L'iniziazione cristiana 3 |
1. Una Samaritana incontra Gesù al pozzo di Giacobbe, vicino alla città di Sicar.
Egli le chiede: « Dammi da bere » ( Gv 4,7 ).
La sete di Gesù è segno del suo ardente desiderio che la donna, e con lei tutta la gente della città, si aprano alla fede.
Gesù « ebbe sete così ardente » della fede della Samaritana da « accendere in lei la fiamma dell'amore »1 di Dio.
Anche la donna, per parte sua, domanda dell'acqua: « Signore … dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete » ( Gv 4,15 ).
« La Samaritana ci rappresenta.
Ogni persona umana ha sete e passa da un pozzo all'altro: un vagare incessante, un desiderio inesauribile, rivolto ai molteplici beni del corpo e dello spirito.
Nel nostro tempo questa ricerca sembra diventare addirittura una corsa tumultuosa: produrre e consumare, possedere molte cose e fare molte esperienze, cercare impressioni sempre nuove, il piacere e l'utile immediato, tutto e subito.
Molti però hanno la sensazione di correre senza una meta, di riempirsi di cose, che risultano vuote.
Molti lamentano un impoverimento dei rapporti umani: anonimato, estraneità, incontri superficiali e strumentali, emarginazione dei più deboli, conflittualità e delinquenza.
Tutto contrasta con quello che sembra essere il nostro anelito più profondo: essere amati e amare »2.
Nel cuore di ogni uomo vi è un desiderio di salvezza.
Il Signore suscita la sete e dona l'acqua viva dello Spirito, che sazia per sempre la sete d'infinito d'ogni persona.
« Occorre liberarsi dai pregiudizi e dal conformismo; occorre essere sinceri e onesti con se stessi.
È necessario prendere sul serio le grandi domande, che ognuno di noi si porta dentro: chi sono? da dove vengo? dove sto andando?
E ancora: la realtà è assurda o intelligibile?
la vita è un dono, un destino cieco o un caso?
perché questa sete che nessuna conquista riesce ad estinguere?
che cosa posso sperare e che cosa devo fare?
Se vengo dal nulla e vado verso il nulla, sembra che non ci sia nulla da sperare e nulla da fare, se non lasciarsi andare alla deriva.
Se invece vengo dall'Amore infinito e vado verso l'Amore infinito, ecco che mi si apre davanti un cammino, difficile forse, ma pieno di significato …
Chi evita le domande fondamentali, fugge da se stesso …
Indifferenza, edonismo e attivismo non sono una soluzione, ma un'evasione irresponsabile.
"Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita" ( Ap 22,17 ) ».3
Ancora oggi Gesù suscita nel cuore di tutti gli uomini la fede e l'amore.
Dall'incontro personale con Lui nasce in ciascuno la coscienza della propria fragilità e della propria condizione di peccato e, insieme, l'adesione al suo messaggio di salvezza, con il desiderio di diffonderlo nel mondo.
È quanto viene testimoniato nel racconto del Vangelo di Giovanni.
L'incontro con Gesù trasforma la vita della donna di Samaria.
Ella corre senza indugio a comunicare la buona notizia alla gente del suo villaggio: « Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto.
Che sia forse il Messia? » ( Gv 4,29 ).
« La rivelazione accolta con fede chiede di divenire parola proclamata e testimoniata mediante scelte concrete di vita.
È questa la missione dei credenti, che scaturisce e si sviluppa a partire dall'incontro personale con il Signore »,4 come per la Samaritana.
« Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e soltanto in Dio l'uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa [ … ].
Ma questo "intimo e vitale legame con Dio" ( Gaudium et spes, 19 ) può essere dimenticato, misconosciuto e perfino esplicitamente rifiutato dall'uomo.
Tali atteggiamenti possono avere origini assai diverse: la ribellione contro la presenza del male nel mondo, l'ignoranza o l'indifferenza religiosa, le preoccupazioni del mondo e delle ricchezze, il cattivo esempio dei credenti, le correnti di pensiero ostili alla religione, e infine la tendenza dell'uomo peccatore a nascondersi, per paura, davanti a Dio e a fuggire davanti alla sua chiamata. [ … ]
Se l'uomo può dimenticare o rifiutare Dio, Dio però non si stanca di chiamare ogni uomo a cercarlo perché viva e trovi la felicità.
Ma tale ricerca esige dall'uomo tutto lo sforzo della sua intelligenza, la rettitudine della sua volontà, "un cuore retto" ed anche la testimonianza di altri che lo guidino nella ricerca di Dio ».5
Gli Orientamenti pastorali dei Vescovi italiani per il primo decennio del 2000, quando descrivono la situazione psicologica e spirituale di quanti sono alla ricerca di Dio, ne parlano con grande rispetto, sottolineando che spesso sono « persone di grande dignità, che portano nel loro vissuto ferite inferte dalle circostanze della vita familiare, sociale e, in qualche caso, dalle nostre stesse comunità; più semplicemente, sono cristiani abbandonati a loro stessi, verso i quali non si è stati capaci di mostrare ascolto, interesse, simpatia, condivisione ».6
Gli uomini del nostro tempo, portatori di un desiderio di Dio spesso inconsapevole e inespresso, chiedono ai credenti non solo di "parlare" di Cristo, ma di farlo "vedere".
È « compito della Chiesa riflettere la luce di Cristo in ogni epoca della storia, farne risplendere il volto anche davanti alle generazioni del nuovo millennio ».7
La domanda, posta da coloro che sentono il richiamo della fede, impone alla Chiesa nuovi modi di pensare, comunicare e testimoniare il Vangelo.
È quanto Giovanni Paolo II ha ripetutamente espresso con l'invito a intraprendere una "nuova evangelizzazione".
La comunità cristiana è inviata dal Signore a mettersi in ascolto della ricerca di questi uomini e di queste donne, per condividere con loro la speranza da lui donata.
La Chiesa è chiamata ancora una volta a mostrarsi « esperta in umanità »8 e ad accompagnare, con sapienza evangelica e con atteggiamenti di attento ascolto e di sincera condivisione, il cammino di coloro che desiderano maturare una scelta consapevole di fede.
L'odierno mutamento culturale esige una nuova riflessione sull'annuncio del Vangelo.
Dopo aver dovuto rispondere alla sfida posta da una ragione innalzata a criterio esclusivo di verità e contrapposta alla fede, oggi l'evangelizzazione si trova a confronto con una cultura che vorrebbe "liberare" l'uomo da ogni vincolo e da ogni norma, disancorandolo da ogni "fondamento", lasciato in balìa solo del proprio sentire.
Oggi "diventare cristiani" è fortemente ostacolato dai processi di secolarizzazione e di scristianizzazione;
il senso religioso innato nell'uomo è minato dall'agnosticismo che riduce l'intelligenza umana a semplice ragione calcolatrice e funzionale;
un progressivo "alleggerimento" corrode i legami più sacri e gli affetti più significativi della persona.
Ne consegue una sorta di sradicamento e di instabilità, che, già a livello umano, compromettono la formazione di solide personalità e di relazioni serie e profonde e, a maggior ragione, rendono molto impegnativo l'invito a farsi discepoli del Signore.
La Chiesa affronta il compito di comunicare il Vangelo al mondo contemporaneo con la chiara consapevolezza che Cristo è la Verità, la definitiva e piena rivelazione di Dio e dell'uomo, e che da Lui ha origine il dono sorprendente della libertà.
Il continuo e rinnovato ascolto del Verbo della vita, la contemplazione costante del suo volto permetteranno ancora una volta alla Chiesa di comprendere chi è il Dio vivo e vero e chi è l'uomo.
Essa « mira a questo solo: a continuare, sotto la guida dello Spirito Paraclito, l'opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito ».9
L'uomo contemporaneo crede più ai testimoni che ai maestri, più all'esperienza che alla teoria, più ai fatti che alle parole.10
La prima e insostituibile forma di evangelizzazione è la testimonianza della vita: Cristo, il primo evangelizzatore, è il "testimone" per eccellenza ( cf. Ap 1,5; Ap 3,14 ) è il modello della testimonianza cristiana.
Lo Spirito Santo accompagna il cammino della Chiesa e l'associa alla testimonianza che egli rende a Cristo ( cf. Gv 15,26-27 ).
È dunque con la vita ordinaria della comunità ecclesiale, con il suo stile fatto di accoglienza e di perdono, di povertà e di distacco; è con la presenza sollecita di pastori e fedeli, con l'esempio di famiglie cristiane e di comunità religiose, che gli umili discepoli del Signore, pur con tutti i limiti e i difetti umani, saranno apostoli credibili del suo Vangelo di verità, di libertà e di amore.
In una parola, per evangelizzare occorre innanzi tutto la santità.
Tale "misura alta della vita cristiana" è stata riproposta con vigore dal Papa Giovanni Paolo II, il quale ha indicato la santità come l'obiettivo irrinunciabile di una pastorale missionaria: « La riscoperta della Chiesa come "mistero", ossia come popolo "adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito" ( S. Cipriano, De dominica oratione, 23; cf. Lumen gentium, 4 ), non poteva non comportare la riscoperta della sua "santità", intesa nel senso fondamentale dell'appartenenza a Colui che è per antonomasia il Santo, il "tre volte Santo" ( cf. Is 6,3 ).
Professare la Chiesa come santa significa additare il suo volto di Sposa di Cristo, per la quale egli si è donato, proprio al fine di santificarla ( cf. Ef 5,25-26 ).
Questo dono di santità, per così dire, oggettiva, è offerto a ciascun battezzato.
Ma il dono si traduce a sua volta in un compito, che deve orientare l'intera esistenza cristiana ».11
Si tratta perciò di vivere il Battesimo come « un vero ingresso nella santità di Dio attraverso l'inserimento in Cristo e l'inabitazione del suo Spirito [ … ].
Chiedere a un catecumeno: "Vuoi ricevere il Battesimo?" significa al tempo stesso chiedergli: "Vuoi diventare santo?".
Significa porre sulla sua strada il radicalismo del discorso della montagna: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" ( Mt 5,48 ) [ … ].
È ora di riproporre a tutti con convinzione questa "misura alta" della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione ».12
I cristiani sono testimoni della risurrezione del Signore solo se tendono con l'aiuto della sua grazia, con umiltà e costanza, a condurre una vita da risorti, « come vivi, tornati dai morti » ( Rm, 6,13 ): quando non si vergognano del Vangelo, quando sperimentano la consolazione nella prova, quando trovano nella preghiera la forza di perdonare e di farsi perdonare, quando si spendono per diventare un cuor solo e un'anima sola, quando si impegnano per costruire la civiltà dell'amore e non perdono la speranza di cieli nuovi e terra nuova, allora mostrano con segni di vita nuova di credere nella risurrezione del Signore.
Non si dovrà poi mai dimenticare che la testimonianza evangelica, a cui il mondo è più sensibile, è quella dell'attenzione per le persone e soprattutto della carità verso i piccoli e gli emarginati, verso chi soffre.
La gratuità di questo atteggiamento, il distacco dalla gloria mondana e dai beni materiali, l'uso delle proprie risorse a favore dei più poveri, l'impegno per la pace e la giustizia, se vissuto per amore del Signore Gesù e ordinato al bene integrale dell'uomo, costituiscono, da parte della comunità ecclesiale, altrettanti "segni di credibilità" della sua fede e fanno nascere precise domande che orientano a Cristo e al Vangelo.
Indice |
1 | Messale romano, Prefazio della terza domenica di Quaresima, anno A |
2 | C.E.I., La Verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, 3-4 |
3 | C.E.I., La Verità vi farà liberi. Catechismo degli adulti, 8 |
4 | Giovanni Paolo II, Omelia nella parrocchia romana di San Gelasio I ( 3 marzo 2002 ) |
5 | Cat. Chiesa Cat., 27; n. 29; n. 30 |
6 | C.E.I., Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 57 |
7 | Giovanni Paolo II, Lett. ap.
Novo millennio ineunte, 16 ( 6 gennaio 2001 ); cf. Conc. Ec. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1 |
8 | Paolo VI, Discorso all'Assemblea delle Nazioni Unite, 1 ( 4 ottobre 1965 ) |
9 | Conc. Ec. Vat. II, Cost. past.
Gaudium et spes, 3; cf. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente, 56 ( 10 novembre 1994 ); ID., Lett. enc. Fides et ratio, 45-48 ( 14 settembre 1998 ); nn. 81-89 |
10 | Cf. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 41 ( 8 dicembre 1975 ) |
11 | Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 30 |
12 | Ibid., 31 |