Dialogo della Divina Provvidenza |
- E perché Io ti narrai come il mondo, le dimonia e la propria sensualitá l’accusavano, e cosí è la veritá, ora tel voglio dire in questo ponto sopra questi miseri piú distesamente ( perché tu l’abbi maggiore compassione ) quante sonno differenti le bactaglie che riceve l’anima del giusto da quelle del peccatore, e quanto è differente la morte loro, e in quanta pace è la morte del giusto, piú e meno, secondo la perfeczione de l’anima.
Unde Io voglio che tu sappi che tucte quante le pene, che le creature che hanno in loro ragione hanno, stanno nella volontá; però che, se la volontá fusse ordinata e accordata con la volontá mia, non sosterrebbe pena.
Non che fussero però tolte le fadighe; ma a quella volontá, che volontariamente porta per lo mio amore, non le sarebbe pena, perché questi cotali volontieri portano, vedendo che è la volontá mia.
E per l’odio sancto, che hanno di loro medesimi, hanno facto guerra col mondo, col dimonio e con la propria loro sensualitá.
Unde, venendo el punto della morte, la morte loro è in pace, perché i nemici suoi nella vita sua sonno stati sconficti da lui.
El mondo nol può accusare, però che egli cognobbe i suoi inganni, e però renunziò al mondo e a tucte le delizie sue.
La fragile sensualitá e corpo suo non l’accusa, però che egli la tenne come serva col freno della ragione, macerando la carne con la penitenzia, con la vigilia e umile e continua orazione.
La volontá sensitiva ucise con odio e dispiacimento del vizio e amore della virtú, in tucto perduta la tenerezza del corpo suo; la quale tenerezza e amore, che è tra l’anima e ’l corpo, naturalmente fa parere la morte malagevole, e però naturalmente l’uomo teme la morte.
Ma perché la virtú nel giusto perfecto passa la natura, cioè che ’l timore, che gli è naturale, lo spegne e trapassa con odio sancto e col desiderio di tornare al fine suo, sí che la tenerezza naturale non gli può fare guerra, la coscienzia sta queta, perché nella vita sua fece buona guardia, abbaiando quando e’ nemici passavano per volere tollere la cittá de l’anima.
Sí come il cane che sta a la porta, il quale, vedendo e’ nemici, abbaia, e abbaiando desta le guardie; cosí questo cane della coscienzia destòe la guardia della ragione, e la ragione insieme col libero arbitrio cognobbero, col lume de l’intellecto, se era amico o nemico.
A l’amico, cioè le virtú e i sancti pensieri del cuore, diêro dileczione e affecto d’amore, exercitandole con grande sollicitudine; e al nemico, cioè al vizio e alle perverse cogitazioni, diêro odio e dispiacimento; e col coltello de l’odio e de l’amore, e col lume della ragione, e con la mano del libero arbitrio percossero e’ nemici suoi; sí che poi, al ponto della morte, la coscienzia non si rode, perché ella fece buona guardia, ma stassi in pace.
È vero che l’anima per umilitá e perché meglio nel tempo della morte cognosce il tesoro del tempo e le pietre preziose delle virtú, riprende se medesima, parendole poco aver exercitato questo tempo; ma questa non è pena affliggitiva, anco è pena ingrassativa, però che fa ricogliere l’anima tucta in se medesima, ponendosi inanzi el sangue de l’umile e immaculato Agnello mio Figliuolo.
E non si vòlle adietro a mirare le virtú sue passate, perché non vuole né può sperare in sue virtú, ma solo nel Sangue, dove ha trovata la misericordia mia.
E come è vissuta con la memoria del Sangue, cosí nella morte s’innebria e anniegasi nel Sangue. Le dimonia perché non la possono riprendere di peccato? perché ella nella vita sua con sapienzia vinse la loro malizia; ma giongono per volere vedere se potessero acquistare alcuna cosa.
Unde giongono orribili, per farle paura con laidissimo aspecto e con molte e diverse fantasie; ma, perché ne l’anima non è veleno di peccato, l’aspecto loro non le dá quel timore né mecte paura come a uno altro el quale iniquamente sia vissuto nel mondo.
Vedendo le dimonia che l’anima è intrata nel Sangue con ardentissima caritá, non la possono sostenere, ma stanno da la longa a gittare le saette loro.
E però la loro guerra e le loro grida a quella anima non nocciono, però che ella giá comincia a gustare vita etterna, sí come in un altro luogo ti dixi; però che con l’occhio de l’intellecto, che ha la pupilla del lume della sanctissima fede, vede me, suo infinito ed etterno Bene, el quale aspecta d’avere per grazia e non per debito nella virtú di Iesu Cristo mio Figliuolo.
Unde distende le braccia della speranza e con le mani de l’amore lo strigne, intrando in possessione prima che vi sia, come decto t’ho el modo in un altro luogo.
Subbito passando ( annegata nel Sangue ) per la porta strecta del Verbo, giogne in me, mare pacifico, che siamo insieme uniti Io, mare, e la porta: perché Io e la mia Veritá, unigenito mio Figliuolo, siamo una medesima cosa.
Quanta allegrezza riceve l’anima che tanto dolcemente si vede gionta a questo passo, però che gusta el bene della natura angelica!
Questo ricevono coloro che passano cosí dolcemente; ma e’ ministri miei, de’ quali Io ti dixi che erano vissuti come angeli, molto maggiormente, perché in questa vita vissero con piú cognoscimento e con piú fame de l’onore di me e salute de l’anime.
Non dico puramente del lume della virtú, che generalmente ogniuno può avere, ma perché questi, aggionto al lume del vivere virtuosamente, che è lume sopranaturale, ebbero el lume della sancta scienzia, per la quale scienzia cognobbero piú della mia Veritá.
E chi piú cognosce, piú ama: e chi piú ama, piú riceve.
El merito vostro v’è misurato secondo la misura de l’amore.
E se tu mi dimandassi: - Un altro, che non abbi scienzia, può giognere a questo amore? - sí bene che egli è possibile che egli vi gionga; ma veruna cosa particulare non fa legge comunemente per ogniuno, e Io ti favello in generale.
E anco ricevono maggiore dignitá per lo stato del sacerdote, perché propriamente lo’ fu dato l’officio del mangiare anime per onore di me.
E poniamo che a ciascuno sia dato che tucti doviate stare nella dileczione del proximo vostro, a costoro è dato a ministrare il Sangue e a governare l’anime; unde, facendolo sollicitamente e con affecto di virtú, come decto è, ricevono costoro piú che gli altri.
Oh, quanto è beata l’anima loro quando vengono a l’extremitá della morte, perché sonno stati annunziatori e difenditori della fede al proximo loro.
Eglino se l’hanno incarnata intro le mirolla de l’anima, con la quale fede veggono el luogo loro in me.
La speranza con la quale sonno vissuti, sperando nella providenzia mia, perdendo ogni speranza di loro medesimi ( cioè di none sperare nel loro proprio sapere ); e perché essi perdêro la speranza di loro, non posero affecto disordinato in veruna creatura né in veruna cosa creata, perché vissero poveri volontariamente; e però con grande dilecto distendono la speranza loro in me.
El cuore loro ( che fu uno vasello di dileczione che portava el nome mio con ardentissima caritá, l’annunziavano con exemplo di buona e sancta vita e con la doctrina della parola al proximo loro ) levasi adunque con amore ineffabile e strigne me per affecto d’amore, che so’ suo fine, recandomi la margarita della giustizia, perché la portò sempre dinanzi da sé, facendo giustizia a ogniuno e rendendo discretamente il debito suo.
E però rende a me giustizia con vera umilitá e rende gloria e loda al nome mio, perché retribuisce aver avuto da me grazia d’avere corso el tempo suo con pura e sancta conscienzia; e a sé rende indegnazione, reputandosi indegno d’avere ricevuta e ricevere tanta grazia.
La coscienzia sua mi rende buona testimonianza, e Io a lui giustamente rendo la corona della giustizia adornata delle margarite delle virtú, cioè del fructo che la caritá ha tracto delle virtú.
O angelo terrestre! beato te che non se’ stato ingrato de’ benefizi ricevuti da me e non hai conmessa negligenzia né ignoranzia; ma sollicito, con vero lume, tenesti l’occhio tuo aperto sopra e’ subditi tuoi, e come fedele e virile pastore hai seguitata la doctrina del vero e buono Pastore Cristo, dolce Iesú, unigenito mio Figliuolo.
E però realmente tu passi per lui bagnato e annegato nel Sangue suo con la torma delle tue pecorelle, delle quali, con la sancta doctrina e vita tua, molte n’hai condocte a la vita durabile, e molte n’hai lassate in stato di grazia.
O figliuola carissima, a costoro non nuoce la visione delle dimonia, però che per la visione di me ( la quale per fede veggono e per amore tengono, perché in loro non è veleno di peccato ) la obscuritá e terribilezza loro non lo’ dá noia né alcuno timore, perché in loro non hanno timore servile, anco timore sancto.
Unde non temono e’ loro inganni, perché col lume sopranaturale e col lume della sancta Scriptura cognoscono gl’inganni suoi, sí che non ricevono tenebre né turbazione di mente.
Or cosí gloriosamente passano bagnati nel Sangue, con la fame della salute de l’anime, tucti affocati nella caritá del proximo, passati per la porta del Verbo e intrati in me.
E dalla mia bontá sonno conlocati ciascuno nello stato suo, e misurato lo’ secondo la misura che hanno recata a me de l’affecto della caritá.
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