Sviluppo nella solidarietà |
Come delineare, dunque, l'impegno delle Chiese che sono in Italia verso il Mezzogiorno?
Siamo anzitutto convinti che "Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori" ( Sal 127,1 ): la nostra fiducia, perciò, si fonda sul Signore che scruta i cuori e sul suo Spirito che rinnova la faccia della terra.
Al Signore dobbiamo chiedere incessantemente luce e forza.
Non sottovalutiamo, tuttavia, l'importanza del servizio degli operatori pastorali, a tutti i livelli, dai Vescovi ai catechisti, come strumenti che il Signore si è scelto e dei quali vuole avvalersi.
Questo Documento non è la sede per un progetto pastorale organico e dettagliato, che peraltro non spetta all'insieme dei Vescovi italiani tracciare, bensì alle singole Chiese locali del Mezzogiorno, e alle varie aggregazioni di esse in ordine a situazioni analoghe o omogenee.
Qui vogliamo indicare alcune linee che scaturiscono dalla natura stessa del nostro ministero e dall'esperienza che abbiamo accumulato in questi anni '80, sviluppando il Piano pastorale nazionale su "Comunione e comunità".
Dopo aver individuato le caratteristiche del divario esistente tra il Mezzogiorno e le altre aree geografiche del Paese, dobbiamo rilevare come da esso consegua una profonda frattura che non solo oppone culture diverse, ma attinge la stessa vita ecclesiale: una frattura spirituale che, negli ultimi tempi, ha avuto manifestazioni inquietanti di cui noi Pastori delle Chiese che sono in Italia avvertiamo dolorosamente la gravità e i rischi.
La contrapposizione rischia in particolare di diventare atteggiamento mentale abituale, minando così alla radice quella solidarietà reciproca che, già richiesta dalla comune condizione umana, per noi cristiani ha motivazioni più profonde e ineludibili nel comune riferimento all'unico Padre di tutti e al Redentore universale Gesù Cristo.
È in questa luce che dobbiamo promuovere una maggiore e migliore conoscenza reciproca.
Aiutandoci tutti a realizzare una conversione di mentalità, essa farà superare pregiudizi, polemiche, vittimismi, presunzioni di superiorità, atteggiamenti di rigetto, ridurrà prima ed eliminerà poi le tensioni tra Nord e Sud d'Italia e risanerà in maniera duratura ferite e fratture antiche e nuove.
La Chiesa, oggi, in Italia, specie quella operante nel Sud, di fronte alle situazioni di disagio e di attesa che abbiamo esaminato, deve esprimersi come "segno di contraddizione", in ogni suo membro, in tutte e singole le sue comunità, in ogni sua scelta, rispetto alla cultura secolarista ed utilitaristica e di fronte a quelle dinamiche socio-politiche che sono devianti nei confronti dell'autentico bene comune.
La Chiesa deve essere profeticamente libera, come si sta sforzando di essere, da ogni influsso, condizionamento e ricerca di potere malinteso; deve educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà.
Questa testimonianza di vita e di comportamenti è tanto più necessaria ed urgente oggi di fronte ad un mondo che sembra non dar peso alla drammatica domanda di Dio: "Dov'è tuo fratello?" ( Gen 4,9 ), una domanda ignorata persino da molti battezzati.
Urge trovare la risposta giusta, nella costruzione dell'unità tra le diverse parti del Paese, ed anche in vista del problema delle nuove immigrazioni dai Paesi del Sud del mondo.
È questa una grande sfida che viene proposta a noi cristiani: ne può derivare un conflitto di proporzioni immense, oppure l'affermazione della forza del Vangelo.
Una tale testimonianza introduce a quella "nuova evangelizzazione" a cui incessantemente ci invita Giovanni Paolo II.
La perdita o l'attenuazione della memoria evangelica sono all'origine dei mali che abbiamo denunciato, dello smarrimento dei motivi della comunione e della solidarietà, dell'acuirsi degli egoismi e delle sopraffazioni.
"Nuova evangelizzazione" significa riproporre, in maniera credibile, la novità del progetto di Gesù Cristo per l'uomo.
Evangelizzare è annunciare anzitutto la "gioiosa notizia" dell'amore di Dio per gli uomini, ma è anche riproporre l'esigenza ineludibile dell'amore reciproco tra gli uomini, senza del quale non c'è vero amore verso Dio.
L'evangelizzazione investe, quindi, la natura e le forme del rapporto dell'uomo con Dio, a partire dalla sua religiosità naturale e spontanea.
Anche se la necessità di una evangelizzazione della religiosità è universale, sappiamo quanto importante ed urgente essa sia nelle regioni del Mezzogiorno.
L'evangelizzazione non mira in alcun modo al soffocamento delle manifestazioni della "pietà popolare", ma soltanto alla sua purificazione, che ne metta in evidenza gli aspetti positivi, quali il profondo senso della trascendenza, la fiducia illimitata in Dio provvidente, la "via del cuore" nella percezione di Dio, l'esperienza del mistero della Croce nella sua drammaticità, ma anche nella sua valenza salvifica, la confidenza filiale nella Madonna, il senso tipicamente cattolico dell'intercessione dei santi.
Al contempo ne qualifichi la gestualità e il riferimento alla natura, impedendo che diventi "l'alternativa dei poveri" alla liturgia.
Senza questa purificazione data da una nuova evangelizzazione, la pietà popolare, pur essendo aperta e orientata alla trascendenza, può ridursi ad essere domanda senza risposta, croce senza risurrezione, gestualità senza contenuti, memoria di pure emozioni, solidarietà senza comunione.
L'evangelizzazione, invece, agevola il passaggio da una religiosità gratificante, consolatoria, ad una fede liberante, da espressioni individualistiche e quasi celebrative delle proprie difficoltà ad esperienze di autentica comunione,25 da un immobilismo chiuso ed evasivo ad un vero impegno storico.
Questo vale anche per i valori delle genti del Sud, che già abbiamo ricordato.
Bisogna che essi siano evangelizzati, "battezzati in Cristo", per trovare in Lui "ricapitolazione" ( Col 1,18 ) e "pienezza" ( Ef 1,23 ).
Così non rimarranno in superficie ma potranno essere colti in profondità e divenire proposta e messaggio per tutti.
Non si costruisce il futuro del Sud livellandolo, ma rendendolo autentico.
C'è, in fondo, bisogno della coltivazione di un "animus" non solo "naturalmente cristiano", ma anche erede e portatore di profondi valori cristiani, che rimangono però, non di rado, nell'intimo, o nell'emotivo, e non sono tradotti in realtà di vita e in principio di dinamismo storico.
Emerge così la necessità, per tutta la Chiesa italiana e specificamente - nella prospettiva delineata - per le Chiese del Mezzogiorno, di saldare fede e storia.
Una pastorale rinnovata ci impegna alla presenza nella realtà sociale: "Occorre superare … quella frattura tra Vangelo e cultura che è, anche per l'Italia, il dramma della nostra epoca; occorre por mano a un'opera di inculturazione della fede che raggiunga e trasformi, mediante la forza del Vangelo, i criteri di giudizio, i valori determinanti, le linee di pensiero ed i modelli di vita, in modo che il cristianesimo continui ad offrire, anche all'uomo della società industriale avanzata, il senso e l'orientamento dell'esistenza''.26
Appare quanto mai concreto, quindi, per i cristiani del Sud come di ogni parte d'Italia, l'appello che il Papa ci ha nuovamente rivolto nella sua ultima Esortazione apostolica: "Per animare cristianamente l'ordine temporale, nel senso … di servire la persona e la società, i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla 'politica', ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune …
Tutti e ciascuno hanno diritto e dovere di partecipare alla politica, sia pure con diversità e complementarietà di forme, livelli, compiti e responsabilità.
Le accuse di arrivismo, di idolatria del potere, di egoismo e di corruzione che non infrequentemente vengono rivolte agli uomini del governo, del parlamento, della classe dominante, del partito politico; come pure l'opinione non poco diffusa che la politica sia un luogo di necessario pericolo morale, non giustificano minimamente né lo scetticismo né l'assenteismo dei cristiani per la cosa pubblica".27
È necessaria pertanto un'opera capillare di educazione o formazione all'impegno politico, con chiaro riferimento alla dottrina sociale della Chiesa e in una prospettiva di autentico servizio.
La politica deve essere considerata un'espressione della carità che il credente vive in Cristo.
Perciò il cristiano che fa politica si sforzerà di tradurre, per quanto le condizioni storiche lo permettono, la visione cristiana dell'uomo e della società nelle leggi, negli atti di governo e nella pubblica amministrazione.
Anche nell'azione politica egli eviterà il ricorso a comportamenti disonesti e immorali; anzi, si impegnerà affinché il suo stile di vita sia annuncio e testimonianza di carità, fede e speranza in Cristo.
Nel Sud è esigenza primaria una nuova carica di fiducia per un cammino di speranza.
Bisogna moltiplicare i soggetti, i contenuti e gli spazi per una "ministerialità" di servizio e di liberazione.
Ogni membro della Chiesa è partecipe del triplice ufficio - sacerdotale, profetico e regale - di Gesù Cristo.
Ciascuno, all'interno della propria vocazione, deve dare compimento a questa ministerialità: piccoli e grandi, sofferenti, contemplativi, vescovi, presbiteri, diaconi, religiosi, religiose.
Ci preme tuttavia richiamare l'importanza di un laicato che nel Sud sia veramente costruttore di storia.
Ascoltiamo ancora Giovanni Paolo II: "Nello scoprire e nel vivere la propria vocazione e missione, i fedeli laici devono essere formati a quell'unità di cui è segnato il loro stesso essere di membri della Chiesa e di cittadini della società umana …
'Il distacco, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo' ( GS, 43 ).
Perciò ho affermato che una fede che non diventa cultura è una fede 'non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta' ".28
Protagonisti dell'azione di rinnovamento devono essere anzitutto i giovani, chiamati a farsi costruttori di una nuova società.
Spesso, nel Sud, molti di loro si autoemarginano, non pochi vivono disorientati, la maggior parte non si sentono accolti nelle esperienze socio-politiche.
C'è nei giovani del Sud un grande potenziale, che in ripetute circostanze si esprime come rifiuto di un certo tipo di società.
Spesso, però, si limitano alla sola denunzia o a postulare una novità.
Bisogna educarli, invece, ad immettersi concretamente nell'esperienza del sociale, attraverso forme di volontariato, di aggregazione culturale, di cooperazione, perché propongano, esperimentino, incidano sul futuro della loro terra.
Anche la donna ha una grande vocazione per la redenzione sociale nel Sud.
Erede di tante sofferenze, spesso di tanta emarginazione, la donna meridionale è di per sé dignitosa, profonda e costruttrice di storia quotidiana, nella pazienza.
Invitiamo le giovani donne delle nuove generazioni a non smarrirsi dietro modelli ingannevoli e vanificanti, quali quelli proposti dalla società edonistica e consumistica.
Esortiamo tutte ad una missione di "rigenerazione", per una storia nuova, fatta di libertà interiore, di partecipazione, di reazione ad ogni ambiguità e di gestazione di ogni novità genuina e vitale.
La donna ha una "ministerialità" sociale straordinaria.
Il Sud attende questa fecondità d'amore contro gli artifici della società dell'intrigo, della violenza e del vuoto di valori.
La donna ha un suo ruolo primario e insostituibile nella costruzione e conduzione, soprattutto spirituale, della famiglia.
È proprio all'interno della famiglia, di una famiglia rinnovata, che i nuovi valori, la nuova storia del Sud possono costruirsi.
Bisogna far crescere un'autentica pastorale familiare.
La famiglia non può restare "chiusa", né sentirsi soltanto "vittima".
Dev'essere "scuola di vita", spazio di apertura e palestra di umanità.
Sappiamo che la carenza della famiglia, talvolta la connivenza o peggio l'incoraggiamento della famiglia, alimentano le faide ed altre forme di devianza criminosa.
È a partire dalla famiglia, invece, come luogo di educazione integrale della persona, che bisogna interrompere i circuiti della degenerazione morale e sociale.
È necessaria però una sana e concreta politica per la famiglia, affinché anche la famiglia meridionale, ricca di potenzialità, si faccia lievito di una società rinnovata, in vitale integrazione con l'opera formatrice della Chiesa.
I gruppi ecclesiali, e in particolare l'Azione Cattolica, sappiano a loro volta alimentare nel Sud spirito di solidarietà e di impegno per un concreto dialogo intraecclesiale e fra tutte le Chiese che sono in Italia.
Non si chiudano in atteggiamenti puramente difensivi nei confronti del mondo sociale, né in cenacoli di gratificazione psicologica.
Siano scuola di vita, di socialità, siano proposta di novità, esperienza di incontro, luogo di fedeltà e di profezia.
Spetta particolarmente a loro la responsabilità di formare una generazione di persone preparate, forti sul piano morale e interiormente motivate, che sappiano guidare il Sud ad un protagonismo fattivo e positivo.
Spazi per una "ministerialità" di liberazione, di promozione umana, di servizio sono, anzitutto, le parrocchie del Sud.
La parrocchia non può ridursi solo al culto, e tanto meno all'adempimento burocratico delle varie pratiche.
Bisogna che nasca una parrocchia comunità missionaria di credenti, che si ponga come "soggetto sociale'' nel proprio territorio.
Se la parrocchia è la chiesa posta in mezzo alle case degli uomini, essa vive ed opera profondamente inserita nella società umana ed intimamente solidale con le sue aspirazioni ed i suoi drammi.
Deve, in una parola, essere la casa aperta a tutti ed al servizio di tutti, o, come amava dire Giovanni XXIII, la fontana del villaggio alla quale tutti ricorrono per la loro sete.
Le Scuole di formazione all'impegno sociale e politico, che anche al Sud stanno sorgendo, potranno offrire un prezioso contributo alla preparazione di persone capaci di servire allo sviluppo del Meridione unendo alla serietà dello studio l'impegno per una educazione spirituale all'azione sociale.
Le Facoltà teologiche, i Seminari, gli Istituti di scienze religiose, le Scuole cattoliche che operano nel Mezzogiorno, dovranno a loro volta costituirsi come luoghi privilegiati per aiutare la Chiesa nel suo compito fondamentale di formare cristiani e sacerdoti che servano la Chiesa e la società con adeguata preparazione, tensione morale e spirito missionario.
In particolare, le Facoltà teologiche situate nell'intero Paese, pur integrandosi nel tessuto del territorio in cui operano, dovranno anche trovare forme di integrazione tra di loro, per superare le frammentazioni, moltiplicare le forze e contribuire alla crescita di quello spirito di comunione e di solidarietà che deve animare la Chiesa italiana.29
Per meglio raggiungere questi obiettivi, appare opportuna una ristrutturazione dei confini delle Diocesi - nel Sud come anche nel Centro-Nord - affinché, superato il frammentarismo che storicamente si è sviluppato per ragioni geografiche, di impervietà, di antica politica feudale, per diversità di rito e per altri molteplici motivi, si arrivi ad una struttura di Chiesa diocesana che, qualificata nei suoi membri, possa esprimere i servizi essenziali della pastorale della formazione - a cominciare dal Seminario -, della presenza nei mass-media, con serietà, continuità e con le necessarie competenze.
Le vie della comunione, della solidarietà e della cultura postulano una costante e concreta comunicazione intraecclesiale.
Una tale comunicazione costituisce, quindi, uno dei punti nodali dell'impegno per superare le fratture esistenti tra Nord e Sud, nella Chiesa e nel Paese.
Occorre trovare molteplici ed eventualmente nuove vie per conoscersi ed integrarsi meglio.
La Conferenza Episcopale Italiana è già una via importantissima ed è stata punto di incontro e veicolo di integrazione.
Altre vie, anche non istituzionalizzate, di incontro tra Conferenze Episcopali Regionali della medesima area geografica, o anche di aree geografiche diverse, possono ulteriormente contribuire ad una più approfondita conoscenza reciproca e ad un confronto su problemi di comune interesse.
Può inoltre tornare utile l'esperienza di qualche progetto comune a Regioni finitime, e ancor più a Diocesi finitime.
La creazione di strutture formative comuni ed anche di comuni strutture di servizio - ad esempio uffici pastorali interdiocesani, o regionali, che collaborino con quelli nazionali - servirà non poco all'impostazione di piani e metodologie pastorali che tengano conto della grande mobilità delle persone e dei problemi posti dai nuovi flussi migratori.
Iniziative comuni di studio e di aggiornamento a cui partecipino insieme operatori pastorali delle diverse zone geografiche potranno costituire una via di conoscenza immediata e di formazione di un sentire comune.
Un punto critico della comunicazione e della solidarietà ecclesiale va identificato nel livello di accoglienza di coloro che emigrano da una regione ad un'altra.
Le Chiese d'Italia hanno dato e danno ottime testimonianze in questo campo.
Sussistono però atteggiamenti di chiusura e di rifiuto.
Se manca l'accettazione della diversità, chiunque ne sia il soggetto, meridionale o settentrionale, non è possibile la comunicazione e, per conseguenza, si ostruisce il cammino della comunione e della comunità.
Ci muoviamo verso una società multirazziale e multiculturale, che esige non solo un'attitudine umana di tolleranza, ma l'atteggiamento cristiano dell'accoglienza motivata e caratterizzata dall'amore.
L'integrazione dei diversi gruppi in una medesima comunità locale non può significare soppressione delle diversità culturali, di tradizioni, di usanze, di forme di espressione religiosa dei distinti gruppi, bensì accoglienza di quelle ricchezze di cui ciascuno è portatore, lasciando al tempo e alla libera decisione di persone e di gruppi l'assunzione, in tutto o in parte, dei costumi locali.
La sfida che viene alla Chiesa in questo campo è grandemente impegnativa: l'accoglienza reciproca è un banco di prova dell'autenticità dell'amore cristiano.
Una organica cura pastorale dei molti emigrati dal Sud al Nord del Paese potrà d'altronde trarre vantaggio da uno scambio di operatori pastorali, in virtù del quale sacerdoti, religiosi e religiose meridionali possano seguire i loro conterranei emigrati, mettendo a disposizione delle Chiese del Nord il patrimonio di conoscenze ed esperienze di cui sono portatori, e reciprocamente sacerdoti, religiosi e religiose settentrionali si pongano al servizio della pastorale delle Chiese del Mezzogiorno e la arricchiscano con la loro esperienza di impegno apostolico.
Anche per questa via le nostre Chiese cresceranno nella conoscenza vicendevole e nella comunione.
In nostro documento si conclude con un messaggio di speranza.
Ogni costruzione ha le sue fondamenta; ogni frutto la sua radice.
Una autentica unità sociale deriva da una profonda unità spirituale.
Una solidarietà vissuta come espressione della carità cristiana sarà la matrice e la forza per vivere insieme.
"Vivere insieme", perché, dicevamo, "il Paese non crescerà se non insieme".
Terra di grande passato, il Mezzogiorno d'Italia appare oggi frenato nel suo sviluppo da molteplici situazioni, influssi e dinamismi negativi, interni ed esterni, di ordine sociale ed economico, culturale e morale.
Porta però con sé la sua forte ricchezza umana e freschezza di spirito.
Il Meridione è anche terra di grandi Santi.
Quelli del lontano passato, quali i forti anacoreti, gli innumerevoli monaci basiliani, gli eroici martiri: ricordiamo, fra i tanti, Agata e Lucia.
Quelli dei secoli più vicini a noi: luminosi Pontefici, straordinarie figure di "carità sociale", come il penitente Francesco di Paola, o di "carità pastorale", come il Vescovo Alfonso Maria de' Liguori.
Ma anche quelli di oggi, tra i quali vogliamo ricordare due laici che, nel nome di Cristo, molto hanno operato nella sofferta realtà sociale del nostro tempo: Bartolo Longo e Giuseppe Moscati.
Questa grande e continua schiera di testimoni è un segnale di vita e di speranza per tutti.
Alla loro protezione, e a quella della Beata Vergine Maria che il popolo meridionale ama dovunque in modo intenso, affidiamo il cammino del Sud, perché, autenticato nella sua identità, cresca nella verità e nella giustizia, integrato nell'insieme del Paese, anche per l'impegno generoso e solidale delle nostre chiese.
Roma, 18 ottobre 1989.
Indice |
25 | Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi francesi della regione Provence-Mediterranée, 18.11.1982 |
26 | Giovanni Paolo II, Discorso al Convegno di Loreto, n. 7 |
27 | Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale, Chrìstifideles laici, n. 42 |
28 | Ivi. n. 59 |
29 | Cfr Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi della Campania, 11.12.1986 |