Contro le Lettere di Petiliano |
Ho letto, o Petiliano, la tua lettera appena ho potuto.
In essa hai fatto chiaramente capire che contro la Chiesa cattolica e a favore del partito di Donato, non sei riuscito a dire alcunché di degno, e che non ti è stato permesso tacere.
Che turbamenti hai subito, che tempesta si è scatenata nel tuo animo, mentre leggevi la risposta che io ho dato, con tutta la brevità e chiarezza possibile, ad un frammento della tua lettera, che mi era capitato tra le mani!
Tu hai visto di quanta solidità goda, e di quanta viva luce brilli la verità che noi seguiamo e difendiamo, che non sei riuscito a portare un solo argomento contro di essa, per confutarla e respingerla.
Hai anche notato che verso di te era rivolta l'attesa di molti suoi lettori, desiderosi di sapere che cosa avresti detto, che cosa avresti fatto, come te la saresti cavata, e per quale delle tante strettoie in cui la parola di Dio ti aveva bloccato, ti saresti aperto un varco.
Ma a questo punto tu, che dopo aver rigettata l'opinione di persone superficiali, avresti dovuto dirigerti verso la vera e sana dottrina, hai fatto proprio quello che la Scrittura ha predetto di costoro: Hai amato la malizia piuttosto che la bontà, la parola di iniquità più che la parola di equità. ( Sal 52,5 )
Inoltre, se io volessi replicare ai tuoi insulti con altri insulti, che altro saremmo se non due insultatori, sì che alcuni nostri lettori ci disprezzerebbero, spinti da vera serietà, come abietti individui, e altri vi attingerebbero con gusto e malizioso piacere?
Per parte mia, quando io replico a qualcuno a viva voce o per iscritto, anche se mi ha aggredito con accuse ingiuriose, modero e reprimo, per quanto il Signore me lo concede, gli stimoli di una inutile indignazione; e pensando all'uditore o al lettore, non faccio in modo di dimostrarmi superiore a lui con gli insulti, ma di essergli salutare confutandone l'errore.
In effetti, se quanti esaminano i tuoi scritti hanno un po' di buon senso, che vantaggio ha portato alla causa in oggetto sulla comunione cattolica o sul partito di Donato, il fatto che tu, accantonato un impegno, in un certo senso pubblico e mosso da rivalità personale, ti sei messo ad attaccare con maligni insulti la vita di un uomo, quasi che l'oggetto della questione fosse lui?
Hai giudicato così male, non dico i cristiani, ma l'intera umanità, da non pensare che i tuoi scritti potessero cadere nelle mani di persone sagge che si sarebbero messe al di sopra delle nostre persone e avrebbero piuttosto esaminata la nostra questione, non badando a chi siamo o come siamo, ma solo alla validità dei nostri argomenti per la verità o contro l'errore.
È di questi che avresti dovuto temere il giudizio; è di questi che avresti dovuto prevenire le critiche, per non farli sospettare che saresti stato a corto di argomenti, se non ti fossi prefisso un avversario contro cui lanciare ogni specie di insulti.
Ma evidentemente sei stato preso dalla stessa leggerezza e vanità di alcuni che si compiacciono di ascoltare i litigi di avversari eloquenti e che, attratti dall'eloquenza con cui essi si insultano, non colgono la verità con cui si confutano.
Allo stesso tempo io penso che tu abbia fatto in modo che anch'io, tutto preso dalla mia difesa, mi distraessi dalla causa intrapresa, e così, agli occhi della gente, rivolta alle parole non di due disputanti, ma litiganti, restasse oscura la verità, di cui temete la manifestazione e la diffusione.
Ma che cosa potrei fare io, ora, per contrastare questo disegno, se non accantonare la mia difesa e attenermi all'argomento, dal quale nessun mio accusatore possa distogliere la mia attenzione?
Esalterò con l'elogio della mia voce di servo la casa del mio Dio, di cui ho amato la bellezza; ( Sal 26,8 ) io invece mi umilierò e sarò nell'abiezione.
Ho infatti preferito di essere un abietto nella casa del mio Dio, piuttosto che abitare nelle tende degli eretici. ( Sal 84,11 )
Perciò, o Petiliano, interromperò per un po' il mio discorso con te e lo rivolgerò a coloro che tu, con i tuoi insulti, hai cercato di separare da me, quasi che il mio sforzo fosse di indirizzare gli uomini a me e non invece con me a Dio.
Ascoltate, dunque, voi tutti che avete letto gli insulti che Petiliano, più per rabbia che per riflessione, ha vomitato contro di me.
Innanzitutto mi rivolgerò a voi con le parole dell'Apostolo, che certamente, quale che io sia, sono vere.
Così, ogni uomo ci consideri ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio.
Ora quel che si richiede dai dispensatori, è che ciascuno sia trovato fedele.
Quanto a me, importa molto poco l'essere giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, non giudico neppure me stesso. ( 1 Cor 4,1-3 )
Quanto alle parole successive, anche se non oso riferirle a me, e dire: Non mi sento colpevole di niente, ( 1 Cor 4,4 ) tuttavia davanti a Dio, pieno di fiducia dico: Di nessuna delle accuse, che Petiliano mi ha rivolto, riguardanti il periodo della mia vita successivo al giorno del mio battesimo in Cristo, io sono consapevole.
Non per questo, però, sono giustificato, ma chi mi giudica è il Signore.
Pertanto, non giudicate niente prima del tempo, finché venga il Signore e illumini i segreti delle tenebre e riveli i pensieri del cuore; e allora per ciascuno vi sarà la lode da Dio.
Questa verità, fratelli, l'ho trasfigurata in me, affinché, al di là di quanto è stato scritto, non ci si gonfi per uno contro un altro. ( 1 Cor 4,4-6 )
Pertanto, che nessuno si glori nell'uomo; tutto è vostro, voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio. ( 1 Cor 3,21-23 )
Lo ripeto: Che nessuno si glori nell'uomo.
Insisto ancora: Che nessuno si glori nell'uomo! ( 1 Cor 3,21 )
Se in noi notate qualcosa di lodevole, riferitela a lode di colui, dal quale viene ogni cosa ottima e ogni dono perfetto; esso infatti viene dall'alto, discende dal Padre dei lumi, presso il quale non c'è mutamento e né ombra di variazione. ( Gc 1,17 )
Che cosa abbiamo, infatti, che non abbiamo ricevuta?
E se l'abbiamo ricevuta, non gloriamocene come se non l'avessimo ricevuta. ( 1 Cor 4,7 )
E per tutto il bene che avete conosciuto in noi, siate imitatori nostri, se però noi lo siamo di Cristo. ( 1 Cor 4,16 )
Se invece sospettate o credete o vedete in noi qualche male, ( At 25,18 ) seguite il consiglio del Signore, che vi rassicura ed esorta a non lasciare la sua Chiesa per i difetti degli uomini: ciò che noi diciamo, fatelo; mentre il male che credete o vedete che noi facciamo, non fatelo. ( Mt 23,3 )
Non è il momento di giustificarmi davanti a voi, perché, trascurata la mia causa, ho incominciato a raccomandarvi una verità per voi salutare: Che nessuno si glori nell'uomo; ( 1 Cor 3,21 ) è infatti maledetto chi pone la sua speranza nell'uomo. ( Ger 17,5 )
Se io conservo e osservo questo precetto del Signore e dell'Apostolo, anche se, nella mia causa, dovessi soccombere ed essere sconfitto - come il mio nemico desidera e ritiene - uscirà vittoriosa la causa che io servo.
In effetti, se voi manterrete con grande fermezza, quanto io vi esorto e vi sollecito, e cioè che è maledetto l'uomo che pone la sua speranza nell'uomo, così che nessuno si glori nell'uomo, non lascerete mai l'aia del Signore per via della paglia, né di quella che ora vola portata via dal vento della superbia, e né di quella che verrà separata nella vagliatura finale; ( Mt 3,12 ) non fuggirete la grande casa, per via dei vasi destinati ad usi ignobili; ( 2 Tm 2,20 ) non uscirete dalle reti rotte, per via dei pesci cattivi, che devono essere separati sulla spiaggia. ( Mt 13,47-48 )
Né, per via dei capri, che il pastore separerà per collocarli alla sua sinistra, lascerete i buoni pascoli dell'unità; ( Mt 25,32-33 ) e né per via della zizzania che vi è mischiata, vi separerete con un empio scisma dalla società del grano, il cui capo è il grano mortificato e moltiplicato, che cresce nel mondo fino alla mietitura. ( Mt 13,24-40 )
Il campo è il mondo, infatti, non l'Africa; e la mietitura è la fine dei tempi, ( Mt 13,38-39 ) non il tempo di Donato.
Certamente voi riconoscete perché sono state date queste similitudini del Vangelo: il loro unico scopo è di far capire che nessuno deve gloriarsi nell'uomo e nessuno, per orgoglio, parteggi per l'uno contro l'altro, e si divida, dicendo: Io sono di Paolo, visto che non è stato certo crocifisso per voi Paolo, e che non è stato nel nome di Paolo, e meno ancora nel nome di Petiliano o di uno dei nostri, che siete stati battezzati. ( 1 Cor 1, 12.13 )
Esse sono state date perché voi impariate, prima della vagliatura e per il tempo in cui la paglia viene triturata con il frumento, e i pesci buoni nuotano coi cattivi nelle reti del Signore, piuttosto a sopportare la mescolanza dei cattivi per amore dei buoni, che a violare la carità dei buoni per colpa dei cattivi.
Naturalmente questa mescolanza non è eterna, ma temporanea; non è spirituale, ma corporea.
Né gli angeli potranno sbagliare quando raccoglieranno i cattivi di mezzo ai giusti e li getteranno nel camino di fuoco ardente. ( Mt 13,49-50 )
Il Signore sa chi sono i suoi.
E se è vero che chiunque invoca il nome del Signore, ( 2 Tm 2,19 ) non può, nel frattempo, allontanarsi dagli iniqui con il corpo, si allontani dall'iniquità.
Nel frattempo, infatti, è lecito allontanarsi e separarsi dai cattivi con la vita, la condotta, il cuore e la volontà.
Questa separazione bisogna sempre mantenerla; quanto alla separazione corporea, invece, si deve attendere la fine del mondo con fiducia, con pazienza e con fortezza.
È appunto per questa attesa che è stato detto: Attendi il Signore, comportati con coraggio; si conforti il tuo cuore, attendi il Signore. ( Sal 27,14 )
Veramente, la palma più grande che spetta alla tolleranza, è vivere tra i falsi fratelli, che si sono furtivamente introdotti, e che cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo, ( Fil 2,21 ) senza turbare, con tumulti e dissensi temerari, la carità di quelli che non cercano i propri interessi, ma quelli di Gesù Cristo, e senza rompere, con orgoglio ed empie lotte, l'unità della rete del Signore, che raccoglie ogni genere di pesci, mentre viene tirata alla riva, cioè, alla fine dei tempi.
Come succede quando uno crede di essere qualcosa ed è niente, ( Gal 6,3 ) e inganna se stesso; e quando pensa che, per giustificare la separazione delle popolazioni cristiane, sia sufficiente il giudizio suo e dei suoi, che dicono di conoscere molto bene certi malvagi indegni della comunione dei sacramenti della religione cristiana.
Tuttavia di tutto ciò che dicono di conoscere a proposito di alcuni, non riescono a convincere la Chiesa, la quale, come è stato predetto, è diffusa in tutte le nazioni.
E quando essi lasciano la comunione di coloro, che appena conoscono, abbandonano la sua unità; se invece avessero la carità che tutto sopporta, essi dovrebbero sopportare, in una sola nazione, il male che conoscevano, proprio per evitare di separarsi dai buoni, ai quali non potevano mostrare, in tutte le nazioni, le altrui malvagità. ( 1 Cor 13,7 )
Quindi, pur non entrando nella discussione della causa, nella quale prove fortissime dimostrano che essi hanno calunniato degli innocenti, è certamente più credibile che le false accuse di consegna le abbiano inventate proprio quelli che non hanno esitato a commettere il crimine molto scellerato dello scisma.
Infatti, posto che sia vero tutto ciò che essi hanno propalato circa la consegna dei Libri, non avrebbero assolutamente dovuto abbandonare la comunione dei cristiani, per un fatto che essi conoscevano ed altri ignoravano: comunione che la Scrittura divina proclama fino ai confini della terra.
Questo io non lo dico perché si trascuri la disciplina della Chiesa, e si permetta a ciascuno di fare ciò che vuole, senza incorrere in alcuna correzione e punizione medicinale, e senza temere la dolcezza e la severità della carità.
Che ne sarebbe, infatti, dell'esortazione dell'Apostolo: Correggete gli inquieti, consolate i pusillanimi, accogliete i deboli, siate pazienti con tutti.
Badate di non rendere a nessuno male per male? ( 1 Ts 5,14-15 )
Con l'ultima frase, poi: Badate di non rendere a nessuno male per male, egli ha chiaramente mostrato che non è rendere male per male, correggere gli inquieti, sebbene sia l'inquietudine la causa per cui si riceve il castigo della correzione.
Quindi, non è un male il castigo della correzione, benché sia un male la colpa; esso infatti non è l'arma di un nemico che ferisce, ma il bisturi di un medico che amputa.
Questo accade nella Chiesa: è lo spirito di dolcezza interiore, ( Gal 6,1 ) che arde della gelosia di Dio; è il timore che la vergine casta, fidanzata all'unico sposo Cristo, possa corrompersi, in alcuni suoi membri, nella castità che le dona Cristo, come avvenne di Eva, che fu sedotta dall'astuzia del serpente. ( 2 Cor 11,2-3 )
Comunque, Dio non voglia che i servi del padre di famiglia dimentichino il comando del loro Signore, e si accendano tanto forte dell'ardore di santa indignazione contro l'abbondante zizzania che, nel desiderio di raccoglierla prima del tempo, ( Mt 13,29-30 ) possano sradicare anche il frumento.
Di questo peccato, comunque, i Donatisti sarebbero colpevoli anche se riuscissero a provare che i crimini di cui accusano i traditori, che hanno calunniato, sono veri.
Essi infatti, nella loro empia presunzione si sono separati, non solo dai fedeli iniqui, di cui cercavano di fuggire la compagnia, ma anche da quelli buoni, che si trovano in tutte le nazioni, e ai quali non riuscivano a dimostrare i crimini che pure dicevano di conoscere.
E con loro hanno condotto nella stessa rovina molte persone sulle quali godevano di una certa ascendenza, ma che erano incapaci di capire che non bisogna assolutamente abbandonare l'unità della Chiesa diffusa in tutto il mondo, a causa dei peccati altrui.
Così, anche se essi sapevano che i crimini rinfacciati ad alcuni erano veri, questa conoscenza faceva perire il fedele debole, per il quale Cristo è morto. ( 1 Cor 8,11 )
Costui, infatti, irritato per il male compiuto da altri, faceva perire in sé il bene della pace, che condivideva con i fratelli buoni: dei quali, alcuni non avevano mai sentito parlare di questi fatti; altri avevano avuto paura di credere alla leggera a fatti non discussi e non provati; e ad altri, infine, spinti da pacifica umiltà, quali che siano stati i fatti, li avevano rimessi ai giudici ecclesiastici dei paesi d'oltremare.
L'intera causa, infatti, fu portata davanti a loro.
Voi, dunque, prole santa dell'unica Madre cattolica; voi che siete sudditi del Signore, evitate con tutta la vigilanza possibile, l'esempio di tale crimine ed errore.
Infatti, per quanto colui che vuole attrarvi al suo seguito rifulga della luce di dottrina e di fama, e si vanti d'essere una pietra preziosa, ricordatevi che la donna forte e l'unica sposa del suo unico amabile Sposo, descritta dalla santa Scrittura nell'ultimo libro dei Proverbi, ( Pr 31,10 ) è più preziosa delle pietre preziose.
Nessuno dica: " Lo seguirò, perché lui mi ha fatto cristiano", o: " Lo seguirò, perché lui mi ha battezzato ".
Non chi pianta è qualche cosa, né chi irriga, ma colui che fa crescere, Dio. ( 1 Cor 3,7 )
E Dio è carità, e chi rimane nella carità, rimane in Dio e Dio in lui. ( 1 Gv 4,16 )
Non bisogna seguire nessuno contro l'unità di Cristo, anche se predica il nome di Cristo, e se possiede e amministra il sacramento di Cristo.
Ciascuno esamini il proprio comportamento, e allora troverà gloria soltanto in se stesso e non in altri; ciascuno infatti porterà il proprio fardello, ( Gal 6,4-5 ) cioè il fardello di dover rendere conto, poiché ciascuno di noi renderà conto di se stesso.
Pertanto non giudichiamoci più a vicenda. ( Rm 14,12-13 )
Quanto poi ai pesi della reciproca carità, portate scambievolmente i vostri pesi, e così adempirete la legge di Cristo.
Chi infatti crede di essere qualcosa, mentre è niente, inganna se stesso. ( Gal 6,2-3 )
Sopportiamoci dunque a vicenda con amore, e operiamo per conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace. ( Ef 4,2-3 )
Fuori di questa pace, chiunque raccoglie, non raccoglie con Cristo; ma chiunque non raccoglie con Cristo, disperde. ( Mt 12,30 )
Che dunque si parli di Cristo o della sua Chiesa o di qualunque altra verità, che riguarda la vostra fede e la vostra vita, io non dico che noi non ci dobbiamo assolutamente paragonare a colui che ha detto: Anche se noi …; ma che è assolutamente vero il seguito: Anche se un angelo dal cielo vi annunciasse una cosa diversa da ciò che voi avete ricevuto, nelle Scritture legittime ed evangeliche, sia anatema. ( Gal 1,8-9 )
Quando noi discutiamo di queste cose con voi e con tutti quelli che desideriamo guadagnare a Cristo e, tra le altre verità, predichiamo anche la santa Chiesa, così come leggiamo che è stata promessa nella Lettera di Dio e la vediamo realizzata in tutte le nazioni, da quelli che desideriamo attrarre al suo grembo pacifico, invece di ringraziamenti, riceviamo fiamme di odio; come se li avessimo relegati noi in quel partito, a favore del quale non trovano alcunché da dire, o se fossimo stati noi ad ordinare ai Profeti e agli Apostoli, molto tempo prima, di non inserire nei loro scritti nessun testo dal quale risultasse che il partito di Donato è la Chiesa di Cristo.
Per la verità, carissimi, quando noi ascoltiamo false accuse da parte di coloro che colpiamo con l'annuncio della parola di verità e la confutazione delle vane ciarle del loro errore, proviamo, come sapete, un'immensa consolazione.
In effetti, se per le accuse che mi fanno, la testimonianza della mia coscienza non si leva contro di me davanti a Dio, là dove l'occhio mortale non penetra, non solo non devo rattristarmi, ma rallegrarmi ed esultare, perché grande è la mia ricompensa nei cieli. ( Mt 5,12 )
Non bisogna infatti vedere quanto è amaro, ma quanto è falso ciò che ascolto e quanto è verace colui, nel cui nome ascolto e a cui viene detto: Un profumo diffuso è il tuo nome. ( Ct 1,2 )
Ha diritto a diffondersi in tutte le nazioni il profumo di colui che i Donatisti, che ci maledicono, si sforzano di circoscrivere nell'ambito di una sola piccola zona dell'Africa.
Perché allora sentirsi a disagio per le calunnie di quelli che diminuiscono la gloria di Cristo?
Di quelli che a sfavore del loro partito e della loro contesa, hanno questa antica predizione sulla sua ascensione al Cielo e sull'effusione del suo nome come un profumo: Esaltati sopra i cieli, o Dio, e su tutta la terra la tua gloria? ( Sal 57,12 )
Quando noi proclamiamo queste ed altre profezie divine, per contrastare le loro vuote chiacchiere umane, i nemici della gloria di Cristo ci colpiscono solo con aspri insulti.
Dicano pure quello che vogliono: il Signore ci incoraggia con queste parole: Beati quelli che soffrono persecuzioni per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati sarete voi, quando vi perseguiteranno, vi malediranno e, mentendo, diranno ogni male contro di voi, a causa mia. ( Mt 5,10-11 )
Le prime parole: Per la giustizia, le ha ripetute poi: A causa mia.
Egli infatti si è fatto per noi sapienza e giustizia e santificazione e redenzione; affinché, come sta scritto, chi si gloria, si glori nel Signore. ( 1 Cor 1,30-31 )
Ora, visto che egli dice: Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli, ( Mt 5,12 ) se io, con retta coscienza, ritengo le parole: Per la giustizia e: A causa mia, chiunque vuol diminuire volontariamente la mia reputazione, aumenta involontariamente la mia ricompensa.
Non che Cristo, infatti, si sia limitato a darmi, molto tempo fa, un insegnamento fatto di sole parole, senza confermarlo con il suo esempio.
Segui la testimonianza delle sante Scritture: vi troverai che Cristo è risuscitato dai morti, è asceso al cielo, e siede alla destra del Padre.
Segui le calunnie degli avversari: crederai che egli è stato rubato dal sepolcro dai suoi discepoli.
Che altro dobbiamo sperare noi che, secondo le possibilità che egli ci dona, ne difendiamo la casa dai suoi nemici?
Se hanno chiamato Beelzebub il padre di famiglia, quanto più i suoi domestici! ( Mt 10,25 )
Se dunque soffriremo con lui, con lui anche regneremo. ( 2 Tm 2,12 )
Se poi non è solo la collera dell'accusatore a ferirmi l'orecchio, ma è la verità dell'accusa a pungermi la coscienza, che mi giova se il mondo intero mi esalta con frequenti elogi?
Non sono gli elogi di chi loda, a guarire una coscienza cattiva, come non è l'ingiuria di chi offende, a ferire una coscienza retta.
Neppure in questo caso tuttavia, la vostra speranza, riposta nel Signore, viene delusa, ( Sal 62,8 ) anche se forse noi siamo, in segreto, quelli che l'avversario desidera far credere, proprio perché questa speranza non l'avete riposta in noi e né da noi avete mai sentito parlarne.
Perciò, quali che noi siamo, voi siete sicuri perché avete imparato a dire: Spero nel Signore e non sarò turbato, ( Sal 26,1 ) e: Spererò in Dio, non temerò ciò che mi fa l'uomo; ( Sal 56,11 ) e a quanti si sforzano di condurvi alle altezze degli uomini superbi, sapete rispondere: Io confido nel Signore, perché dite alla mia anima: vola nel monte come un passero? ( Sal 11,2 )
E ad essere sicuri non siete solo voi, che vi compiacete della verità di Cristo che è in noi, comunque e dovunque essa venga predicata: voi l'avete ascoltata con piacere dal ministero della nostra lingua, e per questo nutrite sentimenti buoni e benigni anche verso di noi, quali che noi siamo, in quanto riponete la vostra speranza in colui, la cui misericordia verso di voi ci concede di annunciarla.
Ma la stessa sicurezza riguarda anche tutti voi che avete ricevuto il sacramento del santo battesimo dal nostro ministero: non è in noi, infatti, che siete stati battezzati, ma è in Cristo. ( Gal 3,27 )
Quindi, non vi siete rivestiti di noi, ma di Cristo; né io vi ho chiesto di convertirvi a me, ma al Dio vivente; né di credere in me, ma nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo.
E se voi avete risposto con cuore sincero, vi ha fatti salvi non la rimozione di sporcizie della carne, ma la testimonianza di una buona coscienza; ( 1 Pt 3,21 ) non un servo, vostro collega, ma il Padrone; non l'araldo, ma il Giudice.
Non è vero, come ha detto Petiliano, senza riflettere, che: Si considera la coscienza di chi battezza santamente perché è essa che purifica la coscienza del battezzato.
Quando infatti viene dato un dono di Dio, anche se la coscienza non è santa, essa dà una cosa santa; che poi essa sia santa o no, colui che riceve non può accorgersene; ma può considerare ciò che gli viene dato come un dono conosciuto da colui che è sempre santo, chiunque sia il ministro che lo dà, e riceverlo con tutta sicurezza.
Se infatti le parole proclamate dalla cattedra di Mosè non fossero state sante, la Verità non avrebbe detto: Ciò che dicono, fatelo.
Se poi quelli che donavano sante parole, fossero stati anche essi santi, non avrebbe detto: Ciò che fanno, non fatelo.
Dicono, infatti, e non fanno. ( Mt 23,2-3 )
Certo non si coglie uva dalle spine, poiché non nasce dalle radici delle spine. ( Mt 7,16 )
Se poi un tralcio si è impigliato alle siepi di spine, non per questo ci si spaventa del frutto che vi pende: si scansano le spine e si coglie l'uva.
Pertanto, come spesso ho detto e ribadisco con forza: quali che noi siamo, voi che avete Dio per Padre e la sua Chiesa per Madre siete sicuri.
Infatti, anche se i capri pascolano insieme alle pecore, non staranno alla destra; anche se viene triturata insieme al frumento, la paglia non entrerà nel granaio; anche se i pesci cattivi nuotano insieme ai buoni dentro le reti del Signore, non saranno gettati nei vasi.
Nessuno si glori, nemmeno in un uomo buono; nessuno fugga i beni di Dio, neppure in uno cattivo!
Questo basta, carissimi fratelli cristiani cattolici, alla presente questione.
Se voi lo ritenete con cattolica carità, poiché siete un solo gregge al sicuro sotto un solo Pastore, io non mi preoccupo troppo che un nemico mi ricopra di insulti, perché sono un vostro compagno di gregge o perché sono certamente il vostro cane da guardia, purché mi spinga ad abbaiare più per la vostra difesa, che per la mia.
Tuttavia, se per questa causa fosse necessaria una difesa, farei un discorso molto breve e semplice: esporrei tutto il periodo della mia vita, antecedente al mio battesimo in Cristo; parlerei delle mie passioni e dei miei errori, e li biasimerei e detesterei insieme a voi, per non dare l'impressione che, per difendere quel periodo, io cerchi la gloria mia e non quella di colui che, per sua grazia, mi ha liberato anche da me stesso.
Perciò, quando sento criticare la mia vita passata, quale che sia l'animo con cui lo si fa, non sono ingrato fino al punto di dolermene; anzi, quanto più si accusa il mio difetto, tanto più io lodo il mio medico.
Perché dunque dovrei affannarmi a difendere i miei errori trascorsi e cancellati, dei quali Petiliano ha detto molte cose certamente false, e moltissime altre, che pure erano vere, non le ha dette?
Quanto al periodo della mia vita, successivo al battesimo, ritengo superfluo parlare a voi, che mi conoscete, di ciò che può essere noto alla gente.
Quanti invece non mi conoscono, non devono essere così ingiusti verso di me da credere, sul mio conto, più a Petiliano che a voi.
In effetti, se non bisogna credere ad un amico che ti loda, non bisogna neppure credere ad un nemico che ti calunnia.
Restano i sentimenti segreti dell'uomo, dove è testimone la sola coscienza, che però non può essere testimone davanti agli uomini. ( Rm 2,15-16 )
Su questo piano Petiliano mi definisce un manicheo; ma parla della coscienza di un altro; mentre io, che parlo della mia coscienza, non mi sento di esserlo.
Scegliete voi a chi credere.
Tuttavia, dal momento che questa breve e semplice difesa non è necessaria, poiché oggetto della questione non è il merito di un uomo qualsiasi, ma la verità della santa Chiesa, anch'io dovrei dire parecchie cose a quanti, nel partito di Donato, avete letto gli insulti che Petiliano ha scritto contro di me; insulti che io non ascolterei, se non m'importasse niente della vostra perdizione, e non nutrissi sentimenti di cristiana carità.
Che meraviglia quindi, che quando io trascino dentro, con la terra e la paglia, anche il grano scosso sull'aia del Signore, subisco la violenza della polvere che si solleva o, che quando cerco con zelo le pecore smarrite del mio Signore vengo lacerato dalle siepi di lingue spinose?
Vi scongiuro: deponete per un istante la vostra faziosità, e giudicate con equità tra me e Petiliano.
Io voglio farvi conoscere la causa della Chiesa, e lui la mia.
Per quale motivo, se non perché mentre egli non osa dire che non crede alle testimonianze che io porto insistentemente nella causa della Chiesa - si tratta di testimonianze dei Profeti, degli Apostoli, e dello stesso Signore dei Profeti e degli Apostoli, Cristo -, voi invece, su tutto ciò che gli piace dire sul mio conto, credete facilmente ad un uomo contro un altro uomo, e a un uomo vostro contro un uomo estraneo?
E se io, sui fatti della mia vita, porto i testimoni, che difficoltà ha lui a dire che non sono credibili?
E a convincervi subito di questo, tanto che chiunque spende una parola in mio favore, subito verrà visto come nemico del partito di Donato e, per questo, anche vostro?
Trionfa, quindi, Petiliano.
Quando egli mi lancia contro ogni sorta di insulti, voi tutti lo acclamate e applaudite.
Ha scoperto di poter vincere questa causa, purché ne siate voi i giudici.
Non cerca né testimoni e né prove: per lui provare è parlare, visto che contro colui che voi odiate fortemente, lancia un mare di insulti.
In effetti, visto che mentre si leggono le testimonianze forti e limpide della divina Scrittura, a favore della Chiesa cattolica, egli, con vostro rammarico, resta muto, allora ha scelto un terreno in cui egli, col vostro consenso, parla anche se vinto.
Ma se pure per migliaia di volte ripetesse contro di me solo queste accuse o altre più scellerate, quale che io sia, per la causa che tratto, mi basta che la Chiesa, per la quale parlo, sia invincibile.
Io sono un uomo dell'aia di Cristo: paglia, se cattivo, grano, se buono.
E non è la lingua di Petiliano il ventilabro di questa aia; quindi, tutto il male che egli ha detto della sua paglia, anche se è vero, non pregiudica affatto il suo frumento; e tutte le invettive e le calunnie che ha lanciate contro il frumento, servono a fargli esercitare la fede in terra, e ad accrescergli la ricompensa nei cieli.
Per i santi servi di Dio, infatti, che combattono il santo combattimento di Dio, non contro Petiliano e né contro la loro stessa carne e sangue, ma contro i principati e le potestà e i principi di queste tenebre, ( Ef 6,12 ) cioè tutti gli avversari della verità, ai quali vorremmo dire: Un tempo anche voi eravate tenebre, ora invece siete luce nel Signore; ( Ef 5,8 ) per i servi di Dio, dicevo, che combattono questa battaglia, tutti gli insulti e tutte le accuse, che i nemici lanciano contro di loro, e che procurano ad essi una cattiva fama presso i maligni e i creduloni, sono armi che essi portano a sinistra.
Anche con esse si sconfigge il diavolo.
Infatti, quando per la nostra buona fama siamo messi alla prova, per vedere se ci inorgogliamo; e per la cattiva fama siamo messi alla prova per vedere se amiamo i nemici che ci trafiggono, sconfiggiamo il diavolo con le armi della giustizia a destra e a sinistra.
Parlando di queste armi, l'Apostolo dice: Con le armi della giustizia a destra e a sinistra, e subito, quasi per spiegarne lo scopo, aggiunge: Per la gloria e per il disonore, per la buona e la cattiva fama, ( 2 Cor 6,7-8 ) eccetera.
Così, la gloria e la buona fama, le annovera tra le armi di destra; tra quelle di sinistra, invece, annovera il disonore e la cattiva fama.
Se dunque io sono un servo di Dio e un soldato di valore, Petiliano si scagli come vuole contro di me, come un eloquente insultatore; debbo forse io provare fastidio che egli mi ha colpito da fabbro molto esperto di armi della sinistra?
Bisogna che io le usi con molta abilità nella lotta a sostegno del mio Signore, per colpire colui, contro il quale combatto una battaglia invisibile, e che usa la sua pervertissima e antichissima astuzia, e la sua scaltrezza, per spingermi a odiare Petiliano, e quindi a non osservare il precetto di Cristo: Amate i vostri nemici. ( Lc 6,35 )
Allontani da me questo odio, la misericordia di colui che mi ha amato e ha dato se stesso per me, fino a dire sulla croce: Padre, perdona loro, perché non sanno ciò che fanno ( Lc 23,34 ) e che mi ha insegnato a dire, di Petiliano e di simili miei nemici: Signore, perdona loro, perché non sanno quello che dicono.
Inoltre, se, come io mi propongo, otterrò che rimoviate dai vostri spiriti ogni parzialità e che siate giudici equi tra me e Petiliano, vi mostrerò che costui non ha risposto ai miei scritti.
Così capirete che egli, trovandosi a corto di verità, è stato costretto a rinunciare alla causa e a lanciare tutti gli insulti possibili, contro chi ha condotto la causa in modo da non farlo rispondere.
Benché quanto dirò brilli di tanta chiarezza, se i vostri cuori fossero lontani da me per spirito di parte e per odio verso di me, vi basta solo leggere entrambi gli scritti: riconoscerete certamente, presso di voi e dentro i vostri cuori, che io ho detto la verità.
Io, infatti, in risposta alla prima parte della sua lettera, che allora mi era capitata tra le mani, accantonato il vaniloquio ingiurioso e sacrilego di queste espressioni: Ci rinfacciano un doppio battesimo, proprio essi che, sotto il nome di battesimo, hanno sporcato le loro anime con un falso lavacro.
Uomini immondi, al cui confronto tutte le sporcizie sono più pulite; ad essi è toccato in sorte di sporcare l'acqua con una purezza perversa, ho ritenuto di dover discutere e confutare la frase: È alla coscienza di chi dà il battesimo che si guarda; perché è essa che purifica la coscienza di chi lo riceve, ed ho chiesto da chi deve essere purificato colui che riceve il battesimo, quando la coscienza di chi glielo dà è macchiata e lui, che sta per riceverlo, non lo sa.
E ora leggete il mare di insulti che egli, gonfio di orgoglio e di ira, ha lanciato contro di me, e vedrete se ha risposto alla mia domanda: Da chi deve essere purificato chi riceve il battesimo, quando la coscienza di chi glielo lo dà è macchiata, e lui, che sta per riceverlo, non lo sa?
Vi scongiuro: cercate bene, sfogliate tutte le pagine, contate tutti i versetti, analizzate tutte le parole, studiate tutte le sillabe, e ditemi, se lo trovate, dove ha risposto alla domanda: Quando la coscienza di chi battezza è macchiata, da chi deve farsi purificare la coscienza colui che sta per ricevere il battesimo, e lo ignora?
Che interesse poteva avere, per la nostra questione, l'aggiunta di una parola, che io, a suo dire, avrei tolto?
Egli infatti sostiene di avere scritto così: È alla coscienza di chi battezza santamente, che si guarda, perché è essa che purifica quella del battezzato.
Ora, perché sappiate che io non l'ho tolta, vi dico che l'aggiunta non mi impedisce affatto di porre la domanda, e né la sua mancanza l'agevola.
Io infatti lo interrogo ancora con le stesse parole, e chiedo una risposta: Se è alla coscienza di chi dà santamente il battesimo, che si guarda, perché è essa che purifica quella di chi lo riceve, da chi deve farsi purificare la coscienza chi lo riceve, quando la coscienza di chi glielo dà è macchiata e lui, che sta per riceverlo, non lo sa?
Esigete una risposta, e non permettete a nessuno di evadere la questione e di rifugiarsi negli insulti.
Se è alla coscienza di chi dà santamente il battesimo che si guarda - notate che non ho detto: Di chi dà il battesimo, ma ho aggiunto: Di chi lo dà santamente -.
Ripeto, se è alla coscienza di chi dà il battesimo santamente che si guarda, perché è essa che purifica quella di chi lo riceve, da chi viene purificata la coscienza di chi lo riceve, quando la coscienza di chi glielo dà è macchiata e lui, che sta per riceverlo, non lo sa?
E ora vada; e con il petto ansimante e la gola gonfia, mi accusi di essere un dialettico; anzi non accusi me, ma la stessa dialettica, come artefice di menzogna, e la deferisca al tribunale del popolo; e contro di essa spalanchi la bocca e gridi con la forza di un avvocato forense.
Parli come vuole presso gli ignoranti: disgusterà i dotti, ingannerà gli indotti.
Per via della mia retorica, mi bolli pure col nome del retore Tertulo, l'accusatore di Paolo; ( At 24,1 ) per la sua professione di avvocato, nella quale vanta la sua antica potenza, si imponga il nome di paracleto, e deliri dicendo non di essere l'omonimo dello Spirito Santo, ma di esserlo stato.
Quanto alle immondezze dei Manichei, le ingigantisca a piacere; e coi suoi latrati cerchi pure di ritorcerle contro di me.
Legga gli Atti dei condannati, noti a lui e ignoti a me; e ciò che ha fatto quel tale che in passato era mio amico, e che, in mia assenza, vi ha inserito il mio nome più che altro per difendere se stesso: e un delitto già giudicato lo muti in calunnia, ma non saprei con quale nuovo e arbitrario diritto.
Legga pure i titoli delle mie lettere, posti arbitrariamente da lui o dai suoi, e si rallegri come se raccogliesse in essi le mie confidenze.
E gli eulogi del pane, dati con semplicità e gioia, li disprezzi pure e li ridicolizzi chiamandoli pesce guasto e follie; e abbia un concetto così negativo del vostro buon senso, che presuma di essere creduto quando racconta che a una donna vennero dati dei filtri amorosi, e che il marito non solo lo sapeva, ma ne era complice.
E quanto a ciò che in preda all'ira, ha scritto di me ancora prete, il mio futuro vescovo ordinante, Petiliano lo usi pure contro di me.
E che ha chiesto e ottenuto dal santo concilio il perdono delle offese fatte a noi, non lo attribuisca a merito mio: tanto egli ignora o dimentica la mitezza cristiana e il precetto evangelico che, del perdono dato con clemenza a un fratello, che lo aveva umilmente chiesto, ne ha fatto un capo di accusa.
Continui pure a straparlare a vuoto di ciò che non conosce affatto o con cui abusa dell'ignoranza di molta gente, e servendosi della confessione di una certa donna, che disse di essere stata catecumena tra i Manichei, e che sarebbe stata anche religiosa nella Cattolica, dica e scriva, sul loro battesimo, tutto ciò che vuole.
Egli non sa o finge di non sapere che tra i Manichei, i catecumeni non vengono denominati così, come s'usa per candidati a ricevere il battesimo.
Con questo nome essi indicano anche i così detti uditori, cioè persone che non riescono a osservare i precetti creduti più santi e più grandi; precetti che vengono osservati, invece, da quelli che i Manichei ritengono di potere indicare ed onorare col nome di eletti.
E che io sia stato un presbitero dei Manichei, lo sostenga pure, o ingannato o ingannatore, con stupefacente superficialità.
E certe espressioni del quarto libro delle mie Confessioni, che risultano chiarissime ai lettori, che le interpretano in se stesse e nel contesto precedente e seguente, egli le citi pure e le critichi nella sua interpretazione.
Da ultimo, quanto a tacciarmi di ladro delle sue parole, perché ne avrei tolte due, visto che le ho reinserite, esulti come un vincitore.
Certamente in tutto questo, come voi potete conoscere e riconoscere leggendo, Petiliano ha dato pieno sfogo all'irruenza della sua lingua; tuttavia in nessun passo ha spiegato come si purifica la coscienza di uno che riceve il battesimo, quando ignora che la coscienza di colui che glielo dà è macchiata.
Io invece, durante o dopo il suo grande strepito e, come egli pensa, assai spaventoso, rinnovo con pacatezza e con chiarezza, come si dice, la stessa domanda, e lo sollecito a darmi almeno una risposta: " Se è alla coscienza di chi dà il battesimo che si bada, perché è essa che purifica quella di chi lo riceve, da chi si deve far purificare colui che ignora la coscienza macchiata di chi glielo dà? ".
Ma su questo io non trovo, nella sua lettera, nessuna risposta.
19.22 - Forse uno di voi mi dirà: Tutti i suoi discorsi miravano a denigrare te e, attraverso te, coloro con cui tu fai comunione, perché né essi e né quelli, che tu ti sforzi di portare alla vostra comunione, continuassero a stimarti una persona importante.
Del resto, se egli ha citato un brano della tua lettera, è da questo che si deve partire per vedere se non ha dato nessuna risposta.
Allora facciamo così: partendo da questo brano, esaminiamo i suoi scritti, tranne il proemio, nel quale ho voluto predisporre l'animo del lettore e perciò ho tralasciato alcune parole più offensive che rispettose del tema.
Egli dice, ripeto: È alla coscienza di chi dà il battesimo che si bada, perché è essa che purifica quella di chi lo riceve.
E che succede se la coscienza di chi lo dà è nascosta e, forse, è macchiata?
Come può purificare la coscienza di chi lo riceve se, com'egli dice, è alla coscienza di chi lo dà che si bada, perché è essa che purifica quella di chi lo riceve?
Se egli dice che non spetta al battezzato, conoscere il male nascosto nella coscienza del battezzatore, forse quest'ignoranza gli servirà per non essere contagiato, a sua insaputa, dalla coscienza di chi lo battezza.
Essa quindi potrebbe bastare ad impedire che la coscienza macchiata di un altro, quando la si ignora, contamini.
Ma può purificare? E se non lo può, come si deve purificare chi riceve il battesimo, quando la coscienza di chi glielo dà è macchiata, e chi sta per riceverlo non lo sa; tanto più che egli aggiunge questa frase: Chi riceve la fede da un infedele, non riceve la fede, ma una colpa?1
Petiliano ha citato tutto questo brano della mia lettera per confutarlo.
Vediamo se lo ha fatto e se vi ha dato almeno una risposta.
Vi aggiungo infatti le parole che egli mi accusa di avere tolte, e riformulo la stessa domanda, anche più brevemente; del resto con l'aggiunta di queste due parole, egli ha dato un notevole contributo alla brevità di questa proposizione: Se è alla coscienza di chi battezza santamente, che si bada, poiché è essa che purifica la coscienza del battezzato; e, se chi riceve coscientemente la fede da un infedele, non riceve la fede, ma una colpa, da chi viene purificata la coscienza del battezzato quando egli ignora che la coscienza di colui che lo battezza è macchiata; e quando, a sua insaputa, riceve la fede da un infedele?
Ti chiedo: da chi viene purificata?
Ce lo dica, non cambi argomento, non copra di nebbia gli ignoranti.
E infine, dopo tanti tortuosi giri di parole, ci dica una buona volta: da chi viene purificata la coscienza del battezzato, quando la coscienza del battezzante infedele si nasconde, se è alla coscienza di chi battezza santamente che si bada, perché è essa che purifica quella del battezzato; e che chi riceve coscientemente la fede da un infedele, non riceve la fede ma una colpa?
Egli, a sua insaputa, riceve il battesimo da un infedele, che non ha la coscienza che battezza santamente, ma l'ha macchiata e nascosta.
Da chi viene purificato? Da chi riceve la fede? Se infatti uno non viene purificato e non riceve la fede, quando il battezzatore infedele e macchiato si nasconde, perché, quando egli viene scoperto e condannato, il battezzato non si fa ribattezzare per purificarsi e ricevere la fede? Se poi dal battezzatore infedele e macchiato, quantunque nascosto, il battezzato viene purificato e riceve la fede, da hi viene purificato, e da chi riceve la fede, visto che il battezzatore non ha la coscienza santa, che purifica la coscienza del battezzato?
Lo dica, risponda: da chi viene purificato, da chi riceve la fede, se veramente è alla coscienza di chi battezza santamente che si bada, perché è essa che purifica quella di chi lo riceve, e questa non c'è quando il battezzatore infedele e macchiato si nasconde?
A questo non è stata data nessuna risposta.
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