Linee comuni per la vita dei nostri seminari |
« La finalità e la configurazione educativa specifica del seminario maggiore esigono che i candidati al sacerdozio vi entrino con una qualche preparazione previa.
Una simile preparazione non poneva problemi particolari, almeno sino a qualche decennio fa, allorquando i candidati al sacerdozio provenivano abitualmente dai seminari minori e la vita cristiana delle comunità ecclesiali offriva facilmente a tutti, indistintamente, una discreta istruzione ed educazione cristiana.
La situazione è in molte parti cambiata.
Si dà una forte discrepanza tra lo stile di vita e la preparazione di base dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani, anche se cristiani e talvolta impegnati nella vita della Chiesa, da un lato, e dall'altro lo stile di vita del seminario e le sue esigenze formative.
In questo contesto, in comunione con i padri sinodali, chiedo che vi sia un periodo adeguato di preparazione che preceda la formazione del seminario ».30
Così si esprime Giovanni Paolo II nella Pastores dabo vobis.
Collochiamo sotto il nome di "esigenza propedeutica" un ampio intreccio di condizioni obiettive, che si presentano alla coscienza e al vaglio delle nostre Chiese ogniqualvolta si tratti di ammettere un giovane a iniziare un cammino nel seminario teologico ( o maggiore ).31
Le domande sono:
su quali premesse un giovane può compiere una scelta preliminare, che pur non avendo ancora la consistenza per dirsi definitiva, già contiene un orientamento e una tensione positiva verso il suo compimento?
Con quali attenzioni un giovane può sentirsi accolto e valorizzato, anche per la grazia che già opera in lui?
La problematica può essere compresa nella sua attualità e nella sua rilevanza, se si pone attenzione ai tre dati seguenti.
Il primo è costituito dalla natura del momento e del progetto educativo del seminario maggiore.
La coerenza interna delle sue proposte e lo stile di vita richiedono nei soggetti, fin dall'inizio, disposizioni minime e chiare per risultare una via promettente e percorribile.
La gradualità del cammino non dispensa da un livello di partenza accertato.
Il confronto con l'ammissione alla frequenza di un corso universitario, anche se in parte legittimo, non è però sufficiente a rendere ragione di ciò che la formazione seminaristica ha di specifico nel suo insieme.
La relazione comunitaria, il suo modello spirituale, il declinarsi armonico di relazioni ecclesiali, di istanze culturali, di atteggiamenti personali nella vicenda quotidiana della vita in seminario, non sono attenuabili o rimandabili a piacere, con soluzioni troppo superficiali.
Il secondo dato da considerare è la tradizionale funzione propedeutica dei seminari minori.
Essi un tempo svolgevano questo compito in misura pressoché generalizzata ed esclusiva.
Oggi, dove ancora sussistono, ne continuano il prezioso richiamo, anche attraverso i più recenti accompagnamenti vocazionali dell'età evolutiva di cui si sono fatti promotori.
I seminari minori si sono trasformati pedagogicamente e, se da un lato hanno originato nuovi modelli di vita comune, fanno pure memoria della necessità di immaginare e offrire nuovi percorsi di iniziazione a un fruttuoso seminario teologico.
Per quanto ci si sforzi di non lasciar cadere nelle nostre Chiese la possibilità del "minore" fin dalla prima adolescenza, essa, però, risponde solo limitatamente alle attuali esigenze propedeutiche di giovani che, per la condizione culturale in cui si trovano, tendono a differire nel tempo gli orientamenti della vita e le forme pratiche che li realizzano.
Tuttavia, al valore propedeutico del seminario minore verrà riservata più avanti qualche puntuale attenzione.
Il terzo e ultimo dato è rappresentato dal fatto che il vissuto giovanile è oggi talmente diversificato, discontinuo e confuso – pur nelle ricchezze spirituali che lo contraddistinguono – che anche le intuizioni e le domande più profonde, che alludono a una seria intenzione vocazionale, abbisognano di decantazione, di integrazione, di chiarificazione, così che la persona possa effettivamente consegnarsi a un serio ed impegnativo itinerario di formazione.
L'esperienza constata come di volta in volta emergano problemi circa la preghiera, la conoscenza di sé, l'ordine negli affetti, il possesso a livello catechistico dei principali dati della fede, la condizione culturale idonea allo studio filosofico e teologico, la qualità della relazione ecclesiale.
Di tali problemi occorre farsi carico prima che si avvii la formazione nel seminario maggiore.
A questo scopo, si dovrà pensare a una stretta collaborazione tra l'équipe formativa del seminario maggiore e quella del seminario minore o quella che accompagna altri percorsi formativi.
La diversità, la complessità e la frammentazione dei contesti di vita richiedono oggi tempi più lunghi e un maggior lavoro educativo per essere adeguatamente interpretati e diventare punti di partenza per un cammino di maturazione umana e vocazionale: così si spiega la novità di questa istanza "propedeutica".
Si può dire che l'ininterrotta proposta del seminario minore da parte della Chiesa italiana, oltre ad essere un fedele ascolto dell'insegnamento conciliare, si radica nella convinzione che una siffatta comunità contribuisca « al discernimento vocazionale degli adolescenti e dei giovani, offrendo loro al contempo una formazione integrale e coerente, basata sull'intimità con Cristo.
In tal modo, coloro che sono chiamati si preparano a rispondere con gioia e generosità al dono della vocazione ».32
Pertanto va superata la diffusa contraddizione pratica che si verifica nelle nostre Chiese.
Da una parte il seminario minore costituisce, secondo il magistero, una via privilegiata per il discernimento vocazionale; dall'altra, per i presbiteri e soprattutto per le famiglie, diventa sempre più scontato che una scelta vocazionale debba essere presa in considerazione oltre l'adolescenza, ritenendo superata l'esperienza del seminario minore e ignorando il carattere fortemente progettuale della preadolescenza e dell'adolescenza.
Il seminario minore, variamente strutturato nelle diocesi che ne dispongono, è ancora percepito come riferimento per la pastorale vocazionale della preadolescenza e dell'adolescenza.
Le trasformazioni pedagogiche avvenute sono in grado di mostrarne la plausibilità ai principali soggetti pastorali: famiglie, parrocchie, oratori.
Il seminario minore, a tutt'oggi, ha la possibilità di far cogliere non in astratto, ma attraverso l'esistenza di singolari comunità di vita, la relazione stretta che intercorre tra i cammini personalizzati della fede e la domanda vocazionale che attraversa l'esperienza credente.
La Chiesa, dunque, intende mettere a disposizione, anche per l'età della crescita, il seminario minore in cui è possibile considerare armonicamente l'eventuale chiamata a un'esistenza presbiterale; lo offre come una comunità attenta a non compiere forzature di sorta, non isolata rispetto agli apporti dei naturali soggetti educativi; anzi capace di rendere familiari il significato evangelico e il valore relazionale tipico della figura del prete rispetto a tutte le altre figure della comunità cristiana.
Il seminario minore può essere quindi un'espressione particolarmente qualificata della pastorale, della sua costitutiva dimensione vocazionale, che si esprime nella convinta e generosa sequela di Gesù Cristo, e della sua cura di far scoprire il mistero della Chiesa come riflesso dell'amore trinitario e come anelito a fare della famiglia umana la famiglia di Dio.
La funzione "pastorale" del seminario minore è quella di tenere alta la memoria della vita cristiana come chiamata alla santità, al servizio, alla testimonianza, alla sequela, alla scoperta del proprio stato di vita, integrando e non sostituendo l'opera della famiglia, della scuola e della parrocchia nei loro compiti educativi propri.
L'efficacia della comunità educativa del seminario minore dipende dalla presenza di una équipe formativa stabile, equilibrata e preparata ad affrontare i problemi dell'adolescenza, creando un contesto sereno e familiare, dotato di autorevolezza e di scioltezza adatte all'età dei ragazzi.
Gli educatori non sostituiscono le figure dei genitori, anzi, ne aiuteranno presso i ragazzi la più profonda riscoperta e favoriranno una più intensa relazione fra loro nell'ascolto attento e riconoscente dei disegni di Dio.
Tutto ciò si traduce in uno stile di coinvolgimento effettivo delle famiglie nella vicenda educativa e nei momenti più importanti della vita del seminario.
La qualità che queste relazioni sanno raggiungere è una testimonianza a favore della ricerca vocazionale e della sua buona impostazione.
L'azione pedagogica mirerà a bilanciare con sapienza e duttilità i diversi obiettivi che costituiscono il corpo della formazione umana, culturale e spirituale di un ragazzo.
Per quanto possibile, l'impegno scolastico dovrà essere vivificato da una spiccata sensibilità umanistica e sostenere con onestà il confronto con le domande di senso che attraversano l'attuale momento storico.
L'esperienza scolastica più costruttiva non vive, infatti, separata dalle altre espressioni di ricerca e di comunione nell'ambito della fede: la formazione cristiana, la liturgia, la fraternità nella vita comune, la passione per la vita della Chiesa.
La ricchezza della proposta dovrà, dunque, comporsi rispettosamente con la responsabilità personale dei ragazzi, sia riguardo ai tempi e all'impegno delle iniziative comuni, sia in ordine alle necessarie attività sportive e di svago e a sufficienti occasioni per una buona vita di relazione con le comunità d'origine, indispensabili per il corretto sviluppo di questa età.
Altre forme di comunità vocazionali sono da tempo previste o attuate, soprattutto laddove le condizioni sociologiche rendono impervio l'immediato accesso a una vita comunitaria stabile e piena.
In questi anni diversi tentativi hanno interpretato coraggiosamente tale bisogno: scuole o centri vocazionali, campi estivi e incontri periodici lungo l'anno, dotati di un progetto, di un accompagnamento e di un coordinamento ben pensati.
Tutti questi itinerari si sono rivelati tanto più efficaci quanto più si è curato il loro riferimento con la comunità del seminario.
Analogo coordinamento si deve esercitare da parte dei seminari regionali nei confronti di attività di accompagnamento vocazionale nel periodo dell'adolescenza e nell'ambito della scuola media superiore nelle singole diocesi, affinché corrispondano più puntualmente alle loro finalità propedeutiche.
L'esigenza propedeutica va sempre interpretata con cordialità, con realismo e con duttilità.
Numerose infatti, e di diversa natura, sono le domande di preparazione prossima che si riscontrano nei giovani in ricerca vocazionale.
D'altra parte, un seminario veramente accogliente si riconosce anche dalla qualità e dalla responsabilità delle proposte che sa suggerire e sostenere anche in ordine alle nuove sfide e provocazioni.
A questo proposito, gli obiettivi pedagogici essenziali che motivano l'introduzione di itinerari propedeutici ci sembrano chiari:
la messa a punto delle condizioni di maturità umana per abbracciare consapevolmente una formazione di spiccata impronta oblativa;
una considerazione approfondita della figura presbiterale, secondo l'attuale sentire ecclesiale;
un'introduzione alle espressioni più caratteristiche che manifestano e alimentano un'autentica vita cristiana, al di là di un emotivo e vago impulso religioso;
un ordinato accompagnamento di direzione spirituale;
una base culturale sufficiente per affrontare lo studio teologico.
E tutto questo rivolto, infine, ad aiutare i giovani orientati al seminario a immergersi, e in modo globale, nel mistero di Cristo, quale orizzonte essenziale e imprescindibile di ogni autentico itinerario vocazionale.
L'itinerario propedeutico dovrebbe essere guidato e animato da educatori specificamente formati allo scopo, in modo da garantire un cammino ben armonizzato tra spazi comunitari e spazi personali, evitando ogni forma di approssimazione e di improvvisazione.
L'ampiezza e la durata dell'itinerario propedeutico dipendono dal riscontro il più possibile obiettivo della storia personale dei giovani, delle loro esperienze spirituali ed ecclesiali, degli studi compiuti.
Un aspetto non secondario concerne anche la sua modellazione comunitaria e la sua sede.
La vita in comunità dovrà necessariamente tener conto dell'estensione degli adempimenti propedeutici, degli obblighi scolastici o civili dei giovani che intraprendono il cammino, dell'opportunità che si attui subito o si rimandi il distacco da eventuali impegni di lavoro o da responsabilità familiari.
Per quanto riguarda la sede, pur nella considerazione delle diverse possibilità, si ritiene in ogni caso necessario un luogo specifico di convergenza che garantisca la possibilità di tempi sufficienti per la condivisione, il confronto quotidiano, un regolare sviluppo della preghiera, della vita spirituale e della preparazione culturale.
L'introduzione, comunque, di un anno propedeutico rappresenta un riferimento interessante e una prima scelta "esemplare" a fronte di esigenze tanto complesse.
Questa scelta, per le ragioni sopra ricordate, dovrà restare aperta a forme graduali e diversificate, in un clima di ragionevole e costante sperimentazione.
Per realizzarla adeguatamente occorrerà, in molti casi, un concorso ordinato di forze e di risorse da parte delle singole Chiese, con spirito di convinta collaborazione.
L'anno propedeutico potrà ben corrispondere ai suoi obiettivi, se cercherà di mantenere tra loro dinamicamente collegati questi nuclei:
è questo il punto di raccordo tra un cammino di fede vissuto in una comunità cristiana o in un gruppo ecclesiale e l'approdo nel contesto comunitario del seminario.
Ciò chiede attenzione ai contenuti essenziali dell'esperienza cristiana e una loro verifica: l'ascolto della Parola di Dio, l'attitudine alla preghiera personale e liturgica, la buona conoscenza del catechismo della Chiesa cattolica, la disposizione a un vissuto relazionale aperto agli altri nel servizio e nella carità.
Per questo, la consegna che il giovane fa di sé nell'esperienza della sequela e in un contesto sufficientemente disciplinato quale è un anno propedeutico, presuppone già un adeguato discernimento, soprattutto da parte del sacerdote che opera nella comunità cristiana.
L'anno propedeutico non è un tempo di generica ricerca del progetto vocazionale, ma già una verifica dei segni oggettivi di un effettivo orientamento al sacerdozio.
Per questo i parroci, in modo particolare, hanno la responsabilità di esercitare in prima persona validi criteri di discernimento vocazionale, ed è necessario che si sentano coinvolti ed impegnati a collaborare con gli educatori del seminario per servire proficuamente il progetto di Dio nei candidati al ministero.
A tale scopo, già prima dell'anno propedeutico, va instaurata una positiva collaborazione tra i sacerdoti delle parrocchie e gli educatori del seminario per un sapiente accompagnamento dei giovani.
essa rappresenta la condizione per introdursi alla preghiera liturgica e personale, per meglio conoscersi, in virtù delle molteplici relazioni quotidiane, e per assimilare i presupposti obiettivi di un reale affidamento di sé all'opera dello Spirito e alla pedagogia della Chiesa.
Il suo punto di forza è il seguente: un cammino spirituale che, intrapreso insieme, consente di sperimentare come siano possibili un buon incontro e una profonda condivisione delle rispettive risorse, per arrivare, in pacatezza e collaborazione, a una esperienza di vita significativa e aperta al Vangelo.
In questo clima, inoltre, il vissuto della società, che segna profondamente questi giovani, per quanto desiderosi di dedicarsi alla sequela radicale di Cristo, viene meglio letto, interpretato e purificato nella mente e nel cuore.
essa comprenderà sia il riferimento con i presbiteri che il vescovo indicherà autorevolmente per il discernimento e per l'impostazione della preparazione personale all'ingresso nel seminario maggiore, sia una sapiente partecipazione alle iniziative diocesane più importanti ( specialmente quelle offerte ai giovani ), sia un adeguato inserimento settimanale presso qualche comunità cristiana.
Il legame, peraltro, con le comunità che hanno generato alla fede resta fondamentale, per avviare una buona circolarità educativa col seminario.
essendo diverse le provenienze e molto differenziati i dati di esperienza, essa dovrà variamente articolarsi nelle aree della riflessione filosofica e della problematica culturale emergente, della conoscenza elementare della lingua latina e greca in vista dell'approccio ai testi fondamentali del lavoro teologico, dell'esercitazione a tener viva o a incrementare la conoscenza della lingua italiana e l'uso delle lingue straniere.
La decisione di cessare eventuali studi universitari molto avanzati dev'essere valutata senza ombra di leggerezza, tenendo conto di tutti gli elementi in gioco nella storia della persona.
Non c'è dubbio che l'insieme di queste attenzioni pone problemi inediti agli impegni della diocesi e del seminario, ma offre anche stimoli rinnovatori alla premura apostolica dell'una e alla tradizionale sapienza educativa dell'altro.
Si tratta di individuare forme di accompagnamento, modalità di proposta culturale, tempi di contatto personale e tempi di vita comune, che sappiano farsi carico, da una parte, dei diversi contesti di provenienza dei giovani, dall'altra del loro desiderio di approdare motivatamente alla formazione vera e propria; e ciò attraverso il recupero di indispensabili attitudini, quali il fornirsi di una regola di vita o l'aprirsi alla curiosità intellettuale capace di cogliere il significato delle scelte della fede e della dedizione apostolica nell'attuale momento storico.
Per quanto questo argomento non attenga in modo diretto alla questione propedeutica, viene ritenuto opportuno di collocare alla fine di questo capitolo il problema di alcuni percorsi particolari di preparazione al presbiterato per vocazioni adulte.
Un tempo erano casi eccezionali e tali erano anche i percorsi, per lo più seguiti direttamente dai vescovi interessati.
Oggi divengono meno rari e si connotano in maniera molto variegata, ponendo al discernimento e alla formazione problemi inediti e complessi.
Si può dire che essi costituiscono uno dei segnali più clamorosi della trasformazione sociale ed ecclesiale in atto:
positivamente, se si considera che esperienze mature e provate possono evolversi verso coraggiose prospettive vocazionali, un tempo più difficilmente immaginabili;
negativamente, se si considera che taluni di questi casi possono mettere in luce indecisioni di lungo corso e assetti personali piuttosto deboli e restii a profili consistenti di responsabilità.
Già su questo fronte il discernimento dovrà quindi essere accurato.
Sarà significativo che la domanda del candidato sia sostenuta apertamente da testimonianze buone e attendibili.
Soprattutto rivestono una grande importanza la stima e la presentazione positiva che possono ricavarsi presso le comunità d'origine.
Quanto alla formazione, due sono le questioni più rilevanti: la necessità di un adeguato percorso teologico e di un idoneo contesto per l'acquisizione dello stile spirituale e della dimensione pastorale-comunitaria richiesti dal ministero e dall'inserimento in un presbiterio.
Quanto alla prima questione, si possono dare oggi, con una certa frequenza, casi di adulti che già hanno compiuto studi teologici, anche nella forma accademica: basterà allora proporre qualche approfondimento, soprattutto nella direzione di una maggiore riflessione pastorale; oppure, se i soggetti vi sono predisposti, si potrà addirittura proporre un percorso di specializzazione.
Se, invece, pur in presenza di una buona formazione professionale e culturale, non vi sono stati studi di indirizzo teologico, non si potrà fare a meno di elaborare, con l'approvazione del vescovo, un piano di studi personalizzato, ma sostanzioso, avvalendosi delle disponibilità istituzionali presenti in diocesi o nel territorio: un tutor nominato ad hoc ne potrebbe curare l'adempimento.
Quanto alla seconda questione, occorrerà proporre al candidato una possibile destinazione ministeriale, e collocarlo in un contesto pastorale in cui sia formato alla vita spirituale e ad una certa disciplina, o regola di vita,33 e introdotto gradualmente e fraternamente alla vita presbiterale, nonché all'esercizio di quelle forme di ministero più adatte alla persona.
Tutto questo finalizzato all'individuazione di un itinerario che potrà affiancare efficacemente la vera e propria formazione seminaristica, pur senza sostituirla del tutto.
Parimenti, infatti, sarà necessario predisporre, con una certa regolarità, qualche tempo di contatto con la vita del seminario, per una sufficiente condivisione del candidato con la formazione e con lo spirito diocesano che ne permea la proposta e per una fraterna conoscenza di coloro con i quali riceverà l'imposizione delle mani per l'ordinazione.
Il vescovo indicherà con la massima chiarezza chi si dovrà assumere la responsabilità ultima del discernimento.
Indice |
30 | Ibid., 62 |
31 | Un recente "documento informativo" della Congr. Educ. Catt.
Il periodo propedeutico ( 1998 ), ha offerto una descrizione delle differenti esperienze messe in atto al riguardo nelle varie Chiese. Nell'Introduzione il documento afferma: « I dati danno l'impressione di una grande fluidità, che manifesta caratteristiche ed esigenze tipiche determinate dalle situazioni locali: dalla struttura ed organizzazione complessiva del sistema educativo e dalle sue corrispondenti tradizioni, dall'esistenza o meno del seminario minore e dalla sua efficienza, dalla presenza di seminari speciali per le vocazioni adulte, dall'impostazione della pastorale vocazionale, dal numero e dalla qualità delle vocazioni e dalla disponibilità di formatori e di mezzi finanziari ». Nelle Riflessioni conclusive, al n. 6, si legge: « L'attuale situazione, caratterizzata da riflessioni e ricerche per trovare soluzioni a problemi ancora aperti, rende necessario uno scambio franco e assiduo tra i diversi responsabili della formazione sacerdotale. Occasioni preziose a questo riguardo sono le visite apostoliche compiute nei seminari o le iniziative collegiali che vengono promosse per preparare le nuove edizioni delle Rationes nazionali. Ai responsabili è richiesto di mettere a frutto la loro esperienza e la loro competenza pedagogica per stabilire le regole fondamentali di un serio discernimento vocazionale e per precisare programmi formativi propedeutici che siano ben aggiornati e coordinati con le altre istituzioni di formazione sacerdotale ( seminari minori, seminari maggiori, seminari per le vocazioni adulte, facoltà teologiche, istituti di studi teologici … ) presenti nelle diocesi, nelle regioni o nel territorio nazionale. In particolare, è urgente assicurare un giusto equilibrio tra la componente umano-spirituale e quella culturale, per evitare un eccessivo moltiplicarsi delle materie di studio, a scapito della formazione propriamente religiosa e sacerdotale » |
32 | Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale Spagnola in visita "ad limina", 4 ( 30 settembre 1997 ) |
33 | Cf. Codice di diritto canonico,
can. 235, § 2; Congr. Educ. Catt., Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, 42 |