Il laico testimone cattolico della fede nella scuola |
25. Il lavoro è la vocazione dell'uomo e una delle caratteristiche che lo distinguono dal resto delle creature;24 è evidente che non basta avere una identità vocazionale, che permea il suo essere, se questa identità non si vive.
Più in concreto, se col suo lavoro l'uomo deve contribuire « soprattutto all'incessante elevazione culturale e morale della società »,25 l'educatore che non realizza la sua missione educativa cessa per ciò stesso di essere educatore.
E se la realizzasse senza che in essa trasparisse orma alcuna della sua condizione di cattolico, ben poco egli potrebbe dirsi tale.
Questo aspetto pratico dell'identità comprende alcuni elementi comuni, essenziali, che non potranno mancare in alcun caso, comunque sia la scuola nella quale l'educatore laico vive la sua vocazione; vi saranno però altre caratteristiche che dovranno essere proprie dei diversi tipi di scuole secondo la loro natura.
26. L'identità dell'educatore laico cattolico assume necessariamente i caratteri di un ideale di fronte al quale si pongono innumerevoli ostacoli.
Questi provengono dalle circostanze personali e dalle deficienze della scuola e della società che si ripercuotono in maniera particolare sui fanciulli e sui giovani.
Le crisi di identità, l'assenza di fiducia nelle strutture sociali, la conseguente insicurezza e mancanza di convinzioni personali, il contagio della progressiva secolarizzazione della società, la perdita del senso di autorità e del debito uso della libertà sono alcune delle molteplici difficoltà che gli adolescenti e i giovani del nostro tempo presentano, più o meno, secondo le diverse culture e i vari paesi, all'educatore cattolico, il quale, per la sua condizione di laico, si vede generalmente amareggiato dalle crisi della famiglia e del mondo.
Le difficoltà esistenti vanno riconosciute con sincero realismo; contemporaneamente devono essere considerate e affrontate con quel sano ottimismo e quel coraggioso sforzo che è richiesto a tutti i credenti dalla speranza cristiana e dalla partecipazione al mistero della Croce.
Inoltre, il primo e indispensabile fondamento per vivere l'identità dell'educatore laico cattolico è condividere cordialmente e fare proprie le indicazioni che su tale identità la Chiesa, illuminata dalla divina Rivelazione, ha espresso, e procurare di acquistare la necessaria fortezza nella personale identificazione con il Cristo.
27. Se la professionalità è uno dei caratteri dell'identità di ogni laico cattolico, la prima cosa che deve sforzarsi di raggiungere il laico educatore desideroso di vivere la propria vocazione ecclesiale è quella di conseguire una solida formazione professionale, il che comprende, in questo caso, un vasto ventaglio di competenze culturali, psicologiche e pedagogiche.26
Non è sufficiente, tuttavia, raggiungere inizialmente un buon livello di preparazione.
Occorre mantenerlo ed elevarlo aggiornandolo.
Sarebbe vivere al di fuori della realtà ignorare le grandi difficoltà che questo implica, perché l'educatore laico, che spesso non è adeguatamente retribuito, deve svolgere talvolta più occupazioni quasi incompatibili con il suo lavoro di perfezionamento professionale, sia per il tempo che ciò richiede, sia per la stanchezza che provoca.
Queste difficoltà sono per ora insolubili in molti Paesi, particolarmente in quelli meno sviluppati.
Gli educatori sanno comunque che la scadente qualità dell'insegnamento, causata dall'insufficiente preparazione delle lezioni o dal ristagno dei metodi pedagogici, ridonda necessariamente in danno della formazione integrale dell'educando, alla quale essi sono chiamati a concorrere, e della testimonianza di vita che sono obbligati a offrire.
28. Il compito dell'educatore cattolico deve essere orientato alla formazione integrale di un uomo al quale si scopre il meraviglioso orizzonte di risposte che la Rivelazione cristiana offre intorno al senso ultimo dello stesso uomo, della vita umana, della storia e del mondo.
Queste risposte vanno offerte all'educando partendo dalla profonda convinzione di fede dell'educatore, con il massimo, delicato rispetto della coscienza dell'alunno.
È certo che le diverse situazioni esistenziali del discente, in relazione alla fede, contemplano diversi livelli di presentazione della visione cristiana dell'esistenza, che possono andare dalle forme più elementari di evangelizzazione fino alla piena comunione della stessa fede.
In qualunque caso, però, tale presentazione dovrà rivestire sempre il carattere di una offerta, per quanto pressante e urgente, mai quello di una imposizione.
D'altra parte tale offerta non può farsi freddamente e da un punto di vista puramente teorico, ma come una realtà vitale che merita l'adesione dell'essere intero dell'uomo sì da far parte della sua stessa vita.
29. Questo vasto compito non si raggiunge senza la convergenza di diversi elementi educativi in ciascuno dei quali l'educatore cattolico laico deve comportarsi come testimone della fede.
La trasmissione organica, critica e valutativa della cultura27 comporta evidentemente una trasmissione di verità e conoscenze, e sotto questo aspetto l'educatore cattolico deve star continuamente attento ad instaurare un dialogo aperto tra cultura e fede profondamente collegate tra loro per facilitare la dovuta sintesi interiore nell'educando.
Sintesi che l'educatore dovrà aver conseguito in se stesso antecedentemente.
30. Questa comunicazione critica tuttavia comporta da parte dell'educatore anche la presentazione di una serie di valori e controvalori la cui considerazione, come tale, dipende dalla concezione di vita e dell'uomo.
Di conseguenza l'educatore cattolico non può accontentarsi di presentare positivamente e con abilità una serie di valori di carattere cristiano come semplici oggetti astratti meritevoli di stima, ma deve suscitare dei comportamenti negli alunni:
la libertà rispettosa degli altri,
il senso di responsabilità,
la sincera e continua ricerca della verità,
la critica equilibrata e serena,
la solidarietà e il servizio verso tutti gli uomini,
la sensibilità verso la giustizia,
la speciale coscienza di sentirsi chiamati a essere agenti positivi di cambiamento in una società in continua trasformazione.
Dato l'ambiente generale di secolarizzazione e miscredenza nel quale l'educatore laico spesso esercita la sua missione, è importante che, superando una mentalità puramente sperimentale e critica, possa aprire la coscienza dei suoi alunni alla trascendenza e disporli così ad accogliere la verità rivelata.
31. A partire da tali attitudini l'educatore potrà anche mettere in evidenza, con maggiore facilità, l'aspetto positivo di alcuni comportamenti conseguenti a queste attitudini.
La sua massima aspirazione deve essere di fare in modo che detti comportamenti giungano a essere motivati e uniformati dalla fede interiore dell'educando, conseguendo così la loro massima ricchezza e estendendosi a realtà che, come la orazione filiale, la vita sacramentale, la carità fraterna e la sequela del Cristo, sono patrimonio specifico dei credenti.
La piena coerenza del sapere, delle attitudini e dei comportamenti con la fede sfocerà nella sintesi personale tra la vita e la fede dell'educando.
Pochi cattolici sono qualificati come l'educatore per conseguire il fine dell'evangelizzazione, che è l'incarnazione del messaggio cristiano nella vita dell'uomo.
32. Di fronte all'alunno in formazione occupa un posto di particolare rilievo la preminenza che la condotta ha sempre sulla parola.
Quanto più l'educatore vive il modello di uomo che presenta, come ideale, tanto più sarà credibile e imitabile, perché l'alunno possa contemplarlo come ragionevole e come degno di essere vissuto, vicino e attuabile.
Specialissima importanza acquista qui la testimonianza di fede dell'educatore laico.
In lui l'alunno potrà vedere quegli atteggiamenti e comportamenti cristiani che tante volte mancano nell'ambiente circostante secolarizzato nel quale vive, tanto da lasciargli supporre che siano irrealizzabili nella vita.
Non si dimentichi, nelle crisi « che colpiscono soprattutto le giovani generazioni », che l'elemento più importante nel compito educativo è « sempre l'uomo e la sua dignità morale, la quale procede dalla verità dei suoi principi e dalla conformità delle sue azioni a questi principi ».28
33. Sotto questo aspetto acquista una notevole importanza ciò che è stato detto del contatto diretto e personale dell'educatore con l'alunno,29 mezzo privilegiato per la testimonianza di vita.
Questa relazione personale, che non deve mai essere un monologo ma un dialogo, e deve nell'educatore coesistere con la convinzione che essa costituisce un mutuo arricchimento, esige contemporaneamente dall'educatore cattolico il continuo ricordo della propria missione.
L'educatore non può dimenticare che l'alunno, durante la sua crescita, sente la necessità di amicizia, di una guida ed ha bisogno di aiuto per poter superare i propri dubbi e disorientamenti.
Deve, inoltre, nel suo rapporto con l'alunno, equilibrare, con prudente realismo e adattamento ad ogni singolo caso, avvicinamento e lontananza.
La familiarità facilita la relazione personale, ma è indispensabile anche un certo distacco perché l'educando giunga a sviluppare la propria personalità, senza condizionamenti; occorre evitare la inibizione nell'uso responsabile della libertà.
Conviene ricordare qui che l'uso responsabile di tale libertà comprende la scelta del proprio stato di vita.
Nei rapporti con i suoi alunni credenti, l'educatore cattolico non può trascurare il tema della vocazione personale dell'educando all'interno della Chiesa.
Qui subentrano sia la scoperta e la cura delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, sia la chiamata a vivere un particolare impegno negli Istituti secolari o in movimenti cattolici di apostolato, compiti molte volte trascurati, sia l'aiuto al discernimento della chiamata al matrimonio o al celibato, anche consacrato, in seno alla vita laicale.
D'altra parte il contatto personale e diretto non è solo una metodologia appropriata perché l'educatore vada formando l'educando, ma è la sorgente stessa dalla quale l'educatore attinge la necessaria conoscenza dell'alunno che gli permetta di formarlo adeguatamente.
Tale conoscenza è oggi tanto più indispensabile in quanto maggiori sono stati in profondità e frequenza i cambiamenti delle generazioni in questi ultimi tempi.
34. Contemporaneamente a una equilibrata affermazione della propria personalità e come parte di questa, l'alunno deve essere anche orientato dall'educatore cattolico a un atteggiamento di socialità verso gli altri membri della comunità educativa, delle altre comunità di cui fa parte e dell'intera comunità umana.
D'altra parte l'appartenenza alla comunità educativa e l'influenza che la scuola deve esercitare, e spera ricevere dall'ambiente sociale circostante, richiede che l'educatore laico cattolico estenda le sue relazioni e i suoi lavori in « équipe » con i suoi colleghi, in rapporto con le altre categorie di detta comunità e abbia la disponibilità necessaria a collaborare nei diversi settori che il compito educativo comune comporta.
Essendo la famiglia « la prima e fondamentale scuola di socialità »,30 egli dovrà specialmente accettare volentieri e suscitare i debiti contatti con i genitori degli alunni.
Questi contatti sono per altro necessari perché l'impegno educativo della famiglia e della scuola si orienti congiuntamente negli aspetti concreti, per facilitare « il grave dovere dei genitori di impegnarsi a fondo in un rapporto cordiale e fattivo con gli insegnanti e i dirigenti delle scuole »,31 e soddisfare alla necessità di aiuto di molte famiglie per poter educare convenientemente i propri figli e compiere così la funzione « insostituibile e inalienabile »32 che spetta a loro.
35. Nel medesimo tempo è anche necessario che l'educatore presti una costante attenzione all'ambiente socioculturale, economico e politico della scuola; sia a quello più prossimo del quartiere e della circoscrizione nella quale la scuola si trova inserita, sia ai contesti regionale e nazionale che, molte volte, attraverso i mezzi di comunicazione sociale, esercitano una notevole influenza sugli altri.
Solo seguendo con attenzione la situazione reale e nazionale e internazionale, l'educatore avrà i dati precisi per rispondere alle esigenze poste dalla formazione dei suoi alunni e potrà prepararli al futuro come lo prevede ora.
36. Sebbene sia giusto sperare che l'educatore laico cattolico dia preferibilmente la sua adesione alle associazioni professionali cattoliche, tuttavia non può considerare come estraneo al suo compito educativo il partecipare e collaborare con altri gruppi e associazioni professionali o connesse alla educazione e recare il suo contributo, per quanto modesto possa essere, al conseguimento di una adeguata politica educativa nazionale e la sua eventuale attività sindacale in consonanza sempre con i diritti umani e i principi cristiani sull'educazione.33
Rifletta l'educatore laico quanto possa rimanere separata, a volte, la sua vita professionale dai movimenti "associativi, e le gravi ripercussioni che il suo disinteresse potrebbe recare in problemi educativi importanti.
È vero che molte di queste attività non sono retribuite e il realizzarle dipende dalla generosità di coloro che vi partecipano.
È necessario fare, senza dubbio, un invito pressante a questa generosità quando sono in gioco le realtà di una trascendenza che non possono essere estranee all'educatore cattolico.
37. L'educatore laico esercita un lavoro che ha innegabilmente un aspetto professionale, ma che non può ridursi ad esso.
La professionalità è inclusa ed assunta nella sua sopranaturale vocazione cristiana.
Deve, quindi, viverla effettivamente come una vocazione personale nella Chiesa e non solo come l'esercizio di una professione.
Vocazione nella quale, per la sua stessa natura laicale, mirerà a fondere il disinteresse e la generosità con la legittima difesa dei propri diritti, tuttavia, in sostanza, una vocazione con tutta la pienezza di vita e di impegno personale che detta parola racchiude, e che spalanca vastissime prospettive per essere vissuta con entusiasmo.
È poi vivamente auspicabile che ogni educatore laico cattolico acquisti la massima coscienza dell'importanza, ricchezza e responsabilità di una simile vocazione e si sforzi di rispondere a quanto essa esige, con la consapevolezza che questa risposta è fondamentale per la costruzione e il costante rinnovamento della città terrena e per l'evangelizzazione del mondo.
38. Nota caratteristica della scuola cattolica « è dar vita a un ambiente comunitario scolastico permeato dello spirito evangelico di libertà e carità, di aiutare gli adolescenti perché nello sviluppo della propria personalità crescano insieme secondo quella nuova creatura, che in essi ha realizzato il battesimo, e di coordinare infine l'insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, sicché la conoscenza del mondo, della vita, dell'uomo, che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dalla fede ».34
Per tutti questi motivi è ovvio che la scuola cattolica « rientra nella missione salvifica della Chiesa e particolarmente nell'esigenza della educazione alla fede »35 e include un'adesione sincera al magistero della Chiesa, una presentazione di Cristo come modello supremo dell'uomo e una speciale sollecitudine della qualità dell'insegnamento religioso scolastico.
Di fronte a questi ideali e obiettivi specifici, che costituiscono il progetto educativo generale della scuola cattolica, il laico cattolico, che vi lavora, deve esserne cosciente e essere convinto quindi che la scuola cattolica è lo spazio scolastico nel quale può sviluppare la sua completa vocazione con maggior libertà e approfondimento ed è il modello della sua azione apostolica in qualsiasi scuola, secondo le possibilità offerte.
Tutto ciò deve stimolarlo a contribuire corresponsabilmente al conseguimento di questi ideali e obiettivi, in atteggiamento di piena e sincera adesione a essi.
Ciò non implica la mancanza di difficoltà, tra le quali occorre ricordare per le sue molte conseguenze la maggior eterogeneità interna degli alunni e di professori nelle scuole cattoliche di molti Paesi.
39. All'interno dei caratteri comuni a tutte le scuole Cattoliche esistono diverse realizzazioni possibili, che, in pratica, corrispondono in molti casi al carisma specifico dell'istituto religioso che le ha fondate e le promuove.
Però sia che abbia la sua origine in una istituzione del clero secolare, di religiosi, o di laici, ogni scuola cattolica può conservare le proprie caratteristiche, che si esprimeranno nel progetto educativo particolare o nella sua pedagogia.
In questo caso il laico cattolico, che vi lavora, dovrà cercare di comprendere tali caratteristiche e le ragioni che le hanno ispirate e procurare di identificarsi con le stesse in maniera sufficiente perché gli elementi propri della scuola si realizzino attraverso il suo lavoro personale.
40. È importante che, in accordo con la fede che professano e la testimonianza di vita che sono chiamati a dare,36 i laici cattolici che operano in questa scuola partecipino con semplicità e in modo attivo alla vita liturgica e sacramentale che in essa si svolge.
Gli alunni comprenderanno meglio, attraverso l'esempio vivo, l'importanza che questa vita ha per i credenti.
È sommamente positivo che in una società secolarizzata dove gli alunni facilmente costatano che molti laici, i quali si dicono cattolici, vivono abitualmente al di fuori della liturgia e dei sacramenti possano vedere il comportamento di altri laici adulti che prendono con serietà queste realtà come fonte e alimento della propria vita cristiana.
41. La comunità educativa deve aspirare a costituirsi nella scuola cattolica in comunità cristiana, ossia in vera comunità di fede.
Ciò è irrealizzabile, neppure inizialmente, senza la partecipazione cristiana condivisa almeno da una parte delle principali categorie genitori, professori e alunni della comunità educativa.
È sommamente auspicabile che il laico cattolico, e specialmente l'educatore, sia disposto a partecipare attivamente ai gruppi di animazione pastorale o ad altri nuclei capaci di fermento evangelico.
42. Frequentano talvolta le scuole della Chiesa alunni che non professano la fede cattolica o che forse mancano di ogni credenza religiosa.
Come risposta volontaria dell'uomo a Dio che gli si rivela, la fede non ammette violenza.
Quindi gli educatori cattolici, nel proporre la dottrina in consonanza con le loro convinzioni religiose e con la identità della scuola, avranno massimo rispetto della libertà degli alunni non cattolici.
Saranno sempre aperti a un dialogo autentico, convinti che l'apprezzamento affettuoso e sincero per chi onestamente cerca Dio rappresenta, in tali circostanze, la testimonianza più opportuna della propria fede.37
43. La scuola cattolica, come comunità educativa che ha per aspirazione ultima di educare alla fede, sarà tanto più idonea a compiere il suo mandato quanto più rappresenterà la ricchezza della comunità ecclesiale.
La presenza simultanea in essa di sacerdoti, religiosi, religiose e laici costituisce per l'alunno un riflesso vivo di questa ricchezza che gli facilita una maggior assimilazione della realtà della Chiesa.
Consideri il laico cattolico che, da questo punto di vista, la sua presenza nella scuola cattolica, come quella dei sacerdoti, religiosi o religiose, è importante.
Poiché ciascuna di queste forme di vocazione ecclesiale reca all'educando un esempio di incarnazione vitale distinta:
il laico cattolico, l'intima dipendenza delle realtà terrene da Dio in Cristo, la professionalità secolare, come ordinazione del mondo a Dio;
il sacerdote, le molteplici sorgenti di grazia che il Cristo ha lasciato nei sacramenti a tutti i credenti, la luce rivelatrice della Parola, il carattere di servizio che riveste la struttura gerarchica della Chiesa;
i religiosi e le religiose, lo spirito innovatore delle beatitudini, la continua chiamata al Regno come unica realtà definitiva, l'amore del Cristo e degli uomini in Cristo come scelta totale della vita.
44. Le caratteristiche di ciascuna vocazione devono far pensare a tutti alla grande convenienza della mutua presenza e complementarietà per assicurare il carattere della scuola cattolica, e animare tutti alla ricerca sincera dell'unione e della coordinazione.
Contribuiscano anche i laici con il loro atteggiamento al debito inserimento della scuola cattolica nella pastorale d'insieme della Chiesa locale prospettiva che mai deve dimenticarsi e nei campi convergenti della pastorale parrocchiale.
Offrano anche le loro iniziative e la loro esperienza per una maggiore relazione e collaborazione delle scuole cattoliche tra loro e con le altre scuole, particolarmente con quelle che partecipano di una medesima concezione cristiana, e con la società.
45. I laici educatori cattolici pensino anche molto seriamente alla minaccia di impoverimento che potrebbe derivare alla scuola cattolica dalla scomparsa o dalla diminuzione in essa di sacerdoti, religiosi e religiose.
Il che deve essere evitato nella misura del possibile mentre nel contempo ci si deve preparare in maniera adeguata per essere capaci di mantenere, da soli, qualora fosse necessario e conveniente, le scuole cattoliche attuali o future.
Infatti il dinamismo storico che opera nella scuola contemporanea fa prevedere che, almeno per un periodo di tempo abbastanza vicino, l'esistenza della scuola cattolica in alcuni Paesi di tradizione cattolica dipenderà fondamentalmente dai laici, come è dipeso e dipende, con gran frutto, in tante giovani Chiese.
Simile responsabilità non può risolversi in attitudini meramente passive di timore o lamentele, ma stimolare ad azioni decise ed efficaci, che si dovrebbero già prevedere e pianificare con l'aiuto di quegli stessi istituti religiosi che vedono diminuire le loro possibilità per un immediato futuro.
46. Talvolta i Vescovi, approfittando della disponibilità di laici competenti e desiderosi di dare una chiara testimonianza cristiana nel campo educativo, affidano loro la gestione totale di scuole cattoliche, incorporandoli così alla missione apostolica della Chiesa.38
Data l'estensione sempre crescente del campo scolastico, la Chiesa ha bisogno di approfittare di tutte le risorse disponibili per educare cristianamente la gioventù, e in conseguenza incrementare la partecipazione di educatori laici cattolici.
Ciò non toglie nulla all'importanza delle scuole dirette dalle famiglie religiose.
La testimonianza qualificata, sia individuale sia comunitaria dei religiosi e delle religiose nei propri centri di insegnamento, fa sì che questi siano più necessari che mai in un mondo secolarizzato.
I membri delle Comunità religiose hanno pochi campi, come le loro scuole, per dare questa testimonianza.
In esse i religiosi e le religiose possono stabilire un contatto immediato e duraturo con la gioventù, in un contesto che spontaneamente reclama spesso le verità della fede per illuminare le varie dimensioni dell'esistenza.
Questo contatto ha una speciale importanza in un'età in cui le idee e le esperienze lasciano un'impronta permanente nella personalità dell'alunno.
Tuttavia, la chiamata che fa la Chiesa agli educatori laici cattolici per inserirli in un attivo apostolato scolastico non si limita ai propri centri scolastici ma si estende a tutto il vasto campo dell'insegnamento, nella misura in cui sia possibile dare in esso una testimonianza cristiana.
47. Si prendono qui in considerazione le scuole statali e non Statali ispirate a progetti educativi distinti da quelli della scuola cattolica, purché tali progetti non siano incompatibili con la concezione cristiana dell'uomo e della vita.
Queste scuole, che sono la maggioranza tra quelle esistenti nel mondo, possono essere orientate nel loro progetto educativo verso una determinata concezione dell'uomo e della vita, o più semplicemente e riduttivamente a una determinata ideologia,39 o ammettere all'interno di una cornice di principi sufficientemente generali la coesistenza di diverse concezioni o ideologie tra gli educatori.
Si intende questa coesistenza come una pluralità manifestata giacché, in tali scuole, ogni educatore impartisce il suo insegnamento, espone i suoi criteri e presenta come positivi determinati valori in funzione della sua concezione dell'uomo o della sua ideologia.
Non si adopera qui il termine « scuola neutra », perché in pratica questa non esiste.
48. Nella nostra società pluralista e secolarizzata la presenza del laico cattolico è spesso l'unica presenza della Chiesa in dette scuole.
In esse si verifica la situazione sopra citata, per cui solo attraverso il laico la Chiesa può raggiungere determinati ambienti o istituzioni.40
La chiara coscienza di questa situazione aiuterà molto il laico cattolico ad assumere le sue responsabilità.
49. L'educatore laico cattolico dovrà impartire le sue materie da un'ottica di fede cristiana, in accordo con le possibilità di ogni materia e con le situazioni ambientali degli alunni e della scuola.
In questo modo aiuterà gli educandi a scoprire gli autentici valori umani e, sebbene con le limitazioni proprie di una scuola che non ha nel programma l'educazione alla fede e nella quale molti fattori possono anche essere contrari ad essa, contribuirà ad iniziare nei suoi alunni quel dialogo tra la cultura e la fede che potrà giungere un giorno alla sintesi auspicabile tra entrambe.
Tale compito potrebbe essere particolarmente fecondo per gli alunni cattolici e costituirà per gli altri una forma di evangelizzazione.
50. Simile atteggiamento di coerenza con la propria fede va accompagnato nella scuola pluralista da un particolare rispetto verso le convinzioni e la fatica degli altri educatori, purché essi non conculchino i diritti umani dell'alunno.
Detto rispetto deve aspirare a giungere a un dialogo costruttivo soprattutto con i fratelli cristiani separati e con tutti gli uomini di buona volontà.
Così apparirà con maggior chiarezza che la fede cristiana appoggia in pratica la libertà religiosa e umana che difende e che si concreta logicamente nella società in un ampio pluralismo.
51. La partecipazione attiva del laico cattolico nelle attività della propria categoria, nelle relazioni con gli altri membri della comunità educativa, e in particolare con i genitori degli alunni, è inoltre di grande importanza perché gli obiettivi, i programmi e i metodi educativi della scuola nella quale lavora si impregnino progressivamente dello spirito evangelico.
52. Per la sua serietà professionale, per il suo sostegno della verità, della giustizia e della libertà, per la sua apertura di vedute e il suo abituale atteggiamento di servizio, per il suo personale coinvolgimento con gli alunni e la sua fraterna solidarietà con tutti, per la sua vita morale integra in tutti i suoi aspetti, il laico cattolico deve essere in questo tipo di scuola lo specchio nel quale tutti e ciascuno dei membri della comunità educativa possano veder riflessa l'immagine dell'uomo evangelico.
53. Si considerano qui più particolarmente quelle altre scuole esistenti in Paesi di missione o in Paesi scristianizzati nella pratica, dove si accentuano, in maniera speciale le funzioni che il laico cattolico, per esigenza della sua fede, deve disimpegnare quando egli è l'unica o quasi esclusiva presenza della Chiesa, non solo nella scuola, ma anche nel luogo nel quale essa è situata.
In queste circostanze, egli sarà l'unica voce per far giungere agli alunni, ai membri della comunità educativa e a tutti gli uomini, coi quali ha relazioni come educatore e come persona, il messaggio evangelico.41
Ciò che è stato detto sulla coscienza della propria responsabilità; la prospettiva cristiana dell'insegnamento e dell'educazione, il rispetto delle convinzioni altrui, il dialogo costruttivo con gli altri cristiani e con i non credenti, la partecipazione attiva nelle diverse categorie della scuola e specialmente la testimonianza di vita, acquista in questo caso un rilievo eccezionale.
54. Non si possono infine dimenticare quei laici cattolici che lavorano in scuole di Paesi nei quali la Chiesa è perseguitata e dove la stessa condizione di cattolico costituisce una proibizione per esercitare la funzione di educatore.
I laici sono costretti a nascondere la loro condizione di credenti per poter lavorare in una scuola di orientamento ateo.
La loro sola presenza, di per se stessa già tanto difficile, se si adatta silenziosa, ma vitale alla immagine dell'uomo evangelico è già un annunzio efficace del messaggio di Cristo che contrasterà la nociva intenzione che persegue l'educazione atea nella scuola.
La testimonianza della vita e il comportamento personale con gli alunni potrà anche condurre, superando tutte le difficoltà, a una evangelizzazione più esplicita.
Per molti giovani di questi Paesi; l'educatore laico, che per motivi umani e religiosamente dolorosi si vede costretto a vivere il proprio cattolicesimo nell'anonimato, può essere l'unico mezzo per conoscere genuinamente il Vangelo e la Chiesa che sono sfigurati e attaccati nella scuola.
55. In qualsiasi tipo di scuole, soprattutto in alcune regioni, l'educatore cattolico si incontrerà, non rare volte, con alunni non cattolici.
Egli dovrà avere verso di loro non solo un atteggiamento rispettoso ma accogliente e aperto al dialogo, motivato dall'amore universale cristiano.
Tenga inoltre presente che la vera educazione non si limita a impartire soltanto conoscenze, ma promuove la dignità e la fraternità e prepara ad aprirsi alla Verità che è Cristo.
56. L'insegnamento della religione è caratteristico della scuola in generale, purché questa aspiri alla formazione dell'uomo nelle sue dimensioni fondamentali, tra le quali la religiosità.
In realtà, l'insegnamento religioso scolastico è un diritto con il relativo dovere dell'alunno e dei genitori e, per la formazione dell'uomo, è anche uno strumento importantissimo, almeno nel caso della religione cattolica, per raggiungere un'adeguata sintesi tra fede e cultura sulla quale tanto si è insistito.
Per questo l'insegnamento della religione cattolica, distinta e nel medesimo tempo complementare della catechesi propriamente detta,42 dovrebbe essere impartito in qualsiasi scuola.
57. L'insegnamento religioso scolastico è dunque, come la catechesi, « una forma eminente di apostolato laicale »,43 e sia per questo sia per il numero di professori che tale insegnamento esige nelle dimensioni raggiunte dall'organizzazione scolastica del mondo attuale, toccherà ai laici impartirlo nella maggioranza delle circostanze, soprattutto ai livelli d'insegnamento di base.
58. Prendano quindi coscienza gli educatori cattolici laici, secondo i luoghi e le situazioni del grande compito che si offre loro in questo campo.
Senza la loro generosa collaborazione, l'insegnamento religioso scolastico non potrà adeguarsi alle necessità esistenti, come già accade in alcuni paesi.
La Chiesa ha bisogno in questo caso, come in molti altri, della collaborazione dei laici.
Questa urgenza può essere particolarmente impellente nelle giovani Chiese.
59. Senza dubbio l'insegnante di religione ha una funzione di primo piano per il fatto che « non si vuole che ciascuno trasmetta la propria dottrina o quella di un altro maestro, ma l'insegnamento di Gesù Cristo ».44
Di conseguenza nella trasmissione della medesima, tenendo presente l'uditorio al quale si rivolgono, gli insegnanti di religione, come quelli di catechesi, « avranno … la saggezza di cogliere nel campo della ricerca teologica ciò che può illuminare la loro riflessione ed il loro insegnamento, attingendo … alle vere fonti, nella luce del Magistero» dal quale dipendono nel disimpegno della loro funzione e « si asterranno dal turbare l'animo dei fanciulli e dei giovani … con teorie peregrine ».45
Seguano con fedeltà le norme degli episcopati locali per ciò che concerne la propria formazione teologica e pedagogica e la programmazione della materia; specialmente tengano presente la grande importanza che la testimonianza della vita e una spiritualità intensamente vissuta hanno in questo campo.
Indice |
24 | Cf. Giovanni Paolo II, Enc. Laborem exercens, paragrafo iniziale, 14 settembre 1981 |
25 | Giovanni Paolo II, Enc. Laborem exercens, ibid |
26 | supra n. 16 |
27 | Cf. supra n. 20 |
28 | Giovanni Paolo II, Discorso all' UNESCO, n. 11, 2 giugno 1980 |
29 | Cf. supra n. 21 |
30 | Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, n. 37 |
31 | Ibid., n. 40 |
32 | Ibid., n. 36 |
33 | Cf. Giovanni Paolo II, Enc. Laborem exercens, n. 20 |
34 | Gravissimum educationis, n. 8; cf. « La Scuola Cattolica», n. 34 |
35 | « La Scuola Cattolica», n. 9 |
36 | Cf supra n. 29 e n. 32 |
37 | Cf. Dich. Dignitatis Humanae, n. 3 |
38 | Cf. Apostolicam Actuositatem, n. 2 |
39 | È compreso qui, ampiamente, come un sistema di idee legato a strutture sociali, economiche e/o politiche |
40 | Cf. supra n. 9 |
41 | Cf. Decr. Ad gentes, n. 21 |
42 | Cf. Giovanni Paolo II, Discorso al clero di Roma sull'« Insegnamento della Religione e Catechesi: ministeri distinti e complementari », 5 marzo 1981 |
43 | Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, n. 66, 16 ottobre 1979 |
44 | Ibid., n. 6 |
45 | Ibid., n. 61 |