Contro Giuliano |
È gia abbastanza che io noti con quanta diligenza e congruenza esponi la testimonianza dell'Apostolo che dice: Sono stati salvati dalla speranza fino a … redenzione del nostro corpo. ( Rm 8,23-24 )
Tu sostieni che "quella risurrezione non rimette i peccati a nessuno ma solo purifica i meriti dei singoli, rende cioè a ciascuno secondo le sue opere".
Non dici però secondo quali opere proprie renda il regno di Dio ai bambini.
Nessun peccato, in verità, viene perdonato nel regno, ma se nessun peccato sarà rimesso in quell'ultimo giudizio, credo che il Signore non avrebbe detto di certi peccati: Non ci sarà perdono, né in questo mondo né nel mondo futuro, ( Mt 12,32 ) perdono che sperava di ottenere il ladrone che diceva: Ricordati di me quando sarai nel tuo regno. ( Lc 23,42 )
Siccome però qui si tratta di una questione quanto mai profonda, non bisogna pronunciarsi con troppa facilità.
Per quale motivo, nel suo regno, Dio non rimette nessun peccato ai suoi figli se non perché non trova niente da perdonare?
Non vi potranno essere peccati infatti laddove lo spirito, non dico non acconsente alla concupiscenza della carne, ma addirittura non ha desideri contro la carne, per il fatto che neppure questa ha desideri contro di esso.
Tutto questo ci sarà per quella ineffabile salvezza perfetta, che ora non abbiamo nel battesimo, nel quale, è vero, sono perdonati tutti i peccati, ma rimangono i mali della concupiscenza della carne, contro cui, dopo il battesimo, se progrediscono, esercitano gloriose battaglie gli sposati e lotte ancor più gloriose i casti.
Lo ammetti tu stesso,18 ma non so per quale sfortuna, quando parli a favore della verità, non ascolti neppure te stesso.
Descrivendo la somma felicità della risurrezione, dici che "ivi nessuno dei giusti rende livido il suo corpo, o lo sottopone a schiavitù e che nessuno può umiliare la propria anima sui duri giacigli e nello squallore delle sue membra".
Rispondimi: perché compie tali cose uno che nel battesimo ha perduto tutti i mali?
Perché osa rendere livido il tempio di Dio?
Le sue membra non sono forse membra del tempio di Dio?
Perché invita la presenza di Dio, invoca la sua misericordia o placa la sua ira non con l'odore soave, ma con il livore e lo squallore dello stesso tempio di Dio?
O forse non rifletti e non comprendi che colpendo tanto duramente il suo corpo, se non ci fosse nulla da mortificare che dispiace a Dio, rischierebbe di recargli una grave offesa colpendo inutilmente il suo tempio?
Perché tentenni, perché esiti a confessare più apertamente?
Quel male certamente, quello colpisce nella sua carne colui del quale tu predichi il livore e lo squallore per cui l'Apostolo diceva: So infatti che il bene non dimora in me, vale a dire nella mia carne. ( Rm 7,18 )
Perché escludi che questa possa essere la voce di un battezzato dal momento che, nelle lividure del corpo e nello squallore delle membra, riconosci il suo operato?
I santi non ricevono le lividure dai flagelli di Dio o dai nemici, ma se le infliggono da se medesimi con la continenza.
E per qual motivo se non perché lo spirito sollecita i desideri della carne? Non lo hai sperimentato anche tu?
Nel descrivere infatti la felicità della vita futura hai detto: "Nessuno offre una lieta sfrontatezza ai rimproveri, le guance agli schiaffi e le spalle alle sferzate.
Nessuno si sforzerà di ottenere la forza dalla debolezza e la frugalità non si scontrerà con l'indigenza o la magnanimità con l'afflizione".
Perché non hai voluto dire: la castità con la concupiscenza della carne, ma ti sei affrettato a chiudere il periodo dicendo "e neppure la pazienza si scontrerà con il dolore"?
Ti sei limitato a ricordare solo quello che, sopravvenendo dall'esterno, è tollerato con fortezza, ma non hai ricordato quello che, agitandosi dall'interno, è represso dalla castità.
O forse ci rimproveri di lentezza mentale perché non abbiamo capito che volevi intendere proprio questo, quando, più sopra, parlavi delle lividure del corpo, della fatica e dello squallore delle membra?
Quando uno, infatti, è tribolato non da un nemico ma da se stesso, vuol dire che si trova in lui il nemico che dev'essere sconfitto.
Ricordati pure che non hai spiegato come mai l'Apostolo ha detto: Aspettando l'adozione, ( Rm 8,23 ) dal momento che nel lavacro del battesimo era già stato adottato.
Di nuovo ripeti che "nessuno odia la sua carne". Chi lo nega?
Continui tuttavia a sostenere che la carne dev'essere calpestata con il rigore della disciplina.
Ancora una volta parli a favore della verità, ma non vuoi ascoltare te stesso.
Perché la carne dovrebbe essere calpestata dai fedeli, se nel battesimo nulla è rimasto che abbia voglie contro lo spirito?
Perché, dico, il tempio di Dio calpesta se stesso, se dentro non c'è nulla che resista allo Spirito di Dio?
Non solo non sarebbe presente, ma non ci contrasterebbe con tanta veemenza, se il reato che ci teneva stretti non fosse stato sciolto per la remissione dei peccati.
È sciolta dunque dal perdono perché ci tratteneva nella pena; è calpestata dalla continenza perché non vinca nella lotta.
Viene frenata perché non frapponga ostacoli, finché sarà così sanata da non esserci più.
Nel battesimo sono rimessi tutti i peccati, quelli contratti dall'origine e quelli aggiunti scientemente o per ignoranza.
Ciascuno è tentato dalla propria concupiscenza, adescato e sedotto.
La concupiscenza poi, come se avesse concepito, partorisce il peccato. ( Gc 1,14-15 )
Quando l'apostolo Giacomo dice queste parole, il parto è distinto dalla partoriente.
La partoriente è la concupiscenza, il parto è il peccato.
La concupiscenza non partorisce se prima non ha concepito e non concepisce se prima non è stata sedotta, se prima cioè non ottiene il consenso della volontà per commettere il male.
Contro di essa poi si combatte perché non concepisca e partorisca il peccato.
Dopo che nel battesimo quindi, perdonati tutti i peccati, vale a dire tutti i parti della concupiscenza, se anche questa è stata distrutta del tutto, perché i santi, onde evitare che concepisca ulteriormente, combattono contro di essa con le "lividure del corpo, lo squallore delle membra ed il maltrattamento della carne"?
Queste sono parole tue!
Perché, ripeto, i santi combattono contro di essa con le lividure, lo squallore, il maltrattamento del tempio di Dio, se la concupiscenza è stata già portata via nel battesimo?
Rimane, dunque: se non ci manca la sensazione con cui avvertiamo la sua presenza, vuol dire con il lavacro di rigenerazione, non viene a mancare.
Chi mai può essere tanto imprudente e impudente, tanto sfacciato, ostinato, caparbio e tanto insano e demente, che, pur conoscendo che i peccati sono un male, nega che è male la concupiscenza del peccato, anche se lo spirito si affatica contro di essa per non permetterle di concepire e partorire il peccato?
Un male così grande, come potrebbe non trattenerci nella morte per il solo fatto che è presente e come potrebbe non condurci all'ultima morte se il suo vincolo non fosse stato sciolto nella remissione di tutti i peccati che si ha nel battesimo?
Proprio per questo il laccio stretto dal primo Adamo non può essere sciolto se non dal secondo Adamo.
Proprio per questo vincolo di morte, ripeto, troviamo i bambini morti, non per questa morte notissima che separa l'anima dal corpo, ma per quella morte che legava tutti coloro per i quali Cristo è morto.
Sappiamo infatti, dice l'Apostolo - e dobbiamo ripeterlo spesso - che uno solo morì per tutti, tutti conseguentemente morirono; e per tutti morì, affinché coloro che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che morì e risuscitò per essi. ( 2 Cor 5,14-15 )
Per lui dunque sono vivi quelli per i quali chi aveva la vita è morto perché vivessero.
Più chiaramente, sono liberi dal vincolo della morte coloro per i quali è morto chi è libero tra i morti. ( Sal 88,6 )
Ancor più chiaramente, sono stati liberati dal peccato coloro per i quali è morto colui che mai era stato soggetto al peccato.
Anche se è morto una sola volta, tuttavia muore singolarmente per ciascuno, quando, in qualsiasi età uno è battezzato nella sua morte.
In altre parole, la morte di colui che fu senza peccato porta giovamento a chi era morto nel peccato, quando, battezzato nella sua morte, anch'egli morirà al peccato.
Inserisci la testimonianza dell'Apostolo dove dice: Non illudetevi! Né gl'impudichi, né gl'idolatri ( 1 Cor 6,9-10 ) ecc., e dopo aver ricordato costoro, conclude che essi non avranno l'eredità del regno di Dio.
Queste colpe però le compiono coloro che acconsentono alle sollecitazioni della concupiscenza, che tu esalti, verso qualsiasi cosa cattiva o turpe.
Le parole successive: Appunto questo eravate …, ma vi mondaste, ma foste santificati, ( 1 Cor 6,11 ) vogliono dire che essi sono stati mutati in meglio, non nel senso che erano privi di tutte le passioni, cosa impossibile in questa vita, ma nel senso che non acconsentivano ad esse, cosa del tutto possibile in una vita retta.
In tal modo avrebbero potuto conoscere di essere stati liberati da quel vincolo cui erano soggetti, cosa che non può avvenire se non in virtù della rigenerazione.
Al contrario, sbagli di molto quando pensi che "se la concupiscenza è un male, non la dovrebbe avere il battezzato".
È libero da tutti i peccati, non da tutti i mali.
Con maggiore chiarezza si può dire: È libero dal reato di tutti i mali, ma non da tutti i mali.
Che forse non ha la corruzione del corpo? O non è un male che appesantisce l'anima?
O credi che ha sbagliato chi ha detto: Il corpo corruttibile pesa sull'anima? ( Sap 9,15 )
Che forse non ha il male dell'ignoranza, per la quale gl'ignoranti commettono molti mali?
O credi che sia un male di poco conto quello per cui l'uomo non percepisce le cose proprie dello spirito di Dio?
Dei battezzati infatti l'Apostolo scrive: L'uomo terreno non accoglie le cose proprie dello Spirito di Dio; per lui infatti sono stoltezza e non le può intendere, perché solo in modo spirituale si apprezzano, ( 1 Cor 2,14-15 ) e poco più avanti aggiunge: Ecco, fratelli, non potrei parlare a voi come ad uomini spirituali ma come a carnali, come a bimbi nel Cristo.
Vi diedi a bere latte non cibi solidi che non avreste ancora potuto sopportare.
Anzi, neppure al presente potete sopportarli, perché siete ancora carnali.
Dacché infatti ci sono tra voi gelosie e contese, non siete forse carnali, cioé non vi comportate forse alla maniera di uomini? ( 1 Cor 3,1-2 )
Vedi quanti mali fa derivare dall'ignoranza.
E queste cose non le diceva dei catecumeni, credo.
Come avrebbero potuto essere bambini in Cristo, se non erano ancora rinati?
Se ancora non sei convinto, ascolta ciò che l'Apostolo dice un po' più avanti: Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito Santo abita in voi? ( 1 Cor 3,16 )
Avrai forse ancora dubbi o negherai ancora che non avrebbero potuto essere tempio di Dio, nel quale abita lo Spirito di Dio, se non fossero stati battezzati?
Rifletti almeno sulle parole che l'Apostolo ha rivolto ad essi: Siete stati forse battezzati nel nome di Paolo? ( 1 Cor 1,13 )
Nel lavacro di rigenerazione, dunque, non erano liberi dal grande male dell'ignoranza, anche se indubbiamente erano liberi da tutti i peccati.
Proprio per questo male dell'ignoranza, per il tempio di Dio nel quale abitava lo Spirito di Dio erano stoltezza le cose dello Spirito di Dio.
Progredendo di giorno in giorno e avanzando per la strada sulla quale erano giunti, il male dell'ignoranza sarebbe diminuito sempre di più con l'avvento della sacra dottrina.
Riteniamo pure che nel corso della vita questo male non solo diminuisca ma possa anche esaurirsi del tutto.
Dopo il battesimo tuttavia. O forse nel battesimo?
Chi dubita invece che in questa vita la concupiscenza possa diminuire, ma non scomparire del tutto?
Nel sacro fonte è distrutto tutto il passato reato di questi mali, che sono rimessi in coloro che rinascono e diminuiscono in coloro che progrediscono.
L'ignoranza diminuisce per la luce della verità che risplende sempre di più; la concupiscenza diminuisce per l'ardore della carità che si infiamma sempre di più.
Di questi due beni, niente viene da noi.
Non abbiamo infatti ricevuto lo spirito di questo mondo, ma lo spirito che viene da Dio per conoscere le cose che ci sono state donate da Dio. ( 1 Cor 2,12 )
Da questo punto di vista la concupiscenza è peggiore dell'ignoranza, poiché l'ignoranza senza la concupiscenza pecca di meno, mentre la concupiscenza senza l'ignoranza pecca più gravemente.
Ignorare il male, non sempre è peccato; desiderare il male invece è sempre peccato.
Talvolta il bene stesso può essere ignorato con un certo vantaggio per essere opportunamente conosciuto.
In nessuna maniera, al contrario, può accadere che, tramite la concupiscenza carnale, si desideri il bene dell'uomo.
La stessa prole infatti è voluta dalla volontà dell'animo, non dal piacere del corpo, quantunque non sia possibile deporre il seme senza il piacere del corpo.
Stiamo trattando di questa concupiscenza, per la quale la carne ha voglie contro lo spirito, e non di quella buona per la quale lo spirito ha desideri contro la carne, ( Gal 5,17 ) e con la quale si desidera la continenza, con cui poter vincere la concupiscenza.
Se il piacere della carne non è mai un bene per l'uomo, con questa concupiscenza della carne non si desidera mai un bene per l'uomo.
Qualora poi, come hai notato in qualche parte, "ti piace la setta di Dinomaco, che unisce il piacere all'onestà",19 per il fatto che anche alcuni filosofi di questo mondo, che sembravano più onesti, hanno dichiarato buono Scilleo, composto di natura umana e animale; qualora dunque, secondo la tua opinione, segui questo mostro, a noi è sufficiente che tu ammetta la possibilità di un piacere lecito e di un piacere illecito.
La concupiscenza è cattiva proprio perché è attratta indifferentemente dall'uno o dall'altro, a meno che non si ponga un freno al piacere illecito con il piacere lecito.
Questo male non è deposto nel battesimo, ma i battezzati, già liberi dal suo vincolo per la grazia della rigenerazione, lo vincono salutarmente perché non attragga alle cose illecite.
Che poi nel tempo della risurrezione non sia più presente nel corpo vivente e senza dolore, è un premio per quelli che hanno combattuto fedelmente contro di esso, i quali, dopo essere guariti dalla malattia, saranno rivestiti di una felicissima immortalità.
In coloro però che non risorgeranno alla vita, la sua mancanza non sarà felice ma dolorosa, non perché qualcuno sarà da essa purificato, ma perché dai mali non saranno eccitati verso i piaceri ma spinti verso i tormenti.
Vediamo ora quell'eccellentissimo tuo acume con cui hai creduto di respingere la mia affermazione che "la concupiscenza della carne viene rimessa nel battesimo, non nel senso che cessi di esistere, ma nel senso che non è imputata come peccato", ossia, "anche se il suo reato è stato cancellato, essa tuttavia rimane".20
Da uomo acutissimo, argomenti contro queste mie parole come se avessi detto che nel battesimo la concupiscenza stessa è liberata dal reato.
Siccome ho detto: "anche se il suo reato è stato cancellato", tu intendi "il suo", come se si riferisse a ciò per cui la concupiscenza è rea, cosicché, assolto il reato, essa stessa rimarrebbe assolta.
Se avessi pensato questo non avrei di certo detto che la concupiscenza è cattiva, ma che era cattiva.
Per questo, secondo la tua mirabile intelligenza, quando senti che in qualcuno è stato assolto il reato di omicidio, pensi che non l'uomo ma l'omicidio è stato assolto dal reato.
Chi può intendere questo se non chi non si vergogna di lodare quello contro cui è costretto a combattere?
Come puoi vantarti ed esultare nel rimproverare questa tesi che non è mia, ma tua?
Tu dici cose che dovrebbero essere dette contro coloro che affermano che attraverso il battesimo la concupiscenza della carne viene santificata e diviene fedele in quelli in cui, pur rigenerati, tuttavia rimane.
A te piuttosto che la dichiari buona, converrebbe dire, come lo dite dei bambini, che "al suo bene naturale si aggiunge il bene della santificazione" ed in tal modo la concupiscenza della carne diventa figlia di Dio.
Noi, invece, che la dichiariamo cattiva e diciamo che essa rimane nei battezzati, anche se il suo reato, non quello per cui essa era colpevole - la concupiscenza infatti non è una persona - ma quello per cui essa rendeva colpevole l'uomo nella sua origine, è stato perdonato e svuotato.
Ben lungi da noi affermare che viene santificata la concupiscenza contro cui i rigenerati, se non hanno ricevuto invano la grazia di Dio, debbono lottare in una guerra intestina come contro un nemico, e debbono desiderare e bramare la liberazione da quella peste.
Se poi dici che nei battezzati non rimane alcun male, solo perché non si creda che gli stessi mali siano stati battezzati e santificati, rifletti sulle innumerevoli assurdità che ne seguono.
Se nel battesimo si deve ritenere battezzato e santificato tutto ciò che c'è nell'uomo, bisogna concludere che è battezzato e santificato anche ciò che si trova negli intestini e nella vescica e che viene espulso per mezzo della digestione.
Bisogna concludere altresì che è battezzato e santificato l'uomo che si trova nell'utero di una madre, che è costretta a ricevere il sacramento durante la sua gravidanza e, di conseguenza, il nascituro non ha più la necessità di essere battezzato.
Bisogna concludere infine che sono santificate anche le febbri quando vengono battezzati i malati e, di conseguenza, sono santificate e battezzate le stesse opere del diavolo, come nel caso fosse stata battezzata prima di essere curata quella donna che il diavolo aveva legato alla sua malattia per diciotto anni 149. ( Lc 13,11 )
Che dire poi dei mali dell'anima? Pensa che grande male è ritenere stoltezza le cose che sono dello Spirito di Dio!
Eppure avevano questo male quelli che l'Apostolo alimentava con il latte e non con il cibo.
O forse, per il fatto che nel battesimo non è stato portato via, dirai che è stato battezzato e santificato anche il male tanto grande di quella stoltezza?
Alla stessa maniera, anche se nel battesimo sono stati perdonati indistintamente tutti i peccati, la concupiscenza che rimane per essere contrastata e sanata, non solo non è santificata ma piuttosto è svuotata, affinché non tenga soggetti alla morte eterna quelli che sono stati santificati.
Anche quelli, in verità, che venivano alimentati non con cibo solido ma con latte, ed erano ancora animali che non percepivano le cose dello spirito poiché avevano ancora la stoltezza, qualora fossero usciti dal corpo in quell'età della mente, non della carne, in cui gli uomini nuovi erano chiamati bambini in Cristo, non sarebbero stati responsabili di nessun reato per quella stoltezza.
Il beneficio loro concesso nella rigenerazione, infatti, era precisamente questo: il reato di tutti i mali, dei quali avrebbero dovuto spogliarsi o con la morte o col progresso, sarebbe stato immediatamente tolto con la remissione di tutti i peccati, ma non con la guarigione da tutte le malattie.
Questo reato, però, mantiene necessariamente legato chi è generato secondo la carne, poiché non è rimesso se non a chi rinasce secondo lo spirito.
Dalla morte di una giustissima condanna il genere umano è liberato da un solo Mediatore tra Dio e gli uomini, e non è liberato soltanto dalla morte del corpo, ma altresì dalla morte per cui sono morti tutti quelli per i quali uno è morto.
Poiché uno solo morì per tutti, conseguentemente morirono tutti.
Solo perché ho nominato la parola qualità, ti è piaciuto discutere molto a lungo sulla differenza delle qualità.
Scrivevo: "La concupiscenza non rimane al pari di una sostanza come un corpo o uno spirito, ma è semplicemente l'affezione di una cattiva qualità, quale per esempio una malattia".21
Non ti accorgi che non è per nulla pertinente alla nostra questione?
Per prima cosa infatti mi accusi di "aver cambiato parere" e, dimenticando tutto il mio primo libro, "di aver detto che la libidine è una sostanza".
Per la verità, se ripasserai e sviscererai tutto il mio libro, non troverai neppure una volta che abbia detto che la libidine è una sostanza.
Alcuni filosofi hanno affermato che essa è la parte viziosa dell'anima; ed una parte dell'anima sarebbe sì una sostanza perché, per l'appunto, l'anima è una sostanza.
Io però dico che la libidine è il vizio stesso per cui l'anima o una parte di essa è viziosa, sicché, una volta sanato il vizio, la sostanza rimane assolutamente integra.
Ma anche i suddetti filosofi, credo, con linguaggio metaforico, hanno chiamato "libidine" la parte viziosa dell'anima, in cui si trova il vizio che si chiama libidine, alla stessa maniera per cui si dice "la casa" per indicare tutti quelli che sono in casa.
Dopo di questo, usando maldestramente gli acutissimi strali dei dialettici e cercando di spaventarci con maggiore altezzosità, hai ferito a morte la tua setta.
Dividendo, definendo o descrivendo le differenze delle qualità, tra le altre cose dici: "La terza specie di qualità è l'affezione e la qualità affezionale.
L'affezione si pone tra le qualità perché costituisce il principio delle qualità, a cui si crede accedano o da cui recedano temporaneamente le passioni dell'anima o del corpo.
La qualità affezionale invece, derivata da cause maggiori, inerisce a tutti coloro a cui perviene, in modo tale da poter essere separata solo con grandi sforzi o non poter essere separata affatto".
Questa tua spiegazione è sufficiente per quelli che sanno.
Siccome però non sono da disprezzare i lettori dei nostri libri, che non conoscono questa disciplina, cercherò di illustrare con degli esempi ciò che non è chiaro.
Per quanto riguarda l'anima, l'affezione è il temere; la qualità affezionale è l'essere timido.
Così altro è l'essere adirato ed altro l'essere iracondo; altro è l'essere ubriaco ed altro l'essere ubriacone.
Nel primo caso abbiamo delle affezioni, nel secondo delle qualità affezionali.
Per quanto riguarda il corpo, una cosa è l'impallidire ed una cosa è l'essere pallido; una cosa è l'arrossire ed un'altra l'essere rosso; e via dicendo, tenendo presente che per parecchie di esse mancano parole di uso corrente.
Dicendo pertanto: "la qualità affezionale, derivata da cause maggiori, inerisce in modo tale da non poter essere separata affatto", quando cioè in rapporto ad essa un'anima è dichiarata cattiva, o meglio, quando un uomo è dichiarato cattivo, hai forse timore che non ci possa essere la volontà buona o che non possa far nulla?
Non credi che un uomo miserando, chiunque sia o sia stato, ha certamente esclamato contro questa qualità: Il volere è alla mia portata, ma il praticarlo no? ( Rm 7,18 )
Vogliate riconoscere che almeno qui c'è il gemito necessario di queste parole: Chi mi libererà da questo corpo fonte di morte?
La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. ( Rm 7,24-25 )
Per la qual cosa, quantunque ti avvolga con veste dialettica agli occhi della gente inesperta, sarai spogliato dall'evidenza della verità.
Affermo che il vizio per cui la carne ha voglie contro lo spirito, è stato ingenerato da un'origine viziata, come la cattiva salute; che di questo male fanno buon uso i casti coniugi quando lo usano per generare figli e che nel buon uso di esso si può lodare colui che lo usa ma non il male in se stesso.
Non è innocente infatti il male ma l'uomo che fa in modo che il suo male di cui fa buon uso, non gli possa nuocere.
Così la morte, quantunque sia un castigo per il peccatore, con l'avvento di un uso buono diventa merito per il martire.
Nel battesimo cristiano si riceve un perfetto rinnovamento ed un perfetto risanamento da quei nostri mali per i quali eravamo rei, ma non da quei mali contro cui dobbiamo combattere per non essere rei, essendo anch'essi in noi e non essendo a noi estranei, ma nostri.
Al vizio del bere, che di per sé è cattivo e che gli uomini hanno acquistato e non contratto con la nascita, dopo il battesimo si oppone resistenza perché non conduca ai mali abituali.
Si resiste tuttavia al male, quando, con l'aiuto della continenza, si nega alla concupiscenza ciò che si desidera per abitudine.
Per questo motivo anche il conflitto contro questa concupiscenza dei genitali, ingenerata in noi dal peccato originale, si rivela più ardua per la vedova anziché per la vergine, ed ancor più arduo per la meretrice quando desidera esser casta, anziché per una donna che è sempre stata casta.
La volontà lavorerà con tanto più ardore per vincerla, quanto maggiori sono state le forze che ad essa ha prestato l'abitudine.
Da questo e con questo male dell'uomo nasce l'uomo.
Esso è tanto grande ed è tanto legato alla condanna dell'uomo ed alla separazione dal regno di Dio, che, pur se si contrae da genitori rigenerati, può essere cancellato solo con la rigenerazione, com'era avvenuto nei genitori stessi, e solo con questo rimedio la minaccia della morte può essere allontanata dalla prole com'era stata allontanata dai genitori.
La qualità del male non passa da sostanza come da luogo a luogo, così da lasciare il posto dove si trovava e continuare ad essere in altro luogo ciò che era prima, ma per l'azione di un certo contagio sarà un'altra cosa dello stesso genere, come suole accadere talvolta ai figli, dal corpo malato dei genitori.
Cosa hai voluto intendere quando, a tuo dire, "hai chiuso la palestra di Aristotele per ritornare alle sacre Scritture"?
Tu dici: "la concupiscenza dunque, è una sensazione e non una cattiva qualità; di conseguenza, quando diminuisce la concupiscenza, diminuisce anche la sensazione".
Attraverso il desiderio della castità e della continenza, non diminuisce forse di giorno in giorno la concupiscenza della carne?
Vorrei che mi dicessi se non diventa sempre più sano dalla malattia della fornicazione chi si diletta sempre meno di fornicare, quantunque abbia imputato in se stesso questo male con una sola conversione e, dopo aver ricevuto il lavacro della rigenerazione, non vi sia più ricaduto.
Vorrei ancora che mi dicessi se, dopo un'inveterata abitudine al bere, un battezzato che non si ubriaca più, non diventa ogni giorno più sano di quanto era prima, moderando sempre più la voglia di trangugiare vino.
È la sensazione dunque, e non la concupiscenza, che ci fa avvertire di averne di più o di meno.
Nei patimenti del corpo la sensazione non è il dolore, ma attraverso la sensazione avvertiamo il dolore.
Così pure la sensazione non è la malattia, ma attraverso la sensazione avvertiamo la malattia.
Pertanto, se colui che rinunciando alla fornicazione ed al vino si astiene da opere del genere e diventa buono, e per una buona qualità si diventa buoni, non gli si può forse giustamente dire: Ecco, sei guarito, non peccare più? ( Gv 5,14 ) o non può egli giustamente essere chiamato casto e sobrio?
Se poi con la crescita della concupiscenza buona, con cui debella la voglia di fornicare e di bere, diventa diverso da ciò che era al momento della recente conversione, e se diventa tanto diverso che la voglia del peccato lo muove sempre meno, sicché contro quei mali egli combatte non tutte le battaglie che combatteva prima, ma molte di meno, non per la diminuizione del valore ma dei nemici, non per la defezione della battaglia ma per l'aumento della vittoria, avrai per caso qualche dubbio a dichiararlo migliore?
E per quel motivo, se non perché la buona qualità è cresciuta mentre la cattiva è diminuita?
Si è accresciuto ciò per cui ha cominciato ad essere buono ed è diminuito ciò per cui era cattivo, e tutto questo lo ha fatto dopo il battesimo, non durante il battesimo.
Anche se c'è stata la piena remissione dei peccati, è rimasta tuttavia una lotta con cui bisogna attentamente guardarsi e istantemente combattere contro la caterva dei cattivi desideri che tumultuano dentro di noi, affinché si possa progredire verso il meglio.
Per questo motivo giustamente viene detto ai battezzati: Mortificate dunque le vostre membra terrene; ( Col 3,5 ) e: Uccidendo invece con lo spirito le opere della carne avrete la vita, ( Rm 8,13 ) ed ancora: Vi siete spogliati del vecchio uomo. ( Col 3,9 )
Queste parole sono dette con grande aderenza alla verità e senza alcun rimprovero al battesimo.
Se non vuoi essere litigioso, credo che ormai comprenda come debbono essere intese rettamente le parole del Profeta, che tu cerchi di esporre in maniera diversa.
Dapprima egli dice: Diventa propizio verso tutte le tue iniquità, ( Sal 103,3 ) cosa che avviene nella remissione di tutti i peccati, e poi aggiunge: Che guarisce tutti i tuoi mali, ( Sal 103,3 ) lasciando intendere che questi sono i mali contro cui, senza intermissione, i santi combattono le lotte interiori, fino a quando essi non siano sanati o diminuiti il più possibile in questa vita.
Non si può dire infatti che non esiste la malattia, per cui la carne ha voglie contro lo spirito, perché la virtù della castità rimane invitta.
Se non ci fosse la malattia, lo spirito non avrebbe desideri contro la carne.
Per questo però lo spirito ha desideri contro di essa, perché, se non può avere la sanità di non combattere, ottenga quella di non acconsentire.
Quello di cui trattiamo, quindi, e di cui sentiamo la resistenza dentro di noi, o è una natura estranea che dev'essere separata, o è la nostra che deve essere sanata.
Se diciamo che è una natura estranea che deve essere separata, favoriamo i manichei.
Riconosciamo dunque che la nostra natura deve essere sanata, ed eviteremo insieme i manichei ed i pelagiani.
Indice |
18 | 3,21,42 |
19 | 4,15,76 |
20 | Agostino, De nupt. et concup. 1,25,28 |
21 | Agostino, De nupt. et concup. 1, 25,28 |