Opera incompiuta contro Giuliano

Indice

Libro V

27 - Se il male esista

Giuliano. Domandi dunque donde venga questo male, che meritamente si chiama male, ossia il peccato.

Rispondo che è troppo sciocco chiedere l'origine di ciò che non conosciamo ancora come definire.

Vediamo dunque prima se il male sia, poi che cosa sia, da ultimo donde sia.

Certamente l'ho già fatto nel primo libro della presente opera, ma allora in qualche modo sicuro.

Poniamo dunque il dubbio se il male sia.

Agostino. Se tu dicessi che il male c'è e io invece lo negassi, allora faremmo tra noi la questione se il male sia: nella quale questione prenderesti a dimostrare che il male c'è, perché ciò sarebbe stato negato da me.

Ma poiché nessuno di noi due lo nega, nessuno di noi due ne dubita, per quale ragione chiedi di dubitare di ciò di cui non si dubita, se non per la libidine di parlare, per vantarti, non della confutazione delle mie parole, ma della moltitudine dei tuoi libri?

28 - Non per tutti i peccati una medesima definizione

Giuliano. Ma che il peccato ci sia lo attestano i vizi frequenti e i giudizi severi: è provato dunque che il peccato c'è.

Ci domandiamo che cosa sia il peccato: se sia qualche corpo che apparisca composto di molte parti o se sia qualcosa di singolare, come uno degli elementi, separato almeno concettualmente dalla comunione con tutto il resto.

Orbene, il peccato non è nulla di ciò. Cos'è dunque?

È un'appetizione della libera volontà, proibita dalla giustizia o, per usare la precedente definizione, il peccato è la volontà di fare ciò che la giustizia vieta e da cui è libero astenersi.

Considera dunque se al di fuori dei termini di questa definizione sia impossibile trovare un peccato, perché non vaghi fuori ciò che noi reputiamo di aver compreso dentro la definizione.

Consultiamo dunque la giustizia del Giudicante, perché anche dalla sua testimonianza venga chiarito se ogni genere di peccato sia ben racchiuso dentro questi limiti.

Imputa forse Dio ciò che egli sa non potersi evitare?

Ma non sarebbe affatto giustizia e sarebbe una somma mostruosità; anzi se ciò avvenisse, non si punirebbero i peccati, ma si aumenterebbero.

Da un giusto giudice infatti la colpa è solita essere punita: se per la corruzione della giustizia la colpa travolgesse lo stesso arbitro, la colpa verrebbe repressa nel giudice e non punita dal giudice.

La giustizia dunque non imputa a peccato se non ciò da cui è libero astenersi.

Ma non si può dire libero se non ciò che è costituito nel diritto della volontà emancipata, senza nessuna inevitabile coazione da parte di elementi naturali.

Ottima e completa è dunque la definizione: " Il peccato è la volontà di fare ciò che la giustizia vieta e da cui è libero astenersi ".

Terminate queste parti, domandiamoci dunque donde sia il peccato: il che era stato chiesto con molto disordine prima di queste definizioni.

Donde è dunque il peccato? Rispondo: Dalla volontà libera di chi lo fa.

Agostino. Ma è forse vero che venga dalla libera volontà di chi lo fa ciò di cui è scritto: Se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me? ( Rm 7,20 )

Non vedi che domandando donde venga il peccato e rispondendo: " Dalla libera volontà di chi lo fa ", tu pensi al peccato che non è insieme pena del peccato, e non vedi poi che il caso dell'uomo che fa ciò che non vuole e che tuttavia l'Apostolo grida essere peccato non rientra minimamente nella tua risposta e neppure in quella definizione che hai rammentato dicendo: " Il peccato è la volontà di fare ciò che la giustizia vieta e da cui è libero astenersi "?

In che modo infatti è libero di astenersi dove si grida: Io faccio quello che non voglio?

Diversamente dunque peccò la natura umana, quando fu libero per essa di astenersi dal peccato, diversamente pecca ora dopo avere perduto la libertà, quando ha bisogno dell'aiuto di un liberatore.

E quel peccato di allora era soltanto peccato, il peccato di ora è invece anche pena del peccato.

29 - Il peccato del primo uomo e il peccato della natura umana viziata da lui

Giuliano. Ma vediamo se quanto ha stabilito la precedente definizione sia confermato dal consenso di tutti.

Certamente nessun sapiente, nessun cattolico può dubitare di questo: che cioè né sia peccato se non ciò che si possa evitare, né sia giustizia se non quella che imputa a colui che punisce ciò che egli ha commesso da sé per sua libera volontà, avendolo potuto evitare.

Agostino. Al primo uomo fu imputato ciò che egli poteva evitare, se voleva.

Ma la natura umana universale, viziata dal peccato di lui anche nei posteri, ha bisogno del Salvatore per poter evitare i peccati, anche quando sia arrivata l'età in cui possa usare dell'ufficio della ragione.

Prima invece di questa età è insito nella natura umana il reato che si contrae dall'origine per la generazione e non si detrae se non per la rigenerazione.

Il che voi negando, dite apertissimamente che non è Gesù per i bambini il Cristo Gesù, il quale per testimonianza dell'angelo è chiamato così appunto perché salverà il suo popolo ( nel quale popolo non volete che siano compresi i bambini) dai suoi peccati. ( Mt 1,21 )

30 - Com'è Dio?

Giuliano. Ma come queste verità non vacillano più ormai per noi, così esse sono respinte da Manicheo e dal traduciano con parità di animi.

Vediamo dunque che cosa dicano costoro.

Manicheo dice che c'è il peccato naturale, Agostino acconsente che c'è il peccato naturale.

Ambedue dunque dissentono da quella definizione che abbiamo premessa e fanno comunella nella proclamazione del peccato naturale.

Vediamo che cosa dicano anche sul genere del peccato, cioè quale peccato sia quello che ambedue confermano come peccato naturale, perché non si dia il caso che dissentano almeno nel secondo grado.

Che cosa scrive Manicheo alla sua figlia?

Scrive che la concupiscenza della carne e la voluttà destinata all'opera della fecondità si prova diabolica per il fatto stesso che il suo esercizio evita l'occhio del pubblico.

Che cosa Agostino? Lo stesso in tutto: Quella concupiscenza della carne è una pianta del diavolo, è la causa del peccato, è la legge del peccato, che evita dovunque di farsi vedere e per pudore cerca il segreto.17

Dunque non discordano tra loro né sul primo problema, né sul secondo problema del male.

Che cosa sul terzo problema? Quando finalmente ci si chiede donde sia il male, Manicheo dice: Dalla natura eterna delle tenebre.

Che cosa Agostino? Troppo, dice, quello che vuole il mio maestro pensando che il male sia senza inizio.

Esso ebbe inizio dalla volontà del primo uomo, anzi ancor prima dalla volontà di una natura superiore, cioè dalla natura angelica; ma da quel tempo diventò naturale.

Lo bastona certamente il suo precettore e lo trascina in tribunale con irresistibile autorità.

Come giudicherà tra loro il cattolico?

Senza dubbio giudicherà stoltissimo Manicheo che reputa naturale il peccato, ma, a confronto dell'ingegno di Agostino, Manicheo gli sembra acutissimo.

Chi sono infatti coloro ai quali convenga l'esistenza del peccato naturale e che confessino che sia di una sola specie questo peccato, dal quale reputino posseduto tutto il genere umano?

Ma un discepolo di Manicheo, che dopo tutto questo ardisca dire che il peccato da lui ritenuto innato in tutti non sia naturale in un uomo soltanto, lo screditeranno senza esitazione con le percosse proprie dei ragazzi e lo metteranno al di sotto del suo maestro, che bestemmia con più consequenzialità.

Ma ambedue insieme, discepolo e maestro, li cacceranno dal consorzio delle persone pie.

Vedi dunque che cosa noi indulgiamo. Non ti piace ciò che dice Manicheo: c'è il male naturale.

Di' dunque che nessuno nasce reo, e sei già evaso, negando certamente il peccato originale.

Ma tu non lo dici: confessi dunque che non vuoi né separarti dal tuo maestro, né aggregarti ai cattolici.

Agostino. Forse perché lo dice anche Manicheo, noi non dobbiamo dire che il Dio buono ha fatto il mondo?

Ma quando si chiede donde lo abbia fatto, lì ci differenziamo.

Noi infatti diciamo: Da esseri non esistenti, perché egli disse e tutti furono creati; ( Sal 148,5 ) Manicheo invece: Da due nature, cioè dalla natura del bene e dalla natura del male, le quali non solo erano già, ma erano da sempre.

Queste affermazioni dunque che non facciamo insieme ad essi non ci lasciano essere loro soci in forza di quello che diciamo insieme ad essi.

Ugualmente alla interrogazione se Dio ci sia e noi e i manichei rispondiamo: Dio c'è, e in questo gli uni e gli altri siamo separati dallo stolto che dice nel suo cuore: Non c'è Dio. ( Sal 14,1 )

Ma quando si chiede come sia Dio, noi ci distinguiamo grandemente dalla nefanda favola dei manichei.

Noi infatti diciamo e difendiamo un Dio incorruttibile, i manichei invece favoleggiano un Dio corruttibile.

Interrogati anche sulla stessa Trinità, gli uni e gli altri diciamo che il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono di una sola e medesima natura; ma per questo tuttavia né siamo manichei noi, né sono cattolici i manichei: essi infatti fanno del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo altre affermazioni nelle quali noi siamo diversissimi da loro e avversissimi a loro.

Onde queste verità che diciamo insieme le asseriamo costantemente contro gli errori degli altri che le negano, né temiamo che gli altri ci chiamino manichei e si preferiscano a noi, perché diciamo con i manichei ciò che essi non vogliono dire e per cui sono redarguiti da noi.

Come dunque l'ariano per questo è eretico perché non dice con noi una sola l'essenza della Trinità, come con noi la dice una sola anche Manicheo, così anche voi siete eretici non dicendo con noi il peccato naturale, come con noi lo dice anche Manicheo.

Ma non per questo siamo manichei: infatti ciò che dice anche Manicheo noi non lo diciamo nel modo di Manicheo.

Noi infatti diciamo che la nostra natura buona è stata viziata dal peccato volontario di colui dal quale siamo nati, onde nasciamo tutti sotto il peccato e la stessa nostra origine è nel vizio, come dice Ambrogio.18

Manicheo porta invece in noi una natura aliena cattiva e afferma che noi pecchiamo per la sua mescolanza.

Inoltre noi della nostra natura da sanare offriamo al Salvatore anche i bambini, Manicheo invece stima necessario il Cristo non perché sani in noi la nostra natura, ma perché separi da noi la natura aliena del male.

Vedi appunto per quanta diversità distiamo anche nel dire insieme il peccato naturale.

Ugualmente anche nel dire insieme che è cattiva la concupiscenza della carne, per cui la carne concupisce contro lo spirito, si trova che siamo distantissimi quando si domanda donde venga questo male.

Noi infatti diciamo con Ambrogio che questa sgradita discordia tra la carne e lo spirito si è convertita nella nostra natura per la prevaricazione del primo uomo.19

Manicheo invece con i suoi dice che la reciproca opposizione tra la carne e lo spirito è un effetto dell'essersi inserita in noi una natura aliena, che è sempre stata cattiva.

Onde noi chiediamo al Salvatore che sia sanato questo nostro vizio, Manicheo invece che sia tolta da noi la natura aliena, che è assolutamente insanabile.

Anche qui per quale ragione non badi quanta dissomiglianza ci separi nel dire insieme che è cattiva la concupiscenza della carne che si oppone allo spirito?

Per quale ragione non badi a questi due fatti: né siamo manichei noi dicendo alcune verità con i manichei, e siete eretici voi perché non dite quelle verità con i manichei?

Se infatti con loro diceste che esistono i mali naturali e con noi contro di loro diceste donde vengano questi mali, perché non vengono da una natura aliena coeterna a Dio, non sareste eretici pelagiani.

Ora invece negando che la concupiscenza della carne contro lo spirito sia cattiva e che essa venga dalla nostra natura viziata, fate sì che i manichei concludano che essa viene da una natura aliena, e così voi e siete eretici nuovi e aiutate gli eretici vecchi che fuggite in maniera perversa.

Smetti dunque di rinfacciarmi Manicheo come maestro, ma piuttosto segui con me Ambrogio; guarda agli ariani e imitali almeno dove sono più saggi di te: essi non dicono che noi siamo manichei, sebbene con i manichei diciamo che una sola è la natura del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, dove essi contraddicono noi con estrema asprezza.

31 - Il vuoto eterno

Giuliano. Ma hai stimato di porre una forte obiezione dicendo donde sia sorta nello stesso primo uomo o nel diavolo, che era stato fatto angelo, la volontà cattiva, la quale tuttavia dichiari che sorse nell'opera di Dio, ossia nell'angelo o nell'uomo, non perché l'angelo o l'uomo era opera di Dio, ma perché era stato fatto dal nulla.

Vedi dunque che anche tu per altre vie non dica che sia stata eterna la necessità del male.

Infatti se questa fu la causa del sorgere del male nell'opera di Dio che questa risultava fatta dal nulla, ma prima di diventare ciò che fosse, questo suo nulla fu da sempre, ossia prima di diventare ciò che fosse non fu mai qualcosa e il non essere mai stato si dice il nulla.

Dunque dalla eternità non fu mai ciò che non fu prima di esser fatto da Dio, la cui sola sostanza è senza principio.

Questo " vuoto " dunque, cioè il nulla, fu da sempre prima che gli fosse posto termine con l'esistenza delle cose.

Non dunque fu fatto questo nulla, ma furono fatte le creature, e allora quel nulla cessò di essere. In quella creatura dunque che fu fatta dal nulla tu immagini sorto il male proprio perché era stato fatto dal nulla.

Il male dunque sorto nell'uomo lo hai attribuito alla origine dell'uomo, e l'origine, ossia il nulla, è detta da te la causa del peccato.

Dici infatti che il male non sorse nell'uomo perché egli era stato fatto da Dio, ma perché era stato fatto dal nulla.

Se dunque il male sorse perché ad esigere il male fu la condizione del nulla precedente e se questo nulla fu eterno, tu per altri sentieri sei caduto nel laccio del tuo precettore e pendi da questo laccio in modo assoluto, così da confessare ambedue che il male esiste ab aeterno.

Ma anche in questo il più prudente dei due è lui: introducendo infatti il peccato naturale disse che era stata la sostanza eterna delle tenebre a determinare, senza la volontà del peccatore, la presenza in lui di questo male.

Del peccato dunque, di cui stabiliva la necessità, diede l'autore, perché apparisse che il male invadente le sostanze aveva una causa cogente.

Tu invece con un ingegno insopportabilmente ottuso come il piombo confermi la necessità del male, ma neghi l'autore della necessità.

E come nei bambini, così anche nello stesso primo operatore del peccato trascuri l'agire e dici che si può intendere un non so che di grande: che quel nulla sia valso moltissimo, pur essendo il nulla.

Agostino. Nulla vali ma tu, asserendo che il nulla, pur essendo nulla, valga qualcosa.

Né capisci che, quando si dice che Dio fece dal nulla le cose che fece, non si dice altro che questo: non le fece di se stesso.

Prima infatti che Dio facesse qualcosa, il fare qualcosa non era coeterno a Dio.

È dunque dal nulla ciò che non è da alcunché; perché, sebbene Dio abbia fatto alcune cose da altre, queste stesse cose dalle quali fece le seconde, le aveva fatte da esseri non esistenti.

Ma peccare non lo potrebbe nessuna creatura, se fosse stata fatta dalla natura di Dio, e nemmeno sarebbe stata fatta, ma qualsiasi cosa fosse, sarebbe da Dio e sarebbe ciò che è Dio; come il Figlio e lo Spirito Santo, poiché sono da Dio, sono ciò che è Dio, il primo nascendo, il secondo procedendo; e sono da Dio così che Dio non sia stato mai prima di essi.

Perciò questa natura divina non può assolutamente peccare, perché non può staccarsi da se stessa, né ha una sostanza migliore a cui debba attaccarsi e da cui staccandosi possa peccare.

Né tuttavia la creatura ragionevole fu fatta così da avere la necessità di peccare; ma non avrebbe nemmeno la possibilità di peccare, se fosse la natura di Dio, perché la natura di Dio né vuole avere la possibilità di peccare, né può avere la volontà di peccare.

32 - Il nulla causa del peccato

Giuliano. Infatti questo nulla, dal quale furono fatte tutte le cose, tu affermi che fu la causa del peccato.

Tanto quindi fa presso di te la potenza di questo nulla quanto fa presso Manicheo la potenza del principe delle tenebre.

Dunque ambedue dite che anche del primo male c'è stata la necessità.

Ma lui dà una necessità solida per quanto cattiva, tu una necessità vacua e tuttavia ugualmente cattiva; lui dunque dice una sostanza violenta, tu dici ugualmente violento ma il nulla.

Vedi dunque la fine del tuo sillogismo: cioè il nulla, quando non era stato creato ancora alcunché, era indizio della vacuità eterna; ma questo stesso nulla, cioè questa vacuità, finì appena sorsero le creature: cessò infatti di essere il nulla quando cominciò ad esserci qualcosa.

Lo stesso nulla dunque, anche quando era, non era, poiché s'intende che sia stato quando non c'era ancora alcunché.

Ma dopo che furono fatte le cose, questo indizio di vacuità, ossia il nulla, come non aveva mai avuto sostanza, così perse anche il suo vocabolo e avvenne che quanto non era mai esistito nella realtà rimanesse privo anche dello stesso suo nome.

Dalla violenza dunque di questo nulla tu immagini che sia sorto il male e nell'angelo e nell'uomo: e che cosa si può dire più pazzesco di questo?

Agostino. Tu piuttosto con lo studiarti di maledire sembri impazzire.

Io non ho detto violento il nulla: esso infatti non è qualcosa che possa essere violento.

Né l'angelo né l'uomo fu spinto a peccare da qualche forza; né avrebbero peccato se non avessero voluto peccare l'angelo e l'uomo, che avrebbero potuto anche non voler peccare: ma nemmeno il poter peccare ci sarebbe in essi, se fossero la natura di Dio.

33 - Potenza senza nome

Giuliano. Grande forza ebbe, dici, una realtà che non esisteva, per la semplice ragione che non era mai stata; ma cominciò a potere moltissimo dopo che perse anche lo stesso suo nome, e questo nulla sortì una grande dominazione dopo che sparì anche la sua denominazione.

Agostino. Se ciò che è nulla fosse qualcosa, si direbbe che il nulla abbia sortito presso di te una grande dominazione, dal momento che la vanità o la falsità ti domina tanto da farti strillare così a lungo coteste panzane.

34 - Dai crimini degli innocenti al nulla

Giuliano. Onore a te per la virtù della sapienza!

Con le regole di un discutere nuovo e inventato da te per primo, abbracci le conseguenze dopo aver negato le premesse e componi corpi che sono tronchi delle loro teste.

Non invidiamo le tue sottigliezze, anzi per cristiana umanità ci dispiace che tu abbia trovato al tuo dogma un degno successo da arrivare al nulla, dopo essere partito dai crimini degli innocenti.

Agostino. Al nulla sei arrivato piuttosto tu, e il nulla ti diletta tanto da non voler ancora recedere o ritornare da esso; tu che per questo dici che io ho detto essere qualcosa ciò che è nulla, perché tu dicessi che il nulla è un " molto " tanto grande.

35 - Niente costrinse l'angelo o l'uomo a peccare

Giuliano. O sanità, o eleganza di un tale espositore!

La ragione, dice, per cui il male sorse nell'uomo non fu che egli fu fatto da Dio, ma perché fu fatto dal nulla.20

Abbiamo già sottolineato l'acume con il quale è stata riconosciuta a questo nulla la massima forza.

Adesso attiro l'attenzione su una verità che anche la discussione precedente ha fatto capire: nemmeno il primo male fu una iniziativa della volontà di chi peccò, se ad esigere la nascita del male fu la condizione della stirpe che veniva dal nulla.

Agostino. Ad esigere la nascita del peccato non fu una qualche condizione della stirpe che veniva dal nulla, poiché si esige ciò che costringe ad essere reso o fatto; ma l'angelo o l'uomo, dai quali e nei quali sorsero i primi peccati, non li costrinse a peccare nessuna realtà, ma peccarono per volontà libera e potevano anche non voler peccare, perché non erano affatto costretti a voler peccare; e tuttavia non avrebbero potuto voler peccare, se avessero avuto la natura dalla natura di Dio e non fossero stati fatti dal nulla.

36 - La nascita del primo male

Giuliano. Hai indicato quindi la nascita anche del primo male, ma una nascita più vana di quella di Manicheo, e tuttavia ugualmente eterna.

Su questo non c'è da combattere: è assolutamente chiaro che rimane tra voi un patto dove vi congiunge la catena del male naturale e del male eterno.

Agostino. O insulsissimo, non può essere eterno ciò che è nulla, non può essere eterno ciò che non ha nessuna realtà, non può essere eterno infine ciò che non è.

37 - L'esistenza del nulla

Giuliano. Mi sono certamente comportato come conveniva alla fedeltà della discussione; e il risultato ottenuto da te con la tua argomentazione, cioè che nell'opera di Dio la cattiva volontà sorse per il fatto che l'uomo era stato creato dal nulla, fu annientato dall'esame approfondito della ragione, la quale ha dimostrato che tu con parole diverse hai detto lo stesso che finse e credette Manicheo, cioè che anche il primo peccato fu generato dalla violenza delle tenebre eterne.

Agostino. Già sopra ti abbiamo fatto notare che non può essere eterno ciò che non esiste.

Che cos'è dunque quello che dici: per questo io sono da paragonare a Manicheo perché questi disse che il primo peccato fu generato dalla violenza delle tenebre eterne?

Alle quali tenebre egli diede una sostanza, ma io non ho potuto dare una sostanza al nulla per costituire così anch'io la sostanza delle tenebre eterne, ossia il nulla eterno.

Ma come non ho potuto dare una sostanza al nulla, così non ho potuto dargli la violenza o l'eternità: in nessun modo appunto, come abbiamo già detto, può essere o violento o eterno ciò che è il nulla. Invano quindi hai voluto discutere contro di me sulla esistenza del nulla.

38 - Il nulla eterno causa della volontà cattiva dell'uomo

Giuliano. Ma perché tu, vedendoti scoperto, non tenti una via di uscita nel replicare che non hai detto: Per questo sorse il male nell'opera di Dio, perché l'opera di Dio fu fatta dal nulla; ma hai detto: " Per questo il male poté sorgere, perché l'opera di Dio fu fatta dal nulla ", mi incombe il dovere di dimostrare da quali lacci ancora più violenti tu sia legato.

Se infatti dirai di avere imputato alle forze di quel nulla eterno la possibilità del male e non la necessità del male, noi replichiamo che la possibilità del sorgere nell'uomo della volontà cattiva non è certamente nulla di diverso dal libero arbitrio: così infatti poté sorgere la volontà cattiva da poter sorgere anche la volontà buona.

Questa è la libertà, nella quale si esercita la ragione, e per questo motivo l'uomo si asserisce fatto ad immagine di Dio; questa è la libertà per cui l'uomo sopravanza tutte le altre creature.

Se dunque la possibilità che sorgesse nell'uomo la cattiva volontà non è altro che la libertà dell'arbitrio e se questo vale tanto da essere l'uomo per le proprietà della libertà al di sopra di tutti gli altri animali, tu che professi la presenza di questa possibilità nell'uomo riportandola non alla sua creazione da Dio, ma alla sua creazione dal nulla, con un nuovo prodigio del tuo dogma pronunzi quel nulla, ossia l'antica vacuità, la causa di tanto bene, ossia la causa del libero arbitrio.

Inoltre, perché la verità splenda da una breve interrogazione su ciò che hai detto: Né tuttavia per questo poté sorgere una volontà cattiva perché l'uomo fu fatto da Dio, ma per questo che l'uomo fu fatto dal nulla, rispetto a questa stessa possibilità che la volontà ebbe di sorgere io domando: tu credi che essa sia un bene o un male?

Ossia la stessa facoltà che la volontà ebbe di sorgere, facoltà che tu attribuisci al nulla, la giudichi proba o pessima?

Se la dirai buona, non è dunque Dio, ma il nulla, la causa del bene.

Se viceversa, vedendo che ciò sarebbe insano al massimo, la dichiari cattiva, tanto da dire appunto che non si deve attribuire a Dio ma al nulla, testimonierai che le nostre conclusioni non hanno avuto nulla di malizioso contro di te, ma che con la buona fede della nostra discussione abbiamo sbaragliato la mala fede del tuo dogma.

Rimane dunque inconcusso il risultato ottenuto da noi: tu e Manicheo avete imputato alla necessità di una origine eterna anche la volontà cattiva del primo uomo.

Agostino. Che cosa ti si potrebbe rispondere lo hai visto in un certo qual modo, ma hai cercato inutilmente di opporti alla verità, quasi rispondendo con le mie parole e non rispondendo alle mie parole.

Infatti hai tirato avanti la discussione come se io avessi detto: Né per questo tuttavia la volontà cattiva sorse dal bene.

Il che io non l'ho detto. Ma ho detto: Né tuttavia per questo poté sorgere dal bene la volontà cattiva perché il bene fu fatto per opera del Dio buono, ma perché il bene fu tratto dal nulla e non dalla natura di Dio.21

Proprio così, come le mie medesime parole le hai riportate anche tu.22

Cos'è dunque che hai reputato di dover rispondere, come se io avessi detto: Né per questo tuttavia sorse, quando invece ho detto: " Né tuttavia per questo poté sorgere ", e tanto a lungo hai parlato contro uno che la necessità del male di sorgere dal bene l'ha fatta irrompere dal fatto che lo stesso bene Dio lo trasse dal nulla e non dalla sua stessa natura; mentre io a tale causa non ho attribuito la necessità del male, ma la possibilità del male, avendo detto non che per questo sorse il male dal bene, ma che poté sorgere il male dal bene?

E accusasti tanto a lungo il nulla, e facesti violento il nulla, quasi che l'angelo e l'uomo li abbia spinti a peccare il nulla con una inevitabile necessità.

Ora dunque ritorna finalmente alle mie parole, come hai cominciato a fare.

Ti proponi infatti la questione, quasi che ti sia venuto in mente all'improvviso che cosa io potevo rispondere, mentre io l'ho posto molto tempo prima in quel libro che tu ribatti.

Dici infatti che io potrei replicare: Non ho detto che il male per questo sorse nell'opera di Dio perché è stata fatta dal nulla; ma ho detto: Poté per questo sorgere perché è stata fatta dal nulla.

Proprio questo ho detto: Per questo poté sorgere.

Non ho detto che sorse per questo.

Ho attribuito a questa causa la possibilità del male e non la necessità del male.

La creatura ragionevole appunto, quando fu fatta all'origine, fu fatta in tal modo che, se non voleva peccare, nessuna necessità la potesse costringere a voler peccare, o peccasse senza volere, cioè contro la sua volontà, e non facesse il bene che voleva fare, ma facesse il male che non voleva fare; dove c'è già non quel peccato che si dice semplicemente peccato, ma quello che è anche pena del peccato.

Tuttavia però volere qualcosa di male o fare qualcosa di male anche senza volerlo, non lo avrebbe potuto, se non fosse stata tratta dal nulla, ossia se fosse la natura di Dio.

Infatti la natura di Dio è la sola che non sia stata fatta dal nulla, perché non è stata nemmeno fatta, e quindi non può mutare in nessun modo.

Il che dicendo, non diamo forza al nulla, quasi che esso abbia potuto fare o abbia fatto qualcosa, nulla com'è; ma diciamo che la natura di Dio non è tale che abbia potuto peccare.

Segue poi che una natura che non sia la natura di Dio sia stata fatta: né infatti è coeterna a Dio; e se è stata fatta, dal nulla è stata tratta, perché anche quelle nature che sono state fatte da altre nature traggono la loro origine dal nulla.

Le nature, dalle quali furono fatte, non furono nulla prima di essere fatte, ossia non furono in nessun modo.

Ma tu dici: Così poté sorgere la volontà cattiva da poter sorgere anche la volontà buona.

Quasi che non sia stato fatto di volontà buona o l'angelo o l'uomo.

Fu fatto retto, come ha detto la Scrittura. ( Qo 7,29 )

Non si chiede dunque donde sia potuta sorgere in lui la volontà buona con la quale fu fatto, ma donde la volontà cattiva con la quale non fu fatto.

E tu dici, senza accorgerti di quello che dici: Così poté sorgere la volontà cattiva da poter sorgere anche la volontà buona: e questo lo pensi pertinente alla natura del libero arbitrio, potere l'uno e l'altro, ossia peccare e non peccare, e in questo stimi fatto l'uomo ad immagine di Dio, mentre Dio stesso non può l'uno e l'altro.

E infatti nemmeno un demente dirà che Dio può peccare, né tu osi dire che Dio non abbia il libero arbitrio.

Il libero arbitrio, dunque, è dono di Dio e non del nulla, ma è sommo il libero arbitrio in Dio stesso, che non può peccare in nessun modo.

Perché se Dio potesse essere ingiusto, potrebbe Dio non essere Dio: se infatti è Dio, egli è con estrema conseguenza giusto; e quindi Dio, pur avendo in maniera somma e massima il libero arbitrio, tuttavia non può peccare.

Dunque l'angelo o l'uomo per questo poté peccare, ossia poté fare uso cattivo di questo dono di Dio che è il libero arbitrio, perché non è Dio, ossia perché Dio lo trasse dal nulla e non da se stesso.

Capisci e taci, o parla di ciò che hai capito, ma non parlare di ciò che non hai capito.

39 - La volontà cattiva costretta ad esistere

Giuliano. Ma, non contento di avere vinto in un modo soltanto, della tua argomentazione, della quale ho smascherato l'empietà, rivelerò la falsità.

Nello scrivere dunque: Non per questo poté sorgere la volontà cattiva nell'opera di Dio perché fu fatta da Dio, ma perché fu fatta dal nulla,23avresti dovuto vedere quanto validamente potevano eccepire con i loro esempi le altre creature che, sebbene siano state fatte tutte dal nulla, non sono tuttavia capaci di volontà cattiva.

Infine gli stessi elementi che sono stati fatti veramente dal nulla, non possono avere la coscienza di nessuna volontà per attestare con impulsi cattivi la necessità della loro origine.

Gli animali però e gli altri esseri di cui l'orbe è stato riempito non sono venuti dal nulla, ma da qualche creatura già esistente.

Dov'è dunque la forza dell'antica inanità che costrinse ad esistere la volontà cattiva, se è manifesto che all'infuori dell'animale ragionevole nessuno può peccare?

Agostino. Potresti credere di convincermi di falsità se, dopo che ho detto vulnerabili per questo i nostri corpi perché sono terrestri, tu mostrassi molti corpi terrestri che non siano vulnerabili.

Infatti non ci può essere vulnerazione se non nel corpo di un animale, detto carne.

Qui dovrei farti notare che non sei stato capace di vedere che questa sentenza non ha il rovescio.

Come è vera la sentenza: Tutto ciò che è vulnerabile è un corpo terrestre, così non è altrettanto vera la sentenza: Ogni corpo terrestre è vulnerabile.

Per quale ragione dunque ha così sonnecchiato nelle sue riflessioni dialettiche la tua solerzia vanitosella da non avvederti che io, dove dissi che la creatura ragionevole per questo poté peccare perché fu fatta dal nulla, ho voluto far capire che ogni essere peccabile è stato fatto dal nulla, ma non che ogni essere fatto dal nulla sia peccabile?

E come se lo avessi detto, tu mi hai opposto gli altri esseri e gli stessi elementi del mondo che, sebbene fatti dal nulla, non possono peccare, essendo capace di peccare solo l'animale ragionevole.

Ora dunque svegliati e guarda: ogni essere peccabile è stato fatto dal nulla, né da questo segue che ogni essere fatto dal nulla sia peccabile.

Non mi si mettano quindi davanti le altre creature che furono fatte dal nulla e che non possono peccare, perché io non dico: Ogni essere fatto dal nulla può peccare; ma io dico: Ogni essere che può peccare fu fatto dal nulla.

Come se avessi detto: Ogni bove è un animale, certo non mi si sarebbero dovuti ricordare molti altri animali che non sono bovi, perché non ho detto: Ogni animale è bove; ma: Ogni bove è un animale.

Ripeto dunque ancora: Ogni essere peccabile è stato fatto dal nulla.

Non dico dunque: Ogni essere fatto dal nulla è peccabile.

E come se lo avessi detto, tu ricordi molte altre creature che, sebbene fatte dal nulla, non possono tuttavia peccare.

Togli di mezzo la tua callidità con la quale inganni gli ingegni tardi, o togli di mezzo la tua cecità per la quale non vedi le verità manifeste.

Quando poi dico: " La natura che fu creata ragionevole per questo poté peccare perché fu fatta dal nulla e non fu tratta da Dio, presta attenzione a quello che dico per non sventolarmi un'altra volta con vana loquacità il nulla e affermare che io abbia detto: Ciò che è nulla ha la forza di fare qualcosa.

Questo dico io: " La natura che fu creata ragionevole per questo poté peccare perché fu fatta dal nulla ".

E ciò che altro è se non aver potuto peccare perché non è la natura di Dio?

Se infatti non fosse stata fatta dal nulla, sarebbe da Dio per natura, qualunque cosa fosse; se fosse da Dio per natura, sarebbe la natura di Dio; se fosse la natura di Dio, non potrebbe peccare.

Per questo quindi poté peccare, benché fatta da Dio, perché fu tratta dal nulla e non da Dio stesso.

Se tu lo capirai e non vorrai contrastare la verità, cesserai in questa questione da questa contenzione.

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17 De nupt. et concup. 1,7,8;
De nupt. et concup. 1,23,26
18 Ambrosius, De paenit. 1, 2, 2
19 Ambrosius, In Lc. 7, 12, 53
20 De nupt. et concup. 2, 28,48
21 De nupt. et concup. 2, 28,48
22 Sopra 5, 26
23 De nupt. et concup. 2, 28,48