I connubi adulterini |
Adesso esaminiamo quello che dice l'Apostolo: Agli altri infatti dico io, non il Signore. ( 1 Cor 7,12 )
Egli si riferisce ai matrimoni ineguali, cioè in cui i coniugi non sono entrambi cristiani, e mi pare che le sue parole costituiscano un consiglio.
È l'Apostolo e non il Signore a porre un divieto, perché il coniuge credente potrebbe lecitamente abbandonare il coniuge non credente.
Infatti, se una cosa è proibita dal Signore, non è lecito farla assolutamente.
Dunque l'Apostolo consiglia i credenti a non sfruttare il permesso che viene loro concesso di lasciare i coniugi non convertiti, perché ciò fornisce la possibilità di guadagnare alla fede molte altre persone.
A te sembra che ai coniugi credenti non sia consentito lasciare i non credenti perché questo è vietato dall'Apostolo; mentre io dico che è lecito, perché non è vietato dal Signore, anche se non è opportuno farlo come ammonisce l'Apostolo.
L'Apostolo spiega anche il motivo per cui non è opportuno farlo, benché sia lecito, dicendo: Che sai tu, donna, se potrai salvare il marito; e che sai tu, uomo, se potrai salvare la moglie? ( 1 Cor 7,16 ) e anche più sopra aveva detto: Il marito non credente è santificato nella moglie e la moglie non credente è santificata nel fratello, cioè nel coniuge cristiano, altrimenti i vostri figli sarebbero immondi, mentre ora sono santi. ( 1 Cor 7,14 )
Evidentemente così egli raccomanda di guadagnare a Cristo il coniuge e i figli, anche in base ad esempi che si erano già presentati.
Dunque il motivo per cui non è opportuno che si lasci uno sposo non credente è stato espresso con evidenza.
L'Apostolo non vuole che ci si allontani dai coniugi pagani non perché si debba salvare il legame coniugale con costoro, ma perché essi siano conquistati a Cristo.
Molte sono le cose da farsi non per ordine di una legge, ma per libera carità, e fra gli altri nostri doveri esse sono tanto più grate, perché, avendo la possibilità di tralasciarle, le intraprendiamo invece per amore.
Per cui il Signore stesso per primo, dopo aver dimostrato che egli non era tenuto a pagare il tributo, tuttavia lo pagò, per non scandalizzare coloro che egli, facendosi uomo, aiutava a raggiungere la salvezza eterna. ( Mt 17,24ss )
Quanto poi l'Apostolo ci raccomandi tali opere, ne fanno fede le sue parole, quando dice: Benché io sia libero di fronte a tutti, mi sono fatto servo di tutti, per guadagnarne il maggior numero possibile. ( 1 Cor 9,19 )
Poco sopra aveva detto: Non abbiamo noi il diritto di mangiare e di bere? non ci è permesso di condurre con noi una sorella, come fanno gli altri Apostoli, i fratelli del Signore e Cefa? oppure solo io e Barnaba non abbiamo il diritto di farlo? chi fa il servizio militare a proprie spese? chi pianta una vigna e non ne mangia i frutti? chi pascola un gregge e non ne beve il latte? ( 1 Cor 9,4-7 )
E poco dopo: Se altri sono partecipi della vostra potestà, noi non ne abbiamo forse maggior diritto?
Eppure non abbiamo mai approfittato di questo diritto, ma sopportiamo tutto per non mettere ostacolo al Vangelo di Cristo. ( 1 Cor 9,12 )
E ancora dopo poche frasi: Quale sarà la mia ricompensa? Predicare gratuitamente il Vangelo che annunzio, per non abusare del mio diritto sul Vangelo. ( 1 Cor 9,18 )
E subito dopo aggiunge quello che ho citato poco sopra: Benché io sia libero di fronte a tutti, mi sono fatto servo di tutti, per guadagnarne il maggior numero possibile. ( 1 Cor 9,19 )
Del pari in un altro passo, parlando del cibo, dice: Tutti i cibi mi sono permessi, ma non tutti mi sono utili; tutti mi sono leciti, ma io non mi renderò schiavo di nessuno di essi.
Il nutrimento è per lo stomaco e lo stomaco per il nutrimento; ma Dio distruggerà l'uno e l'altro. ( 1 Cor 6,12-13 )
E anche altrove torna sullo stesso argomento: Tutto mi è lecito, ma non tutto mi è vantaggioso; tutto mi è lecito, ma non tutto edifica; nessuno cerchi il proprio vantaggio, ma quello altrui; ( 1 Cor 10,23-24 ) e per far capire di che cosa parla aggiunge: Mangiate di tutto quello che si vende al mercato, senza preoccuparvi per scrupolo di coscienza. ( 1 Cor 10,25 )
E tuttavia altrove dice: Non mangerò più carne in eterno per non scandalizzare mio fratello, ( 1 Cor 8,13 ) e in un altro passo ancora: Tutto è puro, ma diventa cattivo per l'uomo che ne mangia dando scandalo. ( Rm 14,20 )
Ciò che significa: Tutto mi è lecito, significa anche: Tutto è puro, e quello che significa: ma non tutto è vantaggioso, significa pure: ma diventa cattivo per l'uomo che ne mangia dando scandalo.
Così dimostra che le cose lecite, cioè che non sono proibite da nessun precetto del Signore, si devono compiere come si presentano opportune, non per una regola di legge, ma per un suggerimento della carità.
Di questa natura furono le spese che il samaritano sostenne in più, quando per compassione fece portare e curare il ferito alla locanda. ( Lc 10,33-35 )
Perciò si dice che questi atti di carità non sono comandati dal Signore, benché si consiglia di offrirli a lui, e si capisce che essi sono tanto più graditi, quanto più è evidente che non sono obbligatori.
Ma se fra queste opere ve ne sono alcune che siano lecite, ma non opportune, di esse non si può dire: Questo è bene, ma quello è meglio, come si dice: Chi dà in matrimonio fa bene, e chi non dà fa meglio. ( 1 Cor 7,38 )
In quel caso è lecita l'una e l'altra decisione, e talvolta riesce opportuna la prima, talvolta la seconda.
Infatti per quelle che non sono capaci di vivere continenti, è opportuno senz'altro sposarsi, e ciò che è lecito è anche opportuno; ma per quelle che hanno fatto voto di continenza, non è né lecito né opportuno.
Al contrario, separarsi da un coniuge non credente è lecito, ma non è opportuno; rimanere con quello, se consente a coabitare, è lecito e opportuno; e non potrebbe essere opportuno, se non fosse lecito.
Dunque è possibile che qualcosa sia lecito e non opportuno; ma non è possibile che sia opportuno ciò che non è lecito.
Perciò non tutte le cose lecite sono opportune; ma nessuna cosa illecita può essere opportuna.
Come infatti chiunque sia stato redento dal sangue di Cristo è uomo, ma non chiunque sia uomo è stato anche redento dal sangue di Cristo, così tutto ciò che non è lecito non è opportuno, e tuttavia non tutto ciò che è inopportuno è anche illecito.
Ci sono senza dubbio cose lecite che non sono opportune, come apprendiamo dalla testimonianza dell'Apostolo.
Ma sarebbe difficile definire con una regola universale che differenza ci sia tra ciò che è illecito e perciò non opportuno, e ciò che è lecito ma tuttavia non opportuno.
Troppo frettolosamente uno potrebbe dire: tutto ciò che non è opportuno a farsi è peccato; ma ogni peccato è illecito; dunque tutto ciò che non è opportuno è illecito.
Dove vanno a finire allora quelle cose che l'Apostolo ha definito lecite ma non opportune, se tutto ciò che non è opportuno non è neppure lecito?
Per questo, se non possiamo dubitare che l'Apostolo abbia detto il vero, e non osiamo sostenere che alcuni peccati siano leciti, non rimane che questa conclusione: si può fare qualcosa che non è opportuno, ma che tuttavia, se è lecito, non è peccato, benché dal momento che non è opportuno, certo non si dovrebbe fare.
Ma se ci sembra assurdo che si faccia qualcosa di non opportuno e si dica che averlo fatto costituisce un peccato, bisogna comprendere che l'assurdità è nella consuetudine linguistica: infatti essa è così estesa che anche delle bestie da soma, benché siano prive di ragione, spesso diciamo che, quando peccano, devono essere bastonate; eppure il peccato in senso proprio non appartiene se non a colui che usa la ragione e il libero arbitrio, e questo fra tutti gli esseri animati di questo mondo non è stato concesso da Dio se non all'uomo.
Ma una cosa è quando parliamo in senso proprio, un'altra quando prendiamo in prestito i termini da altri concetti forzandoli a un senso traslato.
Ma ora cerchiamo, se è possibile, di distinguere con un criterio sicuro fra ciò che è lecito e non opportuno, e ciò che non è lecito e perciò nemmeno opportuno.
Le cose che mi sembrano essere lecite e tuttavia non opportune sono quelle che senz'altro sono permesse dalla giustizia, valida di fronte a Dio, ma che si devono evitare perché possono danneggiare gli uomini ostacolandoli nella loro salvezza; le cose invece che non sono lecite e perciò neppure opportune sono quelle che sono vietate dalla stessa giustizia e che non si devono fare, anche se incontrano l'approvazione di chi ne viene a conoscenza.
Stando così la questione, il Signore non proibisce se non le cose illecite, in modo che le cose lecite, ma non opportune, siano evitate non per l'imposizione della legge, ma per la libera generosità dell'amore.
Di conseguenza, se non fosse lecito ripudiare il coniuge non credente, sarebbe il Signore a proibirlo, e l'Apostolo nel vietarlo non direbbe: Sono io a dirlo, non il Signore. ( 1 Cor 7,12 )
Infatti, se si permette all'uomo di separarsi dal coniuge per colpa della fornicazione carnale, quanto più sarà odiosa nel coniuge la fornicazione spirituale, cioè la mancanza della fede, di cui è scritto: Perché ecco, quelli che si allontanano da te periranno; tu distruggi chiunque ti è infedele! ( Sal 73,27 )
18. Ma ciò, anche se lecito, resta inopportuno, per evitare che i pagani danneggiati dall'abbandono dei loro coniugi prendano in odio la stessa dottrina della salvezza, che proibisce le cose illecite, e permangano nella medesima mancanza di fede, peggiorando e andando incontro alla perdizione; quindi l'Apostolo intercede sconsigliando di fare ciò che è lecito ma non opportuno.
Infatti, se non è proibito dal Signore alla moglie o al marito credente di separarsi dalla moglie o dal marito non credente, ciò non viene neppure ordinato.
Se fosse ordinato di ripudiare tali coniugi, non ci sarebbe posto per il consiglio dell'Apostolo che raccomanda di non farlo.
Infatti in nessun modo un buon servo potrebbe proibire ciò che il Signore comanda.
Un ordine del genere venne dato dal Signore per bocca del profeta Esdra, ( Esd 10,11-12 ) e fu eseguito; gli Israeliti, per quanti potevano essere ad averne, rimandarono le mogli straniere, perché non erano esse a venir conquistate al vero Dio, ma al contrario per colpa loro i mariti erano attratti verso le divinità straniere.
Infatti la grazia sconfinata del Salvatore non aveva ancora sprigionato la sua luce e la massa di quel popolo aspirava ancora alle promesse temporali dell'Antico Testamento.
I beni terreni erano la ricompensa maggiore che essi si aspettavano da Dio, e poiché li vedevano sovrabbondare anche a coloro che onoravano molti falsi dèi, indotti dalle mogli, prima evitavano di offendere queste divinità, poi si riducevano anche ad onorarle.
Perciò il Signore ordinò per bocca del santo Mosè che nessuno prendesse una moglie straniera. ( Dt 7,3 )
A ragione dunque ripudiarono perordine del Signore le mogli che avevano preso malgrado la proibizione del Signore.
Ma quando il Vangelo cominciò ad essere predicato ai popoli, trovò i gentili già sposati con i gentili.
Questi non sempre si convertivano entrambi, ma se il non credente o la non credente consentiva a vivere con il coniuge convertito, il credente non doveva ricevere dal Signore né la proibizione né l'ordine di ripudiare il pagano.
Non doveva ricevere la proibizione naturalmente perché la giustizia permette di separarsi da un adultero, e la fornicazione che avviene nel cuore di un non credente è più grave.
Infatti la sua pudicizia nei riguardi del coniuge non può essere considerata genuina, perché tutto ciò che non proviene dalla fede è peccato, ( Rm 14,23 ) mentre il credente vive in pudicizia autentica anche con un non credente, che non ha quella vera.
Ma non si doveva neppure ordinare che i convertiti si separassero dai coniugi rimasti pagani, perché si erano uniti entrambi come gentili, quindi non contro l'ordine del Signore.
Poiché dunque il Signore non proibisce né ordina di separarsi dal coniuge non credente, è l'Apostolo, e non il Signore, che lo sconsiglia.
Ma l'Apostolo possiede lo Spirito Santo, ispirato dal quale può dare un utile e fedele consiglio.
Per questo, della donna il cui marito sia morto, dice: Secondo il mio consiglio, ella sarà più felice se resta com'è; ( 1 Cor 7,40 ) ma affinché nessuno ritenga trascurabile questo consiglio, perché umano e non divino, aggiunge: Penso infatti di avere anch'io lo Spirito Santo. ( 1 Cor 7,40 )
Dunque bisogna intendere che il consiglio proviene lo stesso dall'ispirazione del Signore, anche se una cosa non è ordinata da lui, ma consigliata utilmente da un suo santo servo.
Un cattolico si guardi infatti dal sostenere che quando consiglia lo Spirito Santo non è il Signore stesso che consiglia, perché anch'esso è il Signore, e inseparabili sono le opere della Trinità.
Se l'Apostolo dice ancora: Per chi è vergine, non ho alcun precetto del Signore, però do un consiglio, ( 1 Cor 7,25 ) non dobbiamo pensare che questo consiglio non provenga da Dio, dato che subito continua dicendo: Come uomo che per misericordia del Signore è fedele ai suoi voleri. ( 1 Cor 7,25 )
Dunque il consiglio che dà è fedele ai voleri del Signore, secondo quello Spirito di cui dice: Penso infatti che anch'io ho lo Spirito del Signore. ( 1 Cor 7,40 )
Tuttavia una cosa è un comando espresso dal Signore e un'altra cosa è il fedele consiglio di un suo servo secondo la carità misericordiosa che il Signore gli ispira e concede.
Nel primo caso non è lecito fare altrimenti, nel secondo invece è lecito, tenendo però presente che ciò che è lecito, talvolta è senz'altro opportuno, talvolta non lo è.
È opportuno, quando non solo è permesso dalla giustizia, che è valida di fronte al Signore, ma da ciò non proviene agli uomini alcun impedimento alla salvezza.
Così, quando l'Apostolo consiglia a chi è vergine di non sposarsi, e a questo proposito attesta di non possedere un precetto del Signore, è lecito fare altrimenti, cioè sposarsi, e possedere il bene delle nozze, che per quanto minore del bene della continenza è pur sempre un bene.
E ciò che è lecito è nello stesso tempo anche opportuno, perché accoglie con l'onestà del matrimonio la debolezza della carne, che altrimenti cadrebbe in azioni proibite e illecite, senza porre ostacolo alla salvezza di nessuno; per quanto sarebbe più opportuno e più onesto se la vergine seguisse il consiglio a cui non è obbligata da alcun precetto.
Invece ciò che è lecito non è opportuno, quando, pur essendo in realtà permesso, usufruire di questa potestà arreca impedimento alla salvezza altrui.
Questo è il caso, su cui abbiamo già parlato a lungo, di un coniuge credente che si separi dal non credente.
Il Signore non proibisce questa separazione con un precetto di legge, perché al suo cospetto non è ingiusta; ma la proibisce l'Apostolo per suggerimento della carità, perché arreca impedimento alla salvezza dei non credenti.
Quelli che ne sono offesi non solo ne ricevono uno scandalo estremamente pericoloso, ma se contraggono altri connubi mentre sono ancora vivi coloro che li hanno abbandonati, una volta stretti in questi legami illeciti, assai difficilmente se ne sciolgono.
Perciò neppure in questo caso, in cui ciò che è lecito non è opportuno, si può dire: " Se rimanda il coniuge non credente fa bene, se non lo rimanda fa meglio ", come si dice: Chi dà in matrimonio fa bene, chi non dà fa meglio. ( 1 Cor 7,38 )
In quest'ultimo caso, non solo entrambe le decisioni sono lecite ugualmente, quindi nessuno è vincolato dal precetto del Signore a una delle due, ma entrambe sono anche opportune: l'una in misura minore, l'altra maggiore.
Per questo chiunque è in grado di comprendere è invitato dal consiglio dell'Apostolo a scegliere quella che è maggiormente opportuna.
Ma quando si tratta di ripudiare o no un coniuge non credente, è vero che entrambe le cose sono lecite ugualmente secondo la giustizia, che è valida di fronte al Signore, e perciò il Signore non proibisce né l'una né l'altra, però, a causa della debolezza umana, non tutt'e due sono opportune.
A proibire ciò che non è opportuno interviene l'Apostolo, ma è il Signore che gli concede la libertà di proibire, perché né il Signore proibisce ciò che è consigliato dall'Apostolo, né ciò che proibisce l'Apostolo è ordinato dal Signore.
E se non fosse così, l'Apostolo non consiglierebbe qualcosa che il Signore proibisce, né proibirebbe qualcosa che il Signore ordina.
Di conseguenza, in queste due questioni, se sia opportuno o no sposarsi e se sia opportuno o no ripudiare il coniuge non credente, nelle parole dell'Apostolo troviamo una parte analoga e una parte diversa.
Di analogo effettivamente c'è nel primo caso la frase: Non ho un precetto del Signore, ma do un consiglio, ( 1 Cor 7,25 ) e nell'altro: Sono io a dirlo e non il Signore. ( 1 Cor 7,12 )
Infatti quello che significa: Non ho un precetto del Signore significa anche: Non è il Signore a dirlo, e quello che significa: do un consiglio significa anche: sono io a dirlo.
Però c'è anche questo di diverso: quando si tratta di sposarsi o no, si può dire: la prima alternativa è bene, la seconda è meglio, perché entrambe le cose sono opportune, una in grado minore, l'altra maggiore.
Ma quando si tratta di ripudiare o no un coniuge non credente, poiché una delle due soluzioni non è opportuna, l'altra sì, non bisogna dire: Chi ripudia il coniuge fa bene, e chi non lo ripudia fa meglio; ma bisogna al contrario dire: Non si ripudi il coniuge, perché, anche se è lecito, non è opportuno.
Allora possiamo dire che è meglio non ripudiare un coniuge non credente, benché sia permesso anche ripudiarlo, allo stesso modo in cui rettamente diciamo che ciò che è lecito e opportuno è meglio di quello che è lecito ma non opportuno.
Quando commentai il lungo discorso che il Signore tenne sulla montagna, arrivato alla questione se ripudiare o no il coniuge, addussi anche le testimonianze degli Apostoli e per i motivi già esposti mi avvenne di sostenere che è un consiglio dell'Apostolo, non un precetto del Signore, quando egli con le parole: Agli altri sono io a dire, non il Signore, ( 1 Cor 7,12 ) raccomanda a coloro che hanno coniugi pagani di non ripudiarli, se consentono a coabitare.
Senza dubbio quello che occorreva era un consiglio e non un ordine, perché proibire agli uomini di fare cose lecite, benché non opportune, non è di tanta importanza come proibire loro cose illecite.
Se poi in qualche caso l'Apostolo si è limitato a raccomandare cose che si sarebbero dovute ordinare, lo fece per risparmiare la nostra debolezza, non per rendere l'ordine meno perentorio.
Per cui quando dice: Vi scrivo queste cose non per confondervi, ma per consigliarvi come figli carissimi, ( 1 Cor 4,14 ) non ha nulla a che vedere con il punto in cui ammonisce: Sono io a dirlo e non il Signore.
E ugualmente quando dice: Sono io, Paolo, che ve lo dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla, ( Gal 5,2 ) forse aggiunge anche qui: Sono io a dirlo e non il Signore?
Dunque questi passi non sono simili, perché non è sconveniente né contraddittorio se l'Apostolo presenta sotto forma di consiglio anche ciò che il Signore ordina.
Infatti anche noi ci serviamo di raccomandazioni per indurre quelli che abbiamo cari ad adempiere i precetti o i comandamenti del Signore.
Ma quando l'Apostolo dice: Sono io a dirlo, non il Signore, dimostra chiaramente che non è il Signore a proibire ciò che egli ha proibito. ( 1 Cor 7,12 )
Il Signore l'avrebbe proibito, se fosse stato illecito.
Dunque, in base a quello che precedentemente abbiamo a lungo trattato e approfondito, sarebbe stato lecito secondo giustizia, ma per quanto lecito era da evitare per un libero sentimento d'affetto.
Tu invece preferisci pensare che ciò che è vietato non dal Signore, ma dall'Apostolo, non è lecito allo stesso modo di ciò che vieta il Signore.
Perciò, quando hai voluto spiegare cosa significhi la frase: Sono io a dirlo, non il Signore, ( 1 Cor 7,12 ) rivolta ai credenti sposati a non credenti, hai detto: " Perché il Signore ha ordinato che non ci si unisca a coniugi di diversa religione ", e hai aggiunto proprio la testimonianza del Signore che dice: Non prenderai in moglie per tuo figlio una straniera, perché non lo trascini dietro le sue divinità e l'anima sua perisca. ( Dt 7,3-4 )
E hai aggiunto anche le parole dell'Apostolo quando afferma: La moglie è legata al marito per tutto il tempo che egli vive; ma se il marito muore, essa è libera: sposi chi vuole, purché nel Signore, ( 1 Cor 7,39 ) spiegando l'espressione con l'aggiunta " cioè un cristiano ".
Poi hai proseguito dicendo: " Dunque questo precetto del Signore, che non rimangano uniti se non i matrimoni tra persone della stessa fede e della stessa religione, si trova tanto nell'Antico che nel Nuovo Testamento ".
Ma se questo precetto del Signore, che non rimangano uniti se non i matrimoni fra persone della stessa fede e della stessa religione, si trova tanto nell'Antico che nel Nuovo Testamento, se questo ordina il Signore e questo insegna l'Apostolo, perché, contro quest'ordine del Signore, contro la sua propria dottrina, contro il precetto del Testamento Antico e Nuovo, l'Apostolo ordina che rimangano stretti i matrimoni tra persone di fede diversa?
" Perché Paolo, tu dici, predicatore e Apostolo delle genti, non solo consiglia, ma anche ordina, quando due persone sono già sposate e uno dei due si converte, di non ripudiare il coniuge non ancora credente, se questi consente a coabitare ".
Ora le tue stesse parole dimostrano chiaramente che si tratta di due casi diversi.
Nel primo caso infatti la raccomandazione che la donna non sposi se non un uomo della sua religione e l'uomo una donna del medesimo genere riguarda i matrimoni nel momento in cui si stringono.
Questo infatti, come tu dici, ordina il Signore, insegna l'Apostolo, ingiunge l'uno e l'altro Testamento.
Ma chi può negare che il caso è diverso, quando si tratta di matrimoni non da stringersi, ma già stretti?
Entrambi erano ugualmente non credenti, quando si sono sposati, ma all'arrivo della Buona Novella l'uno si è convertito senza l'altra o l'una senza l'altro.
Se dunque il caso è diverso, e questo appare senza la minima possibilità di dubbio, perché l'ordine che il coniuge convertito rimanga unito in matrimonio con il non convertito non è espresso anche dal Signore, come è espresso dall'Apostolo?
Non sarà forse sottinteso in questo passo ciò che l'Apostolo proclama con tanta sicurezza: O forse volete una prova che è Cristo che parla in me? ( 2 Cor 13,3 ) E senz'altro Cristo è il Signore.
Comprendi cosa voglio dire? oppure devo dilungarmi un po' più accuratamente a chiarire questo concetto?
Seguimi: svolgiamo la questione con un ragionamento più chiaro e mettiamocela per così dire davanti agli occhi.
Ecco due coniugi, entrambi non credenti; così erano quando si sposarono: non ha nulla a che fare con loro la questione che riguarda l'ordine del Signore, la dottrina dell'Apostolo, il precetto dell'Antico e del Nuovo Testamento con cui si proibisce al credente di sposare un non credente.
Ormai sono sposati e sono ancora entrambi non credenti, cioè tali quali erano prima di sposarsi e al momento in cui si sposarono.
Venne un predicatore della Buona Novella, e si convertì l'uno o l'altra di essi, ma il non credente è d'accordo a continuare la convivenza con il credente.
Il Signore ordina al credente di ripudiare il non credente, o non lo ordina?
Se dirai: " Lo ordina ", reclama l'Apostolo: Lo dico io, non il Signore. ( 1 Cor 7,12 )
Se dirai: " Non lo ordina ", ti domando la ragione.
E non devi rispondermi adducendo lo stesso motivo che tu ponesti nella tua lettera: " Perché il Signore proibisce che i credenti si uniscano ai non credenti ".
Qui infatti questo motivo non c'entra assolutamente: parliamo di chi è già sposato, non di chi deve ancora sposarsi.
Allora tu non sei riuscito a vedere la ragione per cui il Signore non vieta ciò che vieta l'Apostolo; infatti ormai ti rendi conto, come penso, che non era quella stessa che tu pensavi.
Quindi fa' attenzione se per caso non sia quella che allora mi parve giusto proporre e ora mi pare giusto difendere; evidentemente così dobbiamo ritenere: il Signore esprime ciò che comporta la giustizia che di fronte a lui non deve essere in alcun modo trasgredita, cioè quello che essa ordina o proibisce in maniera tale che non è assolutamente lecito fare altrimenti.
Ma per ciò che invece egli rimette in potere della nostra volontà, in modo che si può eseguire o no sempre restando nel lecito, il Signore lascia spazio al consiglio dei suoi servi affinché raccomandino piuttosto ciò che abbiano constatato opportuno.
In primo luogo e in sommo grado si badi dunque, a questo proposito, a non commettere cose illecite.
Quando qualcosa è consentito in maniera che fare altrimenti non è illecito, sia fatto ciò che è opportuno, o ciò che è maggiormente opportuno.
Ma quelle cose che il Signore dice come Signore, cioè non perché ha cura di consigliare, ma potere di comandare, non è lecito non farle, e quindi neppure opportuno.
Il Signore dunque ordina: La donna non si separi dal marito, e se si separa, certo per la sola causa che lo consente, rimanga non sposata, o si riconcili con il marito. ( 1 Cor 7,10-11 )
Infatti: Una donna sotto un marito, finché il marito è vivo, è legata alla legge e vivente il marito, sarà chiamata adultera se si unisce ad altro uomo, ( Rm 7,2-3 ) perché la moglie è legata, finché il marito è vivo. ( 1 Cor 7,39 )
Quindi se la moglie si sarà separata dal marito e sposerà un altro è adultera ( Mc 10,12 ) e chi sposa una donna ripudiata dal marito è adultero. ( Mt 19,9; Lc 16,18 )
Perciò secondo lo stesso precetto divino l'uomo non ripudi la moglie, ( 1 Cor 7,11 ) perché chi ripudia la moglie, eccetto per causa di fornicazione, la induce all'adulterio. ( Mt 5,32 )
Ma se la ripudia proprio per questo motivo, anch'egli non si risposi: infatti chiunque ripudia la propria moglie e ne prende un'altra è adultero. ( Lc 16,18 )
22. Queste norme stabilite dal Signore devono essere osservate senza alcuna riserva.
Le investe infatti la giustizia che è valida al cospetto del Signore, sia che gli uomini le accettino, sia che le rifiutino; perciò non bisogna dire che non si debbono osservare per non danneggiare gli uomini, o per non ostacolarli nella salvezza che è in Cristo.
Infatti quale cristiano oserebbe dire: Per non offendere gli uomini, o per acquistarli a Cristo, farò diventare adultera mia moglie, e lo diverrò io stesso?
Può anche darsi il caso, in effetti, che un cristiano, ripudiata una moglie adultera, venga tentato così: una donna non ancora credente, che desidera unirsi a lui in matrimonio, promette di farsi cristiana, e non bugiardamente, ma con l'intenzione di farlo davvero, se lo sposerà.
Dunque, se egli rifiutasse questo matrimonio, il tentatore gli potrebbe suggerire: Il Signore disse: Chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di fornicazione, e ne sposa un'altra, è adultero, ( Mt 5,32 ) ma tu, che l'hai ripudiata per causa di fornicazione, se ne prenderai un'altra, non sarai adultero.
Ma a chi gli rivolge simili suggerimenti, egli, ben istruito in cuore, risponda: Certo è adultero più gravemente chi ripudia la moglie al di fuori della causa di fornicazione e ne prende un'altra; ma anche chi si risposa dopo aver ripudiato una moglie colpevole, non per questo non è adultero, perché ha lasciato una moglie adultera; alla stessa maniera è adultero chi si unisce a una donna che sia stata ripudiata al di fuori della causa di fornicazione; ma non per questo non è adultero chi ne prende una che ha trovato ripudiata per causa di fornicazione.
E proprio per questo, ciò che in Matteo è espresso in maniera alquanto oscura, perché si è voluto far intendere il tutto da una parte, si trova spiegato in altri, che hanno esposto l'intero concetto globalmente; così si legge in Marco: Chiunque ripudia la propria moglie e ne prende un'altra, commette adulterio, ( Mc 10,12 ) e in Luca: Ogni uomo che ripudia la propria moglie e ne prende un'altra, commette adulterio. ( Lc 16,18 )
Questi ultimi non dicono che, fra quanti si sono risposati dopo aver ripudiato la moglie, alcuni sono adulteri, altri non lo sono; ma dicono: chiunque ha ripudiato; e quindi tutti coloro che hanno ripudiato la propria moglie, e ne hanno presa un'altra, sono adulteri.
Ma se quel cristiano risponderà così al tentatore, comprendendo che gli è certo lecito ripudiare un'adultera, ma non prendere un'altra moglie, cosa avverrà se il tentatore gli dirà: Commetti questo peccato per conquistare a Cristo l'anima di una donna che si trova nella mortale condizione di chi non crede, ma che è pronta a diventare cristiana, se ti sposa?
Cos'altro deve rispondere a ciò il cristiano, se non che egli, così facendo, non potrebbe sfuggire la condanna ricordata dall'Apostolo: E come alcuni dicono di noi, facciamo il male perché ne venga il bene, ma la condanna di costoro è giusta? ( Rm 3,8 )
Ma come potrà trarre profitto dalla conversione quella che vivrà in adulterio con colui che la sposa?
Dunque non bisogna praticare adulterio, come avviene non per qualcuno, ma assolutamente per chiunque ripudia la propria moglie e ne prende un'altra, anche se fosse per renderla cristiana.
Ma per di più anche chi non sia legato a una moglie e abbia fatto voto di continenza a Dio, anche se è convinto di far bene a prender moglie perché quella che aspira a sposarlo ha promesso di farsi cristiana, in nessun modo deve peccare fidando in questa compensazione.
Ciò che infatti era lecito a chiunque prima di pronunciare il voto, non sarà più lecito, quando avrà fatto promessa di astenersene; purché tuttavia abbia promesso cosa che era degna di un voto.
Così è per la verginità perpetua, oppure per la continenza, quando chi ha sperimentato il matrimonio, si trova sciolto dal suo legame, oppure quando due coniugi casti e fedeli fanno voto consensualmente di rinunciare a vicenda al debito carnale, cosa che non è lecito fare per iniziativa di uno solo dei due.
Se dunque una persona ha pronunciato un voto del genere o qualsiasi altro che si possa fare del tutto regolarmente, a nessuna condizione si deve infrangere ciò che a nessuna condizione si è promesso, perché anche questo è un precetto del Signore, come dobbiamo capire dalle parole: Fate voto e serbatelo al Signore Dio vostro. ( Sal 76,12 )
L'Apostolo a proposito di quelle che fanno voto di continenza e poi vogliono sposare, come era loro senz'altro lecito prima del voto, dice: Incorrendo nella dannazione, perché hanno violato l'impegno preso. ( 1 Tm 5,12 )
24.31 Dunque niente è opportuno di ciò che è illecito, e nulla di ciò che proibisce il Signore è lecito.
In quelle cose sulle quali non è espresso un precetto vincolante del Signore, si ascolti l'Apostolo.
25. Ma per quelle cose sulle quali, non essendoci alcun precetto vincolante del Signore, è stato lasciato il potere di decidere, in queste si ascolti l'Apostolo, che consiglia e provvede nello Spirito Santo, perché o si scelga il partito migliore o si eviti quello che non è opportuno.
Su tutto ciò lo si ascolti, quando dice: Non ho un precetto del Signore, ma vi do un consiglio, ( 1 Cor 7,25 ) e: Lo dico io, non il Signore. ( 1 Cor 7,12 )
Su tutto ciò, se vuole scegliere la cosa migliore, chi ascolta l'Apostolo: Essendo libero da moglie, non prenda moglie, perché anche se prende moglie, non pecca. ( 1 Cor 7,27 )
Secondo tutto ciò la vergine non si sposi, perché chi non dà in matrimonio, fa meglio; e chi dà in matrimonio, fa bene; ( 1 Cor 7,38 ) secondo tutto ciò sia più contenta la vedova di rimanere com'è, anche se, morto il marito, ha in sua facoltà di sposare chi vuole, purché nel Signore. ( 1 Cor 7,39 )
E questo si può intendere in due sensi: o purché rimanga cristiana, o purché sposi un cristiano.
In effetti, da quando è stato rivelato il Nuovo Testamento, non mi viene in mente alcun passo, sia del Vangelo sia di alcuna lettera apostolica, che dichiari senza ambiguità se il Signore abbia proibito ai credenti di sposare i non credenti.
Vero è comunque che il beatissimo Cipriano non ne dubita e non pone fra i peccati trascurabili stringere il vincolo del matrimonio con gli infedeli, sostenendo che ciò è prostituire ai gentili le membra di Cristo.2
Ma poiché diversa è la questione riguardo a coloro che sono già sposati, anche qui si ascolti l'Apostolo che dice: Se un fratello ha una moglie non credente, e questa consente a convivere con lui, non la ripudi; e se una donna ha uno sposo non credente, e questo consente a convivere con lei, non lo ripudi. ( 1 Cor 7,12-13 )
Quindi, ascoltandolo, benché ripudiare il coniuge sia lecito perché non è il Signore a proibirlo, tuttavia non lo si faccia perché non è opportuno.
Infatti l'Apostolo insegna con estrema chiarezza che non tutte le cose lecite sono opportune, ( 1 Cor 10,23 ) come abbiamo già dimostrato sopra.
Comunque il risposarsi dopo aver lasciato il proprio coniuge non è lecito, né all'uomo né alla donna, neppure per qualsivoglia forma di fornicazione, sia della carne, sia dello spirito, e in quest'ultima bisogna intendere anche la mancanza di fede.
Infatti il Signore senza fare nessuna eccezione dice: Se la moglie lascia il proprio marito e ne prende un altro, è adultera, ( Mc 10,12 ) e: Ogni uomo che ripudia la propria moglie e ne prende un'altra, è adultero. ( Lc 16,18 )
Ma anche dopo aver esaminato e discusso a fondo questi problemi secondo le mie capacità, riconosco tuttavia che la questione del matrimonio è oscurissima e intricatissima.
Né oso sostenere di avere finora spiegato tutti i suoi risvolti in questa o in altra opera, o di poterli da questo momento spiegare, se ne venissi sollecitato.
Riguardo all'altra questione su cui pure credete bene di consultarmi in altro foglio, anch'io avrei provveduto a svolgerla separatamente, se avessi un'opinione diversa dalla tua; ma avendo entrambi il medesimo parere, non è necessario prolungare a parte l'esame.
Indice |
2 | Ciprianus, De lapsis 6 |