Cantico spirituale Manoscritto B |
1 - Nelle due ultime strofe la sposa ha cantato i beni che lo Sposo le dovrà concedere nella felicità eterna, dove sarà da Lui trasformata di fatto nella bellezza della sua sapienza creata ed increata e anche nella bellezza della unione del Verbo con l'umanità, per cui ella conoscerà Dio tanto di faccia che di spalle.
Nella strofa che segue ella afferma due cose, esprime cioè il modo con cui gusterà il succo di vino degli zaffiri o delle melagrane di cui ha parlato e rammenta allo Sposo la gloria che le deve elargire per sua predestinazione.
È bene notare come tutti questi beni siano contenuti nell'unica gloria essenziale dell'anima, quantunque ella li descriva uno per uno.
Dice dunque:
Colà mi mostrerai
quanto da te voleva l'alma mia
e tosto mi darai
colà tu, vita mia,
quello che l'altro giorno mi donasti.
2 - Il fine per cui l'anima desiderava di entrare in quelle caverne era quello di pervenire interamente a ciò cui aveva sempre aspirato, alla consumazione dell'amore di Dio, cioè ad amare Dio con la purezza e perfezione con cui ella e amata da Lui e a rendergli il contraccambio.
Perciò, nella presente strofa dice allo Sposo che Egli le mostrerà lì ciò che ella ha sempre bramato con tutti i suoi atti e i suoi propositi, le insegnerà cioè ad amare il Signore perfettamente come Egli ama se stesso.
In secondo luogo afferma che Egli in questo stato le darà la gloria essenziale, alla quale l'ha predestinata dal giorno della sua eternità.
Colà mi mostrerai
quanto dà te voleva l'alma mia.
3 - L'anima ora chiede l'uguaglianza di amore che ha sempre desiderato naturalmente e soprannaturalmente, poiché l'amante non può essere contento se non sa di amare tanto quanto è amato.
E poiché l'anima vede che con la sua trasformazione attuale in Dio, benché lo ami immensamente, non può giungere ad eguagliare l'amore con cui ella è amata da Lui per raggiungere questa meta, desidera la trasformazione gloriosa.
Infatti, anche se nel presente stato sublime vi è una vera unione della volontà, tuttavia ella non può pervenire all'eminente qualità e forza di amore, propria della unione gloriosa.
Infatti come ella conoscerà Dio come è conosciuta da Lui ( 1 Cor 13,12 ), così allora l'amerà che come è amata da Lui, poiché come il suo intelletto sarà divino, cosi la sua volontà e il suo amore saranno divini.
Infatti, sebbene la sua volontà non sia perduta, tuttavia è unita tanto fortemente con la forza della volontà di Dio con cui è amata da Lui, che lo ama tenacemente e perfettamente come è amata da Lui, essendo le due volontà unite in una sola volontà e in un solo amore di Dio.
L'anima quindi ama Dio con la volontà e la forza di Dio stesso, unita con la stessa forza di amore con cui è amata da Lui.
Questa forza è nello Spirito Santo, in cui l'anima è trasformata poiché essendo infuso in lei per rafforzare questo amore, data la trasformazione di gloria, supplisce in lei quanto le manca.
Questo avviene anche nella trasformazione perfetta dello stato matrimoniale a cui l'anima giunge in terra, nel quale è tutta rivestita di grazia e si può dire in qualche modo che ama per mezzo dello Spirito Santo, che le vieni dato ( Rm 5,5 ) in tale trasformazione.
4 - Pertanto c'è da notare che l'anima non afferma ora che Dio le darà il suo amore anche se veramente glielo concede, poiché con ciò non significherebbe altro che l'amore di Dio verso di lei, ma che le insegnerà ad amarlo con la perfezione desiderata, poiché mentre le dà il suo amore le insegna ad amarlo come ella è amata da Lui.
Infatti, oltre ad insegnare all'anima ad amare puramente, liberamente e senza interesse, come Egli ci ama, trasformandola nel suo amore, fa sì che ella ami con la forza con cui è amata da Lui, conferendole quindi la sua stessa forza perché possa amarlo.
È come se le ponesse in mano lo strumento e le insegnasse il modo per adoperarlo, usandolo insieme con lei, il che equivale ad insegnarle ad amare e dargliene la capacità.
Finché non raggiunge questa meta, l'anima non è contenta; non lo sarebbe neppure nell'altra vita se, come dice S. Tommaso in opusculo De Beatitudine, non si accorgesse di amare Dio quanto è amata da Lui.
Se dunque nello stato del matrimonio spirituale non vi è la perfezione dell'amore glorioso, vi è però una viva immagine di quella perfezione, che è del tutto ineffabile.
E tosto mi darai
colà tu, vita mia,
quello che l'altro giorno mi donasti.
5 - Quello che lo Sposo, secondo quanto dice l'anima, darebbe tosto a lei è la gloria essenziale, consistente nella visione della natura di Dio.
Perciò prima di andare oltre, è necessario sciogliere il dubbio seguente: se la gloria essenziale consiste nella visione e non nell'amore di Dio, perché l'anima afferma di desiderare non la gloria essenziale, ma l'amore ponendolo a principio della strofa, mentre come cosa di meno importanza mette dopo la richiesta della gloria essenziale?
Ciò avviene per due ragioni: in primo luogo, perché il fine di tutte le cose è l'amore il quale ha per soggetto la volontà, la cui proprietà è quella di dare e non di ricevere, mentre proprietà dell'intelletto, che è soggetto della gloria essenziale, non è quella di dare, ma di ricevere.
L'anima, ora inebriata di amore, non pensa alla gloria che dovrà ricevere da Dio, ma a darsi tutta a Lui con vero affetto, senza alcuna preoccupazione del proprio interesse.
In secondo luogo accade ciò perché nella prima richiesta è inclusa la seconda, la quale anzi è presupposta nella strofa precedente, poiché è impossibile giungere all'amore perfetto di Dio senza la perfetta visione di Lui.
Quindi il dubbio proposto viene chiarito nella prima ragione, poiché l'anima con l'amore paga a Dio quanto gli deve, mentre con l'intelletto piuttosto riceve da Lui.
6 - Passando ora alla spiegazione, cerchiamo di capire che giorno sia l'altro di cui parla l'anima e che cosa sia quello datole allora da Dio e che ora ella gli chiede per quando sarà nella gloria.
Per l'altro giorno l'anima intende il giorno dell'eternità di Dio, che è ben diverso da quello temporale.
In quel giorno dell'eternità, Dio predestinò l'anima alla gloria, determinò quale le avrebbe dovuto dare e gliela dette liberamente a principio, prima che la creasse.
Tutto ciò ormai appartiene all'anima in maniera tale che nessun avvenimento o contrasto di qualunque genere riuscirà mai a toglierglielo; anzi ella arriverà a possedere senza fine quel bene a cui Dio la predestinò senza principio.
Questo è quello che le è stato dato l'altro giorno e che essa desidera possedere in modo aperto nella gloria.
Ma che cos'è quanto le dette allora?
Occhio non vide, orecchio non udì, né cadde in pensiero umano, come dice l'Apostolo ( 1 Cor 2,9 ).
Isaia poi aveva detto: Occhio non vide, o Signore, all'infuori di te, quello che preparasti, ecc. ( Is 64,4 ), cosa che per non avere altro nome, viene detta dall'anima quello, che è la visione di Dio, ma non c'è altro termine all'infuori di quello per esprimere la natura di tale visione.
7 - Tuttavia per non tralasciare di dirne qualcosa, riferiamo quanto ne dice il Cristo a S. Giovanni nell'Apocalisse con molti termini, vocaboli e con numerose comparazioni, in sette volte, poiché quel qualcosa non può essere compreso in un vocabolo, né detto in una volta, poiché anche dopo queste volte è rimasto ancora da dire.
Dice dunque il Signore: A chi vincerà, io darò da mangiare dell'albero della vita, che è nel paradiso del mio Dio ( Ap 2,7 ).
Ma poiché questa espressione non spiega bene il quello, ne aggiunge subito un'altra: Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita ( Ap 2,10 ).
Giacché anche questa frase non ne dà la spiegazione adatta, ne dice un'altra più oscura, ma che lo fa capire maggiormente: A chi vincerà, darò la manna nascosta e un sassolino bianco, sul quale è scritto un nome nuovo che nessuno conosce, ad eccezione di chi lo riceve ( Ap 2,17 ).
Tuttavia, non bastando neppure questa frase a spiegare il quello, il Figlio di Dio ne dice un'altra gioiosa e di grande potenza: A chi vincerà e compierà le mie opere fino alla fine, darò potere sulle genti, le reggerà con verga di ferro e come un vaso di argilla saranno stritolate, come anch'io ricevetti dal Padre mio.
Gli darò la stella del mattino ( Ap 2,26-28 ).
E, non contento di ciò, dice poi: Chi vincerà, sarà vestito di vesti bianche e il suo nome non sarà mai cancellato dal libro della vita, io poi confesserò il nome suo davanti al Padre mio ( Ap 3,5 ).
8 - Ma poiché tutto ciò che è stato detto non riesce a spiegare il quello, preferisce ora numerosi termini i quali racchiudono in sé inestimabile maestà e grandezza: Chi vincerà - dice - sarà costituito come colonna nel tempio del mio Dio; non uscirà mai fuori e scriverò su di lui il nome del mio Dio e della città nuova del mio Dio, di Gerusalemme, che discende dal trono del mio Dio, ed anche il mio nome nuovo ( Ap 3,12 ).
Infine per spiegare il quello dice la settima frase: A colui che vincerà, concederò di sedere con me sul mio trono come io vinsi e mi sedetti con il Padre mio sul suo trono.
Chi ha orecchie da intendere intenda, ecc. ( Ap 3,21-22 ).
Fin qui sono parole del Figlio di Dio, dirette a far capire il quello; sono tutte molto appropriate, ma non lo spiegano del tutto, poiché le cose immense hanno di bello che tutti i termini di eccellenza, di qualità e di grandezza e bontà quadrano loro, ma nessuno e neppure tutti insieme riescono a spiegarle.
9 - Vediamo ora se David dice niente sul quello.
In un salmo ( Sal 31,20 ) scrive: Quanto è grande l'abbondanza della tua dolcezza che nascondi per quei che ti temono!
In altra parte ne parla come di un torrente di delizie: Lo farai bere al torrente delle tue delizie ( Sal 36,9 ).
Ma poiché neppure in questo caso trova un termine che significhi la cosa, in un altro caso lo chiama anticipazione delle benedizioni della dolcezza di Dio ( Sal 21,4 ).
E così non si trova un nome che quadri al quello, cioè alla felicità alla quale l'anima fu predestinata dal Signore.
Per questo accettiamo il termine usato dall'anima e spieghiamo il verso in tal modo: Sposo mio, quello che mi desti nel giorno della tua eternità, cioè il cumulo di gloria al quale mi predestinasti, quando credesti bene decretare la mia creazione, me lo darai lassù nel giorno delle mie nozze e nel giorno della letizia del mio cuore allorché, liberatami dalla carne, entrata nelle profonde caverne del tuo talamo e trasformatami gloriosamente in te, berremo il succo delle soavi melagrane.
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