Interpretazione della Bibbia nella Chiesa |
L'esegesi, essendo essa stessa una disciplina teologica, « fides quaerens intellectum », intrattiene con le altre discipline teologiche relazioni strette e complesse.
Da una parte, infatti, la teologia sistematica ha un influsso sulla precomprensione con la quale gli esegeti affrontano i testi biblici.
Ma, d'altra parte, l'esegesi offre alle altre discipline teologiche dati che sono per esse fondamentali.
Pertanto tra l'esegesi e le altre discipline si stabiliscono rapporti di dialogo nel mutuo rispetto della loro specificità.
Quando affrontano i testi biblici, gli esegeti hanno necessariamente una precomprensione.
Nel caso dell'esegesi cattolica, si tratta di una precomprensione basata su certezze di fede: la Bibbia è un testo ispirato da Dio e affidato alla Chiesa per suscitare la fede e guidare la vita cristiana.
Queste certezze di fede non arrivano agli esegeti allo stato bruto, ma dopo essere state elaborate nella comunità ecclesiale dalla riflessione teologica.
Gli esegeti sono quindi orientati nella loro ricerca dalla riflessione dei teologi dogmatici sull'ispirazione della Scrittura e sulla funzione di questa nella vita ecclesiale.
Ma, reciprocamente, il lavoro degli esegeti sui testi ispirati apporta loro un'esperienza di cui i teologi dogmatici devono tenere conto per meglio chiarire la teologia dell'ispirazione scritturistica dell'interpretazione ecclesiale della Bibbia.
L'esegesi suscita, in particolare, una coscienza più viva e più precisa del carattere storico dell'ispirazione biblica.
Essa mostra che il processo dell'ispirazione è storico, non soltanto perché ha avuto luogo nel corso della storia d'Israele e della Chiesa primitiva, ma anche perché si è realizzata con la mediazione di persone umane segnate ciascuna dalla sua epoca e che, sotto la guida dello Spirito, hanno avuto una funzione attiva nella vita del popolo di Dio.
D'altronde, l'affermazione teologica dello stretto rapporto tra Scrittura ispirata e Tradizione della Chiesa è stata confermata e precisata grazie allo sviluppo degli studi esegetici, che ha portato gli esegeti a prestare un'attenzione crescente all'influsso del contesto vitale in cui i testi si sono formati ( Sitz im Leben ).
La Sacra Scrittura, senza essere l'unico locus theologicus, costituisce la base privilegiata degli studi teologici.
Per interpretare la Scrittura con esattezza scientifica e precisione, i teologi hanno bisogno del lavoro degli esegeti.
Da parte loro, gli esegeti devono orientare le loro ricerche in modo tale che « lo studio della Sacra Scrittura » possa effettivamente essere « come l'anima della teologia » ( Dei Verbum, 24 ).
A tale scopo è necessario accordare un'attenzione particolare al contenuto religioso degli scritti biblici.
Gli esegeti possono aiutare i teologi dogmatici a evitare due estremi:
da una parte, il dualismo, che separa completamente una verità dottrinale dalla sua espressione linguistica, considerata priva di importanza;
dall'altra, il fondamentalismo, che, confondendo l'umano col divino, considera come verità rivelata anche gli aspetti contingenti delle espressioni umane.
Per evitare questi due estremi, è necessario distinguere senza separare, e accettare perciò una tensione persistente.
La Parola di Dio si è espressa nell'opera di autori umani.
Pensiero e parole sono nello stesso tempo di Dio e dell'uomo, così che tutto nella Bibbia proviene contemporaneamente da Dio e dall'autore ispirato.
Non ne consegue, tuttavia, che Dio abbia dato un valore assoluto al condizionamento storico del suo messaggio.
Questo è suscettibile di essere interpretato e attualizzato, cioè di essere staccato, almeno parzialmente, dal suo condizionamento storico passato per essere trapiantato nel condizionamento storico presente.
L'esegeta stabilisce le basi di questa operazione, che il teologo dogmatico continua, prendendo in considerazione gli altri loci theologici che contribuiscono allo sviluppo del dogma.
Osservazioni analoghe possono essere fatte sui rapporti tra esegesi e teologia morale.
Ai racconti concernenti la storia della salvezza la Bibbia unisce strettamente molteplici istruzioni sulla condotta da tenere: comandamenti, divieti, prescrizioni giuridiche, esortazioni e invettive profetiche, consigli dei sapienti.
Uno dei compiti dell'esegesi consiste nel precisare la portata di questo abbondante materiale e preparare così il lavoro dei teologi moralisti.
Questo compito non è semplice perché spesso i testi biblici non si preoccupano di distinguere precetti morali universali, prescrizioni di purità rituale e ordinamenti giuridici particolari.
Tutto viene messo insieme.
D'altra parte, la Bibbia riflette un'evoluzione morale considerevole, che trova il suo compimento nel Nuovo Testamento.
Non basta perciò che una certa posizione in materia di morale sia attestata nell'Antico Testamento ( per es. la pratica della schiavitù o del divorzio, o quello dello sterminio in caso di guerra ) perché essa continui a essere valida.
È necessario un discernimento che tenga conto del necessario progresso della coscienza morale.
Gli scritti dell'Antico Testamento contengono elementi « imperfetti e caduchi » ( Dei Verbum, 15 ), che la pedagogia divina non poteva eliminare subito.
Lo stesso Nuovo Testamento non è di facile interpretazione nel campo della morale in quanto si esprime spesso in modo immaginifico o paradossale, o perfino provocatorio, e il rapporto dei cristiani con la legge giudaica è oggetto di aspre controversie.
I moralisti hanno quindi buone ragioni di porre agli esegeti molti e importanti interrogativi, che stimoleranno la loro ricerca.
In più di un caso è possibile che la risposta sia che nessun testo biblico tratta esplicitamente il problema posto.
Ma anche allora la testimonianza della Bibbia, compresa nel suo vigoroso dinamismo d'insieme, non può mancare di aiutare a definire un orientamento profondo.
Sui punti più importanti resta fondamentale la morale del decalogo.
L'Antico Testamento contiene già i principi e i valori che guidano un agire pienamente conforme alla dignità della persona umana, creata « a immagine di Dio » ( Gen 1,27 ).
Il Nuovo Testamento dà maggior luce a questi principi e valori, grazie alla rivelazione dell'amore di Dio nel Cristo.
Nel suo documento del 1988 sull'interpretazione dei dogmi, la Commissione Teologica Internazionale ha ricordato che, nei tempi moderni, è scoppiato un conflitto tra esegesi e teologia dogmatica; essa considera poi i contributi positivi dell'esegesi moderna per la teologia sistematica ( L'interpretazione dei dogmi; 1988, C. I, 2 ).
Per maggiore precisione è utile aggiungere che il conflitto è stato causato dall'esegesi liberale.
Tra l'esegesi cattolica e la teologia dogmatica non c'è stato un conflitto generalizzato, ma soltanto dei momenti di forte tensione.
È vero però che la tensione può degenerare in conflitto se, da una parte o dall'altra, si inaspriscono legittime differenze di punti di vista, fino a trasformarle in irriducibili opposizioni.
Infatti, i punti di vista sono differenti, e devono esserlo.
Il compito primario dell'esegesi è quello di discernere con precisione il significato dei testi biblici nel loro contesto proprio, cioè nel loro contesto letterario e storico particolare e poi nel contesto del canone delle Scritture.
Adempiendo questo compito, l'esegeta mette in luce il senso teologico dei testi, quando essi hanno una portata di questa natura.
Una relazione di continuità è così resa possibile tra l'esegesi e la riflessione teologica posteriore.
Ma il punto di vista non è lo stesso, perché il compito dell'esegeta è fondamentalmente storico e descrittivo e si limita all'interpretazione della Bibbia.
Il teologo dogmatico, invece, compie un'opera speculativa e più sistematica.
Per questa ragione egli si interessa veramente solo ad alcuni testi e ad alcuni aspetti della Bibbia e, inoltre, prende in considerazione molti altri dati che non sono biblici, scritti patristici, definizioni conciliari, altri documenti del magistero, liturgia, come pure i sistemi filosofici e la situazione culturale, sociale e politica contemporanea.
Il suo compito non è semplicemente quello di interpretare la Bibbia, ma di tendere a una comprensione pienamente ponderata della fede cristiana in tutte le sue dimensioni specialmente nei suoi rapporti decisivi con l'esistenza umana.
A causa del suo orientamento speculativo e sistematico, la teologia ha spesso ceduto alla tentazione di considerare la Bibbia una riserva di dicta probantia destinati a confermare tesi dottrinali.
Ai nostri giorni i teologi dogmatici hanno acquisito una coscienza più viva dell'importanza del contesto letterario e storico per l'interpretazione corretta dei testi antichi e ricorrono con più frequenza alla collaborazione degli esegeti.
In quanto Parola di Dio messa per iscritto, la Bibbia ha una ricchezza di significato che non può essere pienamente colta né imprigionata in nessuna teologia sistematica.
Una delle funzioni principali della Bibbia è quella di lanciare serie sfide ai sistemi teologi e di ricordare continuamente l'esistenza di importanti aspetti del rivelazione divina e della realtà umana che sono stati talora dimenticati o trascurati negli sforzi della riflessione sistematica.
Il rinnovamento della metodologia esegetica può contribuire a questa presa di coscienza.
Reciprocamente, l'esegesi deve lasciarsi illuminare dalla ricerca teologica.
Questa la stimolerà a porre ai testi importanti interrogativi e a meglio scoprire tutta la loro portata e la loro fecondità.
Lo studio scientifico della Bibbia non può prescindere dalla ricerca teologica, né dall'esperienza spirituale e dal discernimento della Chiesa.
L'esegesi produce i suoi migliori frutti quando si effettua nel contesto della fede viva della comunità cristiana, orientata verso la salvezza del mondo intero.
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