Auctorem fidei |
Orazione al Sinodo, § 8.
XI. La sentenza secondo la quale, per antico istituto dei maggiori derivato fin dai tempi degli Apostoli, osservato nei migliori secoli della Chiesa, essere stato riconosciuto che "non si accettassero i decreti, o le definizioni o le sentenze, benché delle Sedi maggiori, se non fossero state riconosciute ed approvate dal sinodo diocesano";
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Della fede, § 12.
XII. Le asserzioni del Sinodo prese in complesso circa le decisioni in materia di Fede emanate da alcuni secoli, presentate come decreti usciti da una Chiesa particolare o da pochi pastori, non appoggiati ad alcuna sufficiente autorità, nati a corrompere la purezza della Fede e ad eccitare turbolenze, intrusi per forza e dai quali sono state inflitte piaghe ancora troppo vive;
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Orazione al Sinodo, § 2, nella nota.
XIII. La proposizione riportata negli Atti del Sinodo, la quale accenna aver Clemente IX restituito la pace alla Chiesa con l'approvazione della distinzione del diritto e del fatto nella sottoscrizione del formulario prescritto da Alessandro VII;
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XIV. In quanto poi favorisce detta distinzione, lodando i suoi fautori e biasimando i loro avversari;
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Appendice n. 28.
XV. La dottrina che propone la Chiesa "da considerarsi come un Corpo mistico che si forma di Gesù Cristo, che ne è il Capo, e dei fedeli che ne sono le membra per una unione ineffabile, per cui diventiamo mirabilmente con Lui un solo sacerdote, una sola vittima, un solo adoratore perfetto di Dio Padre in Spirito e Verità;
Intesa in questo senso, che al Corpo della Chiesa non appartengano se non i fedeli che sono adoratori perfetti in Spirito e verità;
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Della Grazia, §§ 4, 7. Dei Sacramenti in genere, § 1. Della Penitenza, § 4.
XVI. La dottrina del Sinodo sullo stato di felice innocenza, quale rappresentata in Adamo prima del peccato, comprendente non solo l'integrità, ma anche la giustizia interiore con la tendenza in Dio per l'amore di carità, e la primiera santità in qualche maniera restituita dopo la caduta;
In quanto che, presa complessivamente, indica che quello stato fu conseguenza della creazione, dovuto per naturale esigenza e condizione dell'umana natura, non gratuito beneficio di Dio;
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Del Battesimo, § 2.
XVII. La proposizione concepita con queste parole: "Ammaestrati dall'Apostolo consideriamo la morte non già come una naturale condizione dell'uomo, ma in verità come una giusta pena della colpa originale" ;
In quanto sotto il nome dell'Apostolo ingannevolmente allegato insinua che la morte ( la quale nello stato presente è inflitta come una giusta pena del peccato, come giusta sottrazione dell'immortalità ), non sia stata naturale condizione dell'uomo, quasi che l'immortalità non fosse stata un gratuito beneficio, ma naturale condizione;
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Della Grazia, § 10.
XVIII. La dottrina del Sinodo la quale enuncia che "dopo la caduta di Adamo Iddio annunziò la promessa di un futuro Liberatore, e volle consolare il genere umano con la speranza della salute che ci doveva recare Gesù Cristo nondimeno il Signore volle che il genere umano passasse per varie condizioni prima che venisse la pienezza dei tempi", e primieramente affinché nello stato di natura "l'uomo abbandonato ai proprii lumi imparasse a diffidare della sua cieca ragione, e dai traviamenti in cui cadde si movesse a desiderare il soccorso di un lume superiore;
Dottrina, come è espressa, capziosa, e ispirata dal desiderio dell'aiuto di un lume superiore in ordine alla salute promessa per mezzo di Cristo, a concepire il quale si supponga che l'uomo abbandonato ai proprii lumi si sia potuto muovere da solo;
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Ibidem.
XIX. Parimenti quella dottrina la quale sostiene che l'uomo sotto la legge "essendo impotente ad osservarla, divenne prevaricatore, non già per colpa della legge che era santissima, ma per colpa dell'uomo stesso, che sotto la legge senza la grazia divenne vieppiù peccatore" e soggiunge che "la legge se non riuscì a sanare il cuore dell'uomo, servì a fargli conoscere i suoi mali e, convinto della sua debolezza, a fargli desiderare la grazia del Mediatore;
In quella parte in cui accenna in generale che l'uomo divenne prevaricatore per l'inosservanza della legge che era impotente ad osservare, quasi che "colui che è giusto abbia potuto comandare qualcosa d'impossibile, o sia per condannare l'uomo pio per ciò che non poté evitare" ( San Cesario, Serm. 73 nell'Appendice di Sant'Agostino; Serm. 273 dell'Ediz. Maur; S. Agostino; De Nat. et Gr., cap. 43; De Grat. et lib. arb., cap. 16; Enarr. in Psal. 56, n. 1);
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XX. In quella parte in cui si dà ad intendere che l'uomo sotto la legge, senza la grazia abbia potuto concepire il desiderio della grazia del Mediatore ordinato alla salute promessa per mezzo di Cristo; quasi che "non sia la grazia stessa che faccia che si invochi da noi" ( Dal Secondo Concilio di Oranges, can. 3 );
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