Contro le Lettere di Petiliano |
Ma ecco che, messo alle strette dalla scelta dell'argomento, Petiliano mi assale di nuovo come nebbia e vento, per oscurare il sereno della verità e, a cortissimo di argomenti, diventa facondo non proclamando la verità, ma vomitando inutili insulti.
Conservate, dunque, con grande accuratezza e fermezza, la risposta che dovete dare alla domanda: da chi viene purificata la coscienza di chi riceve il battesimo, quando la coscienza di chi glielo dà è macchiata, per impedire che il suo soffio ve la strappi dalle mani e voi stessi siate trascinati dall'oscura tempesta di un discorso così confuso, che vi impedisce totalmente di sapere da dove esso è partito e dove bisogna ritornare.
Vedete come quest'uomo erra qua e là quando, per portare avanti la causa intrapresa, non riesce a stare fermo.
Vedete quante cose dice, pur non avendo niente da dire.
Dice che io sono viscido e sfuggente, ma che egli mi trattiene; che non provo e non sostengo le mie obiezioni; che invento cose incerte invece di dire quelle certe; che non permetto ai lettori di credere la verità, ma faccio in modo che abbiano sospetti e dubbi più gravi.
Dice che ho lo spirito riprovevole di Carneade, l'accademico.
Si sforza anche di interpretare il pensiero degli Accademici sulla falsità o l'inganno dei sensi dell'uomo.
E anche in questo caso, senza sapere ciò di cui parla, attribuisce loro queste frasi: la neve è nera, benché sia bianca, e nero è anche l'argento; una torre sembra rotonda o rotondeggiante, mentre è lunga; il remo nell'acqua appare spezzato, mentre è intatto.
E perché tutto questo? Perché dopo che egli ha detto: È alla coscienza di chi lo dà, o: È alla coscienza di chi lo dà santamente che si bada; perché è essa che purifica quella di chi lo riceve, io gli ho replicato: che succede quando la coscienza di chi lo dà è nascosta e, forse, macchiata?
È questa la neve nera, l'argento nero, la torre rotonda, e non lunga?
Il remo nell'acqua, che sembra spezzato, ed invece è intatto?
Veramente io ho detto che si tratta di una cosa, che si può immaginare, ma che può non esistere: che la coscienza di chi battezza sia nascosta e che, forse, sia macchiata.
Petiliano insegue il suo pensiero e grida: Che significa: "Che succede se … "? Che significa: " Forse… " se non il procedere esitante, indeciso e incostante dell'uomo dubbioso?
Un procedere che il tuo poeta così descrive: " Che succede se ora torno a quelli che dicono: Che succede se, ora, il cielo tuona? ".2
Via, pensi forse che la mia affermazione: Che succede se la coscienza di chi battezza è nascosta e, forse, macchiata, sia uguale a questa: Che succede se ora il cielo tuona?
Veramente io ho detto: Che succede se … È possibile, infatti, che la coscienza si nasconda, ed è possibile che non si nasconda.
Di fatto, se il pensiero o il peccato del battezzatore non si conosce, certamente la sua coscienza si nasconde al battezzato; se invece il suo peccato si manifesta, allora essa non si nasconde.
Ho detto: E forse è macchiata … È possibile, infatti, che essa si nasconda, ma sia pura; come è possibile che si nasconda, ma sia macchiata.
Perciò ho detto: Che succede se …, e: E forse … Tu pensi che la mia espressione sia simile a questa: Che succede se, ora, il cielo tuona?
Quante volte gli uomini sono stati convinti, e hanno confessato di avere avuto una coscienza macchiata e adultera, mentre battezzavano altri uomini ignari di questo; e appena il loro delitto è stato scoperto, sono stati degradati?
Eppure il cielo non ha tuonato! Che ci stanno a fare qui, Pilo e Furio, che difesero l'ingiustizia contro la giustizia?
Che ci sta a fare qui, l'ateo Protagora, che negò l'esistenza di Dio?
Sembra che fosse proprio lui quello di cui il profeta ha predetto: Lo stolto ha detto in cuor suo: non c'è Dio. ( Sal 14,1 )
Che ci fanno qui, costoro? Perché se n'è fatto il nome, se non per chiamarli in soccorso di uno, che non ha proprio niente da dire, e al quale non basta certamente averne fatto il nome, perché creda di avere discusso la causa, e di aver risposto a ciò, a cui, in realtà, non ha risposto?
Da ultimo, se queste due o tre parole: Che succede se … e: Forse … sono insopportabili fino al punto di far ridestare gli Accademici, che dormono da molto tempo: Carneade, Pilo, Furio e Protagora, la neve nera, il tuono del cielo e altre simili sciocchezze e assurdità, eliminiamole.
Non è che senza di esse non si possa dire ciò che vogliamo.
Ecco: basta la domanda che Petiliano ha posto poco dopo e che ha preso dalla mia lettera: Da chi deve farsi purificare, uno che riceve il battesimo, quando la coscienza di chi glielo dà è macchiata, e lui, che sta per riceverlo, non lo sa?3
Qui non c'è: Che succede se … e: Forse … Si risponda, quindi.
Ma attenti! Egli potrebbe replicare: Tu cavilli, ma io ti costringo alla regola della fede, per non farti divagare ancor più.
Perché con questi sciocchi argomenti, ti distogli dalla vita per guardare gli errori?
Perché turbi la ragionevolezza della fede con ipotesi irragionevoli?
Mi bastano solo queste sole parole per fermarti e confutarti.
È Petiliano che parla così, non io.
Sono parole della lettera di Petiliano; io vi ho aggiunto solo quelle due che egli mi accusa di aver tolte; e tuttavia ho mostrato che il senso della mia domanda, alla quale egli non risponde, resta immutato ed è molto più conciso e chiaro.
Le due parole sono, santamente e conscientemente.
E così il testo non è: La coscienza di chi lo dà, ma: La coscienza di chi lo dà santamente; e non: Chi riceve la fede da un infedele, ma: Chi, coscientemente, riceve la fede da un infedele …
Veramente non sono stato io a toglierle: io non le ho trovate nel codice che mi è stato consegnato.
Può darsi che sia stato lacunoso.
Ma non è assolutamente incredibile che anche qui si ridesti l'odiosità accademica, per sostenere che dire codice lacunoso, equivale a dire la neve è nera.
Perché io non potrei ricambiare il suo sospetto temerario, dicendo che è stato lui stesso ad aggiungere in seguito le parole, che mi attribuisce di avere sottratto, visto che il codice, che non si adira, può sostenere questa nota di errore, senza indurmi a fare un giudizio temerario?
In verità la prima espressione, chi dà santamente, non mi impedisce affatto di porre la domanda, che sta tanto a cuore a Petiliano.
Egli vuol sapere se io dico: Se è alla coscienza di chi lo dà … o, se è alla coscienza di chi lo dà santamente che si bada, poiché è essa che purifica quella di chi lo riceve, da chi deve farsi purificare chi riceve il battesimo, quando la coscienza di chi glielo dà è macchiata, e lui, che sta per riceverlo, non lo sa?
Quanto all'altra aggiunta: Coscientemente, quella che non ci fa dire: Chi riceve la fede da un infedele, ma: Chi, coscientemente, riceve la fede da un infedele, non riceve la fede, ma una colpa, riconosco di aver parlato come se essa non ci fosse, e detto cose di cui accetto facilmente la soppressione, poiché costituivano più una remora alla mia facilità di parola, che un aiuto alla mia capacità di dare risposte.
Quanto è più facile, infatti, e quanto più chiaro e più breve dire: Se è alla coscienza di chi dà il battesimo santamente che si bada, perché è essa che purifica la coscienza di chi lo riceve e: Se chi, coscientemente riceve la fede da un infedele, non riceve la fede, ma una colpa, da chi viene purificato il battezzato al quale la coscienza macchiata del battezzatore non santo si nasconde?
E da chi riceve la vera fede colui che, senza saperlo, si fa battezzare da un infedele?
Mi si dica da chi; e allora l'intera questione del battesimo si chiarirà; allora verrà alla luce tutto ciò che cerchiamo.
Ma lo si deve dire; non passare il tempo a maledire.
Perciò, qualunque sia lo scopo per cui Petiliano potrebbe far uso di queste due parole, o per accusarmi di averle tolte o per gloriarsi di averle fatte aggiungere, vedete che niente mi impedisce di porre la domanda, alla quale egli non sa dare una risposta, ma non riesce neppure a tacere.
Ecco perché si scaglia ancora contro di me e, starei per dire, si allontana dalla causa, se mai vi si è avvicinato.
E come se si trattasse di me e non della verità della Chiesa e del battesimo, dice che io ho ragionato dopo avere eliminate le due parole, per tutelare la mia coscienza dall'accusa di avere ignorato la coscienza sacrilega di colui che, come lui dice, è stato il mio inquinatore.
Ma se fosse così l'avverbio: coscientemente, se lo avessi aggiunto io, mi avrebbe giovato, se l'avessi soppresso, danneggiato.
In effetti, se io avessi voluto impostare la mia difesa in maniera da far credere che ho ignorato la coscienza del mio battezzatore, avrei potuto considerare a mio favore il fatto che Petiliano non ha detto, genericamente: Chi riceve la fede da un infedele, ma: Chi, coscientemente, riceve la fede da un infedele, non riceve la fede, ma una colpa, e quindi vantarmi di avere ricevuto non una colpa, ma la fede, in quanto ho detto: Io non ho ricevuto conscientemente la fede da un infedele ma, essendo uomo, non ho potuto conoscere la coscienza dell'uomo che mi ha battezzato.
Vedete dunque e, se potete, contate quante parole inutili sono state dette per la frase: ho ignorato, che egli mi attribuisce di aver detta, ma che io non ho mai detta, poiché né si trattava di me, perché io la dicessi, e né in colui che mi ha battezzato si manifestò qualche crimine, che potesse indurmi a dire, per la mia difesa, che io ignoravo la sua coscienza.
Comunque Petiliano, pur di non rispondere a quanto ho detto, immagina ciò che non ho detto, e distoglie la gente dal fare attenzione a ciò che lui deve dire, per evitare di dare una doverosa risposta.
Spesso intercala: Io ignoravo, tu dici, e risponde: Ma se tu ignoravi …, e quasi mi convince a non dire più: Io ignoravo.
Passa a parlare di Mensurio, Ceciliano, Macario, Taurino, Romano, e sostiene che, essi hanno compiuto atti contro la Chiesa di Dio, che io non potevo non sapere, poiché sono un africano e piuttosto avanzato in età, sebbene, come sento dire, Mensurio sia morto nell'unità della comunione prima dello scisma del partito di Donato.
Quanto alla causa di Ceciliano ho letto che i Donatisti lo deferirono a Costantino; che i vescovi, che l'imperatore aveva assegnati come giudici, lo assolsero una prima e una seconda volta, e che una terza volta fu l'imperatore stesso ad assolverlo poiché i Donatisti si erano appellati a lui.
Quanto poi a Macario, Taurino e Romano, risulta che tutto ciò che essi hanno fatto, grazie al loro potere giudiziario o esecutivo, per l'unità e contro il loro tenace furore, l'hanno fatto secondo le leggi, che gli stessi Donatisti, che deferirono la causa di Ceciliano al tribunale dell'imperatore, costrinsero a emanare e ad applicare contro se stessi.
Tra le molte cose totalmente estranee alla questione, egli dice che io sarei stato colpito da una sentenza del proconsole Messiano, e perciò sarei scappato dall'Africa.
E prendendo a pretesto questa falsità - che se non l'ha inventata lui, l'ha certamente raccolta con malizia da persone maliziose che l'hanno inventata -, con stupefacente leggerezza non ha avuto paura, di conseguenza, non solo a dirne molte altre, ma anche a scriverle.
Eccole: quando sono venuto a Milano davanti al console Bautone e dato che allora esercitavo la professione di retore, ho pronunciato un elogio all'indirizzo di questo console, alle calende di gennaio, durante una grande assemblea e sotto lo sguardo della folla; e terminato questo viaggio, io sarei rientrato in Africa dopo la morte del tiranno Massimo.
Ora, il proconsole Messiano ha ascoltato i Manichei dopo il consolato di Bautone, come lo dimostra la data degli Atti che Petiliano stesso ha inserita.
Se poi vi fossero dei dubbiosi o degli increduli e fosse necessario provare queste notizie, potrei portare numerosi uomini famosi nel mondo, e testimoni molto credibili, di tutto quel periodo della mia vita.
Ma perché fare queste ricerche? Perché subire o creare inutili ritardi?
Che forse in questo caso troveremmo una risposta alle domande: Da chi deve farsi purificare la coscienza di colui che riceve il battesimo, e che ignora la coscienza macchiata di chi glielo dà?
E da chi riceve la fede colui che, non sapendolo, viene battezzato da un infedele?
Petiliano, che aveva tratto questo argomento dalla mia lettera, per dare una risposta, ha detto ciò che ha voluto, ma non ciò che la causa richiedeva.
Quante volte ha detto: Se ignoravi, quasi che io avessi detto, ma non l'ho mai detto, che ignoravo la coscienza del mio battezzatore?
Mi è parso che non facesse altro che dimostrare, con la sua lingua cattiva, che io non ignoravo la malvagità di quelli presso i quali ho ricevuto il battesimo, e con i quali sono in comunione: certamente capiva molto bene che l'ignoranza non mi avrebbe reso colpevole!
Ecco dunque: se io ignoravo, come egli ha ripetuto molto spesso, sarei senza dubbio innocente da tutte le loro malvagità.
Da chi, dunque, vengo purificato io che, ignorando la coscienza di chi battezza non santamente, non potrei essere assolutamente impedito dai suoi crimini?
Da chi potrei ricevere la fede io che, a mia insaputa, fossi battezzato da un infedele?
Non invano Petiliano ha detto e ridetto: Se ignoravi …: egli non voleva permettere che fossi ritenuto innocente; e con ciò egli faceva senza dubbio capire che la coscienza di uno che a sua insaputa riceve la fede da un infedele, non viene violata, quando egli ignora che la coscienza di chi lo battezza non santamente è macchiata.
Ci dica dunque da chi vengono purificati costoro; da chi ricevono la fede e non una colpa?
Ma non vi inganni. Non parli molto senza dire niente ma, senza parlare molto, dica molte cose.
Inoltre, mi viene in mente un'idea e non devo lasciarmela sfuggire: se io sono colpevole, perché non ignoravo, tanto per usare le sue parole, e non ignoravo perché sono un africano e quasi vecchio, che almeno non siano colpevoli i fanciulli delle altre parti del mondo!
Questi tuttavia che, né per origine e né per età, hanno potuto conoscere le vostre accuse, vere o false che siano, se incappano in voi, li ribattezzate senza alcun riguardo.
Ma ora il problema è un altro. Risponda piuttosto alla domanda: visto che, per non sentirsi costretto a rispondere, ha divagato a lungo.
Da chi viene purificata la coscienza di colui che riceve il battesimo, ma ignora la coscienza macchiata del battezzatore, se è alla coscienza di chi battezza santamente che si bada, perché è essa che purifica quella del battezzato?
E da chi riceve la fede colui che, a sua insaputa, viene battezzato da un infedele, se chi riceve conscientemente la fede da un infedele, non riceve la fede, ma una colpa?
Messi da parte gli insulti lanciati senza criterio contro di me, restiamo in attesa; vediamo se in seguito risponde alle nostre domande tanto insistenti.
Mi piace notare la grande loquacità di una sua frase con cui pensa di abbattermi e distruggermi con molta facilità.
Egli dice: Ma torniamo all'oggetto del tuo sogno: quello con cui credi di descrivere ogni battezzatore.
Ti converrebbe immaginare cose verosimili, visto che non vedi la verità.
Petiliano ha pronunciato queste sue parole, mentre stava per citare le mie.
Perciò ha proseguito: Ecco, tu dici, un infedele sta per battezzare, ma il battezzando ignora la sua infedeltà.4
Non completa la frase e la mia domanda, ma subito comincia a interrogarmi, e dice: Chi è costui che tu presenti? Da dove è uscito?
Perché credi di vedere colui che immagini, per non vedere colui che dovresti vedere, esaminare con attenzione e approvare?
Ma poiché capisco che tu ignori il rito del sacramento, ti dico in breve: avresti dovuto esaminare il tuo battezzatore ed essere esaminato da lui.
Che cosa potevamo aspettarci? Che dicesse da chi viene lavata la coscienza del battezzato che ignora la coscienza macchiata di chi lo battezza non santamente?
E da chi riceve la fede, e non un peccato, colui che, non sapendolo, riceve il battesimo da un infedele?
Ecco, abbiamo sentito che se uno desidera ricevere la fede e non un peccato, deve esaminare con grande scrupolo il battezzatore, per scoprire se la sua coscienza è santa: è essa, infatti, che purifica la coscienza del battezzato.
In effetti, chi non l'ha esaminata e, non sapendolo, ha ricevuto il battesimo da un infedele, proprio perché non ha esaminato la coscienza di chi glielo dava, e ne ha ignorato le macchie, non riceve la fede, ma una colpa.
Che gli ha giovato credere che fosse importante aggiungere l'avverbio coscientemente, che egli mi ha accusato di avere tolto?
In realtà, quando non ha accettato che si dicesse: chi riceve la fede da un infedele, non riceve la fede, ma un peccato, pareva che volesse aprire una speranza a chi ignora.
Ma adesso che gli si chiede da chi riceve la fede colui che, a sua insaputa, viene battezzato da un infedele, risponde che egli avrebbe dovuto esaminare il suo battezzatore.
Senza dubbio Petiliano non permette ad uno sfortunato di essere ignorante, visto che non gli propone altra possibilità di ricevere la fede, che quella di riporre la sua speranza nell'uomo che lo battezza.
È questo ciò che aborriamo in voi; è questo ciò che la parola di Dio condanna, quando proclama con grande verità e chiarezza: Maledetto l'uomo che ripone la sua speranza nell'uomo. ( Ger 17,5 )
È questo che la santa umiltà e carità dell'apostolo Paolo vieta, quando proclama: Nessuno si glori nell'uomo! ( 1 Cor 3,21 )
È questo ciò che accresce contro di noi gli impulsi di infondate calunnie e di asprissimi insulti, così che, distrutto l'uomo, non resta più nessuna speranza a quelli ai quali noi amministriamo la parola e il sacramento di Dio, in virtù del ministero che ci è stato affidato.
Ecco, noi rispondiamo loro: Fino a quando conterete sull'uomo? ( Sal 62,4 )
Ecco, risponde loro la veneranda società cattolica: Non è forse a Dio, che la mia anima si assoggetterà?
Da lui viene la mia salvezza; è lui il mio Dio, il mio difensore: non me ne allontanerò mai. ( Sal 62,2-3 )
In effetti, che motivo hanno avuto, i Donatisti, per allontanarsi dalla casa di Dio, se non la constatazione di vasi destinati ad usi ignobili, ( 2 Tm 2,20 ) di cui essa non sarà priva fino al giorno del giudizio?
Vasi che essi hanno finto di non poter tollerare, benché dagli Atti e dagli scritti del tempo appaia chiaramente che questi vasi erano essi stessi, e che furono essi stessi ad accusare e calunniare gli altri?
Ora, perché non avvenga che per questi vasi destinati ad usi ignobili, il servo di Dio o il buon fedele, o chi sta per ricevere la fede nel battesimo, sconvolto dalla loro presenza, abbandoni la grande casa, che è l'unica casa del grande Padre di famiglia, il versetto appena citato recita: Non è forse a Dio che si assoggetterà la mia anima?
A Dio quindi, non all'uomo. È da lui, infatti, che viene la mia salvezza, non dall'uomo.
Petiliano, invece, pur di non affidare a Dio un uomo, per farlo purificare e mondare, almeno quando la coscienza di colui che battezza non santamente si nasconde, e quando, non sapendolo, egli riceve la fede da un infedele, ha detto: Ti dico in breve: avresti dovuto esaminare il battezzatore, ed essere esaminato da lui.
Vi scongiuro, notate bene: io gli domando: Come si purifica la coscienza di colui che riceve il battesimo, quando ignora che la coscienza di chi lo battezza è macchiata, se è alla coscienza di chi lo dà santamente che si bada, perché è essa che purifica quella di chi lo riceve?
E da chi riceve la fede colui che, a sua insaputa, viene battezzato da un infedele, se chi riceve coscientemente la fede da un infedele, non riceve la fede, ma un peccato?
E per tutta risposta Petiliano mi dice che bisogna esaminare sia il battezzatore che il battezzando.
E per giustificare questa risposta, che non crea alcun problema, porta l'esempio di Giovanni, che sarebbe stato esaminato da quelli che gli chiesero di dire loro chi fosse ( Gv 1,22 ) e che, a sua volta, avrebbe esaminato quelli che apostrofò così: Razza di vipere, chi vi ha insegnato a fuggire l'ira ventura? ( Mt 3,7 )
Che c'entra, questo, col nostro tema? Che c'entra, questo, con la nostra questione?
Dio aveva reso a Giovanni la testimonianza di grandissima santità, poiché lo aveva fatto precedere da una chiarissima profezia, e sul suo concepimento e sulla sua nascita.
I suoi interpellanti, che già lo credevano santo, volevano che dicesse loro chi santo fosse, e se fosse proprio lui il Santo dei Santi, cioè il Cristo Gesù.
Giovanni infatti riscuoteva tanta stima che avrebbero subito creduto a qualunque cosa avesse detto di sé.
Se poi con tale esempio si vuole dire questo: Oggi dobbiamo esaminare ogni battezzatore, allora chiunque parla di sé deve essere creduto.
Ora, chi è quell'ipocrita, che certamente lo Spirito Santo fugge, come sta scritto, ( Sap 1,5 ) il quale non desidera che di lui si abbia una grande stima e si adopera per raggiungerla con tutte le parole possibili?
Comunque, quando ad uno si chiede chi è, e egli risponde di essere un fedele dispensatore di Dio e di non avere la coscienza macchiata da nessun crimine, basta questo esame o bisogna esaminare con cura la sua condotta e la sua vita?
Certo, è così. Ma non sta scritto che hanno fatto quest'esame coloro che nel deserto del Giordano chiesero a Giovanni chi fosse.
Perciò questo esempio non c'entra niente con la questione in discussione.
Ciò che invece sollecita questa premura, è più questo testo dell'Apostolo: Siano prima messi alla prova, e se non hanno nessun peccato, esercitino il loro servizio. ( 1 Tm 3,10 )
Ma visto che questo lo si fa abitualmente e con sollecitudine, dall'una e dall'altra parte, come spiegare che la falsità di molti è stata scoperta solo dopo l'esercizio di questo ministero, se non perché spesso l'attenzione degli uomini fallisce e perché molti, che prima erano buoni, poi diventano cattivi?
Questo accade così spesso, che nessuno può ignorarlo o dimenticarlo.
Ed allora, perché Petiliano ci insegna, con una frase breve e offensiva, che il battezzando deve esaminare il suo battezzatore, quando noi gli chiediamo da chi deve farsi purificare la coscienza colui che riceve il battesimo, se la coscienza di chi glielo dà non santamente si nasconde, visto che è alla coscienza di chi battezza santamente che si bada, poiché è essa che purifica la coscienza del battezzato?
Poiché vedo che tu non conosci il rito del sacramento, egli dice, allora ti dico brevemente: Avresti dovuto esaminare il battezzatore, ed essere da lui esaminato.
Che risposta! Egli vede intorno a sé, in molti luoghi, una grande moltitudine di uomini, battezzata da coloro che prima parevano giusti e casti, ma che, in seguito, scoperti i loro crimini, sono stati confutati e cacciati, e crede di poter sfuggire alla forza della domanda con cui gli chiediamo da chi viene purificata la coscienza di un battezzato, quando ignora la coscienza macchiata di chi non lo battezza santamente, se è alla coscienza del battezzatore santo che si bada, perché è essa che purifica quella del battezzato, solo perché risponde seccamente: bisogna esaminare il battezzatore.
Non c'è niente di più triste che dissentire dalla verità che ci assedia così strettamente da rendere impossibile l'uscita.
Noi chiediamo: da chi riceve la fede uno che, a sua insaputa, è battezzato da un infedele?
Ed egli ci risponde: Avrebbe dovuto esaminare il suo battezzatore.
Dunque, visto che non lo esamina e senza saperlo riceve la fede da un infedele, non riceve la fede, ma una colpa.
E allora, perché non ribattezzare quelli che risultano battezzati dai peccatori quando erano ancora nascosti, e che poi sono stati scoperti e confutati?
Ma dov'è - egli dice - l'avverbio " coscientemente ", che ho aggiunto, per cui non avrei detto: " Chi riceve la fede da un infedele …", ma: " Chi, coscientemente, riceve la fede da un infedele, riceve non la fede, ma una colpa? ".
Dunque riceve la fede e non una colpa chi, senza saperlo, l'ha ricevuta da un infedele.
Ecco perché io chiedo da chi l'ha ricevuta.
A questo punto, messo alle strette, Petiliano risponde: Avrebbe dovuto esaminare.
Bene, avrebbe dovuto. Non l'ha fatto o non l'ha potuto fare.
Che ne pensate? È stato purificato o no? Se lo è stato, chiedo: da chi?
Certo non ha potuto lavarlo la coscienza macchiata di colui che non lo ha battezzato santamente, e che egli non conobbe.
Se poi non è stato lavato, ordinategli di farsi lavare. Non lo fate?
Dunque è stato lavato. Diteci da chi. Dite almeno voi ciò che egli non ha detto.
Io vi pongo la stessa domanda, alla quale Petiliano non ha saputo rispondere: Ecco, un infedele sta per battezzare, ma il battezzando ignora la sua incredulità.
Che cosa pensate voi: riceverà la fede o una colpa?5
Bastano le domande fatte finora. Rispondete o cercate attentamente le risposte di Petiliano: troverete i suoi insulti confutati.
Egli mi accusa con un certo scherno di proporre verità apparenti, perché non so vedere la verità.
E dopo aver anche citato le mie parole e dimezzata la mia frase, ha detto: Tu dici: ecco un infedele sta per battezzare, ma il battezzando ignora la sua incredulità.
Poi continua: Chi è costui? E donde è uscito?; come se si trattasse di uno o di due casi, e se tutto il mondo, dall'una e dall'altra parte, non ne fosse pieno.
Perché chiedermi chi è costui o da dove è uscito, e piuttosto non guardarsi intorno e vedere che sono rare le Chiese, in città come in campagna, che non abbiano uomini colpiti dal crimine e cacciati dal clero?
Costoro pur nascondendosi e desiderando passare per buoni, anche se erano cattivi, e passare per casti, anche se erano corrotti, erano certamente ipocriti, e certamente lo Spirito Santo, come sta scritto, li fuggiva. ( Sap 1,5 )
È dunque da questa folla, ancora nascosta, che è uscito l'infedele che ho presentato.
Perché allora mi chiedi da dove è uscito, tu che chiudi gli occhi davanti a tanta folla, di cui anche a considerare solo quelli che poterono essere convinti e cacciati, il loro suono basta a guidare i ciechi?
Che dire del caso riportato nella sua lettera: il caso di Quodvultdeus, che dopo essere stato da voi convinto di aver commesso due adulteri e cacciato, i nostri hanno accolto?
Che dire, dunque? Senza pregiudizio verso di lui, che ha dimostrato e persuaso della bontà della sua causa, potrei dire: quando presso di voi gli adulteri non ancora scoperti battezzano, che cosa si riceve da loro, la fede o una colpa?
Certamente non la fede: essi infatti non hanno la coscienza per battezzare santamente e purificare quella di chi viene battezzato.
Ma neppure un peccato, perché è stato aggiunto l'avverbio: Chi coscientemente riceve la fede da un infedele, non riceve la fede, ma un peccato.
Ora, le persone che sono state battezzate da costoro, certamente non sapevano chi fossero.
Ma se esse non hanno ricevuto la fede da questi, che non avevano la coscienza di chi battezza santamente; e se non hanno ricevuto neppure il peccato, in quanto sono state battezzate non nella conoscenza dei loro crimini, ma nell'ignoranza, sono rimaste e senza fede e senza peccato.
Esse quindi non sono nel numero di questi criminali, ma non possono neppure trovarsi nel numero dei fedeli, in quanto da essi non hanno potuto ricevere un peccato, ma neppure la fede.
Eppure vediamo che voi le annoverate nel numero dei fedeli, e che nessuno di voi pensa di ribattezzarle, ma di ratificare il battesimo ricevuto.
Quindi hanno ricevuto la fede, ma non da quelli che non avevano la coscienza di chi battezza santamente: la coscienza che purifica quella di chi viene battezzato.
E allora, da chi l'hanno ricevuta? Questa è la mia ansia, questa la mia insistente richiesta, questa la mia fortissima sollecitazione per avere una risposta.
Ed ora osservate Petiliano: per non rispondere o per non farsi vedere imbarazzato di non avere saputo rispondere, si muove qua e là, passando da un insulto all'altro e portando molte accuse, ma nessuna prova.
E quando, per difendere la sua causa, si sforza di resistere con un certo accanimento, viene sconfitto con estrema facilità su tutti i punti.
E tuttavia non risponde mai all'unica nostra domanda: Se è alla coscienza di chi dà santamente il battesimo, che si bada, poiché è essa che purifica quella di chi lo riceve, da chi viene purificato chi lo riceve, se la coscienza di chi glielo dà è macchiata ed egli, che sta per riceverlo, non lo sa?
Infatti, dopo aver citato il brano della mia lettera, ha presentato me, che ponevo la domanda, e ha mostrato se stesso, che non dava una risposta.
Dopo aver detto le cose che ho già ricordate, nelle quali ho fatto vedere che egli non ha risposto alla mia domanda; e dopo che, messo sotto pressione, è stato costretto a dire che il battezzatore deve essere esaminato dal battezzato e il battezzato dal battezzatore; e dopo essersi sforzato di sostenere la sua tesi con l'esempio di Giovanni, sperando di incontrare uditori molto negligenti e ignoranti, ha citato altri testi della Scrittura che non riguardano il nostro tema.
Se l'eunuco disse a Filippo: Ecco l'acqua, che cosa mi impedisce di essere battezzato? ( At 8,36 ) è perché sapeva che i perduti ne sono impediti.
Se Filippo non gli impedì di ricevere il battesimo, è perché l'eunuco, durante la lettura, aveva dimostrato di credere a Cristo; come se Filippo lo avesse impedito a Simon Mago.
Se i Profeti hanno temuto di essere ingannati da un battesimo falso, tanto che Isaia disse : È un acqua ingannevole, che non ispira fiducia, ( Ger 15,18 ) è perché voleva mostrare che presso gli infedeli l'acqua è ingannevole: anche se queste parole non le ha dette Isaia, ma Geremia riferendosi agli uomini mendaci, e chiamando il popolo, in senso simbolico, acqua: se ne ha una prova molto chiara nell'Apocalisse. ( Ap 17,15 )
E Davide ha detto: L'olio del peccatore non ungerà il mio capo, anche se parlava dell'adulazione dell'adulatore, che inganna con falsi elogi, che fanno montare la testa a chi li riceve.
Questa spiegazione si trova nel salmo, nelle parole che precedono immediatamente la frase citata.
Davide infatti dice: Il giusto mi biasimerà e mi rimprovererà con misericordia, ma l'olio del peccatore non ungerà il mio capo. ( Sal 141,5 )
Che c'è di più chiaro di questa affermazione? Che c'è di più evidente?
Davide preferisce essere rimproverato con misericordia dalla severa correzione del giusto, per guarire, che essere unto dalle dolci carezze dell'adulatore, per non insuperbire.
Petiliano ricorda anche che l'apostolo Paolo ha esortato a non credere a ogni spirito, ma a mettere alla prova gli spiriti per vedere se sono da Dio. ( 1 Gv 4,1 )
Come se ci dovessimo preoccupare di separare il frumento dalla paglia ora, prima del tempo, più che di impedire che la paglia possa ingannare il frumento; o come se una verità, detta da uno spirito bugiardo, la si debba respingere perché l'ha detta uno spirito odioso.
Chi lo pensasse sarebbe tanto folle quanto sostenere che Pietro non avrebbe dovuto dire: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, ( Mt 16,16 ) perché già l'avevano detto i demoni. ( Mt 8,29; Mc 1,24; Lc 8,28 )
Quindi, se il battesimo di Cristo, amministrato da un ingiusto o da un giusto, non è altro che il battesimo di Cristo, un ministro accorto e un buon fedele devono evitare l'iniquità dell'uomo, senza condannare i sacramenti di Dio.
In tutto questo Petiliano non risponde alla domanda: Se è alla coscienza di chi dà santamente il battesimo che si bada, poiché è essa che purifica quella di chi lo riceve, come si deve purificare colui che lo riceve da chi ha la coscienza macchiata, e lui che sta per riceverlo non lo sa?
Un suo collega di Thubursicubure, un certo Cipriano, sorpreso in un postribolo con una donna molto disonesta, fu deferito a Primiano di Cartagine e condannato.
Ora, quando costui, prima d'essere scoperto e cacciato, battezzava, non aveva certamente la coscienza di un battezzatore, che purifica quella del battezzato.
E allora, come sono stati lavati quelli che, oggi, dopo la sua condanna, non vengono certamente lavati di nuovo?
Non c'era bisogno che io ne facessi il nome, se non si trattasse di impedire a Petiliano di ripetere: Chi è costui? Da dove è uscito?6
Perché i vostri non hanno esaminato questo battezzatore, così come, secondo Petiliano, è stato esaminato Giovanni?
O forse lo hanno esaminato, nei limiti in cui degli uomini hanno potuto esaminare un uomo ma, poiché egli si era nascosto a lungo dietro la maschera di un'astuta ipocrisia, non sono riusciti a scoprirlo?
35.40 - Non era ingannevole la sua acqua? O l'olio del fornicatore non è l'olio di peccatore?
O, come dice la Cattolica con grande verità, quell'acqua e quell'olio non erano di chi li amministrava, ma di colui del quale si invocava il nome?
E perché coloro che si facevano battezzare da questo falso che si nascondeva, non provavano il suo spirito, poiché non era da Dio?
Lo Spirito Santo che ammaestra, infatti, fuggiva gli ipocriti. ( Sap 1,5 )
Oppure fuggiva lui, ma i suoi sacramenti, benché amministrati da lui, non li fuggiva?
Infine: certamente voi non negate la loro purificazione.
Allora, vedete se per giustificare quelli che, dopo la sua condanna, voi non vi preoccupate di purificare, potete trovare, dopo che spesso avete diffuse tante nebbie, un passo dove Petiliano risponde alla domanda: da chi sono stati purificati costoro, se è alla coscienza di chi battezza santamente che si bada, poiché è essa che purifica quella del battezzato?
Quell'impuro nascosto non poteva avere questa coscienza.
35.41 - Ora egli non dà nessuna risposta alla nostra insistente domanda.
In seguito poi si lascia andare a lunghi discorsi.
Egli dice: Se i Profeti e l'Apostolo hanno prudentemente temuto di questo, con che faccia tu dici che per i veri credenti il battesimo di un peccatore è santo?
Come se io o un qualunque cattolico dicessi che il battesimo, che si dà o si riceve tramite il ministero del peccatore, è il battesimo del peccatore e non di colui nel cui nome il credente viene battezzato.
Dopodiché egli si spinge a parlare di Giuda il traditore, e contro di lui dice tutto il male possibile, servendosi di testimonianze che di lui i profeti avevano dato molto tempo prima.
Sembra quasi che voglia sommergere con l'empietà del traditore Giuda, la Chiesa di Cristo diffusa nel mondo, di cui ora stiamo trattando, ma senza considerare - e l'esempio di Giuda lo avrebbe dovuto ammonire - che non bisogna dubitare che essa è la Chiesa di Cristo, che si espande in tutte le nazioni, poiché si tratta di una verità profetizzata tanto tempo prima; così come non bisogna dubitare che Cristo doveva essere tradito da uno dei suoi discepoli, perché anche questo è stato profetizzato.
Ma proprio dopo questo discorso, ecco che Petiliano passa a trattare il nostro argomento: l'accettazione del battesimo dei Massimianisti, che essi avevano condannati.7
Anche se, nel porre la questione, egli preferisce usare più le sue parole che le mie: noi infatti non diciamo che il battesimo dei peccatori deve giovarci, e né che esso è dei peccatori o di qualunque altro uomo, ma riconosciamo che è di Cristo.
Ecco le sue proposizioni: Tu ti ostini ad affermare che il battesimo dei peccatori vi deve giovare, in quanto anche noi, come hai detto, rispettiamo il battesimo di quei peccatori che abbiamo giustamente condannato.
Ecco, appena è passato a trattare la questione, come ho detto, tutto il suo spirito battagliero, anche apparente, gli è venuto meno.
Non ha trovato dove andare, da dove uscire; non è riuscito ad avvistare un varco per dove evadere di nascosto e né ad aprirlo con la forza.
Ha detto: Sebbene in un secondo libro io dimostrerò tutta la differenza che c'è tra di noi: tra i nostri e i vostri che voi dite innocenti, nel frattempo voi, prima liberatevi dai crimini dei vostri colleghi, e che voi ben conoscete, e dopodiché chiedeteci conto su quelli che cacciamo.
Chi risponderebbe così? Chi, se non chi combatte una verità e non trova parole contro di essa?
Ora, supponiamo che anche noi usassimo le stesse parole: Voi, nel frattempo, prima liberatevi dai crimini, a voi noti, dei vostri colleghi, e poi rinfacciateci qualche crimine dei cattivi, che vedete in mezzo a noi: in questo caso, saremmo entrambi vincitori o vinti? Tutt'altro.
Il vincitore, per la sua Chiesa e nella sua Chiesa, è colui che nella sua Scrittura ci ha insegnato che nessuno deve gloriarsi nell'uomo, ma che chi si gloria, si glori nel Signore. ( 1 Cor 3,21 )
Ecco: con la parola di verità noi diciamo che il credente non è giustificato dal ministro che lo battezza, ma da colui di cui sta scritto: A chi crede in colui che giustifica l'empio, la fede è computata come giustizia: ( Rm 4,5 ) noi infatti non ci gloriamo in un uomo ma, quando ci gloriamo, con la sua grazia ci sforziamo di gloriarci nel Signore.
Così siamo al sicuro, qualunque errore o crimine venga provato a carico degli uomini della nostra comunione!
Presso di noi tutti i cattivi, sia quelli totalmente nascosti e sia quelli noti solo ad alcuni, a causa dei buoni, che non li conoscono e che non possono essere confutati presso di loro, vengono tollerati per amore del vincolo dell'unità e della pace, in modo da non sradicare, insieme alla zizzania, anche il frumento.
A tal punto essi portano il peso della propria malvagità, che nessuno vuol condividerla con loro, salvo quelli che si compiacciono della loro iniquità.
In effetti noi non temiamo che i loro battezzati non possano essere giustificati; essi infatti credono in colui che giustifica gli empi, affinché la loro fede sia computata come giustizia. ( Rm 4,5 )
Inoltre, nella nostra comunione, né colui che è stato allontanato da noi per il peccato di sodomia, come dice Petiliano, e non è stato rimpiazzato da un altro e né restituito al nostro stesso collegio - ma egli non sa quello che dice -, e né l'altro che, a suo dire, è stato penitente presso di voi, comunque si possano o non si possano difendere le loro cause, riescono a pregiudicare minimamente la Chiesa di Dio, che si diffonde in tutte le nazioni e cresce nel mondo fino alla mietitura.
Ora, se quanti voi accusate sono veramente cattivi, allora non sono più in essa, ma nella sua paglia.
Se invece sono buoni, per il fatto che li diffamiate con accuse ingiuste, essi vengono provati come l'oro, e voi bruciati come si brucia la paglia.
Quanto agli altri peccati, non contaminano la Chiesa che, secondo profezie molto degne di fede, è diffusa in tutto il mondo e attende la fine del tempo come del suo approdo.
Quando vi arriverà non avrà più i pesci cattivi, insieme ai quali ha potuto sopportare con innocenza il naturale disagio entro le stesse reti del Signore, per tutto il tempo in cui non dové separarsi da essi per impazienza.
Non per questo, tuttavia, i fermi, diligenti e saggi dispensatori di Cristo trascurano la disciplina della Chiesa, quando i crimini sono tanto evidenti che nessun motivo plausibile potrebbe giustificarli.
Vi sono innumerevoli prove a carico di quelli che sono stati o vescovi o chierici di un altro grado del ministero e che, una volta degradati, o se ne sono andati per pudore in altre regioni, o sono passati a voi e ad altre eresie; oppure sono restati nelle loro regioni e sono conosciuti.
Ve n'è una moltitudine così grande in tutta la terra, che se Petiliano, moderando un po' le sue temerarie invettive, ci avesse riflettuto sopra, non sarebbe mai caduto in una affermazione tanto manifestamente falsa e vuota, quando ha pensato di dire: Nessuno di voi è innocente, per il fatto che non condannate nessun colpevole.
In effetti, anche tralasciando gli altri abitanti delle diverse zone - è raro infatti trovare un luogo dove questo tipo di persone sia assente -, dove è evidente che anche nella Chiesa cattolica si usa condannare i capi e i ministri iniqui, è il caso di Onorio di Milevi, di cui Petiliano è ben informato.
Quanto a Splendonio, un diacono condannato nella Cattolica, Petiliano lo ribattezzò e lo ordinò prete.
La sua condanna, avvenuta in Gallia e inviata a noi dai fratelli, fu letta in pubblico su proposta del nostro collega Fortunato proprio a Costantina; in seguito però, lo stesso Petiliano, avendone esperimentato le odiose insidie, lo ha respinto.
Ora il caso di Splendonio non avrebbe dovuto fargli capire che anche nella Cattolica si degradano i malvagi?
Mi stupisco nel vedere in quale abisso di leggerezza egli aveva il cuore, quando dettava questa ardita frase: Nessuno di voi è innocente, se nessun colpevole viene condannato.
Perciò, nella Chiesa cattolica, i malvagi mescolati con il corpo ai buoni, ma separati nello spirito, portano il loro fardello sia quando, per l'umana fragilità, non si conoscono, e sia quando, per rispetto della disciplina, sono condannati.
Perciò sono sicuri, purché non condividano i loro peccati con il consenso e la partecipazione, tutti coloro che da essi ricevono il battesimo di Cristo.
Infatti anche se venissero battezzati da ministri buonissimi, non sarebbero giustificati se non da colui che giustifica l'empio: a quanti infatti credono in colui che giustifica l'empio, la fede viene imputata come giustizia. ( Rm 4,5 )
Voi invece, quando vi si rinfaccia il caso dei Massimianisti, condannati dalla sentenza del concilio dei trecentodieci e respinti da questo stesso concilio, citato in tanti Atti proconsolari e municipali; e che voi, dopo che li avete scacciati dalle basiliche che occupavano, con le ordinanze dei giudici e le milizie ausiliarie cittadine, avete nuovamente accolti e onorati, senza mettere in discussione il loro battesimo, con quelli che essi avevano battezzato fuori della vostra comunione, non trovate una risposta da dare.
In realtà è la vostra opinione, non vera, ma comunque vostra, che vi sconfigge: voi infatti sostenete che nella stessa comunione dei sacramenti, alcuni periscono a causa dei crimini degli altri, e che ciascuno è tale e quale al suo battezzatore: se è colpevole, colpevole; se è innocente, innocente.
Ma se questo è vero, tralascio innumerevoli altri esempi, i crimini dei Massimianisti, la cui efferatezza i vostri hanno così amplificato in un affollato concilio, da assimilarli a quelli di coloro che la terra inghiottì vivi, ( Nm 16 ) vi hanno certamente rovinati.
Se poi i crimini dei Massimianisti non vi hanno rovinato, allora le vostre idee sono false; e molto meno hanno potuto rovinare il mondo, i crimini incerti e non dimostrati degli Africani.
Perciò, come scrive l'Apostolo: Ciascuno porta il proprio fardello. ( Gal 6,5 )
Il battesimo di Cristo, quindi, non è di nessuno, ma solo di Cristo; e invano Petiliano promette che in un secondo libro parlerà di ciò che ci interessa dei Massimianisti.
Ha una idea sbagliata dell'intelligenza degli uomini, se pensa che non capiscono che egli non ha niente da dire.
Ora se il battesimo, che Pretestato e Feliciano amministrarono nella comunione di Massimiano, era loro, perché in coloro che essi avevano battezzato, lo avete accolto come battesimo di Cristo?
Se poi era veramente di Cristo, come lo è, e non poteva giovare a quanti lo avevano insieme al crimine dello scisma, che cosa potete dire di aver donato, voi, a quelli che avete accolto con lo stesso battesimo, se non questo: che essi non erano obbligati a ricevere il sacramento del santo lavacro come se non lo avessero, una volta che il crimine scellerato dello scisma era stato cancellato mediante il vincolo della carità, ma che se prima il battesimo che avevano era dannoso, da quel momento incominciava ad essere utile?
Dunque, ciò che la vostra comunione non ha dato loro, poiché gli scismatici non potevano darlo ad altri scismatici, ora ve lo dà la comunione cattolica : non farvi ricevere il battesimo, che non vi manca, ma far fruttificare quello ricevuto.
Tutti i sacramenti di Cristo, senza la carità dell'unità di Cristo si hanno non a nostra salvezza, ma a nostra condanna.
Ma poiché secondo la vostra dottrina, non certo vera, la causa della scomparsa del battesimo di Cristo dalla terra sono stati non so quali traditori, è giusto che non troviate che cosa rispondere alla questione che riguarda l'accettazione del battesimo dei Massimianisti.
Riflettete, dunque, e impegnatevi a ricordare come mai Petiliano non ha dato risposte neppure alle domande, che si era poste lui stesso, per far vedere che diceva qualcosa.
Viceversa, se egli ha totalmente abbandonato da tempo questo impegno, e non ha voluto dirci niente, lo ha fatto certamente perché non ha potuto.
E fino al termine del suo libro non parlerà mai del brano preso dalla prima parte della mia lettera, per confutarlo.
E nonostante che io vi abbia aggiunto le due parole, che mi ha accusato di avere tolte, come se fossero state le sue armi più forti, egli giace indifeso senza trovare una risposta alla domanda: Se è alla coscienza di chi battezza santamente, che si bada, perché è essa che purifica quella di chi lo riceve, da chi viene purificata la coscienza del battezzato che ignora che la coscienza del battezzatore non è santa ed è macchiata?
E se chi coscientemente riceve la fede da un infedele, non riceve la fede, ma un peccato, da chi riceverà la fede, e non un peccato, colui che, non sapendolo, viene battezzato da un infedele?
Ora, che Petiliano, da quando ha incominciato a parlare non ha dato nessuna risposta a queste domande, è evidente.
40.48 - In seguito si è messo a criticare, con la sua bocca ingiuriosa, monasteri e monache, accusando anche me di avere istituito questo genere di vita; un genere di vita che egli non conosce affatto o meglio, finge di non sapere che il mondo lo conosce molto bene.
Poi, asserendo che io ho detto che il battezzatore è Cristo, ha aggiunto anche alcune frasi della mia lettera, come se io avessi esposto una mia opinione, e non la vostra e la sua; e ha quasi inveito contro di me con grande violenza, come se fossero idee mie, quando invece la frase che egli biasima, non è mia, ma vostra e sua.
E in seguito lo dimostrerò chiaramente, per quanto ne sarò capace.
Si è poi sforzato di insegnarci, con molte e inutili parole, che non è Cristo che battezza, ma che si battezza nel suo nome, contemporaneamente nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
E sulla Trinità ha detto tutto ciò che ha voluto e ha potuto.
Ha detto che Cristo è il centro della Trinità.
Poi, a partire dal nomi dei maghi Simone e Bar Iesu ci ha ricoperti di una valanga di offese.
Dopodiché, ha lasciato poco a poco in sospeso la causa di Ottato di Tamugadi, per non lasciarsi vincere dalla vergogna di non aver saputo, né lui e né i suoi, darne un giudizio; e a questo proposito mi accusa di averlo incalzato con le mie domande.
41.49 - Da ultimo, ponendo fine alla sua lettera, egli esorta e avverte i suoi a non lasciarsi sedurre da noi; e compiange i nostri, perché li avremmo fatti più cattivi di quanto erano. Ora, fatta questa accurata analisi e discussione di tutte queste cose, ciò che risulta con sufficiente chiarezza dalla lettera di Petiliano, è che egli non dà nessuna risposta alla domanda che gli ho fatta all'inizio della mia lettera: Se, come egli dice, è alla coscienza di chi dà il battesimo, o meglio, aggiungendo la parola che egli ritiene fondamentale, se è alla coscienza di chi dà santamente il battesimo, che si bada, perché è essa che purifica quella di chi lo riceve, da chi deve farsi purificare colui che riceve il battesimo, se la coscienza di chi lo battezza è macchiata e lui, che sta per riceverlo, lo ignora?
Nessuna meraviglia, quindi, che un uomo impegnato a difendere l'errore, vistosi incalzato dalla forza della verità che gli veniva contro, abbia preferito spirare invettive insensate più che camminare con la verità che non può essere vinta.
E ora vi scongiuro: fate attenzione a queste poche parole e vi mostrerò chiaramente di che cosa Petiliano ha avuto paura, per non aver risposto alla questione; e così metterò in luce ciò che egli ha cercato di oscurare.
Certamente egli poteva rispondere, quando gli abbiamo chiesto da chi deve farsi purificare colui che riceve il battesimo, quando la coscienza di chi glielo dà è macchiata, e lui, che sta per riceverlo, non lo sa; e dire con molta semplicità: Dal Signore Dio; e con grande fiducia: Si, è Dio che purifica la coscienza di chi riceve il battesimo, quando questi ignora che la coscienza di chi non battezza santamente è macchiata.
Ma quest'uomo, che la dottrina della vostra setta aveva già costretto a riporre la purificazione del battezzando nella coscienza del battezzatore, e quindi aveva detto: È alla coscienza di chi battezza, o di chi battezza santamente, che si bada, perché è essa che purifica quella di chi lo riceve, ha avuto paura di far credere che è meglio ricevere il battesimo da un uomo cattivo, ma nascosto, che da uno manifesto, ma buono; in questo caso, infatti, non sarebbe stata la coscienza di chi battezza santamente a santificarlo, ma la stessa sublime santità di Dio.
Così, per paura di cadere in questa assurdità, o meglio, follia, e di non trovare via d'uscita, non ha voluto dire da chi un battezzando deve farsi purificare la coscienza, quando la coscienza di chi non lo battezza santamente è macchiata, e lui non lo sa.
E dopo aver creato un grande scompiglio con litigi e rumori, ha preferito evadere la domanda che gli era stata fatta, piuttosto che rispondere all'interrogante, che lo avrebbe subito soffocato.
Comunque non gli passò mai per la mente che le nostre lettere avrebbero potuto leggerle persone di buon senso; e che le sue avrebbero potuto leggerle persone che già avevano letto le mie, alle quali egli ha fatto finta di rispondere.
Indice |
2 | Terenzio, Heautontimorumenos, Atto 4, Scena 3, 41 |
3 | Sopra 1,2,3 |
4 | Sopra 1,2,3 |
5 | Sopra 1,2,2 |
6 | Sopra 3,29,34 |
7 | Sopra 1,10,11 |