Codice dei Canoni delle Chiese Orientali

Indice

Titolo IV - Le Chiese Patriarcali

Can. 55

Secondo l'antichissima tradizione della Chiesa, riconosciuta già dai primi Concili Ecumenici, nella Chiesa vige l'istituzione patriarcale; perciò i Patriarchi delle Chiese orientali, che presiedono ciascuno la sua Chiesa patriarcale come padre e capo, devono essere trattati con singolare onore.

Can. 56

Il Patriarca è un Vescovo a cui compete la potestà su tutti i Vescovi, non esclusi i Metropoliti, e su tutti gli altri fedeli cristiani della Chiesa a cui presiede, a norma del diritto approvato dalla suprema autorità della Chiesa.

Can. 57

§1. La erezione, il ripristino, il mutamento e la soppressione delle Chiese patriarcali è riservato alla suprema autorità della Chiesa.

§2. Soltanto la suprema autorità della Chiesa può mutare il titolo legittimamente riconosciuto o concesso a ciascuna Chiesa patriarcale.

§3. La Chiesa patriarcale deve avere entro i confini del proprio territorio una sede stabile di residenza del Patriarca costituita, se è possibile, nella città principale da cui il Patriarca desume il titolo.

Questa sede non può essere trasferita se non per una causa gravissima, col consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale e ottenuto l'assenso del Romano Pontefice.

Can. 58

I Patriarchi delle Chiese orientali hanno la precedenza in tutto il mondo su tutti i Vescovi di qualsiasi grado, salve restando le norme speciali sulla precedenza stabilite dal Romano Pontefice.

Can. 59

§1. I Patriarchi delle Chiese orientali, anche se posteriori nel tempo gli uni agli altri, sono tutti uguali quanto a dignità patriarcale, salva restando la precedenza di onore tra di loro.

§2. L'ordine di precedenza tra le antiche Sedi patriarcali delle Chiese orientali è che in primo luogo viene la Sede Costantinopolitana, dopo di essa quella Alessandrina, poi l'Antiochena e quindi quella Gerosolimitana.

§3. La precedenza tra tutti gli altri Patriarchi delle Chiese orientali è ordinata secondo l'antichità della Sede patriarcale.

§4. Tra i Patriarchi delle Chiese orientali che hanno un unico e stesso titolo, ma che presiedono a diverse Chiese patriarcali, ha la precedenza colui che è stato promosso prima alla dignità patriarcale.

Can. 60

§1. Il Patriarca nelle chiese destinate ai fedeli cristiani della Chiesa a cui presiede e nelle celebrazioni liturgiche della stessa Chiesa ha la precedenza sugli altri Patriarchi, anche se sono di grado più alto per titolo di Sede o più anziani per promozione.

§2. Il Patriarca che attualmente possiede la potestà patriarcale ha la precedenza su quelli che conservano ancora il titolo di una Sede patriarcale in precedenza posseduta.

Can. 61

Il Patriarca può avere un procuratore presso la Sede Apostolica, nominato personalmente con il previo assenso del Romano Pontefice.

Can. 62

Il Patriarca che ha rinunciato al suo ufficio conserva il suo titolo e gli onori soprattutto nelle celebrazioni liturgiche; ha pure diritto che gli venga assegnata col suo consenso una degna sede di abitazione e che gli si forniscano i mezzi, provenienti dai beni della Chiesa patriarcale, con cui possa provvedere a un decoroso sostentamento, corrispondente al proprio titolo, fermo restando il can. 60, §2 circa la precedenza.

Capitolo I - La elezione dei Patriarchi

Can. 63

Il Patriarca è canonicamente eletto nel Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale.

Can. 64

Siano indicati distintamente dal diritto particolare i requisiti perché uno sia ritenuto idoneo alla dignità patriarcale, salvo sempre quanto è prescritto nel can. 180.

Can. 65

§1. Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale deve riunirsi nella residenza patriarcale oppure in un altro luogo da designare dall'Amministratore della Chiesa patriarcale col consenso del Sinodo permanente.

§2. La riunione del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale deve essere fatta entro un mese da computare dalla vacanza della Sede patriarcale, fermo restando un tempo più lungo stabilito dal diritto particolare, ma non oltre due mesi.

Can. 66

§1. Nella elezione del Patriarca hanno voce attiva tutti e soli i membri del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale.

§2. È vietato a qualsiasi altro, all'infuori dei membri del Sinodo della Chiesa patriarcale, di essere presente in aula alla elezione del Patriarca, eccettuati quei chierici che, a norma del can. 71, §1, sono assunti come scrutatori o attuario del Sinodo.

§3. Non è lecito a nessuno di immischiarsi in alcun modo, sia prima del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, sia durante lo stesso, nella elezione del Patriarca.

Can. 67

Nell'elezione del Patriarca si devono osservare i cann. 947-957, riprovata la consuetudine contraria, a meno che non sia stabilito diversamente dal diritto comune.

Can. 68

§1. Tutti i Vescovi legittimamente convocati hanno un grave obbligo di partecipare all'elezione.

§2. Se qualche Vescovo ritiene di essere impedito da un giusto impedimento, esponga per iscritto le sue ragioni al Sinodo della Chiesa patriarcale; decidere sulla legittimità dell'impedimento compete ai Vescovi che sono presenti nel luogo designato all'inizio delle sessioni del Sinodo.

Can. 69

Fatta canonicamente la convocazione, se due terzi dei Vescovi che sono tenuti a partecipare al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, tolti coloro che sono trattenuti da legittimo impedimento, risultano presenti nel luogo designato, sia dichiarato canonico il Sinodo e si può procedere alla elezione.

Can. 70

A meno che il diritto particolare non abbia stabilito diversamente, al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale per l'elezione del Patriarca presiede, tra i presenti, colui che nella prima sessione è stato eletto; nel frattempo la presidenza è riservata all'Amministratore della Chiesa patriarcale.

Can. 71

§1. Gli scrutatori e l'attuario possono essere assunti a norma del diritto particolare anche tra i presbiteri e i diaconi.

§2. Tutti coloro che partecipano al Sinodo hanno l'obbligo grave di conservare il segreto su ciò che direttamente o indirettamente riguarda gli scrutini.

Can. 72

§1. È eletto colui che ha riportato due terzi dei voti, a meno che per diritto particolare non sia stabilito che, dopo un conveniente numero di scrutini, almeno tre, sia sufficiente la parte assolutamente maggiore dei voti e l'elezione sia portata a termine a norma del can. 183, §§3 e 4.

§2. Se l'elezione non si porta a termine entro quindici giorni, da computare dall'apertura del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, la cosa viene devoluta al Romano Pontefice.

Can. 73

Se l'eletto è almeno Vescovo legittimamente proclamato, la elezione dev'essere immediatamente intimata dal Presidente all'eletto o, se è eletto il presidente, dal Vescovo più anziano per ordinazione episcopale a nome di tutto il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, con la formula e il modo consueto nella Chiesa patriarcale; se invece l'eletto non è stato ancora proclamato Vescovo, osservando il segreto da parte di tutti coloro che in qualsiasi modo hanno conosciuto l'esito della elezione, anche nei confronti dell'eletto, il Sinodo della Chiesa patriarcale viene sospeso e si faccia l'intimazione se tutte le cose richieste dai canoni per la proclamazione episcopale sono state compiute.

Can. 74

L'eletto deve manifestare, entro due giorni utili da computare dall'intimazione, se accetta la elezione; se poi l'eletto non accetta oppure se entro due giorni non risponde, perde ogni diritto acquisito con l'elezione.

Can. 75

Se l'eletto ha accettato ed è Vescovo ordinato, il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale proceda secondo le prescrizioni dei libri liturgici alla sua proclamazione e intronizzazione come Patriarca; se invece l'eletto non è ancora Vescovo ordinato, l'intronizzazione non può essere fatta validamente prima che l'eletto abbia ricevuto l'ordinazione episcopale.

Can. 76

§1. Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale informi al più presto il Romano Pontefice mediante lettere sinodali della elezione e dell'intronizzazione canonicamente compiute e inoltre della professione di fede e della promessa di adempiere fedelmente il suo ufficio pronunciate dal nuovo Patriarca davanti al Sinodo secondo le formule approvate; le lettere sinodali sulla compiuta elezione siano mandate anche ai Patriarchi delle altre Chiese orientali.

§2. Il nuovo Patriarca deve richiedere, con lettera sottoscritta di suo pugno, al Romano Pontefice la comunione ecclesiastica.

Can. 77

§1. Il Patriarca canonicamente eletto esercita validamente il suo ufficio solamente dall'intronizzazione con la quale egli ottiene l'ufficio a pieno diritto.

§2. Prima di ricevere la comunione ecclesiastica dal Romano Pontefice, il Patriarca non convochi il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale né ordini dei Vescovi.

Capitolo II - Diritti e doveri dei Patriarchi

Can. 78

§1. La potestà che compete al Patriarca, a norma dei canoni e delle legittime consuetudini, sui Vescovi e su tutti gli altri fedeli cristiani della Chiesa a cui presiede, è ordinaria e propria; ma è così personale che egli non può costituire un Vicario per l'intera Chiesa patriarcale, oppure delegare la sua potestà a qualcuno per la totalità dei casi.

§2. La potestà del Patriarca può essere esercitata validamente soltanto entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale, a meno che non consti diversamente dalla natura della cosa, oppure dal diritto comune o particolare approvato dal Romano Pontefice.

Can. 79

In tutti gli affari giuridici della Chiesa patriarcale, il Patriarca la rappresenta.

Can. 80

È compito del Patriarca:

1° esercitare i diritti di Metropolita e adempierne gli obblighi in tutti i luoghi dove le province non sono erette;

2° supplire alla negligenza dei Metropoliti a norma del diritto;

3° nella vacanza della sede metropolitana esercitare i diritti e adempiere i doveri del Metropolita in tutta la provincia;

4° ammonire il Metropolita che non ha nominato l'economo a norma del can. 262, §1; fatta inutilmente l'ammonizione, nominare personalmente l'economo.

Can. 81

Gli atti del Romano Pontefice che riguardano la Chiesa patriarcale siano notificati ai Vescovi eparchiali e agli altri destinatari per mezzo del Patriarca, a meno che la Sede Apostolica non abbia provveduto direttamente nel caso.

Can. 82

§1. Il Patriarca per diritto proprio può:

1° emanare decreti, nell'ambito della sua competenza, con cui vengono determinate con più precisione le modalità nell'applicazione della legge oppure con cui si urge l'osservanza delle leggi;

2° indirizzare istruzioni ai fedeli cristiani di tutta la Chiesa a cui presiede per esporre la sana dottrina, per favorire la pietà, per correggere gli abusi e per approvare e incoraggiare gli esercizi che favoriscono il bene spirituale dei fedeli cristiani;

3° inviare lettere encicliche a tutta la Chiesa a cui presiede sulle questioni che riguardano la propria Chiesa e il rito.

§2. Il Patriarca può comandare ai Vescovi e a tutti gli altri chierici, come pure ai membri degli istituti di vita consacrata di tutta la Chiesa a cui presiede, che siano letti pubblicamente ed esposti nelle proprie chiese o case i suoi decreti, le istruzioni e anche le lettere encicliche.

§3. Il Patriarca non tralasci di ascoltare il Sinodo permanente o il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale o anche l'assemblea patriarcale nelle cose che riguardano tutta la Chiesa a cui presiede o gli affari più importanti.

Can. 83

§1. Salvo il diritto e il dovere del Vescovo eparchiale di visitare canonicamente la propria eparchia, il Patriarca ha il diritto e il dovere di compiere la visita pastorale nella medesima eparchia nei tempi stabiliti dal diritto particolare.

§2. Per una grave causa e col consenso del Sinodo permanente, il Patriarca può visitare una chiesa, una città o un'eparchia, personalmente oppure per mezzo di un altro Vescovo, e durante questa visita può compiere tutto ciò che compete al Vescovo eparchiale nella visita canonica.

Can. 84

§1. Il Patriarca abbia la massima sollecitudine affinché, sia lui sia i Vescovi eparchiali della Chiesa a cui egli presiede, confrontando i pareri, specialmente nelle assemblee previste dal diritto, con i Patriarchi e i Vescovi eparchiali delle altre Chiese sui iuris che esercitano la loro potestà nello stesso territorio, promuovano l'unità d'azione tra di loro e con tutti gli altri fedeli cristiani di qualsiasi Chiesa sui iuris e, unendo le forze, aiutino le opere comuni che intendono promuovere più speditamente il bene della religione, tutelare più efficacemente la disciplina ecclesiastica, nonché favorire concordemente l'unità di tutti i cristiani.

§2. Il Patriarca incoraggi anche frequenti incontri tra i Gerarchi e tutti gli altri fedeli cristiani che, secondo la sua prudenza, giudica opportuno convocare su materie pastorali e altri affari che riguardano tutta la Chiesa a cui presiede, oppure qualche provincia o regione.

Can. 85

§1. Per una grave causa il Patriarca può, col consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale e dopo aver consultato la Sede Apostolica, erigere, circoscrivere diversamente, unire, dividere, sopprimere province ed eparchie, mutarne il grado gerarchico e trasferire la sede eparchiale.

§2. Compete al Patriarca con il consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale:

1° dare al Vescovo eparchiale un Vescovo coadiutore o un Vescovo ausiliare osservando i can. 181, §1, can. 182-187 e can. 212;

2° trasferire per una grave causa il Metropolita o un Vescovo eparchiale oppure titolare a un'altra sede metropolitana, eparchiale o titolare; se qualcuno rifiuta, il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale dirima la cosa o la deferisca al Romano Pontefice.

§3. Il Patriarca, col consenso del Sinodo permanente, può erigere, mutare e sopprimere degli esarcati.

§4. Di queste decisioni il Patriarca informi al più presto la Sede Apostolica.

Can. 86

§1. Compete al Patriarca:

1° dare al Metropolita o al Vescovo le lettere patriarcali circa la provvisione canonica;

2° ordinare i Metropoliti personalmente o, se è impedito, per mezzo di altri Vescovi, come pure, se il diritto particolare così comporta, ordinare anche tutti i Vescovi;

3° intronizzare il Metropolita dopo l'ordinazione episcopale.

§2. È data facoltà dal diritto stesso al Patriarca di ordinare e intronizzare i Metropoliti e tutti gli altri Vescovi della Chiesa a cui presiede, costituiti dal Romano Pontefice fuori dei confini del territorio della stessa Chiesa, a meno che in un caso speciale non sia espressamente stabilito diversamente.

§3. L'ordinazione episcopale e l'intronizzazione devono essere compiute entro i termini stabiliti dal diritto, mentre le lettere patriarcali di provvisione canonica devono essere date entro dieci giorni dopo la proclamazione della elezione; della ordinazione episcopale e intronizzazione si informi al più presto la Sede Apostolica.

Can. 87

Il Patriarca può prendersi cura che nel Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale siano eletti, a norma dei can. 181, §1 e can. 182-187, purché si provveda al loro conveniente sostentamento, alcuni Vescovi della curia patriarcale, non però più di tre, ai quali conferire un ufficio con residenza nella curia patriarcale e li può ordinare dopo aver compiuto tutte le cose richieste per la proclamazione episcopale.

Can. 88

§1. I Vescovi della Chiesa patriarcale prestino al Patriarca onore e rispetto e la dovuta obbedienza; il Patriarca poi tratti gli stessi Vescovi con la dovuta riverenza e li accolga con fraterna carità.

§2. Il Patriarca cerchi di comporre le controversie che eventualmente sorgessero tra i Vescovi, fermo restando il diritto di deferirle in qualunque tempo al Romano Pontefice.

Can. 89

§1. È diritto e dovere del Patriarca vigilare a norma del diritto su tutti i chierici; se gli sembra che qualcuno meriti una pena, avverta il Gerarca a cui il chierico è immediatamente soggetto e, se l'avvertenza è risultata inutile, egli stesso proceda contro il chierico a norma del diritto.

§2. Il Patriarca può affidare il compito di trattare gli affari che riguardano l'intera Chiesa patriarcale a qualunque chierico, dopo aver consultato il suo Vescovo eparchiale o, se si tratta di un membro di un istituto religioso o di una società di vita comune a guisa dei religiosi, il suo Superiore maggiore, a meno che il diritto particolare della Chiesa patriarcale non richieda il loro consenso; durante questo incarico può anche sottoporre immediatamente a sé questo chierico.

§3. Il Patriarca può conferire una dignità riconosciuta nella propria Chiesa a qualunque chierico, fermo restando il can. 430, purché si aggiunga il consenso scritto del Vescovo eparchiale di cui il chierico è suddito o, se si tratta di un membro di un istituto religioso o di una società di vita comune a guisa dei religiosi, del suo Superiore maggiore.

Can. 90

Per una grave causa e dopo aver consultato il Vescovo eparchiale e col consenso del Sinodo permanente, il Patriarca può sottrarre un luogo o una persona giuridica che non appartiene a un istituto religioso, nell'atto stesso dell'erezione, dalla potestà del Vescovo eparchiale e sottometterlo immediatamente a sé, per quanto riguarda l'amministrazione dei beni temporali come pure le persone addette al luogo stesso o alla persona giuridica, in tutte quelle cose che riguardano il loro incarico o ufficio.

Can. 91

Il Patriarca dev'essere commemorato nella Divina Liturgia e nelle lodi divine, dopo il Romano Pontefice, da tutti i Vescovi e da tutti gli altri chierici secondo le prescrizioni dei libri liturgici.

Can. 92

§1. Il Patriarca manifesti la comunione gerarchica con il Romano Pontefice, successore di san Pietro, mediante la fedeltà, la venerazione e l'obbedienza che sono dovute al Pastore supremo della Chiesa universale.

§2. Il Patriarca deve fare la commemorazione del Romano Pontefice, in segno di piena comunione con lui, nella Divina Liturgia e nelle lodi divine, secondo le prescrizioni dei libri liturgici, e curare che sia fatta fedelmente da tutti i Vescovi e da tutti gli altri chierici della Chiesa a cui presiede.

§3. Il rapporto del Patriarca col Romano Pontefice sia frequente e gli invii, secondo le norme speciali stabilite, la relazione sullo stato della Chiesa a cui presiede e, entro un anno dalla sua elezione e in seguito più volte durante la sua funzione, compia la visita all'Urbe per venerare le tombe dei santi Apostoli Pietro e Paolo e si presenti al successore di Pietro nel primato sulla Chiesa universale.

Can. 93

Il Patriarca risieda nella sede della sua residenza e non si allontani da essa se non per una causa canonica.

Can. 94

Il Patriarca deve celebrare la Divina Liturgia, a favore del popolo di tutta la Chiesa a cui presiede, nei giorni festivi stabiliti dal diritto particolare.

Can. 95

§1. I doveri dei Vescovi eparchiali, di cui nel can. 196, obbligano anche il Patriarca, fermi restando per altro i doveri dei singoli Vescovi.

§2. Il Patriarca abbia cura che i Vescovi eparchiali adempiano fedelmente la loro funzione pastorale e risiedano nell'eparchia che governano; incoraggi il loro zelo; se in qualcosa hanno sbagliato gravemente, non tralasci di ammonirli, dopo aver consultato - se non c'è pericolo nell'attesa - il Sinodo permanente, e se le ammonizioni non ottengono l'effetto desiderato, deferisca la cosa al Romano Pontefice.

Can. 96

A riguardo delle orazioni e degli esercizi di pietà, il Patriarca in tutta la Chiesa a cui presiede, ha la stessa potestà che ha il Gerarca del luogo, purché siano in consonanza col proprio rito.

Can. 97

Il Patriarca deve vigilare diligentemente sulla retta amministrazione di tutti i beni ecclesiastici, fermo restando il dovere primario, di cui nel can. 1022, §1, dei singoli Vescovi eparchiali.

Can. 98

Il Patriarca col consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale e col previo assenso del Romano Pontefice può stipulare delle convenzioni, che non siano contrarie al diritto stabilito dalla Sede Apostolica, con l'autorità civile; ma il Patriarca non può rendere esecutive le stesse convenzioni se non dopo aver ottenuto l'approvazione del Romano Pontefice.

Can. 99

§1. Il Patriarca abbia cura che siano osservati da tutti gli Statuti personali nelle regioni in cui sono in vigore.

§2. Se diversi Patriarchi usufruiscono nello stesso luogo della potestà riconosciuta o concessa negli Statuti personali, conviene che negli affari di maggior importanza agiscano di comune intesa.

Can. 100

Il Patriarca può avocare a sé gli affari che riguardano più eparchie e che interessano l'autorità civile; non può però prendere decisioni sugli stessi se non dopo aver consultato i Vescovi eparchiali interessati e col consenso del Sinodo permanente; se però la cosa è urgente e non resta il tempo per riunire i Vescovi membri del Sinodo permanente, ne fanno le veci in questo caso i Vescovi della curia patriarcale, se ci sono, altrimenti i due Vescovi eparchiali più anziani per ordinazione episcopale.

Can. 101

Il Patriarca nella propria eparchia, nei monasteri stauropegiaci, come pure nei luoghi dove non è eretta né un'eparchia né un esarcato, ha gli stessi diritti e doveri del Vescovo eparchiale.

Capitolo III - Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa Pariarcale

Can. 102

§1. Al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale devono essere convocati tutti e soli i Vescovi ordinati della stessa Chiesa ovunque costituiti, esclusi quelli di cui nel Tit. IV - Le Chiese patriarcali Tit. IV

- Le Chiese patriarcali can. 953, §1, o che sono puniti con pene canoniche di cui nei cann. 1433 e 1434.

§2. Per quanto riguarda i Vescovi eparchiali costituiti fuori dai confini del territorio della Chiesa patriarcale e i Vescovi titolari, il diritto particolare può limitare il loro voto deliberativo, fermi restando però i canoni sulla elezione del Patriarca, dei Vescovi e dei candidati agli uffici di cui nel can. 149. §3.

Per la trattazione di determinati affari possono essere invitate dal Patriarca, a norma del diritto particolare o col consenso del Sinodo permanente, altre persone, specialmente Gerarchi non Vescovi ed esperti, al fine di esprimere le loro opinioni ai Vescovi riuniti nel Sinodo, fermo restando il can. 66, §2.

Can. 103

È compito del Patriarca convocare il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale e presiederlo.

Can. 104

§1. Tutti i Vescovi legittimamente convocati al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale hanno il grave obbligo di partecipare al Sinodo stesso, ad eccezione di coloro che hanno rinunciato al loro ufficio.

§2. Se qualche Vescovo ritiene di essere trattenuto da un giusto impedimento, esponga per iscritto le sue ragioni al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale; decidere sulla legittimità dell'impedimento spetta ai Vescovi che sono presenti nel luogo designato all'inizio delle sessioni del Sinodo.

Can. 105

Per il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale nessuno dei membri dello stesso Sinodo può inviare al suo posto un procuratore e nessuno ha più di un voto.

Can. 106

§1. Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale deve essere convocato ogni volta che:

1° si devono trattare degli affari che appartengono alla esclusiva competenza del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, oppure per eseguire i quali è richiesto il consenso dello stesso Sinodo;

2° il Patriarca col consenso del Sinodo permanente lo ritiene necessario;

3° almeno una terza parte dei membri lo richiede per un certo affare, salvi restando sempre i diritti dei Patriarchi, dei Vescovi e delle altre persone stabiliti dal diritto comune.

§2. Inoltre il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale deve essere convocato, se così stabilisce il diritto particolare, in tempi determinati, anche ogni anno.

Can. 107

§1. A meno che il diritto particolare non esiga una maggiore presenza e fermi restando i can. 69, can. 149 e can. 183, §1, ogni sessione del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale è canonica e ogni singola votazione è valida, se la parte maggiore dei Vescovi che sono tenuti a intervenire al Sinodo è presente.

§2. Fermi restando i can. 72, can. 149 e can. 183, §§3 e 4, il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale ha pieno diritto di stabilire con sue norme quanti voti e quanti scrutini sono richiesti perché le decisioni sinodali abbiano vigore giuridico; altrimenti dev'essere osservato il can. 924.

Can. 108

§1. È compito del Patriarca aprire il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, come pure col consenso dello stesso Sinodo trasferirlo, prorogarlo, sospenderlo o scioglierlo.

§2. È compito del Patriarca, dopo aver ascoltato i membri del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, anche preparare l'ordine del giorno da osservare nell'esame delle questioni e da sottoporre all'approvazione del Sinodo all'inizio delle sessioni.

§3. Durante il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale i singoli Vescovi possono aggiungere altre questioni a quelle proposte, se lo consente almeno la terza parte dei membri che partecipano al Sinodo.

Can. 109

Una volta incominciato il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, a nessun Vescovo è lecito assentarsi dalle sessioni del Sinodo se non per una giusta causa approvata dal Sinodo.

Can. 110

§1. Compete esclusivamente al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale emanare leggi per l'intera Chiesa patriarcale, che hanno vigore a norma del can. 150, §§2 e 3.

§2. Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale è il tribunale a norma del can. 1062.

§3. Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale porta a termine la elezione del Patriarca, dei Vescovi e dei candidati agli uffici di cui nel can. 149.

§4. Non competono al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale gli atti amministrativi, a meno che per determinati atti il Patriarca non abbia stabilito diversamente, oppure che dal diritto comune alcuni atti siano riservati allo stesso Sinodo e fermi restando i canoni che richiedono il consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale.

Can. 111

§1. Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale stabilisce il modo e il tempo di promulgazione delle leggi e di pubblicazione delle decisioni.

§2. Così pure il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale deve decidere a riguardo del segreto da osservare circa gli atti e gli affari trattati, salvo restando l'obbligo di conservare il segreto nei casi stabiliti dal diritto comune.

§3. Gli atti relativi alle leggi e alle decisioni siano inviati al più presto al Romano Pontefice; determinati atti o anche tutti siano comunicati agli altri Patriarchi delle Chiese orientali a giudizio dello stesso Sinodo.

Can. 112

§1. La promulgazione delle leggi e la pubblicazione delle decisioni del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale compete al Patriarca.

§2. L'interpretazione autentica delle leggi del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale fino al futuro Sinodo, compete al Patriarca dopo aver consultato il Sinodo permanente.

Can. 113

Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale componga i suoi statuti nei quali si provveda circa la segreteria del Sinodo, le commissioni preparatorie, l'ordine di procedere come pure circa gli altri mezzi che contribuiscano in modo più efficace a conseguirne il fine.

Capitolo IV - La Curia Patriarcale

Can. 114

§1. Il Patriarca deve avere, vicino alla sua Sede, la curia patriarcale, distinta dalla curia dell'eparchia del Patriarca, che consta del Sinodo permanente, dei Patriarchi della curia patriarcale, del tribunale ordinario della Chiesa patriarcale, dell'economo patriarcale, del cancelliere patriarcale, della commissione liturgica, come pure delle altre commissioni che si aggiungono di diritto alla curia patriarcale.

§2. Le persone che appartengono alla curia patriarcale possono essere scelte dal Patriarca tra i chierici dell'intera Chiesa a cui presiede, dopo aver consultato il loro Vescovo eparchiale o, se si tratta di membri di un istituto religioso o di una società di vita comune a guisa dei religiosi, il loro Superiore maggiore.

§3. Per quanto è possibile, non si cumulino nelle stesse persone gli uffici di entrambe le curie del Patriarca.

Can. 115

§1. Il Sinodo permanente è composto dal Patriarca e da quattro Vescovi designati per un quinquennio.

§2. Tre di questi Vescovi sono eletti dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale; tra questi almeno due devono essere Vescovi eparchiali, uno invece è nominato dal Patriarca.

§3. Nello stesso tempo e modo vengano designati, per quanto è possibile, quattro Vescovi che, nell'ordine determinato dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, sostituiscano alternativamente i membri impediti del Sinodo permanente.

Can. 116

§1. È compito del Patriarca convocare e presiedere il Sinodo permanente.

§2. Se il Patriarca è impedito di partecipare al Sinodo permanente, presiede le sessioni del Sinodo il Vescovo più anziano per ordinazione episcopale tra i membri del Sinodo dopo che si è completato il numero di cinque, a norma del can. 115, §3.

§3. Se il Sinodo permanente deve definire un affare che tocca la persona di un Vescovo che è membro dello stesso Sinodo, o la sua eparchia oppure il suo ufficio, costui deve essere senza dubbio consultato, ma nel Sinodo sia sostituito da un altro Vescovo a norma del can. 115, §3.

Can. 117

Il preside e tutti gli altri membri del Sinodo permanente che hanno partecipato al Sinodo devono firmare gli atti del Sinodo.

Can. 118

Le votazioni nel Sinodo permanente devono essere segrete, se si tratta di persone; in tutti gli altri casi, invece, quando almeno uno dei membri lo ha chiesto espressamente.

Can. 119

Se qualche affare che rientra nella competenza del Sinodo permanente deve essere definito mentre si svolge il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, la decisione su questo affare è riservata al Sinodo permanente, a meno che il Patriarca col consenso del Sinodo permanente non giudichi opportuno affidare la decisione al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale.

Can. 120

Il Sinodo permanente dev'essere convocato in tempi determinati, almeno due volte all'anno, e ogni volta che il Patriarca lo ritenga necessario, e in tutte le occasioni in cui bisogna risolvere degli affari per i quali il diritto comune richiede il consenso o il consiglio dello stesso Sinodo.

Can. 121

Se per una causa grave, a giudizio del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, il Sinodo permanente non può essere costituito, si informi la Sede Apostolica, e il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale elegga due Vescovi, uno dei quali dev'essere scelto tra i Vescovi eparchiali, i quali col Patriarca, perdurando la causa, fanno le veci del Sinodo permanente.

Can. 122

§1. Per l'amministrazione dei beni della Chiesa patriarcale, il Patriarca col consenso del Sinodo permanente nomini l'economo patriarcale, distinto dall'economo dell'eparchia del Patriarca, che sia un fedele cristiano esperto in economia e che si distingua per onestà, escludendo però, per la validità, chiunque è congiunto col Patriarca per consanguineità o affinità fino al quarto grado compreso.

§2. L'economo patriarcale è nominato per un tempo determinato dal diritto particolare; durante l'incarico non può essere rimosso dal Patriarca se non col consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale oppure, se vi è pericolo nell'attesa, del Sinodo permanente.

§3. L'economo patriarcale deve ogni anno rendere conto per iscritto al Sinodo permanente dell'amministrazione dell'anno trascorso, come pure della previsione delle entrate e delle uscite dell'anno che inizia; deve rendere conto dell'amministrazione anche ogni volta che è richiesto dal Sinodo permanente.

§4. Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale può chiedere il rendiconto dell'amministrazione, come pure la previsione delle entrate e delle uscite all'economo patriarcale e sottoporlo al proprio esame.

Can. 123

§1. Nella curia patriarcale venga nominato dal Patriarca un presbitero o un diacono al di sopra di ogni sospetto che presieda come cancelliere patriarcale alla cancelleria patriarcale e all'archivio della curia patriarcale, aiutato se è il caso, da un vicegerente nominato dal Patriarca.

§2. Oltre al cancelliere e al suo vicegerente, che per il loro ufficio sono notai, il Patriarca può nominare anche altri notai per l'intera Chiesa a cui presiede, a tutti i quali si applicano i cann. 253 e 254; questi notai egli può anche liberamente rimuoverli dall'ufficio.

§3. A riguardo dell'archivio della curia patriarcale si osservino i cann. 256-260.

Can. 124

La commissione liturgica, che dev'esserci in ogni Chiesa patriarcale, e tutte le altre commmissioni, prescritte per le Chiese sui iuris, sono erette dal Patriarca e sono costituite da persone nominate dal Patriarca; inoltre sono regolate da norme stabilite dallo stesso, se dal diritto non viene disposto diversamente.

Can. 125

Le spese della curia patriarcale siano sostenute dai beni che il Patriarca può usare a questo fine; se questi non sono sufficienti, le singole eparchie concorrano a sostenere le spese nella misura da determinare dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale.

Capitolo V - La sede Patriarcale vacante o impedita

Can. 126

§1. La Sede patriarcale diventa vacante con la morte o con la rinuncia del Patriarca.

§2. Competente ad accettare la rinuncia del Patriarca è il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, dopo aver consultato il Romano Pontefice, a meno che il Patriarca non si sia rivolto direttamente al Romano Pontefice.

Can. 127

Se il diritto particolare non stabilisce diversamente, durante la vacanza della Sede patriarcale, è Amministratore della Chiesa patriarcale il Vescovo più anziano per ordinazione tra i Vescovi della curia patriarcale o, se questi non ci sono, tra i Vescovi che sono membri del Sinodo permanente.

Can. 128

È compito dell'Amministratore della Chiesa patriarcale:

1° comunicare immediatamente la notizia della vacanza della Sede patriarcale al Romano Pontefice come pure a tutti i Vescovi della Chiesa patriarcale;

2° eseguire accuratamente o cercare che gli altri eseguano le speciali norme che il diritto comune o particolare, oppure l'istruzione del Romano Pontefice, se esiste, prescrive secondo le diverse circostanze nelle quali ha avuto luogo la vacanza della Sede patriarcale;

3° convocare i Vescovi al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale per l'elezione del Patriarca e disporre tutte le altre cose necessarie allo stesso Sinodo.

Can. 129

L'Amministratore della Chiesa patriarcale, nell'eparchia del Patriarca, nei monasteri stauropegiaci e inoltre nei luoghi dove non è eretta né l'eparchia né l'esarcato, ha gli stessi diritti e doveri che ha l'Amministratore di un'eparchia vacante.

Can. 130

§1. All'Amministratore della Chiesa patriarcale passa la potestà ordinaria del Patriarca, eccettuate tutte quelle cose che non possono farsi se non col consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale.

§2. L'Amministratore della Chiesa patriarcale non può rimuovere dall'ufficio il Protosincello o i Sincelli dell'eparchia del Patriarca, né portare alcuna innovazione durante la vacanza della Sede patriarcale.

§3. L'Amministratore della Chiesa patriarcale, anche se è privo delle prerogative del Patriarca, precede tutti i Vescovi della stessa Chiesa, non però nel Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale per l'elezione del Patriarca.

Can. 131

L'Amministratore della Chiesa patriarcale deve al più presto rendere conto della sua amministrazione al nuovo Patriarca.

Can. 132

§1. Quando la Sede patriarcale è per qualsiasi causa così impedita che il Patriarca non può comunicare nemmeno per lettera con i Vescovi eparchiali della Chiesa a cui presiede, il governo della Chiesa patriarcale, a norma del can. 130, è presso il Vescovo eparchiale più anziano per ordinazione episcopale entro i confini del territorio della stessa Chiesa, se lui stesso non è impedito, a meno che il Patriarca non abbia designato un altro Vescovo o, in caso di estrema necessità, anche un presbitero.

§2. Quando il Patriarca è così impedito da non poter comunicare neppure per lettera con i fedeli cristiani della propria eparchia, il governo della stessa eparchia è presso il Protosincello; se poi anche lui è impedito, il governo è presso colui che il Patriarca ha designato o presso colui che governa interinalmente la Chiesa patriarcale.

§3. Colui che assume interinalmente il governo informi al più presto il Romano Pontefice della sede impedita e del governo assunto.

Capitolo VI - I Metropoliti della Chiesa Patriarcale

Can. 133

§1. Al Metropolita, che presiede una provincia entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale, nelle eparchie di questa provincia, oltre a quello che gli è attribuito dal diritto comune, spetta:

1° ordinare e intronizzare i Vescovi della provincia, entro il tempo determinato dal diritto, fermo restando il can. 86, §1, n. 2;

2° convocare il Sinodo metropolitano nei tempi stabiliti dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, preparare opportunamente le questioni da trattare in esso, presiedere, trasferire, prorogare, sospendere o sciogliere il Sinodo;

3° erigere il tribunale metropolitano;

4° vigilare affinché la fede e la disciplina ecclesiastica sia accuratamente osservata;

5° compiere la visita canonica se il Vescovo eparchiale l'ha trascurata;

6° nominare o confermare colui che è stato legittimamente proposto o eletto a un ufficio ecclesiastico, se il Vescovo eparchiale ha omesso di farlo entro il tempo stabilito dal diritto senza essere trattenuto da giusto impedimento; come pure nominare l'economo eparchiale se il Vescovo eparchiale, dopo essere stato avvertito, ha trascurato di nominarlo.

§2. Il Metropolita in tutti gli affari giuridici della provincia la rappresenta.

Can. 134

§1. La dignità di Metropolita è sempre congiunta con una sede eparchiale determinata.

§2. Il Metropolita nella propria eparchia ha gli stessi diritti e doveri che il Vescovo eparchiale ha nella sua eparchia.

Can. 135

Il Metropolita deve essere commemorato da tutti i Vescovi e da tutti gli altri chierici nella Divina Liturgia e nelle lodi divine secondo le prescrizioni dei libri liturgici.

Can. 136

Il Metropolita che presiede alla provincia precede in ogni luogo un Metropolita titolare.

Can. 137

Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale definisca più dettagliatamente i diritti e i doveri dei Metropoliti e dei Sinodi metropolitani secondo le legittime consuetudini della propria Chiesa patriarcale e secondo le circostanze dei tempi e dei luoghi.

Can. 138

I diritti e i doveri del Metropolita costituito fuori dei confini del territorio patriarcale sono gli stessi che vengono prescritti nel can. 133, §1, nn. 2-6 e §2, come pure nei cann. 135, 136, can. 160 e can. 1084, §3; a riguardo di tutti gli altri diritti e doveri, il Metropolita osservi le norme speciali proposte dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale e approvate dalla Sede Apostolica o stabilite da questa stessa Sede.

Can. 139

Il Vescovo eparchiale che esercita la sua potestà fuori dei confini della propria Chiesa patriarcale e che non appartiene a nessuna provincia, scelga un Metropolita dopo aver consultato il Patriarca e con l'approvazione della Sede Apostolica; a questo Metropolita competono i diritti e i doveri di cui nel can. 133, §1, nn. 3-6.

Capitolo VII - L'assemblea patriarcale

Can. 140

L'assemblea patriarcale è un raggruppamento consultivo dell'intera Chiesa a cui presiede il Patriarca, che presta la propria collaborazione al Patriarca e anche al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale nel gestire gli affari più importanti, specialmente per quanto concerne l'aggiornamento delle forme e dei modi di apostolato, come pure la disciplina ecclesiastica, adeguandoli alle circostanze del tempo presente e al bene comune della propria Chiesa, tenendo conto anche del bene comune dell'intero territorio dove esistono diverse Chiese sui iuris.

Can. 141

L'assemblea patriarcale deve essere convocata almeno ogni cinque anni e, col consenso del Sinodo permanente o del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, ogni volta che al Patriarca essa sembra utile.

Can. 142

§1. È compito del Patriarca convocare l'assemblea patriarcale, presiederla, trasferirla, prorogarla, sospenderla e scioglierla; lo stesso Patriarca nomina il vicepresidente che, in assenza del Patriarca, presiede l'assemblea.

§2. Quando la Sede patriarcale diventa vacante, l'assemblea patriarcale è sospesa dal diritto stesso, finché il nuovo Patriarca non decide al riguardo.

Can. 143

§1. All'assemblea patriarcale devono essere convocati:

1° i Vescovi eparchiali e tutti gli altri Gerarchi del luogo;

2° i Vescovi titolari;

3° i Presidi delle confederazioni monastiche, i Superiori generali degli istituti di vita consacrata e inoltre i Superiori dei monasteri sui iuris;

4° i rettori delle università cattoliche degli studi e delle università ecclesiastiche degli studi, nonché i decani delle facoltà di teologia e di diritto canonico che hanno la sede entro i confini del territorio della Chiesa di cui si tiene l'assemblea;

5° i rettori dei seminari maggiori;

6° da ogni eparchia almeno uno tra i presbiteri, specialmente parroci, ascritti alla stessa eparchia, uno tra i religiosi o tra i membri delle società di vita comune a guisa dei religiosi, come pure due laici, a meno che gli statuti non determinino un numero maggiore; tutti costoro vengono designati nel modo stabilito dal Vescovo eparchiale e inoltre, se si tratta di membri di un istituto religioso o di una società di vita comune a guisa dei religiosi, col consenso del Superiore competente.

§2. Tutti coloro che devono essere convocati all'assemblea patriarcale devono intervenirvi, a meno che non siano trattenuti da un giusto impedimento, a riguardo del quale devono informare il Patriarca; i Vescovi eparchiali però possono inviare al loro posto un procuratore.

§3. All'assemblea patriarcale possono essere invitate e parteciparvi, a norma degli statuti, persone di un'altra Chiesa sui iuris.

§4. All'assemblea patriarcale possono essere invitati alcuni osservatori dalle Chiese o Comunità ecclesiali acattoliche.

Can. 144

§1. Fermo restando il diritto di ogni fedele cristiano di indicare ai Gerarchi delle questioni, è compito solamente del Patriarca o del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale determinare gli argomenti che devono essere trattati nell'assemblea patriarcale.

§2. È compito del Patriarca curare, mediante opportune commissioni o consultazioni, che tutte le questioni siano preparate adeguatamente e che vengano inviate a tempo opportuno ai membri dell'assemblea.

Can. 145

L'assemblea patriarcale abbia i suoi statuti approvati dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale nei quali siano contenute le norme necessarie a raggiungere il fine dell'assemblea.

Capitolo VIII - Il territorio della Chiesa Patriarcale e la potestà del Patriarca e dei Sinodi fuori di questo territorio

Can. 146

§1. Il territorio della Chiesa a cui presiede il Patriarca si estende a quelle regioni nelle quali si osserva il rito proprio della stessa Chiesa e dove il Patriarca ha il diritto legittimamente acquisito di erigere province, eparchie, come pure esarcati.

§2. Se sorge un dubbio sui confini di un territorio della Chiesa patriarcale, oppure se si tratta di un cambiamento dei confini, spetta al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale approfondire la cosa dopo aver ascoltato la superiore autorità amministrativa di ciascuna Chiesa sui iuris interessata, come pure, dopo che la cosa è stata discussa nel Sinodo stesso, porgere la petizione debitamente istruita sulla soluzione del dubbio o sul cambiamento dei confini al Romano Pontefice al quale soltanto spetta dirimere autenticamente il dubbio o emanare un decreto sul cambiamento dei confini.

Can. 147

Entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale la potestà del Patriarca e dei Sinodi viene esercitata non solo su tutti i fedeli cristiani ascritti alla stessa Chiesa, ma anche su tutti gli altri che non hanno un Gerarca del luogo della propria Chiesa sui iuris costituito nello stesso territorio e che, anche se rimangono ascritti alla propria Chiesa, sono affidati alla cura dei Gerarchi del luogo della stessa Chiesa patriarcale, fermo restando il can. 916, §5.

Can. 148

§1. È diritto e dovere del Patriarca, nei riguardi dei fedeli cristiani che dimorano fuori dei confini del territorio della Chiesa da lui presieduta, di cercare le opportune informazioni, anche per mezzo di un Visitatore, inviato da parte sua con l'assenso della Sede Apostolica.

§2. Il Visitatore, prima di iniziare il suo compito, si presenti al Vescovo eparchiale di questi fedeli cristiani e gli mostri la lettera di nomina.

§3. Finita la visita, il Visitatore invii una relazione al Patriarca, il quale dopo aver discusso della cosa nel Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale può proporre alla Sede Apostolica i mezzi opportuni affinché si possa provvedere dappertutto alla tutela e all'incremento del bene spirituale dei fedeli cristiani della Chiesa a cui presiede, anche attraverso la costituzione di parrocchie e di esarcati o eparchie proprie.

Can. 149

Per adempiere l'ufficio di Vescovo eparchiale, di Vescovo coadiutore, o di Vescovo ausiliare fuori dei confini della Chiesa patriarcale, il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale elegge, a norma dei canoni sulle elezioni dei Vescovi, alcuni candidati, almeno tre, e li propone per la nomina, a mezzo del Patriarca, al Romano Pontefice, osservando il segreto da parte di tutti coloro che in qualsiasi modo hanno conosciuto l'esito della elezione, anche nei confronti dei candidati.

Can. 150

§1. I Vescovi costituiti fuori dei confini del territorio della Chiesa patriarcale hanno tutti i diritti e i doveri sinodali di tutti gli altri Vescovi della stessa Chiesa, fermo restando il can. 102, §2.

§2. Le leggi emanate dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale e promulgate dal Patriarca, se sono leggi liturgiche hanno vigore dappertutto; se invece sono leggi disciplinari, o se si tratta di tutte le altre decisioni del Sinodo, hanno valore giuridico entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale.

§3. Vogliano i Vescovi eparchiali costituiti fuori dei confini del territorio della Chiesa patriarcale attribuire valore giuridico nelle proprie eparchie alle leggi disciplinari e a tutte le altre decisioni sinodali che non eccedono la loro competenza; se però queste leggi o decisioni sono state approvate dalla Sede Apostolica, hanno valore giuridico dappertutto.

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