Donum Vitae |
Per "procreazione artificiale" o "fecondazione artificiale" si intendono qui le diverse procedure tecniche volte a ottenere un concepimento umano in maniera diversa dall'unione sessuale dell'uomo e della donna.
L'Istruzione tratta della fecondazione di un ovulo in provetta ( fecondazione in vitro ) e dell'inseminazione artificiale mediante trasferimento, nelle vie genitali della donna, dello sperma precedentemente raccolto.
Un punto preliminare per la valutazione morale di tali tecniche è costituito dalla considerazione delle circostanze e delle conseguenze che esse comportano in ordine al rispetto dovuto all'embrione umano.
L'affermarsi della pratica della fecondazione in vitro ha richiesto innumerevoli fecondazioni e distruzioni di embrioni umani.
Ancora oggi, presuppone abitualmente una iperovulazione della donna: più ovuli sono prelevati, fecondati e poi coltivati in vitro per alcuni giorni.
Abitualmente non sono trasferiti tutti nelle vie genitali della donna; alcuni embrioni, chiamati solitamente "soprannumerari", vengono distrutti o congelati.
Fra gli embrioni impiantati talora alcuni sono sacrificati per diverse ragioni eugenetiche, economiche o psicologiche.
Tale distruzione volontaria di esseri umani o la loro utilizzazione a scopi diversi, a detrimento della loro integrità e della loro vita, è contraria alla dottrina già ricordata a proposito dell'aborto procurato.
Il rapporto tra fecondazione in vitro e eliminazione volontaria di embrioni umani si verifica troppo frequentemente.
Ciò è significativo: con questi procedimenti, dalle finalità apparentemente opposte, la vita e la morte vengono sottomesse alle decisioni dell'uomo, che viene così a costituirsi donatore di vita e di morte su comando.
Questa dinamica di violenza e di dominio può rimanere non avvertita da parte di quegli stessi che, volendola utilizzare, vi si assoggettano.
I dati di fatto ricordati e la fredda logica che li collega, devono essere considerati per un giudizio morale sulla FIVET ( fecondazione in vitro e trasferimento dell'embrione ): la mentalità abortiva che l'ha resa possibile, conduce così, lo si voglia o no, al dominio dell'uomo sulla vita e sulla morte dei suoi simili, che può portare ad un eugenismo radicale.
Tuttavia abusi del genere non esimono da una approfondita e ulteriore riflessione etica sulle tecniche di procreazione artificiale considerate in se stesse, astraendo, per quanto è possibile, dalla distruzione degli embrioni prodotti in vitro.
La presente Istruzione prenderà in considerazione pertanto in primo luogo i problemi posti dalla fecondazione artificiale eterologa ( II, 1-3 )*, e successivamente quelli che sono collegati con la fecondazione artificiale omologa ( II, 4-6 ).**
Prima di formulare il giudizio etico su ciascuna di esse, saranno considerati i principi e i valori che determinano la valutazione morale di ciascuna di queste procedure.
Ogni essere umano va accolto sempre come un dono e una benedizione di Dio.
Tuttavia dal punto di vista morale una procreazione veramente responsabile nei confronti del nascituro deve essere il frutto del matrimonio.
La procreazione umana possiede infatti delle caratteristiche specifiche in virtù della dignità dei genitori e dei figli: la procreazione di una nuova persona, mediante la quale l'uomo e la donna collaborano con la potenza del Creatore, dovrà essere il frutto e il segno della mutua donazione personale degli sposi, del loro amore e della loro fedeltà.34
La fedeltà degli sposi, nell'unità del matrimonio, comporta il reciproco rispetto del loro diritto a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro.
Il figlio ha diritto ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato nel matrimonio: è attraverso il riferimento sicuro e riconosciuto ai propri genitori che egli può scoprire la propria identità e maturare la propria formazione umana.
I genitori trovano nel figlio una conferma e un completamento della loro donazione reciproca: egli è l'immagine vivente del loro amore, il segno permanente della loro unione coniugale, la sintesi viva e indissolubile della loro dimensione paterna e materna.35
In forza della vocazione e delle responsabilità sociali della persona, il bene dei figli e dei genitori contribuisce al bene della società civile; la vitalità e l'equilibrio della società richiedono che i figli vengano al mondo in seno a una famiglia e che questa sia stabilmente fondata sul matrimonio.
La tradizione della Chiesa e la riflessione antropologica riconoscono nel matrimonio e nella sua unità indissolubile il solo luogo degno di una procreazione veramente responsabile.
Nella FIVET e nell'inseminazione artificiale eterologa il concepimento umano viene ottenuto mediante l'incontro di gameti di almeno un donatore diverso dagli sposi che sono uniti in matrimonio.
La fecondazione artificiale eterologa è contraria all'unità del matrimonio, alla dignità degli sposi, alla vocazione propria dei genitori e al diritto del figlio ad essere concepito e messo al mondo nel matrimonio e dal matrimonio.36
Il rispetto dell'unità del matrimonio e della fedeltà coniugale esige che il figlio sia concepito nel matrimonio; il legame esistente tra i coniugi attribuisce agli sposi, in maniera oggettiva e inalienabile, il diritto esclusivo a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro.37
Il ricorso ai gameti di una terza persona, per avere a disposizione lo sperma o l'ovulo, costituisce una violazione dell'impegno reciproco degli sposi e una mancanza grave nei confronti di quella proprietà essenziale del matrimonio, che è la sua unità.
La fecondazione artificiale eterologa lede i diritti del figlio, lo priva della relazione filiale con le sue origini parentali e può ostacolare la maturazione della sua identità personale.
Essa costituisce inoltre una offesa alla vocazione comune degli sposi che sono chiamati alla paternità e maternità: priva oggettivamente la fecondità coniugale della sua unità e della sua integrità; opera e manifesta una rottura fra parentalità genetica, parentalità gestazionale e responsabilità educativa.
Tale alterazione delle relazioni personali all'interno della famiglia si ripercuote nella società civile.
Queste ragioni portano a un giudizio morale negativo sulla fecondazione artificiale eterologa: pertanto è moralmente illecita la fecondazione di una donna con lo sperma di un donatore diverso da suo marito e la fecondazione con lo sperma del marito di un ovulo che non proviene dalla sua sposa.
Inoltre la fecondazione artificiale di una donna non sposata, nubile o vedova, chiunque sia il donatore, non può essere moralmente giustificata.
Il desiderio di avere un figlio, l'amore tra gli sposi che aspirano a ovviare a una sterilità non altrimenti superabile, costituiscono motivazioni comprensibili; ma le intenzioni soggettivamente buone non rendono la fecondazione artificiale eterologa né conforme alle proprietà oggettive e inalienabili del matrimonio né rispettosa dei diritti del figlio e degli sposi.
Sotto la denominazione di "madre sostitutiva" l'istruzione intende comprendere:
a) la donna che porta in gestazione un embrione impiantato nel suo utero e che le è geneticamente estraneo, perché ottenuto mediante l'unione di gameti di "donatori", con l'impegno di consegnare il bambino una volta nato a chi ha commissionato o pattuito tale gestazione;
b) la donna che porta in gestazione un embrione alla cui procreazione ha concorso con il dono del proprio ovulo, fecondato mediante inseminazione con lo sperma di un uomo diverso da suo marito, con l'impegno di consegnare il figlio, una volta nato a chi ha commissionato o pattuito la gestazione.
No, per le medesime ragioni che portano a rifiutare la fecondazione artificiale eterologa: è contraria, infatti, all'unità del matrimonio e alla dignità della procreazione della persona umana.
La maternità sostitutiva rappresenta una mancanza oggettiva di fronte agli obblighi dell'amore materno, della fedeltà coniugale e della maternità responsabile; offende la dignità e il diritto del figlio ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato dai propri genitori; essa instaura, a detrimento delle famiglie, una divisione fra gli elementi fisici, psichici e morali che le costituiscono.
Dichiarata inaccettabile la fecondazione artificiale eterologa, ci si chiede come valutare moralmente i procedimenti di fecondazione artificiale omologa: FIVET e inseminazione artificiale fra gli sposi.
Occorre chiarire preliminarmente una questione di principio.
a) L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla procreazione umana afferma la "connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo.
Infatti per la sua intima struttura, l'atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell'essere stesso dell'uomo e della donna".38
Questo principio, fondato sulla natura del matrimonio e sull'intima connessione dei suoi beni, comporta delle conseguenze ben note sul piano della paternità e maternità responsabili.
"Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l'atto coniugale conserva integralmente il senso del mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla paternità".39
La medesima dottrina relativa al legame esistente fra i significati dell'atto coniugale e fra i beni del matrimonio chiarisce il problema morale della fecondazione artificiale omologa, poiché "non è mai permesso separare questi diversi aspetti al punto da escludere positivamente o l'intenzione procreativa o il rapporto coniugale".40
La contraccezione priva intenzionalmente l'atto coniugale della sua apertura alla procreazione e opera in tal modo una dissociazione volontaria delle finalità del matrimonio.
La fecondazione artificiale omologa, perseguendo una procreazione che non è frutto dì un atto specifico di unione coniugale, opera obiettivamente una separazione analoga tra i beni e i significati del matrimonio.
Pertanto la fecondazione è voluta lecitamente quando è il termine di un "atto coniugale per sé idoneo alla generazione della prole, al quale il matrimonio è ordinato per sua natura e per la quale i coniugi divengono una sola carne".41
Ma la procreazione è privata dal punto di vista morale della sua perfezione propria quando non è voluta come il frutto dell'atto coniugale, e cioè del gesto specifico dell'unione degli sposi.
b) Il valore morale dell'intimo legame esistente fra i beni del matrimonio e fra i significati dell'atto coniugale si fonda sull'unità dell'essere umano, unità risultante di corpo e anima spirituale.42
Gli sposi si esprimono reciprocamente il loro amore personale nel "linguaggio del corpo", che comporta chiaramente "significati sponsali" e parentali insieme.43
L'atto coniugale, con il quale gli sposi si manifestano reciprocamente il dono di sé, esprime simultaneamente l'apertura al dono della vita: è un atto inscindibilmente corporale e spirituale.
È nel loro corpo e per mezzo del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare padre e madre.
Per rispettare il linguaggio dei corpi e la loro naturale generosità, l'unione coniugale deve avvenire nel rispetto dell'apertura alla procreazione, e la procreazione di una persona deve essere il frutto e il termine dell'amore sponsale.
L'origine dell'essere umano risulta così da una procreazione "legata all'unione non solamente biologica ma anche spirituale dei genitori uniti dal vincolo del matrimonio".44
Una fecondazione ottenuta fuori del corpo degli sposi rimane per ciò stesso privata dei significati e dei valori che si esprimono nel linguaggio del corpo e nell'unione delle persone umane.
c) Soltanto il rispetto del legame, che esiste fra i significati dell'atto coniugale, e il rispetto dell'unità dell'essere umano consente una procreazione conforme alla dignità della persona.
Nella sua origine unica e irripetibile il figlio dovrà essere rispettato e riconosciuto come uguale in dignità personale a coloro che gli donano la vita.
La persona umana dev'essere accolta nel gesto di unione e di amore dei suoi genitori; la generazione di un figlio dovrà perciò essere il frutto della donazione reciproca45 che si realizza nell'atto coniugale in cui gli sposi cooperano come servitori e non come padroni, all'opera dell'Amore Creatore.46
L'origine di una persona umana è in realtà il risultato di una donazione.
Il concepito dovrà essere il frutto dell'amore dei suoi genitori.
Non può essere voluto né concepito come il prodotto di un intervento di tecniche mediche e biologiche: ciò equivarrebbe a ridurlo a diventare l'oggetto di una tecnologia scientifica.
Nessuno può sottoporre la venuta al mondo di un bambino a delle condizioni di efficienza tecnica valutabili secondo parametri di controllo e di dominio.
La rilevanza morale del legame esistente tra i significati dell'atto coniugale e tra i beni del matrimonio, l'unità dell'essere umano e la dignità della sua origine esigono che la procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto dell'atto coniugale specifico dell'amore fra gli sposi.
Il legame esistente fra procreazione e atto coniugale si rivela, perciò, di grande importanza sul piano antropologico e morale e chiarisce le posizioni del Magistero a proposito della fecondazione omologa.
La risposta a questa domanda è strettamente dipendente dai principi ora ricordati.
Non si possono certamente ignorare le legittime aspirazioni degli sposi sterili; per alcuni il ricorso alla FIVET omologa appare come l'unico mezzo per ottenere un figlio sinceramente desiderato: ci si domanda se in queste soluzioni la globalità della vita coniugale non basti ad assicurare la dignità confacente alla procreazione umana.
Si riconosce che la FIVET certamente non può supplire all'assenza dei rapporti coniugali47 e non può essere preferita, considerati i rischi che si possono verificare per il figlio e i disagi della procedura, agli atti specifici dell'unione coniugale.
Ma ci si chiede se nell'impossibilità di rimediare in altro modo alla sterilità, che è causa di sofferenza, la fecondazione omologa in vitro non possa costituire un aiuto, se non addirittura una terapia, per cui ne potrebbe essere ammessa la liceità morale.
Il desiderio di un figlio - o quanto meno la disponibilità a trasmettere la vita - è un requisito necessario dal punto di vista morale per una procreazione umana responsabile.
Ma questa intenzione buona non è sufficiente per dare una valutazione morale positiva della fecondazione in vitro tra gli sposi.
Il procedimento della FIVET deve essere giudicato in se stesso, e non può mutuare la sua qualificazione morale definitiva né dall'insieme della vita coniugale nella quale esso si iscrive né dagli atti coniugali che possono precederlo o seguirlo.48
È già stato ricordato come, nelle circostanze in cui è abitualmente praticata, la FIVET implichi la distruzione di esseri umani, fatto questo che è contro la dottrina già richiamata sulla illiceità dell'aborto.49
Ma anche nel caso in cui si mettesse in atto ogni cautela per evitare la morte degli embrioni umani, la FIVET omologa, attua la dissociazione dei gesti che sono destinati alla fecondazione umana dall'atto coniugale.
La natura propria della FIVET omologa, pertanto, dovrà anche essere considerata astraendo dal legame con l'aborto procurato.
La FIVET omologa è attuata al di fuori del corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e attività tecnica determinano il successo dell'intervento; essa affida la vita e l'identità dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana.
Una siffatta relazione di dominio è in sé contraria alla dignità e all'uguaglianza che dev'essere comune a genitori e figli.
Il concepimento in vitro è il risultato dell'azione tecnica che presiede alla fecondazione; essa non è né di fatto ottenuta né positivamente voluta come l'espressione e il frutto di un atto specifico dell'unione coniugale.
Nella FIVET omologa, perciò, pur considerata nel contesto dei rapporti coniugali di fatto esistenti, la generazione della persona umana è oggettivamente privata della sua perfezione propria: quella di essere, cioè, il termine e il frutto di un atto coniugale in cui gli sposi possono farsi "cooperatori con Dio per il dono della vita a una nuova persona".50
Queste ragioni permettono di comprendere perché l'atto di amore coniugale sia considerato nell'insegnamento della Chiesa come l'unico luogo degno della procreazione umana.
Per le stesse ragioni il cosiddetto "caso semplice", cioè una procedura di FIVET omologa, che sia purificata da ogni compromissione con la prassi abortiva della distruzione di embrioni e con la masturbazione, rimane una tecnica moralmente illecita perché priva la procreazione umana della dignità che le è propria e connaturale.
Certamente la FIVET omologa non è gravata di tutta quella negatività etica che si riscontra nella procreazione extraconiugale; la famiglia e il matrimonio continuano a costituire l'ambito della nascita e dell'educazione dei figli.
Tuttavia, in conformità con la dottrina tradizionale relativa ai beni del matrimonio e alla dignità della persona, la Chiesa rimane contraria, dal punto di vista morale, alla fecondazione omologa in vitro; questa è in se stessa illecita e contrastante con la dignità della procreazione e dell'unione coniugale, anche quando tutto sia messo in atto per evitare la morte dell'embrione umano.
Pur non potendo essere approvata la modalità con cui viene ottenuto il concepimento umano nella FIVET, ogni bambino che viene al mondo dovrà comunque essere accolto come un dono vivente della Bontà divina e dovrà essere educato con amore.
L'inseminazione artificiale omologa all'interno del matrimonio non può essere ammessa, salvo il caso in cui il mezzo tecnico risulti non sostitutivo dell'atto coniugale, ma si configuri come una facilitazione e un aiuto affinché esso raggiunga il suo scopo naturale.
L'insegnamento del Magistero a questo proposito è stato già esplicitato:51 esso non è soltanto espressione di circostanze storiche particolari, ma si fonda sulla dottrina della Chiesa in tema di connessione fra unione coniugale e procreazione, e sulla considerazione della natura personale dell'atto coniugale e della procreazione umana.
"L'atto coniugale, nella sua struttura naturale, è un'azione personale, una cooperazione simultanea e immediata dei coniugi, la quale, per la stessa natura degli agenti e la proprietà dell'atto, è l'espressione del dono reciproco, che, secondo la parola della Scrittura, effettua l'unione "in una carne sola"".52
Pertanto la coscienza morale "non proscrive necessariamente l'uso di taluni mezzi artificiali destinati unicamente sia a facilitare l'atto naturale, sia a procurare il raggiungimento del proprio fine all'atto naturale normalmente compiuto".53
Se il mezzo tecnico facilita l'atto coniugale o l'aiuta a raggiungere i suoi obiettivi naturali, può essere moralmente accettato.
Qualora, al contrario, l'intervento si sostituisca all'atto coniugale, esso è moralmente illecito.
L'inseminazione artificiale sostitutiva dell'atto coniugale è proibita in ragione della dissociazione volontariamente operata tra i due significati dell'atto coniugale.
La masturbazione, mediante la quale viene normalmente procurato lo sperma, è un altro segno di tale dissociazione; anche quando è posto in vista della procreazione, il gesto rimane privo del suo significato unitivo: "gli manca … la relazione sessuale richiesta dall'ordine morale, quella che realizza, "in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana"".54
L'atto medico non dev'essere valutato soltanto in rapporto alla sua dimensione tecnica, ma anche e soprattutto in relazione alla sua finalità, che è il bene delle persone e la loro salute corporea e psichica.
I criteri morali per l'intervento medico nella procreazione si deducono dalla dignità delle persone umane, della loro sessualità e della loro origine.
La medicina che voglia essere ordinata al bene integrale della persona deve rispettare i valori specificamente umani della sessualità.55
Il medico è al servizio delle persone e della procreazione umana: non ha facoltà di disporre né di decidere di esse.
L'intervento medico è rispettoso della dignità delle persone quando mira ad aiutare l'atto coniugale sia per facilitarne il compimento sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto.56
Al contrario, talvolta accade che l'intervento medico tecnicamente si sostituisca all'atto coniugale per ottenere una procreazione che non è né il suo risultato né il suo frutto: in questo caso l'atto medico non risulta, come dovrebbe, al servizio dell'unione coniugale, ma si appropria della funzione procreatrice e così contraddice alla dignità e ai diritti inalienabili degli sposi e del nascituro.
L'umanizzazione della medicina, che viene oggi insistentemente richiesta da tutti, esige il rispetto dell'integrale dignità della persona umana in primo luogo nell'atto e nel momento in cui gli sposi trasmettono la vita a una nuova persona.
È logico pertanto rivolgere anche un pressante appello ai medici e ai ricercatori cattolici perché rendano una esemplare testimonianza del rispetto dovuto all'embrione umano e alla dignità della procreazione.
Il personale medico e curante degli ospedali e delle Cliniche cattoliche è in modo speciale invitato a fare onore agli obblighi morali contratti, spesso anche a titolo di statuto.
I responsabili di questi ospedali e cliniche cattoliche, che sono sovente religiosi, avranno cuore di assicurare e promuovere un'attenta osservanza delle norme morali richiamate nella presente Istruzione.
La sofferenza degli sposi che non possono avere figli o che temono di mettere al mondo un figlio handicappato, è una sofferenza che tutti debbono comprendere e adeguatamente valutare.
Da parte degli sposi il desiderio di un figlio è naturale: esprime la vocazione alla paternità e alla maternità inscritta nell'amore coniugale.
Questo desiderio può essere ancora più forte se la coppia è affetta da sterilità che appaia incurabile.
Tuttavia il matrimonio non conferisce agli sposi il diritto di avere un figlio, ma soltanto il diritto di porre quegli atti naturali che di per sé sono ordinati alla procreazione.57
Un vero e proprio diritto al figlio sarebbe contrario alla sua dignità e alla sua natura.
Il figlio non è un qualche cosa di dovuto e non può essere considerato come oggetto di proprietà: è piuttosto un dono, "il più grande"58 e il più gratuito del matrimonio, ed è testimonianza vivente della donazione reciproca dei suoi genitori.
A questo titolo il figlio ha il diritto - come è stato ricordato - di essere il frutto dell'atto specifico dell'amore coniugale dei suoi genitori e ha anche il diritto a essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento.
Tuttavia la sterilità, qualunque ne sia la causa e la prognosi, è certamente una dura prova.
La comunità dei credenti è chiamata a illuminare e sostenere la sofferenza di coloro che non possono realizzare una legittima aspirazione alla maternità e paternità.
Gli sposi che si trovano in queste dolorose situazioni sono chiamati a scoprire in esse l'occasione per una particolare partecipazione alla croce del Signore, fonte di fecondità spirituale.
Le coppie sterili non devono dimenticare che "anche quando la procreazione non è possibile, non per questo la vita coniugale perde il suo valore.
La sterilità fisica infatti può essere occasione per gli sposi per rendere altri servizi importanti alla vita delle persone umane, quali ad esempio l'adozione, le varie forme di opere educative, l'aiuto ad altre famiglie, ai bambini poveri o handicappati".59
Molti ricercatori si sono impegnati nella lotta contro la sterilità.
Salvaguardando pienamente la dignità della procreazione umana, alcuni sono arrivati a risultati che in precedenza sembravano irraggiungibili.
Gli uomini di scienza vanno quindi incoraggiati a proseguire nelle loro ricerche, allo scopo di prevenire le cause della sterilità e potervi rimediare, in modo che le coppie sterili possano riuscire a procreare nel rispetto della loro dignità personale e di quella del nascituro.
Indice |
* | * L'Istruzione intende con la denominazione di Fecondazione o procreazione artificiale eterologa le tecniche volte a ottenere artificialmente un concepimento umano a partire da gameti provenienti almeno da un donatore diverso dagli sposi, che sono uniti in matrimonio. Tali tecniche possono essere di due tipi: a) FIVET eterologa: la tecnica volta a ottenere un concepimento umano attraverso l'incontro in vitro di gameti prelevati almeno da un donatore diverso dai due sposi uniti da matrimonio. b) Inseminazione artificiale eterologa: la tecnica volta a ottenere un concepimento umano attraverso il trasferimento nelle vie genitali della donna dello sperma precedentemente raccolto da un donatore diverso dal marito. |
** | ** L'Istruzione intende per Fecondazione o procreazione artificiale omologa la tecnica volta a ottenere un concepimento umano a partire dai gameti di due sposi uniti in matrimonio. La fecondazione artificiale omologa può essere attuata con due diverse metodiche: a) FIVET omologa: la tecnica diretta a ottenere un concepimento umano mediante l'incontro in vitro dei gameti degli sposi uniti in matrimonio b) Inseminazione artificiale omologa: la tecnica diretta a ottenere un concepimento umano mediante il trasferimento, nelle vie genitali di una donna sposata, dello sperma precedentemente raccolto del marito |
34 | Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50 |
35 | Cf. Giovanni Paolo II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14 |
36 | Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici
29 Settembre 1949. Secondo il piano del Creatore, "l'uomo abbandona suo padre e sua madre e si unisce alla sua donna e i due diventano una sola carne" ( Gen 2,24 ). L'unita del matrimonio, legata all'ordine della creazione, e una verità alla ragione naturale. La Tradizione e il Magistero della Chiesa si riferiscono sovente al libro della Genesi, sia direttamente sia attraverso i passi del Nuovo Testamento che vi fanno riferimento: Mt 19,4-6; Mc 10,5-8; Ef 5,31. Cf. Atenagora, Legatio pro christianis, 33: PG 6,965-967; S. Giovanni Crisostomo, In Matthaeum homiliae, LXII, 19 1: PG 58,597 S. Leone Magno, Epist. ad Rusticum, 4: PL 54,120i, Innocenzo III Epist. Gaudemus in Domino: DS 778; Concilio di Lione II, IV sess.: DS 860; Concilio di Trento, XXIV sess.: DS 1798.1802; Leone XIII, Encicl. Arcanum divinae sapientiae; Pio XI, Encicl. Casti Connubii; Concilio Vaticano II, Const. past. Gaudium et Spes, 48; Giovanni Paolo II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 19; CLC., can. 1056 |
37 | Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici
29 Settembre 1949; Discorso alle congressiste dell'Unione Cattolica Italiana Ostetriche, 29 ottobre 1951; C.I.C., can. 1134 |
38 | Paolo VI, Encicl. Humanae Vitae, 12 |
39 | Loc. cit.: ibid., 489 |
40 | Pio XII, Discorso ai partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla fecondità e sterilità umana, 19 maggio 1956 |
41 | C.I.C. can. 1061 Secondo questo canone, l'atto coniugale e quello per il quale il matrimonio e consumato se i due sposi "l'hanno posto tra loro in modo umano" |
42 | Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 14 |
43 | Cf. Giovanni Paolo II, udienza generale, 16 gennaio 1980 |
44 | Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti alla 35a Assemblea Generale dell'Associazione Medica Mondiale, 29 ottobre 1983 |
45 | Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 51 |
46 | Cf. Costit. past. Gaudium et Spes, 50 |
47 | Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici 29 Settembre 1949: "Sarebbe falso pensare che la possibilità di ricorrere a questo mezzo ( fecondazione artificiale ) possa rendere valido il matrimonio tra persone incapaci a contrarlo a motivo dell'impedimentum impotentiae" |
48 | Una questione analoga è trattata da Paolo VI, Encicl. Humanae Vitae, 14 |
49 | Cf. sopra I,1 seg |
50 | Giovanni Paolo II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14 |
51 | Cf. Risposta del S. Uffizio, 17 marzo 1897: DS 3323; Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici 29 Settembre 1949; Discorso alle congressiste dell'Unione Cattolica Italiana Ostetriche, 29 ottobre 1951; Discorso ai partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla fertilità e sterilità umana, 19 maggio 1956; Discorso ai partecipanti al VII Congresso Internazionale della Società Internazionale di Ematologia, 12 Settembre 1958: AAS 50 (1958) 733; Giovanni XXIII, Encicl. Mater et Magistra, 111 |
52 | Pio XII, Discorso alle congressiste dell'Unione Cattolica Italiana Ostetriche, 29 ottobre 1951 |
53 | Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici 29 settembre 1949 |
54 | Sacra Congregazione per la dottrina della fede,
Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale, 9, che cita a Costit. past. Gaudium et Spes, 51; cf. Decreto del S. Uffizio, 2 agosto 1929: AAS 21 (1929) 490: Pio XII Discorso ai partecipanti al XXVI Congresso indetto dalla Società Italiana di urologia, 8 ottobre 1953: AAS45 (1953) 678 |
55 | Cf. Giovanni XXIII, Encicl. Mater et Magistra, III |
56 | Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al IV Congresso Internazionale dei Medici Cattolici, 29 settembre 1949 |
57 | Cf. Pio XII, Discorso ai partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla fertilità e sterilità umana, 19 maggio 1956 |
58 | Costit. past. Gaudium et Spes, 50 |
59 | Giovanni Paolo II, Esort. apost. Familiaris Consortio, 14 |