Redemptor hominis |
Riflettendo nuovamente su questo stupendo testo del Magistero conciliare, non dimentichiamo, neanche per un momento, che Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, è diventato la nostra riconciliazione presso il Padre ( Rm 5,11; Col 1,20 ).
Proprio Lui, solo Lui ha soddisfatto all'eterno amore del Padre, a quella paternità che sin dal principio si è espressa nella creazione del mondo, nella donazione all'uomo di tutta la ricchezza del creato, nel farlo « poco meno degli angeli » ( Sal 8,6 ), in quanto creato « ad immagine ed a somiglianza di Dio » ( Gen 1,26 ); e, egualmente, ha soddisfatto a quella paternità di Dio e a quell'amore, in un certo modo respinto dall'uomo con la rottura della prima Alleanza ( Gen 3,6-13 ) e di quelle posteriori che Dio « molte volte ha offerto agli uomini »52.
La redenzione del mondo - questo tremendo mistero dell'amore, in cui la creazione viene rinnovata53 - è, nella sua più profonda radice, la pienezza della giustizia in un Cuore umano: nel Cuore del Figlio primogenito, perché essa possa diventare giustizia dei cuori di molti uomini, i quali proprio nel Figlio primogenito sono stati, fin dall'eternità, predestinati a divenire figli di Dio ( Rm 8,29; Ef 1,8 ) e chiamati alla grazia, chiamati all'amore.
La croce sul Calvario, per mezzo della quale Gesù Cristo - uomo, figlio di Maria Vergine, figlio putativo di Giuseppe di Nazaret - « lascia » questo mondo, è al tempo stesso una nuova manifestazione dell'eterna paternità di Dio, il quale in Lui si avvicina di nuovo all'umanità, ad ogni uomo, donandogli il tre volte santo « Spirito di verità » ( Gv 16,12 ).
Con questa rivelazione del Padre ed effusione dello Spirito Santo, che stampano un sigillo indelebile sul mistero della Redenzione, si spiega il senso della croce e della morte di Cristo.
Il Dio della creazione si rivela come Dio della redenzione, come Dio « fedele a se stesso » ( 1 Ts 5,24 ), fedele al suo amore verso l'uomo e verso il mondo, già rivelato nel giorno della creazione.
E il suo è amore che non indietreggia davanti a nulla di ciò che in lui stesso esige la giustizia.
E per questo il Figlio « che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore » ( 2 Cor 5,21; Gal 3,13 ).
Se « trattò da peccato » Colui che era assolutamente senza alcun peccato, lo fece per rivelare l'amore che è sempre più grande di tutto il creato, l'amore che è Lui stesso, perché « Dio è amore » ( 1 Gv 4,8.16 ).
E soprattutto l'amore è più grande del peccato, della debolezza, della « caducità del creato » ( Rm 8,20 ), più forte della morte; è amore sempre pronto a sollevare e a perdonare, sempre pronto ad andare incontro al figliol prodigo ( Lc 15,11-32 ), sempre alla ricerca della « rivelazione dei figli di Dio » ( Rm 8,19 ), che sono chiamati alla gloria futura ( Rm 8,18 ).
Questa rivelazione dell'amore viene anche definita misericordia63, e tale rivelazione dell'amore e della misericordia ha nella storia dell'uomo una forma e un nome: si chiama Gesù Cristo.
Indice |
52 | IV Prece eucaristica |
53 | Gaudium et spes 37; Lumen gentium 48 |
63 | S. Tommaso, Summa Theol. III, q. 46, a. 1, ad 3 |