Dialogo della Divina Provvidenza |
- Questo t’ho decto, acciò che col lume de l’intellecto cognosca con quanta providenzia questa mia Veritá, nel tempo che conversò con voi, egli adoperò e’ ministeri suoi e tucti e’ suoi acti; perché tu cognosca quello che vi conviene fare, e quello che fa l’anima che sta in questo perfectissimo stato.
E pensa che piú perfecto il fa uno che un altro, secondo che va ad obbedire a questa parola piú promptamente e con piú perfecto lume, perduta ogni speranza di sé, ma solo ricolta in me, suo Creatore.
Piú perfectamente la gitta colui che obedisce, observando e’ comandamenti e consigli mentalmente e actualmente, che colui che observa solo i comandamenti, e i consigli mentalmente.
Ché chi non osservasse i consigli mentalmente, giá non observarebbe e’ comandamenti actualmente, perché sonno legati insieme, sí come in un altro luogo piú pienamente Io ti narrai.
Sí che perfectamente piglia, secondo che perfectamente gitta.
Ma e’ perfecti, de’ quali Io t’ho narrato, pigliano in abbondanzia e in grande perfeczione.
Oh! come hanno ordinati gli organi loro per la buona e dolce guardia che fece la guardia del libero arbitrio alla porta della volontá.
Tucti e’ sentimenti loro fanno un suono soavissimo, el quale esce dentro della cittá de l’anima, perché le porte sonno tucte chiuse e aperte.
Chiusa è la volontá all’amore proprio; ed è aperta a desiderare e amare il mio onore e la dileczione del proximo.
Lo intellecto è chiuso a raguardare le delizie, vanitá e miserie del mondo, le quali sonno tucte una nocte che dánno tenebre allo ’ntellecto che disordenatamente le guarda; ed è aperto col lume posto ne l’obiecto del lume della mia Veritá.
La memoria è serrata nel ricordamento del mondo e di sé sensitivamente; ed è aperta a ricevere e reducersi a memoria el ricordamento de’ benefizi miei.
L’affecto de l’anima fa allora uno giubilo e uno suono, temparate e acordate le corde con prudenzia e lume; accordate tucte a uno suono, cioè a gloria e loda del nome mio.
In questo medesimo suono, che sonno acordate le corde grandi delle potenzie de l’anima, sonno acordate le piccole de’ sentimenti e strumenti del corpo.
Sí com’Io ti dixi, parlandoti degl’iniqui uomini, che tucti sonavano morte, ricevendo e’ loro nemici; cosí questi suonano vita, ricevendo gli amici delle vere e reali virtú, stormentano con sancte e buone operazioni.
Ogni menbro lavora el lavorio che gli è dato a lavorare, ogniuno perfectamente nel grado suo: l’occhio nel suo vedere, l’orecchia nel suo udire, l’odorato nel suo odorare, il gusto nel suo gustare, la mano nel toccare e adoperare, e’ piei ne l’andare.
Tucti s’accordano in uno medesimo suono: a servire il proximo per gloria e loda del nome mio, e servire l’anima con buone e sancte e virtuose operazioni, obbedienti a l’anima a rispondere come organi.
Piacevoli sonno a me, piacevoli a la natura angelica, e piacevoli a’ veri gustatori, che gli aspectano con grande gaudio e allegrezza dove participará il bene l’uno de l’altro, e piacevoli al mondo.
Voglia il mondo o no, non possono fare gl’iniqui uomini che non sentano de la piacevolezza di questo suono.
Anco, molti e molti con questo lamo e stormento ne rimangono presi: partonsi dalla morte e vengono alla vita.
Tucti e’ sancti hanno preso con questo organo.
El primo che sonasse in suono di vita fu il dolce e amoroso Verbo, pigliando la vostra umanitá.
E con questa umanitá unita con la Deitá, facendo uno dolce suono in su la croce, prese il figliuolo de l’umana generazione, e prese il dimonio, che ne li tolse la signoria che tanto tempo l’aveva posseduto per la colpa sua.
Tucti voi altri sonate inparando da questo Maestro.
Con questo imparare da lui presero gli appostoli, seminando la parola sua per tucto il mondo; e’ márteri e confessori e doctori e le vergini, tucti pigliavano l’anime col suono loro.
Raguarda la gloriosa vergine Orsina, che tanto dolcemente sonò il suo stormento, che solo di vergini n’ebbe undici migliaia, e piú d’altretanti d’altra gente ne prese con questo medesimo suono.
E cosí tucti gli altri, chi in uno modo e chi in un altro.
Chi n’è cagione? La mia infinita providenzia, che ho proveduto in dar lo’ gli strumenti, e dato l’ho la via e ’l modo con che possino sonare.
E ciò ch’Io do e permetto in questa vita l’è via ad augmentare questi stormenti, se essi la vogliono cognoscere, e che non si voglino tollere il lume, con che e’ veggono, con la nuvila de l’amore proprio, piacere e parere di loro medesimi.
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