Una speranza nuova per il Libano |
Unità e diversità
8. Una delle caratteristiche più evidenti della Chiesa cattolica nel Libano è di essere, al tempo stesso, una e molteplice.
Essa consiste non in una giustapposizione territoriale di diocesi, bensì in una sovrapposizione di Chiese patriarcali sui iuris tutte unite, insieme con un Vicariato apostolico latino, dalla medesima fede, dai medesimi Sacramenti e da una totale comunione di fede e di carità col Vescovo di Roma, Successore dell'apostolo Pietro.
Voi conoscete i legami d'affetto che mi uniscono a questa « terra amatissima », come ho avuto modo di ricordare in molteplici circostanze e in particolare fin dall'inizio del mio Pontificato.3
Tutti i fedeli cattolici provano un solido attaccamento verso i loro fratelli di questo Paese, caro al loro cuore di discepoli del Signore, e verso la terra che nostro Signore ha percorso e resa santa.
La diversità della Chiesa cattolica nel Libano è ben lungi dall'essere solo giuridica.
Essa è il risultato della lunga storia propria di ciascuna delle sue tradizioni culturali.
Così, le Chiese patriarcali, molte delle quali si rifanno alla Chiesa di Antiochia, conservano ciascuna un proprio patrimonio culturale e specifiche tradizioni ecclesiali, liturgiche, teologiche, spirituali e disciiplinari.4
È vero che le Chiese orientali cattoliche continuano a svilupparsi secondo prospettive diverse, legate sia all'attuale situazione socio-politica dei Paesi dove sono presenti, sia all'importanza numerica ed alla vitalità dei fedeli nei Paesi di emigrazione.
Ma al tempo stesso, in Libano, le differenti Chiese sui iuris e il Vicariato apostolico latino formano una sola Chiesa e fanno parte dell'unica e medesima Chiesa cattolica unita intorno al Successore di Pietro, in una comunione di vita e di destino che alcune di esse condividono da lungo tempo in questa regione dell'Oriente ed in questo Paese, il Libano.
Esse si trovano di fronte alle medesime esigenze nazionali ed ai medesimi pericoli; hanno le stesse speranze e soprattutto la stessa missione affidata da Cristo.
9. Il modo di vivere la diversità del patrimonio ecclesiale non sempre è colto come un elemento positivo.
Questo ha persino suscitato tra le Chiese locali sentimenti di diffidenza, fino a diventare un vero e proprio ostacolo per l'intesa e la collaborazione.
L'intreccio delle giurisdizioni ha talvolta provocato reali conflitti di potere,5 che hanno paralizzato l'attività pastorale comune ed hanno dato così una contro-testimonianza.
Simili difficoltà non possono essere sormontate che nella fede e grazie ad un reciproco, sincero rispetto.
Oggi, le Chiese patriarcali desiderano superare ogni visione ristretta ed aprirsi ad una collaborazione sempre più intensa tra di loro, per essere fedeli alla parola del Signore: « Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri » ( Gv 13,35 ).
Non stupisce, pertanto, che l'Assemblea speciale abbia considerato come prioritario per il rinnovamento della Chiesa cattolica nel Libano questo appello: « Convertiamoci e viviamo l'unità della Chiesa ».6
Il Messaggio del Sinodo insisteva nel sottolineare che più che una nuova organizzazione, ciò che occorre promuovere è una nuova mentalità, che deve segnare decisamente ciascuna Chiesa patriarcale: « non più la continua preoccupazione di affermare le differenze, ma la preoccupazione costante di sottolineare l'unità, pur nel rispetto della diversità ».7
Tale impegno implica al tempo stesso una confessione, sentimenti di pentimento ed un grido di speranza; la confessione di aver mancato di spirito di comunione nella Chiesa; il pentimento sincero per aver contristato lo Spirito Santo ( cfr Ef 4,30 ), fermento divino di unità; un grido di speranza in Cristo morto e risorto, vivente con noi, tra noi e per noi.
È impegnandosi con franchezza in tal senso che i membri delle diverse Chiese locali sono chiamati a rinnovarsi interiormente, per aprire le loro anime alle dimensioni della carità di Cristo, in una santa emulazione con i loro fratelli delle altre tradizioni spirituali.
10. La Chiesa cattolica nel Libano ha molto sofferto per la divisione dei suoi figli, specialmente durante i recenti anni di guerra.
Essa ne è stata lacerata persino dall'interno.
Nel 1993, coloro che hanno preparato l'Assemblea speciale scrivevano nei Lineamenta: « La Chiesa nel Libano [ … ] fu, come le altre componenti del Paese, ferita nella sua carne.
Ma è soprattutto nella sua coscienza che fu profondamente provata.
Essa ha visto i suoi figli essere uccisi, uccidere ed uccidersi tra loro.
Essa continua a soffrire per i loro litigi sempre vivaci; la segna gravemente il profondo fossato che questi anni sconvolti hanno scavato tra tanti suoi fedeli e tra questi e l'autorità ecclesiastica ».8
Da allora vanno delineandosi segni di riavvicinamento tra i membri delle Chiese sui iuris, sia negli animi che nelle strutture.
Il Sinodo dei Vescovi di ciascuna Chiesa patriarcale9 è chiamato a trattare i problemi del momento e a vegliare sull'unità del Patriarcato, con la preoccupazione di una unione sempre più forte con gli altri Patriarcati.10
D'altra parte, le Chiese orientali cattoliche nel Libano si sentono più che mai attaccate alla loro struttura patriarcale, in virtù della quale il Patriarca presiede il Sinodo dei Vescovi del suo Patriarcato.
Le loro concertazioni contribuiscono a rendere visibile il mistero della Chiesa comunione,11 sia all'interno di ogni Patriarcato che nella relazione di questo con le altre Chiese patriarcali nel Paese e nella Chiesa universale.
La collaborazione si fa più intensa tra i membri di una medesima Chiesa patriarcale: il Patriarca, i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i religiosi, le religiose e i laici.
I laici, in particolare, danno prova di una generosa disponibilità e sono pronti a rispondere ai richiami della gerarchia, alle sue richieste di collaborazione all'interno dei vari consigli diocesani o parrocchiali, nell'amministrazione dei waqfs o in altri servizi della Chiesa.
Per quanto riguarda il clero, la volontà di coordinamento e di collaborazione deve manifestarsi nel quadro delle numerose strutture, quali le riunioni di sacerdoti, di sacerdoti con laici, per settori geografici o per centri d'interesse, in vista di fini pastorali o spirituali.
Tale volontà è sostenuta dalla grazia dello Spirito Santo che assiste e sostiene la Chiesa.
Essa merita di essere vivamente incoraggiata; è un richiamo al dialogo e a modi sani ed efficaci di lavoro comune; essa richiede altresì che tutti abbiano una buona conoscenza della natura autentica della Chiesa e del vero senso del servizio cristiano.
Nell'Esortazione sulla vita consacrata, la dottrina della Chiesa come comunione, in questi anni, permette « la presa di coscienza che le sue varie componenti possono e devono unire le loro forze, in atteggiamento di collaborazione e di scambio di doni, per partecipare più efficacemente alla missione ecclesiale.
Ciò contribuisce a dare un'immagine più articolata e completa della Chiesa ».12
11. Del resto, le Chiese orientali cattoliche del Libano hanno già creato tra loro strutture di concertazione, di coordinamento e di cooperazione.
Modello di riferimento è l'« Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi cattolici nel Libano » ( APECL ).13
Questa Assemblea viene convocata regolarmente per animare la riflessione e guidare l'azione comune in funzione delle necessità pastorali.
Secondo i desideri dell'Assemblea sinodale, essa si è riorganizzata, per una maggiore efficacia pastorale, con la preoccupazione di far partecipare in modo più efficace i sacerdoti e i laici al lavoro comune e alle decisioni ecclesiali.
L'esperienza vissuta dai partecipanti all'Assemblea speciale per il Libano ha mostrato quanto i Pastori e i fedeli cattolici si sappiano e si vogliano quali Chiesa, e fino a qual punto essi si promuovano e si stimino reciprocamente nella loro diversità.
Questo tempo di grazia rimarrà una sorgente inesauribile di energia, sia per lo slancio verso il rafforzamento della loro unità che per il dispiegamento sempre più autentico delle loro specificità.
12. Al termine dell'Assemblea speciale, i Padri, dopo aver dichiarato che non bastava l'unità all'interno della Chiesa cattolica, hanno manifestato la loro determinazione in favore del « dialogo con le altre Chiese cristiane per rispondere alla volontà del Signore espressa nella sua preghiera al Padre: "Padre Santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.
[ … ] Siano anch'essi una cosa sola, perché il mondo sappia che tu mi hai mandato" ( Gv 17,11.21 ) ».14
Questo impegno dei Padri del Sinodo riflette la presa di coscienza della gravità che riveste la divisione dei cristiani.
Esprime anche il dolore concreto di fronte all'infedeltà alla volontà del Signore.
La divisione dei cristiani, infatti, separa spesso persone che vivono fianco a fianco tutti i giorni e che si vogliono bene, che condividono la medesima fede in Cristo e nel Battesimo.
Per quanto riguarda gli ortodossi e i cattolici, essi aderiscono a concezioni convergenti su punti essenziali concernenti la Chiesa e i Sacramenti.
Molti cristiani, uniti dai legami del Matrimonio soffrono, personalmente e con i figli, di essere stiracchiati tra dottrine differenti sulla Chiesa e sui propri doveri nei suoi confronti.
La divisione tra i cristiani non è senza conseguenze talvolta penose per la vita sociale e costituisce una contro-testimonianza agli occhi di molti compatrioti.
Ma, anche se tale situazione costituisce uno scandalo dal punto di vista sia della stessa natura della Chiesa indivisa che della sua missione nel mondo, essa sembra, nel nostro tempo, poter divenire un'occasione di grazia: può servire da stimolo ed incitare di fatto i cristiani a porre tutta la loro convinzione ed energia nell'impegno in favore della comunione della Chiesa e nel compimento di gesti di reciproco perdono.
Di fatto, gli ortodossi e i cattolici riprendono coscienza delle antiche tradizioni ecclesiali e sociali che li uniscono e della loro fraternità in Cristo, anche se talvolta, in passato, la loro coabitazione ha assunto un carattere tempestoso.
È tuttavia « apparso chiaramente che il metodo da seguire verso la piena comunione è il dialogo della verità, nutrito e sostenuto dal dialogo della carità ».15
Tale processo dovrà essere perseguito con grande prudenza e atteggiamento di fede, sotto l'impulso dello Spirito Santo.16
Le Comunità ecclesiali uscite dalla Riforma, benché più recenti nel Libano, si ritrovano anch'esse incluse a pieno titolo in questo movimento di riavvicinamento.
Tutti i cristiani del Paese desiderano ardentemente che si realizzi la loro piena unità.
Insieme con essi, ed in comunione con tutti i nostri fratelli di fede in ogni parte del mondo, noi ci sentiamo invitati a raddoppiare il fervore nella preghiera, affinché si compia tale desiderio, così caro al cuore del Signore.
Del resto, fin dal primo momento del cammino sinodale, i Padri hanno dispiegato ogni sforzo per far sì che, nel loro Paese, tutti i credenti in Cristo, Verbo di Dio incarnato, partecipino, almeno con la preghiera, al rinnovamento nella Chiesa.17
13. Preoccupazione della Chiesa è di promuovere l'unità e la carità tra gli uomini e i popoli.
In realtà, « non possiamo invocare Dio Padre di tutti, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio ».18
Noi formiamo una sola e medesima comunità umana, che Dio ha fatto abitare « su tutta la faccia della terra » ( At 17,26; cfr Gen 1,26-30 ); il Signore vuole condurre gli uomini « alla conoscenza della verità » ( 1 Tm 2,4 ) e realizzare la loro sete di felicità eterna ( cfr Sal 63,2 ).
La Chiesa cattolica considera attentamente la ricerca spirituale degli uomini e volentieri riconosce la parte di verità che entra nell'itinerario religioso delle persone e dei popoli, affermando contemporaneamente che la piena verità si trova in Cristo, inizio e termine della storia, la quale in Lui giunge alla sua pienezza.
D'altro canto, mediante la propria ragione, l'uomo conosce il bene e, spinto dalla voce della propria coscienza, è tenuto a compiere il bene e a fuggire il male.
« L'esercizio della vita morale attesta la dignità della persona ».19
La Chiesa manifesta grande rispetto verso quanti, quotidianamente, si sforzano di vivere rettamente secondo i valori spirituali, morali e socio-culturali fondamentali, avendo in stima la loro vita morale.
L'Islam ed il Cristianesimo hanno in comune un certo numero di valori umani e spirituali incontestabili.
Il Concilio Vaticano II ne ha riassunto l'essenziale: « La Chiesa guarda con stima anche i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini.
Essi cercano anche di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti nascosti di Dio, come si è sottomesso Abramo, al quale la fede islamica volentieri si riferisce.
Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano però come profeta; onorano la sua madre vergine Maria e talvolta pure la invocano con devozione.
Inoltre attendono il giorno del giudizio quando Dio ricompenserà tutti gli uomini risuscitati.
Così pure essi hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno ».20
14. In Libano, le relazioni tra cattolici e con i musulmani sono state difficili in diverse occasioni; per alcuni cittadini libanesi, esse potrebbero risentire ancora oggi della diffidenza causata da diverse incomprensioni alimentate da dolorosi ricordi.
Pregiudizi fortemente radicati nei modi di pensare contribuiscono al permanere di una mancanza di fiducia reciproca.
Il risveglio di varie forme di estremismo è inoltre profondamente inquietante e non potrebbe non recar danno all'unità del Paese, frenando lo slancio nuovo di cui ha bisogno e ostacolando la convivenza fra tutte le componenti della società.
Per il dialogo costruttivo e il riconoscimento reciproco, al di là delle divergenze importanti tra le religioni, è necessario discernere prima di tutto ciò che unisce i libanesi in un unico popolo, in una medesima fraternità che, in Libano, si manifesta ogni giorno specialmente nella convivenza.
Inoltre, cristiani e musulmani del Libano si considerano gli uni e gli altri partecipi della costruzione del Paese; e si fa sempre più vivo negli animi il desiderio di rafforzare l'intesa e la collaborazione vicendevole.
Effettivamente, si costituiscono strutture di incontro per conoscersi reciprocamente in maniera sempre più approfondita e per servire insieme il Paese.
15. Il Libano, tradizionalmente aperto a tutte le culture che lo attraversano, è aperto, per ciò stesso, alle idee che si sviluppano nel mondo moderno.
La Chiesa è naturalmente chiamata ad essere attenta alle culture di oggi, per distinguere il buon grano dalla zizzania.
Tuttavia, è importante che il Paese e la regione non si lascino prendere dal fenomeno della secolarizzazione.
Alcuni ritengono che per il momento vi sia addirittura un « ritorno del religioso », di fronte al quale occorre vigilare e operare un attento discernimento circa gli atteggiamenti religiosi.
Se essi attingono alle sorgenti della fede e della speranza, possono costituire occasione di una « nuova evangelizzazione » al popolo e per mezzo del popolo;21 diversamente, simili movimenti rischiano di rimanere superficiali e ambigui.
Ciononostante, uno stile di vita permissivo sembra progressivamente contaminare i costumi, in particolare attraverso i mezzi della comunicazione sociale e mediante persone che, essendo rimaste per lungo tempo lontane dai loro riferimenti culturali, hanno modificato il loro senso morale e spirituale.
Molte personalità, sia cristiane che musulmane, sono preoccupate per tale evoluzione.
16. Questi aspetti della situazione, in cui si trova attualmente la Chiesa nel Libano, non sono stati qui richiamati che per invitare i fedeli a riprendere coscienza più chiara dei fondamenti della fede ed a comprendere davanti a Dio la missione ricevuta dal Signore.
In funzione delle concrete condizioni nelle quali si trovano attualmente, i cattolici libanesi devono distinguere in se stessi e nelle loro Chiese locali ciò che va conservato e ciò che deve essere « potato » ( cfr Gv 15,2 ).
Questo è il senso dell'appello che ho lanciato fin dalla convocazione dell'Assemblea speciale: « La Chiesa in Libano ascolterà attentamente "ciò che lo Spirito dice alle Chiese" ( Ap 3,22 ), e scruterà con cura i segni dei tempi per discernere gli attuali progetti di Dio sul mondo »22 e su di essa.
17. È evidente che i cristiani del Libano, come tutti i loro concittadini, sperano di godere delle condizioni necessarie allo sviluppo della persona, della famiglia, nel rispetto delle proprie tradizioni culturali e spirituali.
In particolare, aspirano alla tranquillità, alla prosperità, ad un reale riconoscimento delle libertà fondamentali, quelle che tutelano ogni dignità umana e che permettono la pratica della fede; aspirano ad un sincero rispetto dei loro diritti e di quelli altrui; infine contano su di una giustizia che consacra l'uguaglianza di tutti davanti alla legge e permette a ciascuno di assumere la propria parte di responsabilità nella vita sociale.
Essi sanno bene che tale progetto è per buona parte condizionato dagli anni passati in guerra e dalla grave situazione che incombe su questa regione del Medio Oriente.
Sono cosciente delle attuali maggiori difficoltà: la minacciosa occupazione del sud del Libano, la congiuntura economica del Paese, la presenza di forze armate non libanesi sul territorio, il fatto che non sia ancora totalmente risolto il problema dei profughi, come pure il pericolo dell'estremismo e l'impressione di alcuni di essere frustrati nei loro diritti.
Tutto ciò alimenta le passioni, così come il timore che i valori di democrazia e di civiltà rappresentati da questo Paese possano essere compromessi.
Da ciò, la tentazione di lasciarlo si insinua sempre più nei Libanesi, specialmente nei giovani.23
Perché si possa concretizzare un avvenire più sereno, so che sono necessari molti sacrifici, un'ascesi personale costante in forza della quale ciascuno è esigente con se stesso prima che con gli altri, una presenza attiva, coraggiosa e perseverante nelle questioni della società; ma bisogna confidare anche sulla grazia dell'Altissimo, che trasforma i cuori e le volontà orientandoli verso il bene.
L'esperienza passata e presente che i fedeli di Cristo hanno di se stessi e degli altri, attorno a loro e dovunque, è sufficiente per convincerli della potenza delle forze del male, sempre attuale e capace di oscurare le intelligenze, di indurire i sentimenti e di costituire una minaccia per l'avvenire.
Ma, malgrado tutto, in loro la speranza rimane viva.
Non hanno perso la fiducia in se stessi né l'attaccamento al Paese ed alla sua tradizione democratica.
Il gusto di vivere che li caratterizza e quella fraternità tra tutti che si manifesta soprattutto nei momenti duri, che devono così spesso attraversare, ravvivano senza sosta la loro volontà di collaborare attivamente all'edificazione del loro Paese sulla base dei valori umani che formano la ricchezza del loro patrimonio nazionale.
Indice |
3 | Cfr Giovanni Paolo II, Primo messaggio ( 17 ottobre 1978 ): AAS 70 ( 1978 ), 925; Discorso al Corpo diplomatico ( 12 gennaio 1979 ), 6: AAS 71 (1979), 355-357; Discorso alla 34ª Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite ( 2 ottobre 1979 ), 10: AAS 71 (1979), 1150-1151; Discorso al Sacro Collegio ( 22 dicembre 1981 ), 11: AAS 74 ( 1982 ), 304-305 |
4 | Cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 28 |
5 | Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Lineamenta, 37 |
6 | Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Messaggio, titolo del capitolo I: L'Osservatore Romano, 15 dicembre 1995, p. 8 |
7 | Ibid., 15, l.c. |
8 | Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Lineamenta, 4 |
9 | Cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, cann. 102-113 |
10 | Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Lineamenta, 37 |
11 | Cfr Consiglio dei Patriarchi Cattolici d'Oriente, Quarta lettera pastorale sul mistero della Chiesa ( Natale 1996 ), nn. 17-22 |
12 | Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1995), 54 |
13 | Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa
Christus Dominus, 36-38; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 322 |
14 | Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Messaggio ( 12 dicembre 1995 ), 18: L'Osservatore Romano, 15 dicembre 1995, p. 8 |
15 | Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint, 60 ( 25 maggio 1995 ) |
16 | Ut unum sint, 80 ( 25 maggio 1995 ) |
17 | Cfr Giovanni Paolo II, Annuncio della convocazione dell'Assemblea speciale per il Libano del Sinodo dei Vescovi ( Udienza generale del 12 giugno 1991 ) |
18 | Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Nostra aetate, 5 |
19 | Catechismo della Chiesa Cattolica, 1706 |
20 | Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Nostra aetate, 3 |
21 | Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Relatio ante disceptationem ( 27 novembre 1995 ), 9: L'Osservatore Romano, 27-28 novembre 1995, p. 10; Instrumentum laboris, 22 |
22 | Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Instrumentum laboris, 33; cfr Giovanni Paolo II, Messaggio televisivo ai libanesi ( 11 luglio 1991 ): Insegnamenti, XIV/2 (1991), 91; Lettera ai Patriarchi, agli Arcivescovi ed ai Vescovi del Libano ( 8 luglio 1991): Insegnamenti, cit., 68-70 |
23 | Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per il Libano, Lineamenta, 4 e soprattutto Instrumentum laboris, 19-20 |