Dialogo della Divina Provvidenza  

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Capitolo CLXVII

Come questa devotissima anima, ringraziando e laudando Dio, fa orazione per tucto el mondo e per la Chiesa sancta.

E, comendando la virtú de la fede, fa fine a questa opera.

Alora quella anima, avendo veduto con l’occhio de l’intellecto, e col lume della sanctissima fede cognosciuta la veritá e la excellenzia de l’obbedienzia, uditala con sentimento e gustatala per affecto, con spasimato desiderio, speculandosi nella divina maestá, rendeva grazie a lui, dicendo:

- Grazia, grazia sia a te, Padre etterno, che tu non hai spregiata me, factura tua, né voltata la faccia tua da me, né spregiati e’ miei desidèri.

Tu, luce, non hai raguardato alla mia tenebre; tu, vita, non hai raguardato a me, che so’ morte; né tu, medico, alle gravi mie infermitá; tu, puritá etterna, a me, che so’ piena di loto di molte miserie; tu, che se’ infinito, a me, che so’ finita; tu, sapienzia, a me, che so’ stoltizia.

Per tucti quanti questi ed altri infiniti mali e difecti che sonno in me, la tua sapienzia, la tua bontá, la tua clemenzia e il tuo infinito bene non m’ha spregiata.

Ho cognosciuta la veritá nella tua clemenzia, ho trovato la caritá tua e dileczione del proximo.

Chi t’ha costretto? Non le mie virtú, ma solo la caritá tua.

Quello medesimo amore ti costringa ad illuminare l’occhio de l’intellecto mio nel lume della fede, a ciò che io cognosca e intenda la veritá tua, manifestata a me.

Dammi che la memoria sia capace a ritenere i benefizi tuoi, la volontá arda nel fuoco della tua caritá; el quale fuoco facci germinare e gittare al corpo mio sangue, e con esso sangue, dato per amore del Sangue, e con la chiave de l’obbedienzia io diserri la porta del cielo.

Questo medesimo t’adimando cordialmente per ogni creatura che ha in sé ragione, e in comune e in particulare e per lo corpo mistico della sancta Chiesa.

Io confesso, e non lo niego, che tu m’amasti prima che io fusse, e che tu m’ami ineffabilemente come pazzo della tua creatura.

O Trinitá etterna!

O Deitá, la quale Deitá, natura tua divina, fece valere el prezzo del sangue del tuo Figliuolo!

Tu, Trinitá etterna, se’ uno mare profondo, che quanto piú c’entro tanto piú truovo, e quanto piú truovo piú cerco di te.

Tu se’ insaziabile, ché, saziandosi l’anima ne l’abisso tuo, non si sazia, perché sempre rimane nella fame di te, Trinitá etterna, desiderando di vederti col lume nel tuo lume.

Sí come desidera il cervio la fonte de l’acqua viva, cosí desidera l’anima mia d’escire della carcere del corpo tenebroso e vedere te in veritá.

Oh quanto tempo sará nascosta la faccia tua agli occhi miei!

O Trinitá etterna, fuoco e abisso di caritá, dissolve oggimai la nuvila del corpo mio!

Il cognoscimento, che tu hai dato di te a me nella veritá tua, mi costrigne a desiderare di lassare la gravezza del corpo mio e dare la vita per gloria e loda del nome tuo.

Però che io ho gustato e veduto, col lume dello intelletto nel lume tuo, l’abisso tuo, Trinitá etterna, e la bellezza della creatura tua.

Unde, raguardando me in te, vidi me essere imagine tua, donandomi la potenzia di te, Padre etterno, e della sapienzia tua ne l’intellecto, la quale sapienzia è apropriata a l’unigenito tuo Figliuolo.

Lo Spirito sancto, che procede da te e dal Figliuolo tuo, m’ha data la volontá, ché so’ acta ad amare.

Tu, Trinitá etterna, se’ factore; e io, tua factura, ho cognosciuto, nella recreazione che mi facesti nel sangue del tuo Figliuolo, che tu se’ innamorato della bellezza della tua factura.

O abisso, o Deitá etterna, o mare profondo!

E che piú potevi dare a me che dare te medesimo?

Tu se’ fuoco che sempre ardi e non consumi

tu se’ fuoco che consumi nel calore tuo ogni amore proprio de l’anima;

tu se’ fuoco che tolli ogni freddezza;

tu allumini; col lume tuo m’hai facta cognoscere la tua veritá;

tu se’ quello lume sopra ogni lume, col quale lume dái a l’occhio de l’intellecto lume sopranaturale, in tanta abondanzia e perfeczione che tu chiarifichi el lume della fede, nella quale fede veggo che l’anima mia ha vita, e in questo lume riceve te, lume.

Nel lume della fede acquisto la sapienzia nella sapienzia del Verbo del tuo Figliuolo; nel lume della fede so’ forte, costante e perseverante; nel lume della fede spero: non mi lassa venire meno nel camino.

Questo lume m’insegna la via, e senza questo lume andarei in tenebre; e però ti dixi, Padre etterno, che tu m’alluminassi del lume della sanctissima fede.

Veramente questo lume è uno mare, perché notrica l’anima in te, mare pacifico, Trinitá etterna.

L’acqua non è turbida, e però non ha timore, perché cognosce la veritá; ella è stillata, ché manifesta le cose occulte; unde, dove abbonda l’abondantissimo lume della fede tua quasi certifica l’anima di quello che crede.

Ella è uno specchio, secondo che tu, Trinitá etterna, mi fai cognoscere; ché, raguardando in questo specchio, tenendolo con la mano de l’amore, mi rapresenta me in te, che so’ creatura tua, e te in me, per l’unione che facesti della Deitá ne l’umanitá nostra.

In questo lume cognosco e rapresentami te, sommo e infinito Bene: Bene sopra ogni bene, Bene felice, Bene incomprensibile e Bene inextimabile.

Bellezza sopra ogni bellezza; sapienzia sopra ogni sapienzia, anco tu se’ essa sapienzia.

Tu, cibo degli angeli, con fuoco d’amore ti se’ dato agli uomini.

Tu, vestimento che ricuopri ogni nuditá, pasci gli affamati nella dolcezza tua.

Dolce se’ senza alcuno amaro.

O Trinitá etterna, nel lume tuo il quale desti a me, ricevendolo col lume della sanctissima fede, ho cognosciuto, per molte e admirabili dichiarazioni spianandomi, la via della grande perfeczione, acciò che con lume e non con tenebre io serva te, sia specchio di buona e sancta vita, e levimi dalla miserabile vita mia; ché sempre, per lo mio difecto, t’ho servito in tenebre.

Non ho cognosciuta la tua veritá, e però non l’ho amata.

Perché non ti conobbi?

Perché io non ti viddi col glorioso lume della sanctissima fede, però che la nuvila de l’amore proprio obfuscò l’occhio de l’intellecto mio.

E tu, Trinitá etterna, col lume tuo dissolvesti la tenebre.

E chi potrá agiognere a l’altezza tua a rendarti grazie di tanto smisurato dono e larghi benefizi quanto tu hai dati a me, della doctrina della veritá che tu m’hai data? che è una grazia particulare, oltre alla generale, che tu dái a l’altre creature.

Volesti conscendere alla mia necessitá e de l’altre creature, che dentro ci si specchiaranno.

Tu risponde, Signore: tu medesimo hai dato, e tu medesimo risponde e satisfa, infondendo uno lume di grazia in me, a ciò che con esso lume io ti renda grazie.

Veste, veste me di te, Veritá etterna, sí che io corra questa vita mortale con vera obbedienzia e col lume della sanctissima fede, del quale lume pare che di nuovo inebbri l’anima mia.

Deo gratias. Amen.

Qui finisce el libro facto e compilato per la venerandissima Vergine, fidelissima serva e sposa di Iesu Cristo Crocifixo, Caterina da Siena, de l'abito di sancto Domenico, socto gli anni Domini MCCCLXXVIII del mese d'octobre.

Amen.

Prega Dio pe lo tuo inutile fratello.

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