Contro Giuliano |
"Questa ferita inferta dal diavolo al genere umano costringe chiunque nasce per mezzo di essa ad essergli soggetto, come se raccogliesse di diritto il frutto del suo albero".22
Ti sei proposto di respingere queste parole del mio libro, che tu travisi come se avessi detto che "il diavolo è l'autore della natura umana ed il creatore della sostanza stessa di cui l'uomo è costituito", quasi che si possa chiamare sostanza la ferita che si trova nel corpo.
Se credi che abbia dichiarato il diavolo creatore della sostanza solo perché, nella similitudine da me usata, l'ho chiamato albero, che senza dubbio è una sostanza, perché ti dimostri o fingi di essere tanto ignorante da non sapere che dalle sostanze si possono usare similitudini per realtà che non sono sostanze?
A meno che dialetticamente non vorrai calunniare lo stesso nostro Signore che ha detto: Ogni albero buono fa frutti buoni, ma l'albero guasto fa frutti cattivi. ( Mt 7,17 )
Chi mai, se non chi non sa quel che dice, potrebbe dichiarare sostanze la malizia o la bontà, le opere buone o cattive, che sono significate con i frutti di quegli alberi?
Chi, in verità, consapevole di quello che dice, potrà negare che gli alberi ed i loro frutti sono sostanze?
Con queste cose dunque che sono sostanze, vediamo che sono state usate similitudini per realtà che non sono sostanze.
Anche ammettendo che l'albero buono o cattivo voglia significare non la bontà o la malizia dell'uomo, ma l'uomo stesso nel quale risiedono tali qualità, vale a dire la bontà nell'uomo buono e la malizia in quello cattivo, cosicché l'albero, l'uomo cioè, è da ritenersi una sostanza, nessuno, se non un ignorante, può chiamare sostanze i loro frutti, che null'altro possono significare se non le loro opere, anche se nessuno, neppure uno stupido, può negare che tutti i frutti degli alberi da cui è stata tratta la similitudine, sono sostanze.
Per una realtà quindi che non è sostanza, si può usare una similitudine dalla sostanza.
Proprio per questo, per significare il vizio che il diavolo ha inferto al genere umano come una ferita, quantunque in nessun modo sia una sostanza, ho tratto una similitudine dalla sostanza e l'ho chiamato albero.
Allo stesso modo ho chiamato frutto il vizio con cui nasce l'uomo, che voi negate ma che la verità pone in evidenza, ed a causa del quale l'uomo perderà eternamente il regno di Dio, se non rinasce in virtù della verità che libera.
Di conseguenza, ho detto che il diavolo è il corruttore, non il creatore della sostanza.
Avendogliene Dio giusto dato il potere, infliggendo una ferita ha sottomesso a sé quello che non aveva creato.
Al suo potere, tuttavia, non può sottrarre né se stesso né ciò che gli è assoggettato.
Proprio perché la prima è condannata, è stata istituita una seconda nascita.
Pur condannata, tuttavia ad essa è manifestata la bontà di Dio perché da un seme maledetto viene formata una natura razionale.
Dalla medesima immensa bontà è apertamente nutrita una miriade di uomini cattivi, che vegetano in virtù della nascosta opera di Dio.
Se questa bontà dell'opera di Dio venisse sottratta alla formazione ed allo sviluppo del seme, ed alla vita di tutti i viventi, non solo non ci sarebbero le generazioni, ma anche le cose generate finirebbero nel nulla.
Dal momento che solo una stolta empietà può rimproverare Dio, vivificatore di tutti, che fa vivere gli uomini condannabili per la loro viziosa volontà, perché dovremmo ritenere incompatibile con la sua opera, che, da lui Creatore, nascano uomini condannabili per la loro origine viziata, oppure che in virtù del Mediatore, per un atto gratuito di misericordia non meritato, i rigenerati, scelti prima della costituzione del mondo, con scelta gratuita e non per merito di opere passate presenti o future, siano liberati da una condanna dovuta?
Altrimenti la grazia non sarebbe più grazia. ( Rm 11,6 )
La qual cosa appare soprattutto nei piccoli, le cui opere non possono essere passate perché non fanno nulla e neppure future, se muoiono in quella età.
Riconosco di aver detto: "Allo stesso modo che i peccati passano come atto, ma rimangono come reato, così, al contrario, può avvenire che la concupiscenza passi come reato, ma rimanga come atto".23
Il tuo errore dice che è falso; la verità invece conferma che è vero.
Incapace di controbatterlo, come prima cosa cerchi di confondere le idee degli inesperti con sofistiche oscurità, affermando che "non ti riesce di pensare in quale dialettica abbia trovato la reciprocità di tutti i contrari".
Se volessi offrire una spiegazione di questa tua affermazione e volessi farla comprendere a chi non ha mai studiato queste cose, probabilmente ci vorrebbe tutto il libro.
Per il momento è sufficiente ciò che hai detto: "in nessuna dialettica si può trovare la reciprocità di tutti i contrari".
Dal tenore delle tue risposte si deduce che non è possibile per tutti, ma è possibile per alcuni. Tra di essi ho trovato il mio.
Se avessi detto che tra nessun contrario c'è reciprocità, ed avessi dimostrato che i contrari posti da me non possono essere reciproci perché non esistono contrari reciproci, avrei dovuto dimostrarti che per alcuni contrari era possibile la reciprocità e che tra di essi c'erano quelli posti da me.
Dicendo però che "non c'è reciprocità tra tutti i contrari" e non che "tra nessun contrario c'è reciprocità", di fatto ammetti che tra alcuni esiste la reciprocità.
In alcuni contrari dunque esiste la reciprocità.
A me quindi resta solo da dimostrare che tra di essi ci sono anche i contrari posti da me e cioè: se è vero che i peccati passano come atto, ma rimangono come reato, allo stesso modo è vero che la concupiscenza passa come reato, ma rimane come atto.
Volendo dimostrare che non era possibile, hai detto una cosa che non ho detto.
Io ho parlato infatti della concupiscenza che nelle membra contrasta la legge della mente, ( Rm 7,23 ) anche se il suo reato è passato con la remissione di tutti i peccati, esattamente come, al contrario, un sacrificio fatto agli idoli e non ripetuto, passa come atto, ma rimane come reato fino a che non venga rimesso dalla misericordia.
Sacrificare agli idoli è tale che il suo atto passa non appena è stato compiuto, ma, passato l'atto, il suo reato rimane per essere cancellato dal perdono.
La concupiscenza, invece, è tale che rimane nell'uomo che lotta contro di essa con l'aiuto della continenza, anche se il reato, contratto con la generazione, è già passato con la rigenerazione.
Rimane in atto non già distraendo ed allettando la mente e, col suo consenso, concependo e partorendo il peccato, bensì muovendo i cattivi desideri a cui la mente deve resistere.
Il movimento stesso è il suo atto anche se l'effetto manca perché la mente non vi acconsente.
Nell'uomo, infatti, al di fuori di questo atto, ossia di questo movimento, esiste un male da cui deriva appunto questo movimento che chiamiamo desiderio.
Non sempre però c'è questo desiderio contro cui combattere.
Se talvolta non c'è, quando nulla è desiderato con concupiscenza né dall'anima di chi pensa né dai sensi del corpo, può accadere che sia insita una cattiva qualità che non sia mossa da alcuna tentazione, così come la timidezza è insita nel timido anche quando non ha alcun timore.
Quando poi c'è qualcosa da desiderare, ma nessun desiderio cattivo è di fatto eccitato, neppure contro la volontà, allora si ha la piena salute.
Questo vizio dunque non potrebbe tener legato l'uomo se non con il reato, quantunque sia stato procreato dal buon uso dello stesso male da parte di casti coniugi.
Questo reato, anche se il male rimane, è cancellato nella remissione di tutti i peccati, in virtù della grazia di Dio per la quale siamo liberati da tutti i mali, poiché il Signore non solo è benigno verso tutte le nostre iniquità, ma risana tutte le nostre malattie.
Ricorda pertanto ciò che lo stesso Liberatore e Salvatore ha risposto a chi gli aveva chiesto di uscire da Gerusalemme: Ecco, io scaccio i demoni ed opero guarigioni oggi e domani e il terzo giorno sarà la mia fine. ( Lc 13,32 )
Leggi il Vangelo e vedi dopo quanto tempo Cristo ha patito ed è risuscitato. Ha mentito forse? Affatto.
Ha voluto semplicemente significare qualcosa che stiamo trattando tra di noi in questa disputa.
La cacciata dei demoni significa la remissione dei peccati; il compimento delle guarigioni il progresso che si compie dopo il battesimo; la consumazione del terzo giorno, che ci ha mostrato anche con l'immortalità della sua carne, significa la felicità dei gaudii incorruttibili.
Come esempio di ciò di cui parlavi hai addotto un sacrificio sacrilego ed hai detto: "tutto quanto appartiene a questo genere può essere dimostrato da questo solo: se uno ha sacrificato agli idoli una volta soltanto, finché non ottenga il perdono, può essere oppresso dall'empietà del male commesso e rimane il reato dopo che è finita l'azione.
Non può mai accadere però che rimanga l'azione ma passi il reato, vale a dire non può accadere che uno continui a sacrificare agli idoli, ma sia libero dalla profanazione".
Molto giustamente dici questo riguardo ai sacrifici offerti agli idoli.
L'atto, infatti, è l'opera che si compie nell'azione stessa e non sarà più.
Se la si compie un'altra volta si avrà un altro atto.
L'empietà, invece, per la quale si compiono queste azioni, rimane fin quando non si rinuncia agli idoli e si crede in Dio.
L'aver sacrificato agli idoli infatti, è un fatto transitorio, non un vizio permanente; l'empietà invece per la quale è stato offerto il sacrificio, siccome rimane anche dopo l'azione, può essere paragonato alla concupiscenza per la quale è stato commesso un adulterio.
Tolto l'errore però, per cui l'empietà era creduta pietà, può forse dilettare qualcuno sacrificare agli idoli, o può essere sollecitato verso di esso il desiderio di qualcuno?
In nessun modo, dunque, è simile quello che hai creduto di presentare come tale.
In nessun modo, dico, il sacrificio transitorio è simile alla concupiscenza permanente, che, con gli stimoli dei cattivi desideri ai quali resiste la castità, non cessa di tormentare l'uomo che non commette più quelle cose che si è soliti commettere quando si acconsente ad essa, e che, con piena cognizione di fede, sa di non doverne più commettere.
Né la concupiscenza si esaurisce con la conoscenza al punto da non esistere più, ma è frenata dalla continenza, affinché non giunga dove vorrebbe.
Per la qual cosa, come l'immolazione fatta agli dèi non rimane come atto perché è già passato e non rimane nella volontà perché l'errore che l'aveva causato è già stato distrutto, ma ne rimane tuttavia il reato fin quando non venga cancellato nel lavacro di rigenerazione, con la remissione di tutti i peccati; così, al contrario, quantunque il reato della cattiva concupiscenza sia stato cancellato nello stesso battesimo, essa tuttavia rimane fino a quando non sarà sanata con l'opera della medicina da Colui che apporta la salvezza dopo aver cacciato i demoni.
Dal momento che tu stesso ammetti che di un peccato fatto e trascorso rimane il reato, a meno che non sia distrutto nel sacro fonte, rispondimi per favore: cos'è questo reato e dove si trova se l'uomo si è già corretto e vive rettamente, ma non è stato ancora liberato dalla remissione dei peccati?
È un soggetto questo reato, una sostanza, cioè, al pari di uno spirito o di un corpo, oppure si trova nel soggetto come la febbre o una ferita nel corpo, o l'avarizia e l'errore nell'anima?
Dirai che si trova nel soggetto: non dirai certamente che il reato è una sostanza.
Ebbene, in quale soggetto credi che si trovi? Ma perché chiederti una risposta, e non riportare piuttosto le tue parole?
Dici infatti: "Compiuta l'azione, il reato rimane nella coscienza di chi ha mancato fino a quando non venga perdonato".
Si trova dunque nel soggetto, nell'animo cioè di colui che ricorda di aver peccato e che è angustiato dal rimorso di coscienza fino a quando non sia sicuro della remissione del peccato.
Cosa accadrebbe se dimenticasse di aver peccato e se la sua coscienza non fosse tormentata?
Dove si troverebbe quel reato che, passato il peccato, come tu stesso hai detto, rimane fino a quando non venga perdonato?
Non si trova certamente nel corpo, perché non è di quel genere di accidenti che sono appropriati al corpo; non si trova nell'anima, perché la dimenticanza ne ha cancellato il ricordo, eppure c'è.
Dov'è dunque se l'uomo vive ormai rettamente e non commette più tali azioni e dal momento che non si può neppure dire che il reato dei peccati che si ricordano rimane, mentre quello dei peccati dimenticati non rimane?
Esso tuttavia rimane fino a quando non viene perdonato.
Dove rimane dunque se non nelle occulte leggi di Dio, scritte in certo modo nella mente degli Angeli affinché nessuna iniquità resti impunita, se non quella che ha espiato il sangue del Mediatore, col cui segno di Croce viene consacrata l'acqua del battesimo, perché in essa sia cancellato il reato scritto come su un chirografo a conoscenza delle Potestà spirituali, destinate ad esigere la pena dei peccati?
A questo chirografo ( Col 2,14 ) nascono soggetti tutti coloro che in carne nascono dalla carne secondo la carne e sono destinati ad essere liberati dal sangue di Colui che, pur nato in carne dalla carne, non è nato secondo la carne ma secondo lo spirito.
È nato infatti per opera dello Spirito Santo dalla vergine Maria.
Per opera dello Spirito Santo, cioè, affinché in lui non ci fosse la carne di peccato, e dalla vergine Maria affinché in lui ci fosse la somiglianza della carne di peccato.
Per questo motivo non è stato soggetto a quel chirografo e da esso ha potuto liberare tutti quelli che erano ad esso soggetti.
Né si può dire che non c'è un male, quando in un uomo la parte superiore serve turpemente l'inferiore, o quando l'inferiore resiste tenacemente alla superiore, anche se questa non si lascia vincere.
Se questo male un uomo l'avesse sofferto da un altro che lo contrasta dall'esterno, per il fatto che non si trova in lui, sarebbe senz'altro punito senza di lui.
Siccome però si trova dentro di lui, o viene punito insieme a lui, o, dopo essere stato liberato dal suo reato, persevera nella lotta contro lo spirito in modo tale da non trascinare l'uomo, non più colpevole, ad alcun tormento dopo la morte, da non alienarlo dal regno di Dio, e da non farlo tenere legato da alcuna condanna.
Per essere liberati del tutto non dobbiamo credere che debba separarsi da noi come una natura estranea, ma, essendo una malattia della nostra natura, dev'essere risanata in noi.
"A causa di questo vizio, come ho scritto nel libro che tu contesti, la natura umana viene condannata.
Per lo stesso motivo per cui è condannata, essa è assoggettata al diavolo condannato, perché anch'egli è uno spirito immondo, certamente buono in quanto spirito, ma cattivo in quanto immondo, giacché è spirito per natura ed è immondo per vizio: delle due cose, quella viene da Dio e questo da lui stesso.
Di conseguenza tiene soggetti a sé gli uomini, sia gli adulti che i bambini, non per la loro umanità ma per la loro impurità".24
Dopo aver citato queste parole dal mio libro hai creduto di opporti ad esse dicendo: "la regola che si segue per il diavolo dev'essere seguita anche per l'uomo cattivo, affinché nessuno sia condannato se non per i vizi della propria volontà.
Proprio per questo non vi può essere il peccato originale, altrimenti non può essere approvata l'opera di chi ha creato buono anche il diavolo".
Non pensi però che Dio non ha creato il diavolo da un altro diavolo e neppure da un angelo, sia pure buono, che avesse tuttavia nelle membra una legge in contrasto con la legge della mente, per la quale e con la quale tutti gli uomini nascono dagli uomini.
Questo argomento avrebbe potuto esserti di aiuto se il diavolo generasse i figli al pari dell'uomo e noi negassimo che essi siano soggetti al peccato paterno.
Ora, in verità, altro è colui che era omicida fin da principio, perché, con la seduzione della donna, ha ucciso l'uomo fin dall'inizio della sua formazione e, non essendo per il libero arbitrio rimasto nella verità, ( Gv 8,44 ) cadendo, l'ha precipitato giù; ed altro è che per opera di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e attraverso il peccato la morte; così la morte passò su tutti gli uomini, perché in lui tutti peccarono, ( Rm 5,12 ) dove con evidenza viene espresso che, oltre i peccati personali di ciascuno, c'è un peccato originale comune a tutti.
"Chi si meraviglia perché una creatura di Dio è soggetta al diavolo, non si meravigli; una creatura di Dio, infatti, è assoggettata ad una creatura di Dio, quella più piccola a quella più grande".25
Perché hai citato queste mie parole senza aggiungere quelle seguenti, nelle quali dimostravo in che senso ho detto: "la più piccola alla più grande", l'umana cioè all'angelica, se non perché fosse compreso di meno il mio intento, per trovare un posto a te, dove, come al solito potessi spargere davanti agli inesperti la nebbia dalle categorie di Aristotele, cosicché, non sapendo cosa dire, pensassero che, nascosto in mezzo ad essa, effettivamente dicessi qualche cosa?
A tal punto infatti è arrivata la vostra eresia che i vostri seguaci gemono perché nella Chiesa non si trovano giudici dialettici della scuola dei peripatetici o degli stoici, da cui possiate essere assolti.
Che c'entra, cosa vuol dire, per qual motivo hai detto che "più grande e più piccola" appartengono ad una specie della quantità?
Ma "la quantità, aggiungi, non solo non è capace dei contrari, cosa comune con la qualità e agli altri predicamenti, ma non ha neppure un contrario, cosa comune con la definizione della sostanza: il bene ed il male invece sono contrari".
Non avresti detto mai tali cose se avessi ritenuto che i lettori o gli uditori dei tuoi libri avrebbero compreso quello che dici.
Sicché l'uomo immondo non avrebbe dovuto essere assoggettato all'angelo immondo perché la quantità per cui l'angelo è più grande dell'uomo, non solo non è capace dei contrari ma non ha neppure il contrario, quasi che l'uomo avrebbe dovuto essere assoggettato al diavolo solo se si fosse scoperto che era a lui contrario, e che i cattivi non avrebbero dovuto essere assoggettati ai cattivi perché i buoni ai cattivi sembrano contrari e non i cattivi ai cattivi?
Cosa si può pensare di più sciocco? Cosa si può dire di più inetto?
Che forse il servo non è assoggettato al padrone, il buono al buono, il cattivo al cattivo, il cattivo al buono e il buono al cattivo?
Che forse la moglie non è assoggettata al marito, la buona al buono, la cattiva al cattivo, la cattiva al buono o la buona al cattivo?
Che importa alla forza o alla ragione con cui una cosa è assoggettata ad un'altra, se questa o quella possa o non possa ricevere o avere il contrario?
Non avresti di certo sparso sconsideratamente queste parole, se avessi meditato la sapienza contraria alla stoltezza che ti suggerisce tali cose.
Intanto, qual è la tua argomentazione? "Se una cosa ordinata convenientemente appartiene a Dio, tu dici, e la cosa che appartiene a Dio è buona, ne segue che l'essere soggetto al diavolo è un bene, perché in tal modo si osserva un ordine stabilito da Dio.
Ne segue altresì che ribellarsi al diavolo è un male perché come risultato si ha un turbamento dell'ordine stabilito da Dio".
Potresti dire che i contadini si oppongono a Dio e turbano il suo ordine quando tolgono dai campi le spine ed i cardi, che il Signore ha fatto nascere come pena per i peccatori? ( Gen 3,18 )
Che diresti se, secondo questo tuo ragionamento, dicessimo: Se una cosa ordinata convenientemente appartiene a Dio e la cosa che appartiene a Dio è buona, per i cattivi è un bene trovarsi nella geenna, giacché per mezzo di essa si osserva un ordine stabilito da Dio?
Perché poi aggiungi: "ne segue che ribellarsi al diavolo è un male, poiché come risultato si ha un turbamento dell'ordine stabilito da Dio?"
Chi mai si ribella al diavolo se non è stato liberato dal suo potere per mezzo del sangue del Mediatore?
Sarebbe stato meglio non avere un nemico, anziché vincerlo.
Ma siccome a causa del peccato la natura umana si è trovata soggetta al nemico, l'uomo, per poter lottare contro di esso, dapprima è sottratto al suo potere e poi, più tardi, se la vita in questa carne è più lunga, viene aiutato nella lotta per poter vincere.
Alla fine, vittorioso, troverà la beatitudine, regnerà e dirà: Dove sono i tuoi contagi o morte? ( Os 13,14 sec. LXX ) oppure, come dice l'Apostolo: Dov'è o morte la tua vittoria, dov'è o morte il tuo pungiglione? ( 1 Cor 15,55 )
Hai ritenuto altresì doveroso citare alcune frasi dai libri dei manichei per paragonare con esse il mio pensiero.
Sai bene però che con la fede e con le parole non solo detesto e condanno la mescolanza delle due nature, di quella buona e di quella cattiva, da cui deriva tutta l'immaginosa insania manichea, ma, opponendomi e resistendo a te, dimostro che sei tu a suffragare la loro dottrina.
Quando la verità grida contro di essi che i mali non possono derivare che dai beni, non sei forse tu che per essi ed insieme ad essi reclami a gran voce contro la verità: "L'opera del diavolo non può passare attraverso l'opera di Dio; la radice del male non può essere collocata nel dono di Dio; il retto ordine delle cose non permette che dal bene possa derivare il male o dal giusto l'iniquo; da una cosa che è immune da peccato non può derivare una colpa"?26
Da tutte queste tue espressioni si deduce che il male non deriva dal bene e, di conseguenza, non rimane altra possibilità se non che il male non può derivare che dal male.
Come puoi dunque, quasi fossi un avversario, accusare chicchessia di manicheismo, dal momento che sei talmente radicato dalla loro parte che non possono essere sconfitti senza che anche tu lo sia insieme ad essi?
Quest'argomento l'ho trattato molto a lungo nel mio primo libro e più brevemente nel quinto, per cui basta averlo qui accennato.
Quanto la vostra comune eresia favorisca i manichei l'ho frequentemente dimostrato, ma neppure qui lo debbo tralasciare.
I manichei enumerano i mali che si manifestano nei bambini, che anche Cicerone tiene presenti nei libri Sulla Repubblica, da cui ho già riportato le sue parole.27
Ricordando quei mali, egli dice che "l'uomo è stato gettato tra queste calamità non da una natura madre, ma da una matrigna".
Ad essi si aggiungono anche quegli svariati mali, fino all'ossessione diabolica, che vediamo colpire se non tutti, certamente molti bambini.
Concludono quindi dicendo: se Dio è giusto e onnipotente, per quale motivo la sua immagine nei bambini soffre tanti mali, se non perché è vera la mescolanza delle due nature, come noi affermiamo, di quella buona cioè e di quella cattiva?
La verità cattolica li redarguisce professando il peccato originale, per il quale il genere umano è diventato lo zimbello dei demoni, e la discendenza dei mortali è stata destinata ad una faticosa miseria.
Certamente non sarebbe stato così, se la natura umana per mezzo del libero arbitrio fosse rimasta nello stato in cui era stata creata all'inizio.
Negando il peccato originale, invece, siete costretti a dichiarare impotente o ingiusto Dio, sotto il cui potere, la sua immagine nei bambini, senza un demerito per peccati propri od originali, viene colpita da tanti mali; non si può dire infatti che per mezzo di essi si esercita la virtù, come giustamente lo si può dire dei buoni adulti, che hanno l'uso della ragione.
Siccome però non potete dire che Dio è impotente o ingiusto, i manichei vedranno rafforzato contro di voi il proprio necessario errore sulla mescolanza delle due sostanze nemiche tra loro.
Non è vero, dunque, come tu dici, che "nessuna erba dei lavandai mi purifica dall'infezione manichea".
Con tali insolenti parole offendi il lavacro di rigenerazione che ho ricevuto nel seno della cattolica Madre.
In voi piuttosto si è insinuato il malizioso veleno dell'antico serpente a tal punto da infamare i cattolici con l'orrore del nome manicheo ed aiutare i manichei con la perversità nel vostro errore.
Scrivendo a Marcellino, in un altro mio libro dicevo che "i figli della donna che ha creduto al serpente ed è stata corrotta dalla libidine non sono liberati se non dal Figlio della Vergine, che ha creduto all'Angelo ed è stata fecondata senza libidine".28
Hai citato queste parole e le hai interpretate come se avessi detto che il serpente si è unito ad Eva con unione corporale, così come i manichei, delirando, affermano che si è unito alla donna il principe delle tenebre e padre della stessa.
Non ho detto questo del serpente.
Contro l'Apostolo però puoi forse negare che la mente della donna è stata corrotta dal serpente?
O non lo senti quando dice: E temo che, come il serpente con la sua astuzia sedusse Eva, così le vostre menti non si lascino corrompere, traviando dalla sincerità e dalla purezza da serbare per Cristo? ( 2 Cor 11,3 )
Da questa corruzione del serpente, come avviene quando i cattivi discorsi corrompono i costumi, ( 1 Cor 15,33 ) la libidine del peccato è giunta alla mente della donna, e, dopo che anche l'uomo fu corrotto dalla prevaricazione, è passata nella carne, per cui arrossirono e coprirono le parti delicate, non perché c'era stata l'unione corporale del diavolo, ma perché la grazia di Dio se n'era andata.
Con tutta la tua disputa non hai affatto "schiacciato, come ti vanti, la mia affermazione sul male della concupiscenza carnale e sul peccato originale", pur restando la lode del matrimonio che fa buon uso di un male che non ha fatto, ma ha trovato.
Per la verità non hai schiacciato neppure i manichei, che piuttosto hai aiutato massimamente tu, come ho dimostrato, insieme a tutti i tuoi compagni della novità pelagiana e dell'errore.
Nel primo libro di quest'opera, con amplissima e certissima verità, ho dato una risposta su talune testimonianze prese dai trattati cattolici di San Basilio di Cesarea e di San Giovanni di Costantinopoli, che, a vostro dire, sarebbero concordi con il vostro modo di pensare.
Ti facevo notare come, non comprendendo alcune loro parole, avete combattutto con straordinaria cecità contro il loro domma che è il domma cattolico.
Nel secondo libro ho discusso abbastanza29 per dimostrare che non si tratta, come tu accusi, di una "cospirazione di uomini perduti",30 bensì di un pio e fedele consesso di santi ed eruditi Padri della Chiesa cattolica che, aderendo ad un'antichissima verità cattolica, resistono alla vostra eretica novità.
Di conseguenza, il mormorio del popolo che, a vostro dire, è il solo argomento che sappiamo opporvi, non è affatto il solo, poiché poggia sull'autorità di tanti Dottori; esso poi è giustificato perché il popolo non vuole che distruggiate la notissima salvezza dei bambini, riposta in Cristo.
Indice |
22 | Agostino, De nupt. et concup. 1,23,26 |
23 | Agostino, De nupt. et concup. 1,26,29 |
24 | Agostino, De nupt. et concup. 1, 23,26 |
25 | Agostino, De nupt. et concup. 1, 23,26 |
26 | 1,8,41; 1,9,42-44; 5,16,59.64 |
27 | 4,12,60 |
28 | Agostino, De pecc. mer. et rem. 1,28,56 |
29 | 2,3,5-6 |
30 | 2,3,7 |