemi pratici dell'esistenza e si riducono all'inerzia come certi pseudo-asceti orientali.
Nulla è più attivo della vita, e tra le varie forme di vita ( vegetale, animale, razionale, spirituale ) la più attiva e pesante è proprio quella spirituale.
La vita virtuosa esige assai più energia della fatica fisica e anche di quella intellettuale ed è condizionata da fante rinunce.
« Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua » ( Lc 9,23 ).
Per questo molti rimangono indietro, a ingrossare la schiera dei mediocri.
É una condizione dura, che travolge tutti i criteri umani.
Eppure è l'espressione della vera sapienza, che rinunzia all'effimero per l'eterno, alla miseria per la dovizia senza fine.
L'autore della « Imitazione di Cristo » ( che non è affatto il Kempis, ma rimane ignoto ) non esita a dichiarare esplicitamente: « La somma sapienza è questa: disprezzare il mondo e aspirare al regno dei cieli » ( I,1,3 ).
Si tratta sempre di operare una scelta.
Perché vi è pure una falsa sapienza, la sapienza di questo mondo, che è diffusissima anche tra i cristiani, i quali hanno l'orizzonte chiuso nelle cose temporali.
In teoria professano di credere nella vita eterna, ma di fatto vivono come essa non ci fosse, e con tutto l'impegno si affannano solo per le cose di quaggiù.
Di essi dice S. Paolo che si perdono e cita un passo del profeta Isaia: « Distruggerò la saggezza dei saggi ».
Tutto ciò detto e considerato, e fatto anche un esame di coscienza affinché le nostre considerazioni non rimangano vane, permettiamoci anche di dare uno sguardo a ciò che avviene nel mondo, dove in qualche modo si manifesta il vivere sociale.
Anche ad un primo sguardo appare che non sono sempre le regole della sapienza a guidare le varie collettività, ma piuttosto i contrasti di interesse, l'urto delle passioni, la lotta più o meno aperta fra le varie ideologie, e talvolta anche da rivalità inammissibili.
Mentre scriviamo non possiamo sottrarci al clamore di quanto succede attorno a noi: tutti i mezzi di comunicazione risuonano di doloroso stupore e di viva condanna per il triste evento di questi giorni a Bruxelles durante una normale partita di calcio: il gioco festoso si è degradato in tragedia; lo spettacolo che aveva attirato folle fin dall'estero è divenuto occasione di odio mortale e di autentico crimine.
Lasciamo tutte le considerazioni che si potrebbero fare e che già furono fatte abbondantemente e restiamo nel nostro tema.
Non è vero che fu un'esplosione di stupidità incredibile?
Quella passione che esplose nello stadio fu il frutto di una mentalità da lungo tempo stravolta: possibile che il vanto di una nazione dipenda da quattro calci affibiati ad un pallone?
Le gambe di venti giocatori sono più nobili dei cervelli di un popolo?
Sono domande che lasciano senza fiato. Altro che sapienza!
Auguriamoci e preghiamo che la reazione suscitata da fatti così deplorevoli faccia aprire gli occhi e provochi in tutti i popoli un'opera di revisione e di restaurazione spirituale.