Sermoni sul Cantico dei Cantici |
1. Dimmi, o amore dell’anima mia, dove vai a pascolare il gregge, dove lo fai riposare nel meriggio ( Ct 1,7 ).
Alle anime amanti il Verbo Sposo appare di frequente, e non sempre sotto la stessa forma.
Perché? Perché non si vede ancora come è.
Infatti, quando si vede la forma che non muta, si ha una visione stabile.
È infatti, e non subisce mutamenti per il fatto che è, fu e sarà.
Togli il « fu » e il sarà, dove c’è più mutazione o ombra di vicissitudine?
Ma tutto ciò che viene da quello che fu, e non cessa di tendere verso quello che sarà, passa per l’« è », ma non del tutto è.
Perché, come si può dire che è quello che non è mai nello stesso stato?
Perciò è veramente solo quello che né si stacca dal « fu », né viene cancellato dal « sarà », ma solo e immutabile gli resta « è », e rimane ciò che è.
Né, in verità, il « fu » gli toglie l’essere dall’eterno, né il « sarà » l’essere in eterno, e perciò si attribuisce il vero essere, cioè l’increabile, l’indeterminabile, l’invariabile.
Quando dunque colui che in tal modo è, o piuttosto, che non è in tale o in tal altro modo, si vede come è, allora è stabile quella visione, non soggetta ad alcuna vicissitudine.
E allora quell’unico denaro di cui parla il Vangelo viene dato a tutti quelli che così vedono, nell’unica forma in cui si presenta.
Poiché ciò che appare come è, invariabile in sé, si presenta invariabilmente a chi lo guarda, e quelli a cui appare non possono vedere nulla di più desiderabile, né di più dilettevole.
E quando mai quella avidità si potrà mutare in fastidio, o verrà meno quella soavità, o ingannerà quella verità, o finirà quella eternità?
E se per l’eternità si estende l’ampiezza della visione e la volontà di fruirne, come non vi sarà felicità piena?
Nulla infatti manca ormai a coloro che sempre godono della visione, e nulla avanza a coloro che sempre bramano.
2. Tale visione, però, non è della vita presente, ma viene riservata alla fine di essa, a coloro soltanto che possono dire: Sappiamo che quando sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli ( 1 Gv 3,2 ).
Per ora appare a chi vuole, ma come vuole, non come è.
Né il sapiente, né il santo, né il profeta può o potè vederlo come è finché fu nel corpo mortale; lo potrà nel corpo immortale chi ne sarà degno.
Si fa pertanto vedere anche qui, ma come pare a lui, non come egli è.
Del resto neanche questo nostro sole che ogni giorno vedi, lo hai mai visto come è, ma soltanto in quanto illumina, per esempio, l’aria, il monte, la parete.
E non lo potresti vedere neppure un poco se in certo modo lo stesso lume del tuo corpo, per la sua ingenita serenità e chiarezza, non fosse simile al lume del cielo.
Un altro membro del corpo non è sensibile alla luce, a causa della troppo grande dissomiglianza.
Ma neppure lo stesso occhio, quando è torbido, è capace di accostarsi alla luce, perché ha perduto la somiglianza.
Chi pertanto, essendo turbato, non può vedere il sole sereno a causa della dissomiglianza, se diventa sereno anche lui lo può vedere un poco, in ragione della sua somiglianza.
E se possedesse una purezza pari del tutto a quella del sole, lo vedrebbe proprio come è, senza veli, a motivo appunto della perfetta somiglianza.
In tal modo, se sei illuminato, puoi vedere in questo mondo quel sole di giustizia che illumina ogni uomo che viene in questo mondo ( Gv 1,9 ) in quanto, in qualche modo, già simile a lui; ma non puoi affatto vederlo come è, perché non ancora perfettamente simile.
Per questo dice: Accostatevi a lui e sarete illuminati, e i vostri occhi non saranno confusi ( Sal 34,6 ).
Questo si verificherà se saremo abbastanza illuminati, di modo che, contemplando la gloria di Dio a faccia scoperta, veniamo trasformati in quella immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore.
3. Dunque dobbiamo accedere a lui senza precipitazione, perché lo scrutatore irriverente della maestà non venga oppresso dalla gloria.
E accedere non a luoghi, ma a chiarezze, chiarezze non corporee ma spirituali, guidati dallo Spirito del Signore.
Dallo Spirito del Signore, non dal nostro, sebbene nel nostro.
Chi dunque sarà più luminoso, sarà anche più vicino; essere luminosissimo significa essere arrivato.
Pertanto, per quelli che gli sono presenti, vederlo come è non è altro che essere come egli è, e non essere confuso da alcuna dissomiglianza.
Ma questo potrà verificarsi allora, come ho detto.
Frattanto questa così grande varietà di forme e molteplicità di specie nelle cose create, che altro sono se non raggi della divinità, che mostrano che esiste veramente colui dal quale hanno avuto l’esistenza, ma non mostrano del tutto che cosa sia?
Vedi dunque qualche cosa di lui, ma non lui.
E quando di lui che non vedi, vedi altre cose, conosci senza dubbio che c’è uno che devi cercare perché non sia privato della grazia chi cerca, e il negligente non sia scusato dall’ignoranza.
Questo modo di vedere però, è comune.
È facile infatti, secondo l’Apostolo, a ogni uomo dotato di ragione, percepire con l’intelletto gli attributi invisibili di Dio attraverso le creature ( Rm 1,20 ).
4. In altra maniera fu un tempo concessa ai Padri una frequente e invidiabile familiarità della divina presenza, sebbene neppure a essi Dio si sia mostrato come è, ma come si degnò di apparire loro.
E questo non avvenne in una sola maniera, ma come dice l’Apostolo, molte volte e in molti modi ( Eb 1,1 ) pur essendo egli in se stesso uno, come dice a Israele: Il Signore tuo Dio è uno solo ( Dt 6,4 ).
E queste apparizioni, pur non essendo comuni, venivano effettuate al di fuori, con visioni e suono di voci.
Ma la contemplazione di Dio è tanto più differente da queste, quanto più interiore, quando Dio si degna di visitare direttamente l’anima che lo cerca, e che si è proposta di cercarlo con tutto il desiderio e l’amore.
E questo è il segno della sua venuta come sappiamo da uno che ne aveva l’esperienza: Il fuoco cammina davanti a lui, e brucia tutt’intorno i suoi nemici ( Sal 97,3 ).
È necessario infatti che l’ardore del santo desiderio preceda l’apparizione della sua faccia a ogni anima presso la quale egli sta per venire, per consumare ogni ruggine dei vizi, e così preparare un posto per il Signore.
E allora l’anima sa che il Signore è vicino, quando si sente accesa da quel fuoco, e dice con il Profeta: Dall’alto egli ha scagliato un fuoco, e nelle mie ossa lo ha fatto penetrare ( Lam 1,13 ); e ancora: Ardeva il cuore nel mio petto, al ripensarci è divampato il fuoco ( Sal 39,4 ).
5. Una tale anima che di frequente sospira, che prega incessantemente e si affligge per il desiderio, quando colui che è così desiderato, preso da compassione, viene, penso che possa dire per propria esperienza con il santo Geremia: Tu sei buono, Signore, con quelli che sperano in te, con l’anima che ti cerca ( Lam 3,25 ).
Ma anche il suo Angelo, che è uno degli amici dello Sposo, mandato espressamente come ministro e arbitro dell’intimo, reciproco colloquio, come si rallegra anche lui, e condivide la gioia, e volgendosi al Signore dice: « Ti rendo grazie, Signore della maestà, perché hai soddisfatto il desiderio del suo cuore, e non hai deluso la preghiera delle sue labbra ».
È lui che in ogni luogo, come compagno premuroso e fedele, dell’anima non cessa di sollecitarla con assidui suggerimenti, dicendo: Cerca la gioia nel Signore, egli esaudirà i desideri del tuo cuore ( Sal 37,4 ); e ancora Spera nel Signore, e segui la sua via ( Sal 37,4 ) se tarda aspettalo, perché verrà e non tarderà ( Ab 2,3 ).
E rivolgendosi nuovamente al Signore: Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così quest’anima anela a te o Dio ( Sal 42,2 ).
Ti ha desiderato nella notte, ma anche tutto il giorno nel suo cuore il tuo Spirito non ha cessato di sospirare verso di te ( Is 26,9 ).
E ancora: Tutto il giorno ha teso le mani verso di te, congedalo, perché grida dietro di te; volgiti un poco e lasciati commuovere.
Guarda dal cielo, e visita quest’anima desolata.
Il fedele sensale che, conscio, del mutuo amore tra Dio e l’anima, ma non invidioso, non cerca il suo interesse, ma la gloria del Signore, passa dal diletto alla diletta, offrendone le preghiere e riportandone doni.
Eccita questa, placa quello.
Talvolta, sebbene raramente, li intrattiene entrambi davanti a sé, elevando l’anima e inclinando il Signore; è infatti familiare e conosciuto nel palazzo, e non teme la ripulsa, e vede continuamente la faccia del Padre.
6. Guarda bene però di non pensare a qualche cosa di corporeo o che si possa immaginare quando parliamo di questa unione dell’anima con il Verbo.
Diciamo quello che l’Apostolo asserisce; che chi aderisce a Dio, forma con Lui un solo spirito ( 1 Cor 6,17 ).
Noi esprimiamo come possiamo con parole nostre l’elevazione della mente pura a Dio, e la condiscendenza di Dio che scende nell’anima, parlando di cose spirituali a persone spirituali.
Questa unione pertanto si compie nello spirito, perché Dio è spirito ( Gv 4,24 ), e s’invaghisce di quell’anima che vede camminare nello spirito e trascurare la cura della carne, specialmente se la vede ardere di amore per lui.
Così trattata e così amata l’anima non sarà del tutto contenta di quella manifestazione che fu fatta a molti attraverso le cose che sono state create, o di quella che fu fatta a pochi per mezzo di visioni e di sogni, fino a che, per una speciale prerogativa, le sia dato di accoglierlo con intimi affetti, quasi scendesse dal cielo, in mezzo al suo cuore, e abbia a disposizione colui che desidera, non in figura, ma infuso, non in apparizione, ma unito a sé; e non v’è dubbio che più ciò avviene nell’intimo, e non al di fuori, e maggiore è il gaudio.
È infatti il Verbo che non produce suono, ma penetra, e non è loquace, ma efficace, non colpisce l’orecchio, ma muove gli affetti.
La faccia non ha forma, ma forma essa stessa, non splende agli occhi del corpo, ma rende beata la faccia del cuore; piace infatti, non per il colore, ma per il dono dell’amore.
7. Non direi tuttavia ancora che così lo Sposo apparisca come è, sebbene in questa maniera non faccia vedere cose del tutto diverse da quello che egli è.
Poiché non sempre in queste manifestazioni egli è a disposizione, né lo è in modo uguale per tutti.
È necessario infatti che il gusto della divina presenza vari secondo la varietà dei desideri dell’anima, e il sapore infuso della superna dolcezza soddisfi il palato dell’anima, che appetisce cose diverse, in modi svariati.
Avete poi notato quante volte, in questo carme d’amore, il Verbo abbia cambiato volto, e in quanti modi si sia degnato di trasformarsi per dimostrare quanto sia grande la sua dolcezza davanti alla sua amata; e ora, quale casto Sposo dell’anima santa ne richiede gli intimi ampléssi e gode dei suoi baci, ora si presenta come medico con olio e unguenti per le anime ancora tenere e deboli, che hanno ancora bisogno di fomenti e di medicine, e vengono chiamate per questo con il delicato nome di giovinette.
Se qualcuno trova da ridire, gli verrà risposto che non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati ( Mt 9,12 ).
Ora di nuovo, associandosi come un viandante alla sposa e alle giovanette, con le sue dolcissime conversazioni solleva dalla fatica tutta la comitiva, tanto che, quando egli le lascia, esclamano: Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre ci parlava per la via? ( Lc 24,32 ).
Facondo compagno di viaggio, che con la soavità dei suoi discorsi e dei suoi costumi, quasi fossero fragrante olezzo di unguenti odorosi, fa correre tutti dietro a sé, per cui dicono: Correremo all’odore dei tuoi unguenti ( Ct 1,3 ).
Così pure viene talvolta incontro come un padre di famiglia molto ricco, che in casa ha abbondanza di pani, anzi, come un re magnifico e potente che sembra voglia incoraggiare la pusillanimità della povera sposa, provocarne il desiderio, mostrandole tutte le attrattive della sua gloria, l’abbondanza delle sue provviste e la ricchezza delle sue cantine, il frutto copioso degli orti e dei campi, e infine introducendola nel segreto della camera nuziale.
Senza dubbio confida in lei il cuore del suo Sposo ( Pr 31,11 ), e non nasconde nulla a lei che ha riscattato quand’era povera, che ha trovato fedele nella prova, che ha abbracciato per la sua amabilità.
Così non cessa, in un modo o nell’altro, di apparire continuamente allo sguardo interno di coloro che lo cercano, perché si adempia quanto egli ha detto: Ecco, io sono con voi fino alla fine del mondo.
8. In tutte queste cose egli si mostra soave e mite, e grandemente misericordioso.
Così nei baci è affettuoso e carezzevole, l’olio e gli unguenti lo indicano clemente e pieno di viscere di pietà e di misericordia; nella via si presenta ilare, affabile, pieno di grazia e di conforto, nel mostrare i suoi tesori e i suoi domini munifico e largo rimuneratore.
Così, attraverso tutto il testo di questo carme troverai il Verbo adombrato sotto queste similitudini.
Perciò penso che questo intendesse significare il Profeta dove disse: Spirito è davanti a noi Cristo Signore; all’ombra di lui vivremo tra le genti ( Lam 4,20 ) perché cioè lo vediamo ora come in uno specchio, in maniera confusa ( 1 Cor 13,12 ) e non ancora faccia a faccia.
Questo però fino a che viviamo tra le genti; quando saremo tra gli angeli sarà diverso; allora vedremo anche noi insieme con essi e con pari felicità lui come è, vale a dire nella forma di Dio e non più nell’ombra.
Come infatti diciamo che presso gli antichi vi fu l’ombra e la figura, mentre a noi è apparsa la verità stessa per la grazia di Cristo presente nella carne; così noi rispetto al secolo futuro viviamo in una certa qual ombra della verità, a meno che, si voglia negare quanto dice l’Apostolo: Imperfetta è la nostra conoscenza e imperfetta la nostra profezia e altrove, Non ritengo di essere ancora arrivato ( 1 Cor 13,9 e Fil 3,13 ).
E come non ci sarà distinzione tra colui che cammina nella fede, e colui che gode già la visione?
Dunque, il giusto vive di fede, il beato esulta nella visione; e per questo l’uomo santo vive frattanto nell’ombra di Cristo, mentre l’angelo santo si gloria nello splendore del volto glorioso.
9. Buona è l’ombra della fede che tempera la luce per l’occhio annebbiato e lo prepara alla luce piena; sta scritto infatti: Con la fede purificava i loro cuori ( At 15,9 ).
La fede pertanto non spegne la luce, ma la conserva.
In verità, tutto quello che l’angelo vede, questo mi conserva l’ombra della fede, riposto nel cuore fedele, perché venga rivelato a suo tempo.
Non ti conviene forse tenere, anche se avvolto, quello che non puoi comprendere svelato?
Anche la Madre del Signore viveva nell’ombra della fede: le era stato detto infatti: Beata tu che hai creduto ( Lc 1,45 ).
Ebbe anche l’ombra del corpo di Cristo ella che sentì dirsi: Su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo ( Lc 1,35 ).
E non è un’ombra vile quella che è formata dalla potenza dell’Altissimo.
E vi era veramente forza nella carne di Cristo che coprì la Vergine con la sua ombra, perché al riparo dell’involucro del vivificante corpo potesse sostenere la presenza della maestà, e sopportare la luce inaccessibile, cosa impossibile per una donna mortale.
Forza veramente, per la quale venne debellata ogni potenza contraria.
Forza e ombra che misero in fuga i demoni, proteggendo gli uomini; o sicuramente virtù fortificante, ombra refrigerante.
10. Viviamo perciò all’ombra di Cristo noi che camminiamo nella fede e ci nutriamo della sua carne, per avere in noi la vita.
La carne di Cristo è infatti veramente cibo.
E vedi se non sia per questo che anche qui è descritto sotto forma di pastore, e la sposa sembri rivolgersi a lui appunto come a uno dei pastori dicendo: Dimmi dove vai a pascolare il gregge, dove lo fai riposare nel meriggio ( Ct 1,6 ).
Buono il Pastore che dà la vita per le sue pecorelle!
La vita per esse, la carne a esse; quella come prezzo, questa come cibo.
Mirabile cosa! Lo stesso pastore è egli stesso pascolo, egli stesso riscatto.
Ma il sermone va per le lunghe perché la materia è vasta e contiene grandi cose, e non è possibile spiegarla in poche parole; e per questo mi vedo costretto a interromperlo, più che finirlo.
Occorre però, dato che l’argomento è sospeso, che la memoria vigili, affinché dopo una pausa possiamo di qui riprendere il discorso e portarlo a termine, secondo che, ce lo concederà Gesù Cristo, Sposo della Chiesa, che è Dio benedetto nei secoli.
Amen.
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