Comunicazione e missione |
La comunità ecclesiale segue con attenzione tutti i media e tutto ciò che essi comunicano.
Anche in questo campo la Chiesa, offrendo il suo peculiare contributo di giudizio critico e di proposta, e, se necessario, anche di protesta, esercita la sua funzione profetica: la dignità dell'uomo va salvaguardata e il bene comune perseguito, i soggetti più deboli vanno tutelati e il principio della giustizia deve essere attuato tra i fruitori dei media riducendo anche le distanze tra "inforicchi" e "infopoveri".140
Doverosi e legittimi sono la partecipazione dei cattolici al dibattito pubblico sui media e l'intervento su singole questioni, anche attraverso le associazioni cattoliche sorte con questi appositi scopi.
Per questo «la responsabilità professionale dei fedeli laici in questo campo, esercitata sia a titolo personale sia mediante iniziative ed istituzioni comunitarie, esige di essere riconosciuta in tutto il suo valore e sostenuta con più adeguate risorse materiali, intellettuali e pastorali».141
La Chiesa è attenta alle produzioni e ai programmi di taglio religioso, come pure all'informazione fornita dai media su aspetti della fede e della vita ecclesiale.
Opere e programmi su temi ed esperienze religiose sono espressione del grande contributo dei media e dei cattolici all'approfondimento e alla diffusione del patrimonio religioso e della tradizione cattolica del Paese.
Le produzioni di qualità non sono mancate e non mancano.
Occorre però investire di più sulla formazione di produttori, registi, conduttori e membri delle varie redazioni affinché i temi religiosi vengano trattati con competenza, sensibilità e autentica professionalità.
I cattolici presenti nei grandi circuiti della comunicazione possono dare un prezioso contributo alla diffusione dei valori religiosi e cristiani.
I cattolici italiani impegnati professionalmente nel campo della comunicazione sociale hanno una grande responsabilità.
La loro presenza può validamente contribuire a migliorare la qualità della comunicazione.
A tale scopo la loro azione deve essere costantemente ispirata al messaggio evangelico e sorretta da una chiara visione della verità sull'uomo, da una "sapienza di linguaggio" adeguata alle "capacità di ricezione" dei destinatari e da una provata professionalità.142
Di grande rilievo è anche il contributo offerto attraverso i media da parte dei cattolici esperti nei vari ambiti del sapere teologico, filosofico, antropologico, scientifico e nelle più svariate discipline.
Nei dibattiti che animano la piazza mediatica possono presentare, con la libertà e la responsabilità proprie del credente, il punto di vista cattolico.
Occorre promuovere la partecipazione dei fedeli laici al dibattito pubblico, sia per la loro competenza in ambiti specifici sia per evitare la ricorrente semplificazione mediatica che riduce il punto di vista dei cattolici alla voce di ecclesiastici, alimentando così una stereotipata immagine "clericale" della Chiesa.
Tra i cattolici presenti sui media ci sono spesso persone di speciale consacrazione, presbiteri, religiosi e religiose.
Una presenza qualificata e in contesti adeguati può essere valida e da promuovere.
Occorre ricordare che «nessuno, tuttavia, ha il diritto di parlare a nome della Chiesa, o se lo fa, deve essere investito di tale incarico».143
È bene valutare, caso per caso, ciascun invito ad intervenire attraverso i media.
Qualora si accetti, è doveroso richiedere le eventuali autorizzazioni e fare in modo che il pubblico non faccia confusione tra insegnamento della Chiesa e opinioni personali.144
Considerati il peso dei media sull'opinione pubblica e il particolare apostolato attuabile loro tramite, gli episcopati nazionali possono stabilire criteri e norme in materia, secondo quanto previsto dal Codice di diritto canonico: «Spetta alla Conferenza episcopale stabilire norme sui requisiti perché ai chierici e ai membri degli istituti religiosi sia lecito partecipare a trasmissioni radiofoniche o televisive che trattino questioni attinenti la dottrina cattolica o la morale».145
Se appare difficile stabilire norme rigide, anche per la varietà delle situazioni e la molteplicità dei media, non possono invece mancare alcuni criteri di discernimento e di prudenza, in conformità con quanto indicato dal Codice di diritto canonico.
È necessario che i chierici e i membri di istituti religiosi che partecipano a trasmissioni radiofoniche o televisive che trattino questioni attinenti la dottrina cattolica o la morale dispongano della licenza, almeno presunta, del proprio Ordinario.
Si astengano, comunque, dall'intervenire in programmi di mero intrattenimento e quando la loro presenza può suscitare turbamento o scandalo nei fedeli.146
Chi interviene abitualmente sulla stampa o partecipa in maniera continuativa a trasmissioni radiofoniche o televisive che illustrano la dottrina cristiana richieda la licenza dell'Ordinario proprio o dell'Ordinario del luogo.147
Tali criteri normativi si applicano per analogia a tutti i media e alle nuove forme di comunicazione.
È, comunque, opportuno che quanti intervengono attraverso i media consultino previamente, a seconda dell'ambito, l'ufficio per le comunicazioni sociali, nazionale o diocesano, che in base alle situazioni potrà offrire ulteriori elementi per una valutazione ponderata e saggia.
Sono, in ogni caso, da evitare interventi e presenze che, per la loro collocazione e per le modalità espressive, possano essere tacciati di superficialità o di futilità.
La Chiesa deve prestare una particolare attenzione ai professionisti della comunicazione.
Il loro ruolo è sempre più incisivo, esteso e riconosciuto.
Ordini professionali e organismi di rappresentanza hanno un grande peso sociale.
Ogni organizzazione pubblica possiede un portavoce e un organo di stampa, cura la propria immagine e le relazioni pubbliche.
L'industria dell'audiovisivo e dei media ha assunto dimensioni che spesso oltrepassano i confini nazionali.
Migliaia di giovani si stanno preparando nelle facoltà di scienze della comunicazione, sempre più numerose all'interno delle università italiane e pontificie.
Questa categoria di professionisti della comunicazione merita un'attenzione pastorale discreta e specializzata, affinché il punto di vista cristiano possa interpellare anche chi non si dichiara cattolico o non partecipa abitualmente alla vita ecclesiale.
Almeno due sono i momenti in cui è bene organizzare incontri di sostegno, confronto e dialogo.
Il primo, ormai radicato nella tradizione italiana, è l'incontro del vescovo con i professionisti e gli operatori dei media in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e dei comunicatori.
La ricorrenza del 24 gennaio è un'occasione preziosa per riflettere insieme sulle comunicazioni sociali e sulle responsabilità di chi vi opera.
Un secondo momento, ancora troppo poco valorizzato, è offerto dalla Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.
È l'occasione per incontrare non solo i giornalisti, ma tutti gli operatori del mondo della comunicazione, dai registi agli attori, dai produttori ai pubblicitari, dai tanti ai conduttori, dai critici dello spettacolo ai docenti dei corsi di laurea in scienze delle comunicazioni sociali.
L'ufficio diocesano delle comunicazioni sociali sarà vicino ai professionisti della comunicazione, offrendo e chiedendo loro collaborazione.
I professionisti cattolici sono inoltre invitati ad aderire alle associazioni nazionali e internazionali di categoria, partecipando alle iniziative di confronto e formazione da esse promosse.
Indice |
140 | Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, Etica in Internet, 10 |
141 | Giovanni Paolo II, Christifideles Laici 44 |
142 | Commissione episcopale per le comunicazioni sociali, Il dovere della comunicazione 7 |
143 | Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, Etica nelle comunicazioni sociali 26 |
144 | Cod. Diritto Can. 227 |
145 | Cod. Diritto Can. 831 §2 |
146 | Cod. Diritto Can. 831 §2 |
147 | Cod. Diritto Can. 772 §1 |