Opera incompiuta contro Giuliano |
Giuliano. Ma il peccato, ha detto, non può essere imputato quando manca la legge; ( Rm 5,13 ) con la quale sentenza, come pure con tutti i suoi detti, elimina l'opinione della " traduce ".
Agostino. Evidentemente quando manca la legge, non è imputato il peccato, ma dagli uomini che ignorano gli inscrutabili giudizi di Dio.
Infatti se Dio non imputa il peccato quando manca la legge, per quale mai giustizia di Dio coloro che hanno peccato senza la legge, periranno senza la legge? ( Rm 2,12 )
Giuliano. Infatti se prima della legge non fu imputata la " traduce " del peccato e dopo la legge poi la " traduce " del peccato non ci fu, essa non ha mai assolutamente ottenuto il suo veleno per nuocere al genere umano.
Prima della legge infatti non fu imputato il peccato naturale; sotto la legge esso non fu imputato, perché in nessun testo della legge s'insegna mai che esso sia stato o indicato o imputato.
Appare dunque che prima della legge l'Apostolo colpisce il peccato della volontà libera e dopo la legge la prevaricazione della volontà altrettanto libera.
Agostino. Se nella legge non si affaccia il peccato originale, per quale ragione dunque si dice nella legge che l'anima di un bambino non circonciso dentro l'ottavo giorno è eliminata di mezzo al suo popolo? ( Gen 17,12.14 )
Perché alla nascita di un bambino si offriva un sacrificio di espiazione per il peccato? ( Lv 12,6 )
Ma via taci, per favore! Guarda il bambino che non parla ed imita chi non parla.
Giuliano. Perciò risulta che l'Apostolo non ha parlato per nulla del peccato della " traduce ", e sebbene fossero in gran copia per provare che l'Apostolo non ebbe mai nessun sentore del peccato naturale - che non può esistere ed è un'invenzione dei manichei -, tuttavia per sovrappiù sottolineò anche la distinzione per cui non tutti assolutamente gli uomini sono stati macchiati dalla prevaricazione di Adamo, dal momento che anche tra coloro sui quali regnava la morte per la loro iniquità se ne trovavano moltissimi che l'Apostolo insegnava estranei alla prevaricazione di Adamo.
Agostino. O uomo calunnioso, o uomo verboso!
Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perché è viziata la stessa nostra origine.57
Chi l'ha detto non fu manicheo, ma, com'è lodato dalla bocca del vostro maestro, rifulse tra gli scrittori ecclesiastici qual fiore di bellezza.
Ma come fai a dire che non tutti furono macchiati dalla prevaricazione di Adamo e, peggio ancora, ad imputare all'Apostolo ciò che dici insipientemente di sapere, benché egli dica: La morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non peccarono, volendo intendere i bambini che non hanno commesso nessun peccato personale, e benché aggiunga: A somiglianza della prevaricazione di Adamo, ( Rm 5,14 ) spiegando perché la morte abbia regnato sui bambini?
Ne abbiamo già parlato abbastanza nelle pagine precedenti.
In che modo infatti sarebbe vero che a causa di un uomo solo il peccato entrò nel mondo e per il peccato la morte, ( Rm 5,12 ) se la morte regnò tuttavia su alcuni che non appartengono a questo peccato dell'unico uomo?
Quelli infatti su cui regnò la morte appartengono al peccato che la fece entrare; quelli invece che non appartengono al peccato che fece entrare la morte, per quale giusto giudizio appartengono alla morte?
Ma non appartengono al peccato che entrò nel mondo a causa di un solo uomo quelli che non peccarono a somiglianza della sua prevaricazione, come dicesti tu stesso: su di essi dunque non regnò la morte.
Che senso ha dunque il testo: La morte regnò anche su coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, se non che la morte regnò anche su coloro che non peccarono, perché non commisero peccati propri in nessun modo?
Ma regnò a somiglianza della prevaricazione di Adamo, perché, sebbene non abbiano commesso peccati propri in nessun modo, appartengono tuttavia al peccato che fece entrare la morte nel mondo, contraendo la somiglianza della prevaricazione, non perpetrando una prevaricazione con un peccato proprio, ma nascendo dal prevaricatore a causa del quale la natura umana è stata tutta viziata.
Giuliano. Vedi dunque se perfino a te debba rimanere dubbio ancora ciò che noi diciamo, ossia che gli innocenti, prima dell'uso della propria volontà, da pura opera di Dio, non hanno peccato in Adamo, quando per testimonianza dell'Apostolo si insegna che sono moltissimi anche tra gli iniqui coloro che non peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo.
Agostino. È già stato risposto. Bisogna che tu taccia.
Non puoi infatti dire se non perversità, tentando di pervertire le parole dell'Apostolo.
Egli ha detto infatti che anche su coloro che non peccarono, ossia sui bambini che non hanno peccati propri, regnò tuttavia la morte per la somiglianza della prevaricazione di Adamo, che è figura del futuro, perché travasa in essi il Cristo la giustizia come Adamo il peccato; così il Cristo la vita, come Adamo la morte.
Altrimenti saranno estraniati dalla forma del Cristo e non saranno Cristiani.
Esattamente ciò che sentite voi, ma che paventate di dire apertamente.
Giuliano. Vediamo però anche il resto.
Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono molti, in molti di più si riversò la grazia di Dio e il dono concesso per l'unico uomo Gesù Cristo. ( Rm 5,15 )
Dice che è superato il male del delitto dall'abbondanza della grazia e il numero di coloro che si salvano lo computa superiore al numero di coloro che asserisce perduti dalla prevaricazione.
Agostino. L'abbiamo già detto più volte.
Non ha scritto: In più, ma ha scritto: in molti; né ha scritto: Su molti di più, ma: Abbondò di più, perché avranno da vivere in eterno coloro nei quali è passata la vita del Cristo e ai quali ha nociuto temporaneamente la morte, passando in essi a causa di Adamo.
Ecco in che modo abbondò su di essi la grazia molto più del peccato.
Giuliano. Se rivendichi la verità delle parole dell'Apostolo, né lo accusi sfacciatamente di menzogna, insegna in che modo questa sentenza non infligga la vergogna di un falso in atto pubblico a chi parla del peccato naturale.
Infatti se esistesse il peccato originale, che facesse appartenere al diritto del diavolo tutta intera la natura umana in modo assoluto, quale spazio ci sarebbe per confrontare il numero delle parti, cioè il numero di coloro che si salvano e il numero di coloro che si perdono?
Nel Vangelo, per mostrare la rarità dei beati, il Signore ha detto: Quanto stretta e angusta è la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!
Quanto larga e spaziosa è la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa! ( Mt 7,13-14 )
Agostino. Questo è che butta all'aria cotesta vostra opinione, proprio la pochezza di quelli che si salvano a confronto di quelli che si perdono: ( Lc 13,23-24 ) infatti senza questo confronto sono molti per se stessi anche quelli che si salvano, tanto che l'Apocalisse dice che nessuno potrebbe contare la loro moltitudine. ( Ap 7,9 )
Perciò se Paolo non li avesse detti " molti ", ma li avesse detti di più, noi non li potremmo dire meno numerosi, essendo plures un comparativo, supposto da voi e non posto dall'Apostolo.
Ma nemmeno così sfuggirete alla contraddizione.
Quella vostra imitazione appunto, che vi sembra una vostra acuta invenzione contro la chiarissima verità delle parole apostoliche, di credere che non per generazione ma per imitazione appartengono tutti i peccatori al peccato del primo uomo, afferma che con la colpa di uno solo o per la colpa di uno solo periscono molti più uomini di quanti sono liberati per la grazia dell'unico uomo Gesù Cristo.
Chi non vede infatti che i peccatori sono più numerosi dei giusti?
I quali peccatori, non alcuni ma tutti, non certo per generazione ma per imitazione, li fate tuttavia appartenere al delitto di uno solo.
Ma sebbene non tutti i peccatori, bensì solo i prevaricatori della legge diciate astretti dal peccato del primo uomo per il vincolo dell'imitazione, anche così, da quando si predica la legge di Dio in mezzo a molte genti, quanto larga e spaziosa è la via che conduce alla perdizione, e molti sono i prevaricatori che entrano per essa!
Quanto stretta e angusta è la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!
Evidentemente a confronto dei molti che si perdono, anche sommando ai pochi che sono liberati pure i bambini che muoiono già battezzati.
In che modo dunque potrebbe dire l'Apostolo: Tanto maggiormente la grazia di Dio abbondò in più?
Lo dite voi, non l'ha detto lui.
Ma egli ha detto: Tanto di più abbondò in molti, perché, come si è già detto, anche coloro che si salvano, benché pochi in confronto di quelli che si perdono, sono però così tanti, se non si confrontano con gli altri, da non poter essere contati da nessuno.
Tanto più poi su di essi abbonda la grazia, perché per la colpa di Adamo vivono la vita temporale, miseramente e mortalmente; invece per mezzo del Cristo avranno da vivere beatissimamente e senza fine.
È stata sconvolta la vostra invenzione, sia ormai finalmente raddrizzata la vostra intenzione.
Giuliano. Ciò appunto che viene detto " molti " e " pochi ", appartiene ad una quantità indeterminata, poiché è nella comparazione reciproca che si trova o il molto o il poco.
Confrontando dunque con la moltitudine di coloro che si perdono quelli che sono da salvare, il Signore ha chiamato pochi questi ultimi; e qui l'Apostolo, confrontando con quelli che avrebbero peccato alla maniera di Adamo coloro che salva la grazia del Cristo, dichiara che i primi sono molto di più.
Agostino. Non li dichiara , ma " molti ". Ha parlato in greco e ha detto: pollous, non pleisous. Leggi e taci.
Giuliano. Afferma dunque che ciò concorda con il peccato dei manichei, cioè con il peccato della " traduce ".
Agostino. Dottori cattolici e non " decettori " manichei hanno detto che tutti peccarono in Adamo: coloro che hanno capito l'Apostolo hanno detto ciò che voi negate contro l'Apostolo.
Dunque anche voi siete " decettori ": anche voi infatti farneticate come i manichei, ma per diversa malattia.
Giuliano. Infatti se l'universalità degli uomini, sorta dalla fecondità umana, il peccato naturale l'ha trascritta nel regno del diavolo e si pensa che ne saranno liberati alcuni nell'estrema età del mondo per mezzo del Cristo, che verità c'è o che autorità in un maestro il quale contro una testimonianza tanto chiara del mondo intero dice che le persone in cui ha sovrabbondato la giustizia sono più di quelle in cui ha abbondato la colpa?
Perché dunque gli si crede quando disserta di dogmi involuti, se mentisce su realtà tanto perspicue?
E poiché sarebbe un sacrilegio sentire così, ma a dirlo mi ha spinto il tuo dogma, la dignità dell'Apostolo stritoli la meschinità dei manichei.
Agostino. Voi piuttosto v'industriate ad obnubilare verità perspicue, non solo non intendendo bene ciò che ha detto l'Apostolo, ma anche mutandolo o interpolando ciò che egli non ha detto.
Egli infatti non ha detto: Più, ma ha detto: Molti; i quali molti si trovano ad essere tuttavia pochi quando si confrontano con quelli che si perdono.
O uomo calunnioso, sfacciato, verboso, questo ha detto l'Apostolo: quello che intese Ambrogio, che non era manicheo: Noi uomini nasciamo tutti sotto il peccato, perché è viziata la nostra stessa origine.58
Ascolta questo fiore di bellezza - come l'ha lodato il tuo maestro - e dal tuo cuore svelli coteste mostruose spine, che sono le orribili punte di un contendere riprovevole.
Giuliano. Non mentisce l'Apostolo: dunque in più abbondò la grazia del Cristo che la colpa di Adamo, per l'imitazione del quale si è detto che peccarono coloro che peccarono sotto la legge.
Ma sotto la legge fino al Cristo a delinquere furono solamente i Giudei.
Confronta tu dunque la sola nazione giudaica, quelli soltanto che vivevano sotto la legge in età adulta e che perciò peccarono a somiglianza della prevaricazione di Adamo, il quale peccò dopo avere ricevuto il divieto, con le migliaia di coloro che nella moltitudine delle genti chiamate per mezzo della predicazione del Vangelo sono stati salvati per la liberalità della grazia, e allora capirai che l'apostolo Paolo dichiarò con verità che la grazia di Dio e il dono di Gesù Cristo hanno raggiunto più persone della società dell'antica prevaricazione.
Agostino. Poiché risulta che l'Apostolo non ha detto: Più, ma ha detto: Molti, crolla tutta la macchina di cotesta tua argomentazione.
C'è un'altra riserva: prevaricatori non risultano i soli Giudei, come piace a te, ma tutti coloro che diventano ancora più colpevoli prevaricando contro la legge predicata con lo stesso Vangelo.
Dei quali prevaricatori, assieme ai Giudei, è così pieno il mondo che a paragone di tutti cotesti sono pochi quelli che sono liberati, contandoci anche i bambini battezzati.
Ho fatto questo calcolo anche nella risposta precedente.
Evidentemente è contro di voi che il Dottore delle Genti grida: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo; ( 1 Cor 15,22 ) i quali tutti non sono pochi, ma molti.
E perciò molti muoiono in Adamo e molti riceveranno la vita nel Cristo: ma sono di più quelli che muoiono in Adamo di quelli che riceveranno la vita nel Cristo.
In più pertanto appartengono alla morte di Adamo e in meno alla vita del Cristo a paragone dei primi, ma anche di essi in senso assoluto la moltitudine è tanta che nessuno la può calcolare. ( Ap 7,9 )
Che senso ha dunque il testo: Tutti riceveranno la vita nel Cristo, se non che nessuno riceverà la vita se non in lui?
Del quale fatto ho posto ad immagine un maestro di lettere, unico in una città, dal quale si dice che tutti apprendono in essa le lettere, non perché tutti le apprendano, ma perché nessuno le apprende se non da lui.59
Il quale modo di parlare non hai tentato nemmeno di rifiutarlo, perché l'hai visto giustissimo e noto a tutti.
Giuliano. Spiegata la liberalità della grazia nella gran copia degli uomini salvati, l'Apostolo confronta il dono e il peccato, e con molta eleganza applica a lode del dono la virtù di medicare molte ferite in una sola volta.
E non come per un solo peccato, scrive, così anche per il dono.
Agostino. Ha detto: Per un solo peccante, e non ha detto: Per un solo peccato, così da non poter intendere se non questo delitto di quell'unico peccante nel testo dove poi dice: Il giudizio per la condanna venne da un solo peccato. ( Rm 5,16 )
Il che voi certo non lo volete. Ma che intendete fare dal momento che l'ha detto l'Apostolo, anche se non lo volete voi?
Correggetevi dunque: non avete qui infatti altro da dover fare.
Giuliano. Infatti il giudizio per la condanna da un solo peccato, la grazia invece per la giustificazione da molti peccati, ( Rm 5,16 ) cioè i peccati che sono gravi possono certamente bastare anche da singoli all'accusa e alla condanna dei rei.
Agostino. Per quale ragione hai detto: " Peccati gravi ", ciò che non ha detto l'Apostolo, se non perché hai visto che se un unico delitto è leggero non basta alla condanna di cui parlava l'Apostolo?
Dunque questo giudizio non viene da un qualunque peccato di un qualunque peccatore, ma il giudizio di condanna viene da quell'unico peccato commesso dall'unico peccante, ossia da Adamo.
E volete ancora storcere le diritte parole dell'Apostolo per non raddrizzare le vostre parole che sono storte?
Giuliano. La grazia invece non si conferisce allo stesso modo, così da ripetersi più volte per essere applicata ugualmente ai singoli peccati, ma per l'unica volta che è stata infusa, con un solo e rapido assalto della sua forza, distrugge i crimini diversi e numerosissimi.
Per questo ha detto: Da molti peccati per la giustificazione, ( Rm 5,16 ) cioè, liberati gli uomini da tante colpe, li conduce alla gloria della giustificazione concessa.
Non intende qui dunque l'unico peccato di Adamo, come sospetti tu, ma si serve del numero uno e molti per il solo scopo di lodare la grazia, perché non si ripetesse tante volte anche la grazia quante volte aveva peccato un qualunque mortale, quasi che ogni singolo battesimo non possa sanare se non ogni singolo peccato.
Agostino. Parli di ciò in tal modo da supporre che l'Apostolo abbia detto: La grazia invece una volta sola da molti peccati per la giustificazione.
Non ha detto questo. Osserva ciò che ha detto e correggi ciò che hai detto.
La grazia, ha detto, da molti peccati per la giustificazione.
Che c'entra qui il fatto che nel battesimo si rimettano a ciascuno tutti i peccati insieme e in una sola volta?
Non è forse vero che anche quella condanna, alla quale conduce l'estremo giudizio, avviene senza dubbio in una sola volta per tutti i peccati che non sono stati rimessi?
E anzi più avviene in una sola volta la stessa condanna che in una volta sola la remissione dei peccati per mezzo della grazia del Cristo.
Poiché, se qualcuno ha peccato dopo il battesimo, i peccati non sono i medesimi, ma sono rimessi ai peccanti per mezzo della medesima grazia, non una volta sola, né sette volte, ma anche settanta volte sette. ( Mt 18,22 )
La medesima grazia rimette quotidianamente agli oranti anche i peccati quotidiani quando dicono: Rimetti a noi i nostri debiti, aggiungendo con sincerità: Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori. ( Mt 6,12 )
Dunque quelli che la grazia libera dalla condanna essa li giustifica da molti peccati, sia che trovi singoli peccati in singoli peccatori, sia pochi peccati in alcuni, sia moltissimi peccati in altri, sia i peccati che si commettono prima del battesimo, sia i peccati che si commettono dopo il battesimo e che si riparano con la penitenza, con le orazioni, con le elemosine; tutti questi peccati infatti sono molti per se stessi ed è da questi molti peccati che giustifica la grazia.
La quale grazia se non soccorre, si va certamente alla condanna anche per un solo peccato; non un solo peccato commesso in proprio da chiunque, perché in questo luogo l'Apostolo non parla di esso; ma quel peccato che entrò nel mondo a causa di un solo peccante.
È questo infatti che l'Apostolo ha espresso con la più grande evidenza.
Né egli afferma ciò che affermi tu: Non come per un solo peccato, quasi volendo far intendere un singolo peccato di ciascuno; ma afferma: Non come per un solo peccante. ( Rm 5,16 )
Apri gli occhi e leggi, e non voler sottoporre ai lettori, come se fossero ciechi, un testo per un altro.
Giuliano. Ma questo curò di esprimere: Mentre i singoli peccati avevano inferto ferite letali a coloro che ne erano rei, questa grazia con una virtù singolare e concessa in una sola volta ha salvato uomini trafitti innumerevoli volte.
Agostino. Per un solo peccante, ( Rm 5,16 ) ha detto: dove s'intende Adamo.
Non ha detto: Per un solo peccato, dove tu, cambiata e sostituita una parola, vuoi che s'intendano i singoli peccati dei singoli peccatori.
Giuliano. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia, regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. ( Rm 5,17 )
Conferma conseguentemente ciò che ha iniziato.
Pose infatti due sentenze e vuole che concordi con entrambe ciò che ha soggiunto alla fine.
Dichiara infatti che la morte regna a causa di uno solo, il quale fu la forma del peccato e a somiglianza del quale prevaricano coloro che peccano sotto la legge, e dichiara che per mezzo di uno solo regnano nella vita tutti quelli che hanno ricevuto l'abbondanza della grazia: la quale grazia giova a coloro che imitano la virtù.
Dunque sull'uno che peccò non è rimasta nessuna questione, perché l'aver soggiunto che regnano nella vita coloro che hanno ricevuto l'abbondanza della grazia ha risolto anche il caso del primo uomo: nessuno è costretto alla morte all'infuori di chi abbia amato di seguire il suo esempio nel peccare.
Agostino. Di chi nel peccare avrà amato di seguire l'esempio?
Evidentemente del primo uomo: costui infatti tu dici " forma " del peccato per la imitazione e non per la generazione.
Perciò, come dici tu: Nessuno è costretto alla morte all'infuori di chi abbia amato di seguire il suo esempio nel peccare.
Non sono dunque costretti alla morte coloro che non hanno peccato a somiglianza della sua prevaricazione, come tu pensi.
Come mai dunque tu dici che la morte regnò anche su coloro che peccarono, sì, per libero arbitrio, ma non a somiglianza della prevaricazione di Adamo, avendo peccato senza la legge?
Non peccarono pertanto per il suo esempio, perché coloro che non peccarono a somiglianza della sua prevaricazione, non amarono di seguire il suo esempio nel peccare: quanto infatti sono estranei alla somiglianza con lui nel peccare, tanto sono estranei alla imitazione del suo esempio.
Poiché dunque anche su costoro regnò la morte, che è quello che dici: Nessuno è costretto alla morte all'infuori di chi abbia amato di seguire il suo esempio nel peccare, l'esempio cioè di colui che vuoi sia stato forma del peccato per l'imitazione?
Ecco, non amarono il suo esempio nel peccato coloro che non peccarono a somiglianza della sua prevaricazione e nondimeno la morte regnò anche su di essi.
O vuoi forse ritornare alla verità cattolica e confessare che la morte regnò anche su coloro che non peccarono, non avendo commesso peccati propri, ma subirono il regno della morte quasi per diritto ereditario di miseria per la somiglianza della prevaricazione di Adamo, dalla cui stirpe sono nati?
Così appunto intesero queste parole apostoliche i dottori della Chiesa, che videro impossibile intenderle in modo retto se non intendendo in esse l'origine del peccato di una successione inquinata.
Per questo dissero che i bambini nati carnalmente secondo Adamo contraggono nella prima natività il contagio della morte antica.60
Né furono manichei, ma condannarono voi pelagiani in virtù dello Spirito di Dio che parlò per mezzo di loro.
Giuliano. Quanto poi alla vita nella quale avranno da regnare i santi, essa si insegna eterna: dunque anche la morte che segue alla iniquità volontaria si creda eterna.
Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per la giustizia di uno solo si estende a tutti gli uomini la giustificazione della vita.
Come infatti per la disobbedienza di uno solo molti sono stati costituiti peccatori, così pure per l'obbedienza di uno solo molti saranno costituiti giusti. ( Rm 5,18-19 )
Ogni perplessità è risolta, è una sfacciataggine diffondere la calunnia dell'universalità del peccato, molto scioccamente si cerca il nodo nel giunco.
Dichiara l'Apostolo che non sono tutti, ma molti coloro che dalla disobbedienza del primo uomo hanno imparato a peccare, e che sono molti, non tutti, quelli che avrebbero conseguito la giustizia per l'obbedienza dell'altro.
Nulla qui si tocca del sorgere della umanità e si mettono in pubblico i costumi di scelte diverse: la disobbedienza e l'obbedienza stanno a indicare l'operare delle scelte e non l'operare della generazione.
Certo, se l'Apostolo avesse condiviso in qualcosa la tua " sapienza ", dove avrebbe egli dichiarato che tutti vanno alla condanna nascendo e pochi alla vita credendo più opportunamente che in questo luogo, dove c'era da tirare la somma della discussione?
Avrebbe infatti dovuto dire: Come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, anzi non per la disobbedienza, ma come per la generazione del primo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così pure per l'obbedienza di uno solo molti saranno costituiti giusti.
Agostino. Avrebbe dovuto dire piuttosto: Come molti per la loro disobbedienza sono stati costituiti peccatori, così per la loro obbedienza molti saranno costituiti giusti.
Oppure se avesse voluto in questo passo chiamare in causa l'imitazione che voi, ridotti in grandi angustie e pressati dall'incalzare della verità, credete d'aver trovato come via di uscita, avrebbe dovuto dire: Come per l'imitazione della disobbedienza di un solo uomo molti sono stati costituiti peccatori, così pure per l'imitazione dell'obbedienza di un solo uomo molti saranno costituiti giusti.
Ecco anch'io ho detto come avrebbe dovuto parlare l'Apostolo, se avesse voluto dire ciò che dite voi; perché tu non reputi una grande impresa comporre delle parole secondo la nostra volontà, invece di esporre la volontà dell'autore nelle sue parole.
Ha detto dunque che per la disobbedienza di un solo uomo, che egli sapeva principe della generazione, molti sono stati costituiti peccatori, perché da quella disobbedienza fu viziata la natura umana; e che per l'obbedienza di un solo uomo, che è il principe della rigenerazione, molti sono costituiti giusti, perché la natura umana è risanata dalla obbedienza di colui che si fece obbediente fino alla morte di croce, cosicché siano costituiti giusti per la sua grazia anche coloro che qui non hanno potuto essere giusti per la loro condotta, come quelli che spirano subito dopo il lavacro della rigenerazione, sia in età già grande, sia in età infantile. ( Fil 2,8 )
Per tale ragione preferì usare il verbo al futuro e dire: Saranno costituiti, invece che: , perché i giusti avranno da vivere nell'eternità del secolo futuro nel possesso di quella giustizia che sarà senza più nessun peccato.
Quando invece parlando dei peccatori non ha detto che , ma ha detto: Sono stati costituiti, ha espresso con il verbo al passato questo secolo che scorre via e dove la natura umana è stata già viziata.
Ma sui " molti " che equivalgono a " tutti " ti è già stato sufficientemente risposto.
Tu invece, riguardo a quelli che l'Apostolo ha detti tutti, non hai potuto dare nessuna spiegazione, ma solo contraddire dicendo: Non sono tutti.
E a questo non ti avrebbe costretto nessuna necessità, se tu avessi preferito il modo di sentire cattolico al modo di sentire pelagiano.
La ragione infatti per cui i " tutti " si dicono anche " molti " è di distinguerli da quelli che, pur essendo tutti, sono tuttavia pochi.
Giuliano. Se avesse tirato tale conclusione, avrebbe insegnato una sentenza non meno empia che inetta, perché avrebbe insegnato un paragone stoltissimo per se stesso nella diversa posizione delle persone, venendo a confronto fra loro realtà dissimili, cioè la natura e la volontà, così da porre dalla parte del male la necessità dei semi e dalla parte del bene la sola libertà della scelta, anzi nemmeno più la libertà, non potendo la facoltà di scegliere il bene e di evitare il male esprimere se stessa, se ci fosse stato il reato naturale.
Dice dunque l'Apostolo, sapiente ed erudito dottore della Chiesa, che per la disobbedienza cominciò ad esistere e passò il peccato e si moltiplica la giustizia.
Agostino. Dov'è la tua affermazione precedente: Non passò il peccato, ma la morte?61
Ecco dichiari adesso che per la suddetta disobbedienza di un solo uomo il peccato non solo cominciò ad esistere, ma anche passò.
Hai forse dimenticato che cosa tu abbia detto prima? C'è da congratularsi con la tua dimenticanza che ti fa dire la verità.
Infatti la tua impressione che nel confronto di parti contrarie non si debba porre da una parte la necessità del seme e dall'altra la scelta della volontà, la troveresti stolta se vedessi che dalla parte del male quelli che appartengono al primo uomo hanno contratto il contagio del peccato per connessione di generazione senza la scelta della loro volontà, alla stessa maniera in cui quei bambini che appartengono al secondo uomo, senza la scelta della loro volontà per la pace della rigenerazione, diventano partecipi della giustizia.
Se poi reclami da entrambi le parti il seme, ecco: come a causa di Adamo è stato viziato il seme carnale, così per mezzo del Cristo ha vigore un seme spirituale.
Il quale seme ha insinuato a noi l'apostolo Giovanni dicendo: E non può peccare, perché un seme divino dimora in lui. ( 1 Gv 3,9 )
E ciò apparirà piuttosto nel futuro secolo buono, dove coloro che ci saranno non potranno peccare, e non in questo secolo maligno, dove anche coloro che appartengono al secolo futuro libero dai peccati hanno donde chiedere quotidianamente la venia dei peccati al Padre.
Giuliano. Con questo distrugge l'opinione del peccato naturale e insegna che altre sono le condizioni della natura, altre le condizioni della volontà.
E perché questo modo di intendere non si attribuisca al nostro gusto più che al dogma apostolico, ascoltiamo il seguito di questo testo.
Scrive: Sopraggiunse poi la legge, perché abbondasse il peccato; ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia, perché, come regnò il peccato con la morte, così regni anche la grazia con la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 5,20-21 )
Prova tu dunque in che modo il tuo peccato, cioè il peccato della " traduce ", abbia cominciato ad abbondare dopo la legge, quali incrementi abbia ricevuto dopo il ministero di Mosè.
Agostino. Anzi prova tu in che modo, come hai detto sopra,62 il regno del peccato sia caduto dopo la promulgazione della legge, mentre l'Apostolo dice che, emanata la legge, il peccato abbondò.
Quanto a me, io provo ciò che ho detto, perché è chiaro, anche se non lo provo.
Il peccato originale c'era senz'altro anche prima della legge, perché a causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e con esso la morte passò attraverso tutti gli uomini. ( Rm 5,12 )
Era anche volontario, perché quanti peccarono senza la legge, periranno senza la legge. ( Rm 2,12 )
Sopraggiunse poi la legge, perché abbondasse il peccato; ( Rm 5,20 ) in quanto ai peccati di quelle specie che c'erano prima della legge si sommò anche quel peccato che si chiama prevaricazione.
Dove infatti non c'è legge, non c'è nemmeno trasgressione. ( Rm 4,15 )
Dove dunque per tutte queste specie di peccati abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia, ( Rm 5,20 ) perché in coloro che appartengono alla grazia essa distrugge il reato di tutte queste specie di peccato e dona in più che la dilettazione del peccato sia vinta dalla dilettazione della giustizia, e si giunga poi a quella vita dove non ci sarà nessun peccato in nessun modo.
Perché dunque non devono essere messe a confronto realtà dissimili, come hai detto poco sopra, se cotesto confronto si fa per ragioni contrarie e da una parte si pone la generazione e dall'altra la rigenerazione, da una parte il regno della morte e dall'altra il regno della vita, da una parte l'abbondanza dei peccati e dall'altra la remissione dei peccati, dall'una la dilettazione del peccato per vizio di natura fino al male della consuetudine e dall'altra la lotta contro la concupiscenza della carne con l'aiuto dello Spirito Santo fino alla pace della vittoria che non avrà da soffrire nessun nemico all'interno e nessun nemico all'esterno?
Tieni queste verità, se vuoi essere sano, e non volere dimostrarti insano contro di esse, che appartengono alla dottrina sana.
Giuliano. Certamente tu sostieni che in questi testi l'Apostolo ha dissertato del peccato naturale.
A questo scopo aveva detto sopra che il peccato era esistito fino alla legge perché s'intendesse che dopo la legge cessò.
Adesso invece del medesimo dice che dopo la legge cominciò a crescere e abbondare.
Che al modo cattolico d'intendere da noi seguito vadano bene ambedue le affermazioni lo abbiamo mostrato.
Ma con quale impudenza si rivendica al tuo dogma che di un solo e medesimo peccato si dica prima che cessò per la promulgazione della legge e ora si dica invece che aumentò!
In che modo dunque dopo la legge abbonda il peccato naturale?
Cominciarono forse i genitali a muoversi con più prepotenza, perché sembri aumentata al tuo peccato la virulenza per aumenti e per novità di fremiti?
O forse è stata data ai nascenti la legge, che a loro, generati dalla libidine, definita diabolica da te, radice e frutto del peccato, intimasse di emendare ciò che erano stati fatti e di correggere il comportamento avuto dai loro genitori nel generarli?
Li costringesse infine a fare non fatto ciò che era stato fatto e ad incorrere nel crimine di disobbedienza rifiutandosi essi evidentemente di ascoltare?
Ma questo crimine non lo poteva imputare nessuna stoltezza e tanto meno una legge data da Dio.
Agostino. Abbiamo forse detto da qualche parte che il peccato originale crebbe dopo la legge?
O vogliamo farlo intendere dove l'Apostolo afferma: Sopraggiunse la legge, perché abbondasse il peccato? ( Rm 5,20 )
Abbondò infatti, non perché crebbe la specie del peccato che c'era già prima, ma perché ci fu l'accessione di un'altra specie di peccato che senza la legge non c'era, cioè la prevaricazione, come abbiamo spiegato poco fa.
Ma c'è la concupiscenza della carne e la libidine dei genitali, contro la quale combatte la castità dei santi.
Poiché questa concupiscenza che ti piace tanto, con il suo stesso combattere contro il quale combatte anche la pudicizia coniugale, facendo buon uso di essa solo allo scopo di procreare figli e resistendo invece agli altri suoi movimenti, poiché dunque questa concupiscenza con cotesto suo combattere tenti di ammetterla o di immetterla anche nella pace del paradiso, non ti proponi di entrare tu stesso nel paradiso.
Per quanto protetta dalla tua difesa e adornata di lodi, essa o è vizio o è viziata, né senza ragione è odiosa ai soldati del Cristo che la debellano.
Con essa tu ti comprometti così da dire che la combatti e da non vergognarti di lodarla.
La carne umana che nasce per mezzo di essa è carne del peccato, e questa è la ragione per cui non volle nascere per mezzo di essa colui che nacque in una carne somigliante alla carne del peccato ( Rm 8,3 ) e quindi, benché in una carne vera, non tuttavia in una carne del peccato.
Da questa concupiscenza, tua cliente, certo per te esageratamente bella, ma orribile per tutti i santi, si trae con la generazione il vincolo del peccato originale da sciogliersi soltanto con la rigenerazione.
Il primo evento si compì per colpa di Adamo, il secondo evento si compie per mezzo del Cristo, il primo per colpa dell'uomo che fece entrare il peccato nel mondo, il secondo per mezzo di colui che toglie il peccato del mondo.
Così riconosce Adamo e il Cristo colui che è passato da Adamo al Cristo.
Giuliano. Che cosa dunque è stato aggiunto dopo la legge al peccato naturale, che nella legge non apparisce non solo proibito o condannato, ma nemmeno lievemente vituperato o debolmente indicato?
Agostino. È indicato anche nella legge, ma lo vedrete se a voi sarà tolto il velo. ( 2 Cor 3,16 )
Che altro infatti indica la condanna dell'anima del bambino non circonciso dentro l'ottavo giorno? ( Gen 17,12.14 )
Che altro indica l'ordine di offrire un sacrificio di espiazione per il peccato alla nascita di un infante? ( Lv 12,6 )
E l'ho già ricordato sopra.
Giuliano. Certamente nemmeno tu farnetichi tanto da dire che la " traduce " del peccato divenne maggiore dopo la circoncisione.
In che modo dunque dopo la legge abbondò la " traduce ", che nella legge né si accusa né si affaccia?
Ma cerca di vedere quanto ciò sia consono con la sana intelligenza che ripone il peccato nella sola volontà di chi delinque.
Fino alla legge l'Apostolo dice che ci fu il peccato per far capire che dopo la legge ci fu la prevaricazione, ( Rm 5,13 ) la quale trasgredisce i precetti promulgati, e con questo genere di peccati, sopraggiungendo la legge, abbondò il peccato, perché dalla prevaricazione crebbe la malizia del reato del peccato, e l'operato della cattiva volontà, come prima della legge era peccato, così dopo la legge cominciò ad essere trasgressione, benché Dio non abbia emanato la legge con il proposito che i mortali diventassero peggiori per la sanzione della legge.
Né infatti la legge è peccato o causa di peccato, ma santo, giusto, buono è il comandamento. ( Rm 7,12 )
Ma poiché la pravità dei peccatori si ferì con lo stesso ferro che la doveva curare e si oppose al progetto di Dio così da rischiare là dove avrebbe dovuto sanare se stessa, l'Apostolo dice che dalla realtà degli effetti subì ingiuria l'estimazione del consiglio divino, che aveva ispirato il dono della legge.
E poiché mancò il profitto della emendazione umana, a cui aveva mirato il legislatore, ma in moltissimi si avverò il contrario, dice che a tal punto si spinsero le brame dei peccatori da far sembrare che la legge non fosse stata emanata se non per far diventare gli improbi ancora più improbi e per aggiungere al peccato la prevaricazione.
Agostino. Tu dici tutto questo, perché non condividi il pensiero espresso dall'apostolo Paolo sul consiglio di Dio nel dare la legge e ti spingi da te a tali bestemmie da dire: " Subì ingiuria l'estimazione del consiglio divino, che aveva ispirato il dono della legge ".
Quasi che sia accaduto altro di diverso da ciò che Dio aveva pensato come futuro, né l'emanazione della legge abbia sortito l'effetto che il legislatore aveva inteso.
Dio dunque che ha la prescienza di tutti gli avvenimenti futuri, fu ingannato, secondo la tua " sapienza ", dalla sua intenzione?
Non ti avvedi che è scritto: Molte sono le idee nella mente dell'uomo, ma solo il consiglio del Signore resta saldo in eterno? ( Pr 19,21 )
Se dunque vuoi conoscere, per quanto è possibile ad un uomo, con quale consiglio di Dio, onnipotente e onnisciente, sia stata emanata la legge, guarda a ciò che dice l'Apostolo: Se infatti fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustizia scaturirebbe davvero dalla legge. ( Gal 3,21 )
E come se domandassimo: Perché dunque fu data la legge?
Risponde: La Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché ai credenti la promessa venisse data in virtù della fede in Gesù Cristo. ( Gal 3,22 )
Ecco qual è il consiglio della promulgazione della legge.
Chi poi ignora che non per vizio della legge, ma degli uomini, il peccato abbondò al sopraggiungere della legge?
Ma questo vizio, per cui le cose proibite dilettano di più e la legge diventa forza del peccato, ( 1 Cor 15,56 ) non lo risana se non lo Spirito che dà la vita e non la lettera che uccide.
La quale lettera fu tuttavia utile a questo scopo: poiché essa uccideva per via della prevaricazione, crescendo con la proibizione la cupidigia di peccare, fece ricercare lo Spirito vivificante e spinse ad implorare l'aiuto della grazia di Dio l'uomo che, fiducioso in modo letale nella propria forza, sotto la legge, benché santa e giusta e buona, veniva tuttavia meno e non bastava con le sue forze a provvedere a se stesso per compiere le opere sante, giuste e buone.
Giuliano. Giustamente dunque si dice che per questo genere abbondò il delitto, che e prima della legge e dopo la legge commetteva la volontà di ognuno, ma prima della legge volontà peccatrice, dopo la legge volontà anche prevaricatrice.
Allora cresce e abbonda qualcosa quando riceve incrementi nel suo genere: come al peccato della volontà libera si aggiunse dopo Mosè il cumulo della trasgressione.
Provenivano dal medesimo genere, benché in tempi diversi: ossia dalla volontà cattiva che e prima della legge e dopo la legge peccò non per una insuperabile costrizione, ma per una vituperevole passione.
Stando così le cose, nessuna delle parole apostoliche può accordarsi con te.
Infatti né si insegna che al sopraggiungere della legge il peccato della " traduce " si fece più copioso o più grande, né si può dire con verità che i peccati della volontà li faccia abbondare quel peccato che non mostra di avere nessuna attinenza con la volontà dei nascenti.
Non abbondò dunque dopo la legge un peccato che la legge non poteva né proibire, né punire.
Ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia, perché come il peccato regnò con la morte, così regni la grazia con la giustizia per la vita eterna. ( Rm 5,20-21 )
Agostino. Il peccato originale non crebbe certamente dopo la legge, ma tuttavia la legge trovò anche questo peccato e ne significò l'abolizione con la circoncisione dei bambini.
Come trovò pure i peccati d'ignoranza, che non crebbero, nemmeno essi, con l'emanazione della legge, dal momento che anzi la stessa ignoranza diminuì con l'inizio della scienza della legge.
Ma il peccato, senza il quale non nasce nessuno, crebbe per accesso di volontà, perché la concupiscenza originale attrae l'assenso di chi pecca.
Ma il peccato abbondò, ossia crebbe a dismisura, dopo che per mezzo della legge si ebbe la conoscenza del peccato e si cominciò a peccare anche con la prevaricazione. ( Rm 3,20 )
Se volete guardare a tutto questo e acquietarvi alla verità, nessuna necessità vi potrà costringere a contraddire l'Apostolo che grida apertamente: A causa di un solo uomo il peccato entrò nel mondo e per il peccato la morte, e così passò in tutti gli uomini. ( Rm 5,12 )
Mentre infatti egli dice che passò in tutti, quando voi dite che non passò in tutti, che altro fate se non contraddire l'Apostolo?
E se contraddite l'Apostolo, contraddite certamente il Cristo.
Perché dunque vi meravigliate che la Chiesa del Cristo abbia in abominio voi che con le vostre letali sentenze tentate di sottrarre i bambini infermi ai medicamenti salutari del Cristo?
Giuliano. Si apre l'Apostolo più chiaramente in seguito e spiega che nella perdita della salvezza umana Dio, consigliato dall'abbondanza della sua misericordia, approntò alla situazione disperata una medicina più efficace del solito.
Volle afferrare con i benefici quelli che non aveva emendati con i precetti, volle sollecitare la devozione per l'avvenire non imputando il passato.
Avrebbero in seguito gli uomini atteso all'osservanza della giustizia, dopo averla raggiunta per la scorciatoia della fede.
L'abbondanza dunque dei precedenti peccati reclamò il soccorso di tanta abbondanza di misericordia, perché, se non fosse intervenuta una così grande generosità di perdono, nessun altro rimedio avrebbe provveduto a mali tanto gravi.
Ma in questa esaltazione della beneficenza divina l'Apostolo vide aperto lo spazio all'obiezione di coloro che potevano dire: Se è regola che le vicende si giudichino dagli effetti e se il dilagare dei peccati impetrò l'affluire della misericordia di Dio, bisogna insistere con i peccati perché non manchi l'ubertà della grazia.
Per ovviare ad una simile opinione scrive: Che diremo dunque? Continueremo nel peccato perché abbondi la grazia? È assurdo.
Noi che siamo morti al peccato, come potremo vivere ancora nel peccato?
O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?
Per mezzo del battesimo siamo stati dunque sepolti insieme a lui nella morte perché, come il Cristo risorse nella gloria del Padre, così anche noi camminiamo in novità di vita. ( Rm 6,1-4 )
Agostino. Ma perché anche voi vi ricordate di coteste parole apostoliche, sarà per questo mai vero che esse non soffochino voi e facciano dimenticare a noi quali ferme fondamenta della casa di Dio vi sforziate di abbattere?
O uomo insano, l'Apostolo dopo aver detto: Se siamo morti al peccato, come potremo vivere ancora in esso?, aggiunge: O non sapete che quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?, proprio per provare che i battezzati nel Cristo sono morti al peccato.
Sei forse così sordo da non udire coteste parole? Così cieco da non vederle?
Confessa dunque morti al peccato i bambini battezzati, confessa finalmente il peccato originale: i bambini infatti non avevano altro peccato a cui morire.
Oppure di' apertamente che non è necessario battezzarli, o che quando si battezzano non si battezzano nel Cristo Gesù o non si battezzano nella sua morte; e cancella se puoi le parole dell'Apostolo che dice: Quanti siamo stati battezzati nel Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte.
Ebbene, se non puoi, come non puoi, cancellare queste parole, quando dunque senti quel quanti, non voler escludere da essi i bambini.
Permetti al Cristo di essere il Gesù anche dei piccoli, perché egli, non eccettuati i bambini, ma compresi anche i bambini, salva il suo popolo dai suoi peccati, e per questo fu detto dall'angelo: Lo chiamerai Gesù. ( Mt 1,21 )
Indice |
57 | Ambrosius, De paenitentia 1, 3, 13 |
58 | Ambrosius, De paenitentia 1, 3, 13 |
59 | De nupt. et concup. 2,46 |
60 | Cyprianus, Ep. 64, 5 |
61 | Sopra 63-64 |
62 | Sopra 198 |