Venite e vedrete |
CCC nn. 1163-1178 CdA nn. 653-661 CdG1 pp. 99; 156-157; 228-229
La Bibbia si apre e si chiude con due riferimenti temporali: "In principio Dio creò il cielo e la terra" ( Gen 1,1 ), "Sì, vengo presto" ( Ap 22,20 ).
In essa la rivelazione di Dio è vista in stretta connessione con la storia degli uomini, una storia contrassegnata dall'irrompere della salvezza nel tempo.
San Paolo ricorda ai credenti della Galazia che "quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio" ( Gal 4,4 ); ugualmente gli evangelisti narrano la vicenda di Gesù riferendola al compiersi di un tempo particolare in cui la salvezza è annunciata e si va realizzando.
Dio fa della storia dell'uomo una storia sacra, in cui la salvezza è in un primo tempo prefigurata, preparata e avviata, poi attuata in Cristo, successivamente continuata dalla Chiesa e interamente compiuta alla fine dei tempi, al ritorno di Cristo.
Anche la nostra esperienza di vita è contrassegnata dalla percezione di un tempo che assume intensità diverse: la festa ha un sapore diverso dal periodo dedicato al lavoro, così come un evento significativo ci fa vibrare maggiormente rispetto alle cose di tutti i giorni.
Sembra necessario, a livello personale o sociale, saper ritmare il tempo per far emergere in alcuni momenti forti le realtà più importanti della vita.
Nel ritmo evangelico della vita, scandito da lavoro e festa, da preghiera e operosità, la domenica ricopre un significato particolare: è il giorno in cui la Chiesa celebra la Pasqua settimanale, è il "giorno del Signore" e il "signore dei giorni".
"Tutto ciò che Dio ha creato di più grande e di più sacro", ricordava Leone Magno, "è stato da lui compiuto nella dignità di questo giorno" ( Lettera, 9,1 ): l'inizio della creazione, la resurrezione del suo Figlio, l'effusione dello Spirito Santo.
La ricchezza di significati impressi alla domenica spesso svanisce all'interno dello stile di vita diffuso nella nostra cultura: la fuga del "fine-settimana" dalle città, il lavoro domenicale, la noia e il vuoto di valori, minano il terreno su cui costruire un vero giorno per l'uomo e per Dio.
La Chiesa, attraverso i secoli, ha inteso la domenica come un tempo forte ben caratterizzato:
è "giorno del Signore" da dedicare a Dio nel riposo e nel culto;
è "giorno della Chiesa" in cui manifestare l'unità di "un cuore solo e un'anima sola";
è "giorno dell'eucaristia" per perpetuare la presenza del Signore risorto e per fare della propria vita un dono;
è "giorno della missione", scuola di vita e impegno di testimonianza;
è "giorno della carità" per vivere l'attenzione ai più poveri, agli ammalati, agli infelici, a chi è nella solitudine;
è "giorno della festa" in cui deporre la tristezza degli affanni quotidiani per partecipare alla gioia comune;
è "l'ottavo giorno" in cui Cristo, dopo il suo "riposo" del grande Sabato, inaugura il Giorno "che il Signore ha fatto", il "giorno che non conosce tramonto".
A partire dalla domenica si è sviluppato il ciclo dell'anno liturgico che ha come centro il ricordo della Pasqua annuale, la più grande delle solennità.
Il mistero di Cristo, troppo ricco e profondo per essere esaurito in un unico ricordo, viene in un certo senso frazionato perché sia possibile appropriarsi anche degli aspetti particolari.
E così gli eventi e le parole della vita di Cristo sono stati ripercorsi uno a uno, per attingere da essi luce e forza.
La Pasqua si è allargata al Triduo pasquale e si è poi dilatata in due direzioni: in avanti fino alla Pentecoste, per un periodo di cinquanta giorni; indietro con il periodo quaresimale, come tempo di preparazione.
Similmente al ciclo pasquale, si è formato anche un ciclo natalizio attorno alla festa del Natale.
Inoltre, lungo l'anno sono comparse le feste della Vergine Maria e dei santi.
"Ricordando in tal modo i misteri della redenzione, ( la Chiesa ) apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, così che siano resi in qualche modo presenti in ogni tempo, perché i fedeli possano venirne a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza" ( Sacrosanctum Concilium, 102 ).
La testimonianza della Chiesa delle origini attesta che la comunità si riuniva per pregare e anche i singoli fedeli, in ore determinate, lasciavano il loro lavoro per dedicarsi alla lode del Signore.
Con l'andar del tempo si cominciò a destinare tempi particolari della giornata alla preghiera comune, come, per esempio, la prima ora del giorno o quando si fa sera.
Si è così formata la preghiera della Chiesa denominata "liturgia delle ore", per la santificazione di tutto il giorno.
In stretto legame con la celebrazione eucaristica, questa preghiera dilata alle singole ore della giornata la memoria dei misteri di Cristo, ponendo sulle labbra e nel cuore la parola del Signore.
La liturgia delle ore è infatti costituita essenzialmente di testi biblici: i salmi, anzitutto, e poi gli altri cantici dell'Antico e del Nuovo Testamento, con i quali rispondiamo alla proclamazione di testi biblici, alla cui comprensione siamo guidati dalla voce della Tradizione della Chiesa.
Attraverso la liturgia delle ore la Chiesa continua la preghiera di Cristo: "Quando il Corpo del Figlio prega non separa da sé il proprio Capo, ma è lui stesso unico salvatore del suo Corpo, il Signore nostro Gesù Cristo Figlio di Dio, che prega per noi, prega in noi ed è pregato da noi.
Prega per noi come nostro sacerdote, prega in noi come nostro capo, è pregato da noi come nostro Dio.
Riconosciamo dunque in lui tutte le nostre voci e le sue voci in noi" ( Sant'Agostino, Commento al Salmo 86,1 ).
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