Contemplazione
Il termine contemplazione ( in greco, theoria ) nella Bibbia appare un'unica volta all'interno del Nuovo Testamento con il significato concreto di "spettacolo" ( Lc 23,48 ). Il suo utilizzo diventa invece frequente nella tradizione dei Padri della Chiesa a partire da Clemente Alessandrino, Origene, Evagrio e più tardi in Dionigi Areopagita e in Massimo Confessore. Occorre tuttavia ricordare che la parola "contemplazione", mutuata dalla cultura ellenistica, porta con se alcuni convincimenti di tale cultura ( per esempio: la contrapposizione tra vita attiva e vita contemplativa, l'identificazione tra vita monastica e vita contemplativa, la contemplazione intesa come unione con l'Uno, l'Assoluto ). È bene altresì ricordare che la contemplazione cristiana si distingue nettamente dalla contemplazione quale è concepita nelle religioni orientali, come il buddhismo e l'induismo. La contemplazione cristiana non è una tecnica per possedere il divino; il Nuovo Testamento ricorda che la conoscenza ( gnósis ) di Dio è assolutamente impossibile per le forze umane, ma diventa possibile solo per dono dello Spirito Santo ( Mt 11,25-27; Rm 11,33-36; Ef 3,16 ). Essa ha per oggetto Dio che si è rivelato all'uomo in Gesù Cristo ( 2 Cor 4,6; Ef 3,17-19 ). La sostituzione nel termine gnósis con quello di theoria ha comportato talune ambiguità che ancora pesano sulla tradizione cristiana. Contemplazione per il cristiano è seguire Gesù Cristo fino alla Croce, nel coinvolgimento con colui che sulla Croce diventa theoria ( Lc 23,48 ). Contemplare non implica una visione: "noi camminiamo alla luce della fede e non della visione" ( 2 Cor 5,7 ); noi siamo "visti" da Cristo prima ancora di cominciare a seguirlo, siamo da lui conosciuti e amati. Contemplazione è conoscenza del Signore e non è uno stato privilegiato di qualcuno all'interno della Chiesa. Scrive A. Louf, abate di un monastero trappista: "Chi oggi oserebbe dirsi contemplativo o specialista della contemplazione? Perché in realtà ci sono più contemplativi fuori dai monasteri che all'interno". La contemplazione è assiduità con la parola letta nelle Sante Scritture, ascoltata nella liturgia, è tensione alla preghiera continua in uno spirito di ringraziamento ( cioè, eucaristico ), di lode e di servizio. Una storia della contemplazione cristiana comporterebbe una storia della spiritualità cristiana dalla origini a oggi. All'interno di questo cammino alcuni autori spiccano per la loro capacità profetica; sanno narrare nel linguaggio del mondo contemporaneo, nell'ambiente culturale in cui vivono ciò che hanno contemplato, l'amore di Dio che muta gli occhi e il cuore, trasfigura lo sguardo, ricolma della sua misericordia e invita a riversarla sui fratelli. Un esempio tratto dalla tradizione occidentale può forse aiutare a comprendere il senso della contemplazione cristiana. Si narra a proposito di Benedetto che, poco prima di morire, vide il mondo intero avvolto da un raggio di luce: così al termine di una vita di preghiera, di amoroso ascolto delle Parola, di umile servizio ai fratelli, Benedetto vede il mondo intero trasfigurato dalla luce di Dio, dalla luce del suo amore, vede il mondo - potremmo dire - così come lo vede Dio. v. Mistica; Spiritualità |
|
La contemplazione cristianaIl termine contemplazione richiama immediatamente l'idea della bellezza e della elevazione spirituale. Chi non ha malfatto l'esperienza di un intenso momento contemplativo davanti alla trasparenza, di un'aurora o al fulgore cangiante di un tramonto, davanti a una notte stellata sul mare o all'altissimo silenzio delle montagne innevate? Sono esperienze indicibili e indimenticabili, che segnano profondamente l'animo. L'uomo - dicevano i nostri antichi padri - ha bisogno della consolatio pulchritudinis, della consolazione che promana dalla bellezza. Tutta la bellezza disseminata nel cosmo è per noi oggetto di contemplazione e fonte di gioia. Possiamo infatti trovarci a contemplare anche semplicemente davanti a un fiore, al volo di un uccello, a un granellino di sabbia, a un cristallo di neve, a una goccia di rugiada. Ma quanto più può essere oggetto di contemplazione la stessa creatura umana che Dio ha creato a sua immagine e somiglianza ( Gen 1,27 ). La meraviglia delle meraviglie è proprio il fatto che l'uomo è un essere che sa contemplare, che può vivere contemplando la vita, quando sa vedere la fiamma divina nascosta in tutte le cose e divampante nel suo proprio cuore. Così, mentre l'astronomo dal suo osservatorio contempla gli immensi spazi in cui si muovono armoniosamente miriadi di stelle, il contadino contempla il suo campo di frumento germogliato, la madre il volto del suo bambino e il bambino il sorriso che gli fa riconoscere sua madre. La contemplazione tuttavia non si limita alla sfera naturale; questa è soltanto un riflesso di quella bellezza soprannaturale e sorgiva, contemplando la quale si raggiunge la pienezza della beatitudine. Il poeta e il mistico con la loro intuizione, la loro capacità di recepire e di esprimere la bellezza del mondo visibile e invisibile si incontrano sulla medesima lunghezza d'onda. Per questo il loro linguaggio è universale, appartiene a tutto il mondo e a tutte le epoche. Il canto religioso di una tribù delle foreste tropicali può stare vicino a un salmo d'Israele, a un inno liturgico della Chiesa. E un verso di Dante, di Ungaretti o di Tagore sembra forgiato nella stessa fucina incandescente in cui sono nati i poemi mistici di Giovanni della Croce, il quale affermava: "Il più grande bisogno che noi abbiamo è di fare silenzio con la lingua dinanzi a questo Dio, poiché il linguaggio che egli ascolta è soltanto l'amore silenzioso" ( Epistolario ). Il linguaggio contemplativo si caratterizza, infatti, per una straordinaria concisione, quasi a suggerire soltanto con un soffio l'infinito discorso dell'amore. Al termine della cantica del Paradiso, davanti alla gloria di Dio e alla rosa mistica dei santi, Dante si dichiara ormai impotente a proseguire, poiché si sente come preso dentro la sfera di Colui "che muove il sole e l'altre stelle". Da parte sua Tagore, afferrato dal senso della divina presenza, cantava senza fine: "Voglio Tè, Tè solo!", e Ungaretti, nella stagione più felice della sua poesia, raccoglieva in due parole come in due gocce di rugiada tutta la luce mattinale di cui si beava: "M'illumino d'immenso". Gli sguardi di coloro che contemplano - occhi di poeti o di mistici, di artisti o di semplici bambini - si incontrano davvero là dove risplende la fonte della bellezza e dell'amore. Per essere oggetto di contemplazione la bellezza deve infatti coincidere con l'amore, altrimenti non tocca il cuore, non affascina, non consola, non da gioia. Ecco, proprio qui si trova il segreto della contemplazione cristiana. Essa ha sostanzialmente come oggetto il mistero meraviglioso e insondabile dell'Amore che è Dio stesso e che si rivela agli uomini non solo di riflesso attraverso la creazione, ma direttamente nella Persona del Verbo Incarnato: in Gesù Cristo. Egli - come canta la Chiesa greca in un antico inno - è la "luce gioiosa della gloria del Padre" venuta a risplendere nel mondo che per mezzo di lui è stato creato e redento. Cristo è venuto a restaurare nell'uomo l'immagine di Dio deturpata a causa del peccato ( Col 1,15-20 ). In lui, nuovo Adamo, l'uomo può ricuperare la sua originaria integrità e bellezza, la sua somiglianza e amicizia con Dio, la sua relazione filiale con Colui che conosce non solo quale suo Creatore, ma, anche come Padre e Salvatore. Gesù Cristo e il vero contemplatore del Padre. Ricolmo dello Spirito che è Amore, egli vive sulla terra sempre rivolto al Padre - al quale è uguale in quanto Dio, ma sottomesso in quanto uomo - e con pienezza d'amore compie la sua volontà di salvezza in favore degli uomini dei quali diventa il Primogenito. Tutti i cristiani, poiché mediante il battesimo diventano tempio della Santissima Trinità - Padre, Figlio, Spirito Santo -, sono perciò chiamati e resi idonei alla contemplazione, cioè a conoscere Dio per illuminazione inferiore, per semplice intuizione d'amore. In questo senso la conoscenza di Dio è esperienziale; è un dono e nello stesso tempo richiede disposizioni che lo favoriscano: umiltà e purezza di cuore. La contemplazione non è da confondersi con il fenomeno mistico delle visioni estatiche. Queste si possono talvolta verificare, ma non ne sono una componente essenziale. Normalmente il contemplativo vede nella fede come attraverso un velo, e non di rado sperimenta anche periodi di oscurità, di desolazione: prove purificatrici elle rendono l'anima più umile e più trasparente alla luce. Celebrando lungo l'anno liturgico il mistero della salvezza nei suoi vari aspetti, la Chiesa forma il cristiano alla contemplazione. Lo educa a cogliere nei segni sacramentali la presenza operante di Cristo e a leggere negli eventi della storia il compiersi del disegno salvifico di Dio. Nel tempo di Avvento-Natale contempla il mistero dell'incarnazione del Verbo, il Bambino fra le broccia della Vergine Madre, e poi la sua vita nascosta a Nazaret fino al momento in cui inizia pubblicamente la sua missione. Gesù è il Maestro che affascina le folle con la sua parola clic viene dal Padre e, soprattutto, con la sua bontà. Ad accoglierlo con ammirazione e prontezza sono i puri di cuore, i semplici. La vetta della contemplazione ha però come oggetto la Passione-Morte e Risurrezione di Gesù - il mistero pasquale - perché in questo si è manifestata la pienezza dell'amore. Proprio l'amore rende Gesù Cristo sempre meraviglioso allo sguardo di chi ha fede, persino mentre pende dalla croce. Con afflato mistico e poetico sant'Agostino canta: "Bello è Dio, Verbo presso Dio: è bello in ciclo, bello in terra, bello nel seno della Vergine, bello nelle broccia di Maria, bello nei miracoli, bello nei supplizi … bello sulla croce, bello nel sepolcro, bello in cielo dove risorto, e asceso" ( En. in Ps. 44,3 ). La sua bellezza è tutta interiore; e la sovrabbondanza del suo amore che trabocca nell'ora del suo estremo sacrificio. Lo sanno perciò contemplare soltanto coloro che hanno i sensi trasfigurati dallo Spirito Santo e sono stati resi capaci di amare e vedere la bellezza soprannaturale. Questa contemplazione - che non ha nulla a che fare con quella estetica o filosofica - procede dalla fede e dall'amore e diventa silenziosa adorazione. I più grandi contemplativi sono stati degli innamorati del Crocifisso. E di fondamentale importanza il fatto che la contemplazione cristiana non ha come oggetto un Gesù soltanto evocato, richiamato alla memoria, ma il Signore sempre presente, vivente, sofferente negli uomini di ogni tempo ( specialmente nei malati, nei poveri, negli ultimi … ). Chi sa vedere in trasparenza Gesù nei fratelli, si sente spinto ad una carità eroica. Infatti la contemplazione cristiana, avendo per oggetto Colui che è l'Amore ablativo, non è uno sterile guardarsi nello specchio, un ripiegamento dell'uomo su se stesso nella ricerca di una perfezione individuale, oppure un perdersi nel Tutto, ma un dinamismo dello Spirito che spinge l'orante al dono di sé, lanciandolo nello sconfinato spazio della comunione universale e nello stesso tempo tenendolo nella concretezza del particolare. Egli è messo in relazione con il Dio amante della vita e, in lui, con ogni vivente. Questa contemplazione ha la fecondità dell'amore. Non è un'evasione dalla realtà concreta, ma una capacità - data dallo Spirito Santo - di trasfigurare tutto; perciò non si oppone alla La Vergine Maria ne è l'esempio più chiaro e convincente. Oddone di Canterhury commentando il passo del Vangelo in cui le due sorelle di Betania sembrano contrapparsi ( Lc 10,38-42 ) dice: "Maria, chiamata la sapienza dei cristiani, in modo diverso e più eminente degli altri uomini dedicò tutte le sue energie al servizio dell'umanità di Cristo e alla contemplazione della sua divinità; perciò possiamo dire con piena ragione che mai in alcun altra persona Marta fu attiva come in lei, ne mai in alcun'altra persona Maria fu altrettanto contemplativa ". All'interno della chiamata alla contemplazione, comune a tutti i cristiani, il Signore suscita carismi particolari distribuendo in varia misura la sua grazia. Vi sono perciò uomini e donne chiamati ad una vita puramente contemplativa, nella solitudine e nella povertà, per essere primariamente dediti all'ascolto della Parola e alla preghiera. Essi sono condotti dallo Spirito a "vedere " più da vicino il mistero di Dio per essere un segno luminoso: indicativo della meta di ogni uomo. Sono i silenziosi testimoni dell'Amore e della bellezza del Regno dell'eterna vita. L'esigenza di una vita contemplativa in un contesto di solitudine e silenzio per la ricerca assidua dell'Assoluto e il perfezionamento morale e spirituale della persona si riscontra in tutte le religioni più elevate. In ognuna vi sono valori preziosi per l'elevazione dell'uomo, ma una caratteristica fondamentale differenzia da esse la contemplazione cristiana. È appunto l'esodo da sé e lo sguardo d'amore rivolto a Dio e ai fratelli; lo slancio di donazione sull'esempio di Gesù nei confronti del Padre e dell'umanità. Cristo è il Figlio, il Fratello Primogenito e lo Sposo. Contemplandolo nei suoi misteri, la Chiesa pellegrinante sulla terra e nel tempo anticipa la gioia della contemplazione beatificante nella gloria della vita eterna. Mentre gli canta: "Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia" ( Sal 44,13 ), lo attende e gli va incontro come Sposa innamorata. Ed egli - già presente nella Parola, nei sacramenti, nel cuore dei credenti consacrato quale tempio - sempre viene e opera le meraviglie della sua grazia. Trasforma e rinnova l'umanità e l'universo. "Ecco. io faccio nuove tutte le cose! /Io sono l'Alfa e l'Omega, /il Principio e la Fine. /A colui che ha sete darò gratuitamente / dalla fonte della vita" ( Ap 21,5-6 ). "Io, Gesù, … sono la radice della stirpe di David, /la stella radiosa del mattino" ( Ap 22,16 ). Davvero nulla esiste che sia più bello di lui! E coloro che lo guardano diventano "raggianti". I monaci contemplativi sono perciò chiamati - nella Chiesa d'Oriente - i "più somiglianti" a Cristo; sono i καλόγεροι, i "bellissimi anziani", già maturi per entrare nel Regno della contemplazione senza il velo o la nube oscura della fede. Nei contemplativi la Chiesa ha già il suo vero volto, è già tutto quello che deve essere, perciò cammina sicura in mezzo alle tempeste della storia, intravedendo oltre le foschie del secolo presente la sua propria realtà definitiva ed eterna, quella che Giovanni contemplò nella sua grandiosa visione apocalittica: "Vidi poi un ciclo nuovo e una nuova terra, perché il ciclo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme ( = la Chiesa ) scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo Sposo" ( Ap 21,1-2 ). Ecco il culmine della contemplazione cristiana: l'umanità rinnovata per opera di Cristo e ricongiunta a Dio nell'ordine ristabilito dell'Amore; lo splendore della gloria di Dio e dell'uomo glorificato e del cosmo trasfigurato. Contemplazione che sarà ormai pace e gioia senza fine. Realtà ineffabile di cui anche a Dante fu dato di intuire il segreto: "O isplendor di Dio, per cui io vidi/l'alto triunfo del regno verace, / dammi virtù a dir com'io lo vidi:/ Lume è lassù, che visibil face / lo Creatore a quella creatura/che solo in lui vedere ha la sua pace" ( Paradiso XXX, 97-102 ). |
|
Magistero |
|
« La contemplazione è intelligenza, cuore, ginocchia, preghiera »; e mettere insieme tutto questo, ha precisato il vescovo di Roma, significa entrare nel mistero. |
Meditazione Francesco 22-10-2013 |
Del resto, ha spiegato Francesco, « la speranza si impara soltanto guardando Gesù, contemplando Gesù; s'impara con la preghiera di contemplazione ». In pratica, ha suggerito, « tu prendi il Vangelo, scegli un passo, lo leggi una volta, lo leggi due volte; immagina, come se tu vedessi quello che succede e contempla Gesù ». |
Meditazioni Francesco 3-2-2015 |
Concilio Ecumenico Vaticano II |
|
Nelle antiche civiltà | Ad gentes 18 |
Facoltà di … da mantenere nell'uomo | Gaudium et spes 56 |
per elevarlo al Creatore | Gaudium et spes 57 |
Vita contemplativa dei religiosi, da unire all'ardore apostolico | Perfectae caritatis 5 |
Gli istituti di vita contemplativa | Perfectae caritatis 7 |
nelle Missioni e per le Missioni | Ad gentes 18 |
Ad gentes 40 | |
Catechismo della Chiesa Cattolica |
|
La Chiesa - insieme visibile e spirituale | 771 |
Il Cielo | 1028 |
Le sacre immagini | 1162 |
La presenza di Cristo operata dalla potenza della sua Parola e dello Spirito Santo | 1380 |
La tradizione della preghiera | 2651 |
La Parola di Dio | 2654 |
Servitori della preghiera | 2687 |
L'orazione | 2715 |
Summa Teologica |
|
II-II, q. 180, a. 4 SS. |