Cerimoniale dei Vescovi |
55. Secondo l'insegnamento del concilio Vaticano II, bisogna curare che i riti risplendano di nobile semplicità.52
Questo principio vale certamente anche per la liturgia episcopale, per quanto in essa non si debba trascurare il senso di religiosa riverenza dovuta al vescovo, nel quale è presente il Signore Gesù in mezzo ai fedeli e dal quale, come da grande sacerdote, la vita dei fedeli in un certo modo deriva e dipende.53
Inoltre, quando di norma alle celebrazioni liturgiche del vescovo partecipano i diversi ordini della Chiesa, il cui mistero in questo modo si manifesta più chiaramente, è opportuno che in esse brilli la carità e l'onore reciproco fra le membra del corpo mistico di Gesù Cristo, affinché anche nella liturgia si realizzi il precetto apostolico: « Gareggiate nello stimarvi a vicenda ». ( Rm 12,10 )
Dunque prima di descrivere i singoli riti, sembra opportuno premettere alcune norme, approvate dalla tradizione, e che conviene siano osservate.
Le vesti del vescovo nella celebrazione liturgica sono le stesse dei presbitero; ma nelle celebrazioni solenni è opportuno che, secondo l'uso tramandato dall'antichità, indossi sotto la casula la dalmatica, che può essere sempre bianca, soprattutto nel conferimento degli ordini, nella benedizione dell'abate e della badessa, e nella dedicazione della chiesa e dell'altare.
57. Le insegne pontificali portate dal vescovo sono: l'anello, il pastorale, la mitra e la croce pettorale; inoltre il pallio, se gli compete di diritto.
58. Il vescovo porti sempre l'anello, segno della fedeltà e dell'unione sponsale con la Chiesa, sua sposa.
59. Il vescovo porta il pastorale, segno della sua funzione pastorale, nel suo territorio; tuttavia può portarlo ogni vescovo che celebra solennemente col consenso del vescovo del luogo.55
Quando invece sono presenti più vescovi in una medesima celebrazione, porta il pastorale soltanto il vescovo che presiede.
Il vescovo porta di norma il pastorale con la parte curva rivolta verso il popolo ( cioè davanti a sé ), nella processione, mentre ascolta la proclamazione del vangelo e tiene l'omelia, nel ricevere i voti o le promesse o la professione di fede, infine quando benedice le persone, a meno che non debba compiere l'imposizione delle mani.
60. Il vescovo di norma porta la mitra: quando siede; quando tiene l'omelia, quando saluta e fa allocuzioni e monizioni, a meno che non debba deporla subito dopo; quando benedice solennemente il popolo; quando compie gesti sacramentali; quando incede nelle processioni.
Essa sarà una sola in ciascuna azione liturgica, semplice o ornata secondo il tipo di celebrazione.56
Il vescovo non porta la mitra: alle preghiere introduttorie; alle orazioni; alla preghiera universale; alla preghiera eucaristica; alla proclamazione del vangelo; agli inni, se sono cantati stando in piedi; nelle processioni nelle quali si portano il ss. Sacramento o le reliquie della santa croce del Signore; davanti al ss. Sacramento esposto.
Il vescovo può non porta la mitra e il pastorale quando si reca da un luogo ad un altro, se vi è di mezzo un breve spazio.57
Circa l'uso della mitra nell'amministrazione dei sacramenti e sacramentali, si osservino le norme che sono indicate più sotto a suo luogo.
61. La croce pettorale sia portata sotto la casula o sotto la dalmatica, oppure sotto il piviale, ma sopra la mozzetta.
62. L'arcivescovo residenziale che abbia già ricevuto il pallio dal romano pontefice, lo indossa sopra la casula nel territorio di sua giurisdizione, quando celebra la messa stazionale o almeno con grande solennità, inoltre quando compie le ordinazioni, la benedizione dell'abate e della abbadessa, la consacrazione della vergine, la dedicazione della chiesa e dell'altare.
Si usi la croce arcivescovile quando l'arcivescovo, dopo aver ricevuto il pallio si reca alla chiesa per celebrarvi qualche azione liturgica.58
63. L'abito corale del vescovo, sia nella sua diocesi, sia fuori diocesi, è composto dalla veste talare di colore violaceo; dalla fascia di seta violacea con frange, anch'esse dì seta, che ornano le due estremità ( tuttavia senza fiocchi ); dal rocchetto di lino o di tessuto simile; dalla mozzetta di colore violaceo ( tuttavia senza cappuccio ); dalla croce pettorale sostenuta sopra la mozzetta da un cordone di colore verde intessuto d'oro; dallo zucchetto anch'esso di colore violaceo; dalla berretta del medesimo colore con fiocco.
Quando si indossa la veste talare violacea si portano anche le calze violacee.
Invece è del tutto libero l'uso delle calze violacee con la veste talare nera filettata.59
64. Si può portare la cappa magna violacea senza ermellino soltanto in diocesi e nelle feste solennissime.
La veste sacra comune a tutti i ministri di qualsiasi grado è il camice, stretto ai fianchi dal cingolo, a meno che non sia fatto in modo da aderire al corpo anche senza cingolo.
Se il camice non copre pienamente, intorno al collo, l'abito comune, prima di indossarlo si deve mettere l'amitto.
Il camice non può essere sostituito dalla cotta quando si indossano la casula o la dalmatica, né quando si indossa la stola al posto della casula o della dalmatica.60
La cotta deve sempre essere indossata sopra la veste talare.
Gli accoliti, i lettori e gli altri ministri, al posto delle vesti di cui sopra, possono indossare altre vesti legittimamente approvate.
66. Veste propria dei sacerdote celebrante, nella messa e nelle altre azioni sacre direttamente collegate con essa, è la pianeta o casula, da indossare, se non viene indicato diversamente, sopra il camice e la stola.
La stola è indossata dal sacerdote attorno al collo e pendente davanti al petto.
Il piviale, o cappa per la pioggia, viene indossato dal sacerdote nelle solenni azioni sacre al di fuori della messa, nelle processioni e nelle altre azioni sacre, secondo le rubriche proprie dei singoli riti.61
I presbiteri che partecipano ad una sacra celebrazione senza concelebrare indossano l'abito corale,62 se sono prelati o canonici; diversamente indossano la cotta sopra la veste talare.
67. Veste propria del diacono è la dalmatica da indossarsi sopra il camice e la stola.
Tuttavia in caso di necessità o di minor solennità la dalmatica si può omettere.
La stola del diacono viene portata dalla spalla sinistra trasversalmente sul petto sino alla parte destra del corpo dove viene fermata.63
68. Con l'inchino si vuole significare la riverenza e l'onore da tributare alle persone stesse o alle loro immagini.
Vi sono due specie di inchino: del capo e del corpo.
a) l'inchino dei capo si fa al nome di Gesù, della beata Vergine Maria e del santo in onore del quale si celebra la messa o la liturgia delle ore;
b) l'inchino del corpo, o inchino profondo, si fa: all'altare, se non vi è il tabernacolo con il ss. Sacramento; al vescovo; prima e dopo l'incensazione, come è notato più sotto al n. 91; tutte le volte in cui è prescritto espressamente dai vari libri liturgici.64
69. La genuflessione, che si fa piegando il solo ginocchio destro fino a terra, significa adorazione, e perciò è riservata al ss. Sacramento, sia esposto, sia riposto nel tabernacolo, e alla santa croce dalla solenne adorazione nella azione liturgica del venerdì "nella passione del Signore", fino all'inizio della veglia pasquale.
70. Non compiono né la genuflessione, né l'inchino profondo coloro che portano oggetti che servono per la celebrazione, ad esempio la croce, i candelieri, il libro dei vangeli.
Tutti coloro che entrano in chiesa non trascurino di adorare il ss. Sacramento, sia recandosi alla cappella del ss. Sacramento, sia almeno genuflettendo.
Ugualmente tutti coloro che passano davanti al Ss. sacramento genuflettono, a meno che non avanzino processionalmente.
Tutti coloro che accedono al presbiterio o si allontanano da esso, o passano davanti all'altare, salutano l'altare con l'inchino profondo.
73. Inoltre il celebrante e i concelebranti, in segno di venerazione baciano l'altare all'inizio della messa.
Il celebrante principale, prima di allontanarsi dall'altare, di norma lo venera con un bacio, gli altri invece, soprattutto se sono piuttosto numerosi, con la debita riverenza.
Nella celebrazione delle lodi e dei vespri presieduta solennemente dal vescovo, si bacia l'altare all'inizio, e, secondo l'opportunità, alla fine.
Tuttavia qualora questo gesto non corrispondesse pienamente alle tradizioni o alla cultura di una determinata regione, spetta alla conferenza episcopale determinare un gesto che sostituisca il bacio, informandone la sede apostolica.65
Nella messa, nella celebrazione della parola e nella vigilia protratta, mentre si proclama il vangelo, tutti stanno in piedi, normalmente rivolti verso colui che lo proclama.
Il diacono, portando solennemente il libro dei vangeli, si dirige verso l'ambone, preceduto dal turiferario con il turibolo66 e dagli accoliti con i ceri accesi.67
Il diacono stando all'ambone rivolto verso il popolo, dopo averlo salutato tenendo le mani giunte, con il pollice della mano destra fa un segno di croce, prima sul libro all'inizio del vangelo che sta per proclamare, poi su se stesso alla fronte, alla bocca e al petto, dicendo Dal vangelo secondo.
Il vescovo allo stesso modo si segna sulla fronte, sulle labbra e sul petto e lo stesso fanno tutti gli altri.
Poi, almeno nella messa stazionale, il diacono incensa tre volte il libro, cioè in mezzo, a sinistra e a destra.
Quindi proclama il vangelo sino alla fine.
Terminata la proclamazione, il diacono porta il libro al vescovo per farglielo baciare, oppure lo bacia lo stesso diacono, a meno che, come è detto più sopra al n. 73, non sia stato stabilito un altro segno di venerazione dalla conferenza episcopale.68
In mancanza dei diacono un presbitero chiede e riceve dal vescovo la benedizione e proclama il vangelo, come è descritto sopra.
75. Allo stesso modo tutti stanno in piedi mentre si cantano o si dicono i cantici evangelici Benedetto il Signore, L'anima mia magnifica e Ora lascia; all'inizio si fanno il segno di croce.69
Salutano il vescovo con un inchino profondo i ministri, coloro che si accostano a lui per compiere un servizio, o se ne allontanano al suo termine, coloro che passano davanti a lui.70
77. Quando la cattedra del vescovo si trova dietro l'altare, i ministri salutino o l'altare o il vescovo, a secondo che si accostino all'altare o al vescovo; evitino tuttavia, per quanto è possibile, di passare fra il vescovo e l'altare per la riverenza che si deve ad entrambi.
78. Nel caso in cui fossero presenti più vescovi in presbiterio, si fa riverenza solo a colui che presiede.
79. Quando il vescovo, rivestito degli abiti descritti più sopra al n. 63, si reca alla chiesa per celebrarvi una qualche azione liturgica, può, secondo le consuetudini del luogo, essere accompagnato pubblicamente alla chiesa dai canonici o da altri presbiteri chierici in abito corale o rivestiti della cotta sopra la veste talare, oppure può recarsi alla chiesa in forma più semplice e essere accolto alle sue porte dal clero.
In entrambi i casi, il vescovo procede per primo; se è arcivescovo, è preceduto da un accolito che porta la croce arcivescovile con l'immagine del crocifisso rivolta in avanti; dopo il vescovo seguono i canonici, i presbiteri e i chierici, a due a due.
Alla porta della chiesa il signore dei presbiteri porge al vescovo l'aspersorio, a meno che non si debba fare l'aspersione in seguito al posto dell'atto penitenziale.
Il vescovo, con il capo scoperto, asperge se stesso e i presenti; quindi restituisce l'aspersorio.
Poi si reca con il suo corteo al luogo dove è conservato il ss. Sacramento e lì prega brevemente; infine si reca al secretarium.
Tuttavia il vescovo può recarsi direttamente al secretarium, e lì essere accolto dal clero.
80. In processione però, il vescovo che presiede la celebrazione liturgica, rivestito delle vesti sacre, incede sempre da solo dopo i presbiteri, ma davanti a coloro che lo assistono e che lo accompagnano stando un poco indietro.
81. Il vescovo che presiede una sacra celebrazione o vi partecipa soltanto in abito corale, è assistito da due canonici che portano il loro abito corale, oppure da due presbiteri o diaconi con la cotta sopra la veste talare.
82. Chi regge lo Stato, se viene alla celebrazione in funzione dell'ufficio, è accolto alla porta della chiesa dal vescovo già rivestito dai paramenti, il quale, secondo l'opportunità, gli porge, se è cattolico, l'acqua benedetta, lo saluta secondo l'uso comune, e, procedendo alla sua sinistra lo conduce al luogo preparato per lui in chiesa, fuori dei presbiterio.
Al termine della celebrazione invece, lo saluta mentre lascia il presbiterio.
83. Le altre autorità che detengono eminenti poteri nel governo della nazione, della regione o della città, sono accolte alla porta della chiesa, se si usa, da qualche dignitario ecclesiastico, che le saluta e le conduce al luogo loro riservato.
Il vescovo può salutarle mentre si reca all'altare durante la processione d'ingresso e quando se ne allontana.
84. Il rito dell'incensazione è espressione di riverenza e di preghiera, come è indicato nel salmo 140,2 e in Apocalisse 8,3.
85. La materia che si mette nel turibolo deve essere solo incenso puro di soave odore, oppure se se ne aggiunge qualche altra, si abbia l'avvertenza che la quantità di incenso sia di gran lunga maggiore.
86. Nella messa stazionale del vescovo si usa l'incenso:
a) durante la processione d'ingresso;
b) all'inizio della messa per incensare l'altare;
c) alla processione e alla proclamazione del vangelo;
d) all'offertorio, per incensare le offerte, l'altare, la croce, il vescovo, i concelebranti e il popolo;
e) alla presentazione al popolo dell'ostia e del calice dopo la consacrazione.
Nelle altre messe invece, l'incenso può essere adoperato secondo l'opportunità.71
87. Ugualmente si usi l'incenso, come è descritto nei libri liturgici:
a) nella dedicazione della chiesa e dell'altare;
b) nella confezione del sacro crisma, quando vengono portati gli oli benedetti;
c) nella esposizione del ss. Sacramento con l'ostensorio;
d) nelle esequie dei defunti.
88. Inoltre si usi di norma l'incenso nelle processioni della festa della presentazione dei Signore, della domenica delle palme, della messa in cena Domini, della veglia pasquale, della solennità del Corpo e Sangue di Cristo, della solenne traslazione delle reliquie, e generalmente nelle processioni che si svolgono con particolare solennità.
89. Alle lodi mattutine e ai vespri celebrati con solennità, si può fare l'incensazione dell'altare, del vescovo e del popolo, mentre si canta il cantico evangelico.
90. Il vescovo per mettere l'incenso nel turibolo, resta seduto, se si trova alla cattedra o a qualche altra sede, diversamente lo mette stando in piedi, mentre il diacono gli presenta la navicella,72 e lo benedice tracciando un segno di croce, senza dire nulla.73
Poi il diacono riceve dall'accolito il turibolo e lo consegna al vescovo.74
91. Prima e dopo l'incensazione si fa un inchino profondo alla persona o all'oggetto che viene incensato, eccettuati l'altare e le offerte per il sacrificio della messa.75
92. Con tre tratti di turibolo si incensano: il ss. Sacramento, la reliquia della s. croce e le immagini del Signore solennemente esposte, le offerte, la croce dell'altare, il libro dei vangeli, il cero pasquale, il vescovo o il presbitero celebrante, l'autorità civile presente in funzione dell'ufficio alla sacra celebrazione, il coro e il popolo, il corpo del defunto.
Con due tratti, si incensano le reliquie e le immagini dei santi esposte alla pubblica venerazione.
93. L'altare si incensa con singoli colpi di turibolo in questo modo:
a) se l'altare è separato dalla parete, il vescovo lo incensa girandogli intorno;
b) se l'altare non è separato dalla parete, il vescovo lo incensa passando, prima dalla parte destra dell'altare, poi dalla sinistra.
La croce, se è sopra l'altare o accanto ad esso, viene incensata prima dell'altare; diversamente il vescovo la incensa quando le passa davanti.76
Le offerte vengono incensate prima dell'altare e della croce.
94. Per incensare il ss. Sacramento si sta in ginocchio.
95. Le reliquie e le immagini sacre esposte alla pubblica venerazione vengono incensate dopo l'altare, ma nella messa solo all'inizio della celebrazione.
96. Il vescovo, sia all'altare sia alla cattedra, riceve l'incensazione stando in piedi, senza mitra, a meno che non l'abbia già.
I concelebranti vengono incensati dal diacono tutti assieme.
Infine viene incensato il popolo dal diacono dal luogo più adatto.
I canonici che per caso non concelebrano o chi si trova in coro ricevono l'incensazione tutti assieme con il popolo, a meno che la disposizione dei posti non induca a fare diversamente.
Lo stesso vale anche per i vescovi per caso presenti.
97. Il vescovo che presiede senza celebrare la messa, viene incensato dopo il celebrante o i concelebranti.
Il capo dello Stato, se è presente alla sacra celebrazione in funzione dei suo ufficio, viene incensato, dove c'è la consuetudine, dopo il vescovo.
98. Il vescovo non proclami monizioni o orazioni che devono essere ascoltati da tutti, prima che l'incensazione sia terminata.
99. Il vescovo celebrante, dopo che il diacono ha detto: Scambiatevi un segno di pace, dà il bacio di pace almeno ai due concelebranti a lui più vicini e poi al primo diacono.
100. Intanto i concelebranti, i diaconi e gli altri ministri, nonché i vescovi eventualmente presenti, si danno similmente a vicenda la pace.
Il vescovo che presiede la sacra celebrazione, senza celebrare la messa, offre la pace ai canonici o ai presbiteri o ai diaconi che lo assistono.
101. Anche i fedeli si scambiano la pace nel modo stabilito dalle conferenze episcopali.
102. Se alla sacra celebrazione è presente il capo dello Stato in ragione dell'ufficio, il diacono o uno dei concelebranti si avvicina a lui e gli offre il segno di pace secondo la consuetudine locale.
103. Mentre si offre il bacio di pace, si può dire: La pace sia con te, a cui si risponde: E con il tuo spirito.
Tuttavia si possono dire anche altre parole secondo le consuetudini locali.
È consuetudine nella Chiesa che il vescovo o il presbitero rivolga a Dio le orazioni stando in piedi e tenendo le mani un poco alzate ed allargate.
Questo uso nella preghiera è già testimoniato nella tradizione dell'antico testamento ( Cf. Es 9,29; Sal 27,2; Sal 62,5; Sal 133,2; Is 1,15 ) ed è stato accolto dai cristiani in ricordo della passione del Signore.
« Ma noi non soltanto alziamo le mani, ma anche le allarghiamo e, secondo la regola della passione del Signore, anche con la preghiera facciamo la nostra professione a Cristo ».78
Il vescovo tiene le mani stese: sopra il popolo, nell'impartire solennemente la benedizione, e tutte le volte in cui ciò è richiesto per la celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali, come è notato a suo luogo nei libri liturgici.
106. Nella messa, il vescovo e i concelebranti tengono le mani stese sulle offerte alla epiclesi prima della consacrazione.
Alla consacrazione, mentre il vescovo tiene con le mani l'ostia o il calice e pronunzia le parole della consacrazione, i concelebranti pronunziano le parole del Signore e, se sembra opportuno, stendono la mano destra verso il pane e il calice.79
Il vescovo, se non porta il pastorale, tiene le mani giunte80 quando, parato con le vesti sacre, si avvia per celebrare l'azione liturgica, mentre prega in ginocchio, mentre si reca dall'altare alla cattedra o dalla cattedra all'altare, e quando è prescritto dalle rubriche nei libri liturgici.
Ugualmente i concelebranti e i ministri tengono le mani giunte, quando procedono o stanno in piedi, a meno che non abbiano qualcosa da portare.
Quando il vescovo si segna, o benedice81, tiene la mano sinistra sopra il petto, a meno che non abbia qualcosa da portare.
Quando invece sta all'altare e benedice con la mano destra le offerte o qualcosa d'altro, pone la sinistra sull'altare, a meno che non sia previsto diversamente.
109. Quando il vescovo invece è seduto, se è parato con le vesti liturgiche pone le palme sopra le ginocchia, a meno che non tenga il pastorale.
110. Tutti coloro che entrano in chiesa, secondo una lodevole consuetudine, fanno su di sé il segno della croce, in ricordo del battesimo, con la mano intinta nell'acqua benedetta ivi apprestata in un bacile.
111. Se al vescovo, quando entra in chiesa, si deve offrire l'acqua benedetta, gliela offre il più degno del clero della chiesa, porgendogli l'aspersorio, con il quale il vescovo asperge se stesso e chi lo accompagna.
Quindi il vescovo restituisce l'aspersorio.
112. Tutto ciò si omette, se il vescovo entra in chiesa parato, e quando nella messa domenicale si fa l'aspersione al posto dell'atto penitenziale.
113. Dell'aspersione del popolo che si fa nella veglia pasquale e nella dedicazione di una chiesa, si parla più sotto ai n. 369 e n. 872.
114. L'aspersione degli oggetti, quando vengono benedetti, si compie secondo le norme dei libri liturgici.
115. I libri liturgici devono essere trattati con cura e riverenza, perché vengono proclamate da essi la parola di Dio e la preghiera della Chiesa.
Per questo si deve fare attenzione, soprattutto nelle celebrazioni liturgiche compiute dal vescovo, che siano disponibili i libri liturgici ufficiali nella edizione più recente, belli e decorosi per la loro realizzazione tipografica e per la rilegatura.
116. Nella recitazione dei testi da parte sia del vescovo, sia dei ministri, sia di tutti gli altri, la voce corrisponda al genere dei testo stesso, a secondo che questo sia una lettura, una orazione, una ammonizione, una acclamazione, un canto, nonché alla forma della celebrazione e alla solennità dell'assemblea.
117. Nelle rubriche e nelle norme che seguono, i verbi « dire », « recitare », « proferire » devono essere intesi sia del canto, sia della recita, osservando i principi proposti nei singoli libri liturgici82 e le norme che più sotto sono indicate a suo luogo.
118. Invece l'espressione « cantare o dire », che più sotto è spesso adoperata, deve essere intesa del canto, a meno che non vi sia una qualche causa che lo sconsigli.
Indice |
52 | Cf. Conc. Vat. II, Costituzione sulla sacra liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 34 |
53 | Cf. Conc. Vat. II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa,
Lumen gentium, n. 21; Conc. Vat. II, Costituzione sulla sacra liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 41 |
55 | Cf. S. Congregazione dei riti, Istruzione sulla semplificazione dei riti e delle insegne pontificali, Pontificales ritus, 21 giugno 1968, n. 19: A.A.S. 60 (1968), p. 410 |
56 | Cf. ibidem, n. 18: A.A.S. 60 ( 1968 ), p. 410 |
57 | Cf. ibidem, n. 31: A.A.S. 60 ( 1968 ), p. 411 |
58 | Cf. ibidem, n. 20: A.A.S. 60 ( 1968 ), p. 410 |
59 | Cf Segreteria di Stato, Istruzione circa le vesti, i titoli e le insegne di rango dei cardinali, vescovi e prelati minori, Ut sive sollicite, 31 marzo 1969, n. 4: A.A.S. 61 ( 1969 ), p. 335 |
60 | Cf. Messale Romano, Principi e norme, n. 298 |
61 | Cf. ibidem, n. 299, n. 302, n. 303 |
62 | Cf. più sotto nn. 1207-1209 |
63 | Cf. Messale Romano, Principi e norme, n. 300, n. 81b, n. 302 |
64 | Cf. ibidem, n. 234 |
65 | Cf. ibidem n. 208 e n. 232 |
66 | Cf. Messale Romano, Principi e norme, n. 93-95, n. 131; secondo l'uso romano quando il turiferario avanza in processione, « deve portare il turibolo con la destra, tenendo le mani alla stessa altezza; con il pollice introdotto nell'anello più grande e con il medio della medesima mano reggerà e sosterrà l'anello più piccolo della catena per sollevare il coperchio postovi sopra; con la sinistra terrà il piede della navicella con l'incenso e il cucchiaino » ( Caeremoniale Episcoporum, ed. 1886, 1, XI, 7 ) |
67 | Cf. Messale Romano, Principi e norme, n. 94, n. 131; secondo la consuetudine romana gli accoliti « prenderanno i candelabri con la mano destra, in modo tale che colui che cammina dalla parte destra ponga la mano sinistra al piede del candelabro, la destra invece al nodo centrale dei candelabro, e colui che cammina dalla parte sinistra ponga la mano destra al piede e la sinistra al nodo » ( Caeremoniale Episcoporum, ed. 1886, 1, XI, 8 ) |
68 | Cf Messale Romano, Principi e norme, n. 131, n. 232 |
69 | Cf Liturgia delle ore, Principi e norme, n. 266b |
70 | Cf S. Congregazioni dei riti, Istruzione sulla semplificazione dei reti e delle insegne pontificali, Pontificales ritus, 21 giugno 1968, n. 25: A.A.S. 60 ( 1968 ), p. 411 |
71 | Cf. Messale Romano, Principi e norme, n. 235 |
72 | Possono accostarsi al vescovo due accoliti per presentargli il turibolo e la navicella, oppure un solo accolito che li porta entrambi, con la sinistra il turibolo fumigante, con la destra la navicella con incenso e cucchiaino ( cf, Caeremoniale Episcoporum, ed. 1886, 1, XXIII, 4 e 8 ) |
73 | Cf Messale Romano,
Principi e norme, n. 236 Il diacono riceve dalla mano dell'accolito la navicella semiaperta e il cucchiaino contenuto in essa e la presenta al vescovo. Il vescovo, con il cucchiaino prende tre volte l'incenso dalla navicella e lo mette tre volte nel turibolo. Dopo aver fatto ciò e aver restituito il cucchiaino al ministro, il vescovo traccia con la mano destra un segno di croce sull'incenso nel turibolo ( cf Caeremoniale Episcoporum, ed. 1886, I, XXIII, 1-2 ) |
74 | Il diacono « restituisce la navicella all'accolito, dal quale riceve il turibolo, che consegna al vescovo, ponendo nella mano sinistra del vescovo stesso l'estremità delle catenelle e nella destra il turibolo » ( Caeremoniale Episcoporum, ed. 1886, 1, IX, 1 ) |
75 | Chi incensa « regge con la sinistra le catenelle a cui è appeso il turibolo, alla loro estremità, con la destra invece, le medesime catenelle unite assieme, vicino al turibolo e tiene il turibolo in modo che possa comodamente guidarlo in avanti e ritrarlo indietro verso di sé ». « Abbia l'avvertenza di comportarsi con gravità e decoro senza muovere la persona o il capo mentre guida in avanti e indietro il turibolo; terrà ben ferma davanti al petto la sinistra che regge l'estremità delle catenelle; muoverà invece la mano e il braccio destri comodamente e a tratti con il turibolo » ( cf Caeremoniale Episcoporum, ed. 1886, 1, XXIII, 4 e 8 ) |
76 | Cf. Messale Romano, Principi e norme, n. 236 |
78 | Tertulliano, De oratione, 14: CCL 1, 265; PL 1, 1273 |
79 | Cf. Messale Romano,
Principi e norme, n. 174 a, c,
n. 180 a, c,
n. 184 a, c,
n. 188 a, c Alla epiclesi prima della consacrazione, bisogna stendere le mani in modo che le palme siano aperte rivolte e sopra le offerte ( cf. Missale Romanum, ed. 1962, Ritus servandus in celebratione Missae, VIII, 4 ). Alla consacrazione invece la palma della mano destra sia rivolta a lato ( cf. Notitiae, I, 1965, p. 143 ) |
80 | Quando si dice che bisogna tenere le mani giunte, si intende: « Tenere le palme aperte e congiunte insieme davanti al petto con il pollice della mano destra posto sopra il sinistro a modo di croce » ( Caeremoniale Episcoporum, ed. 1886, 1, XIX, 1 ) |
81 | « Segnandosi volge verso di sé la palma della mano destra, e con tutte le dita congiunte e distese, fa il segno di croce dalla fronte al petto e dalla spalla sinistra alla destra. Se poi benedice altre persone o qualche oggetto volge il mignolo verso colui che deve essere benedetto, e benedicendo distende tutta la mano destra con tutte le dita ugualmente congiunte e distese» ( Missale Romanum, ed. 1962, Ritus Servandus in celebratione Missae, III, 5 ) |
82 | Cf. per esempio, Messale Romano, Principi e norme, nn. 18-19; Liturgia delle ore, Principi e norme, nn. 267-284; S. Congregazione dei riti, Istruzione Musicam sacram, 5 marzo 1967, nn. 5-12: A.A.S. 59 ( 1967 ), pp. 301-303; S. Congregazione per il culto divino, Lettera circolare sulle preghiere eucaristiche, Eucharistiae participationem, 27 aprile 1973, n. 17: A.A.S. 65 ( 1973 ), pp. 346347 |