Discorsi sul Nuovo Testamento

Indice

Sulle parole del Vangelo di Lc

Lc 11,5-13: "Se qualcuno di voi ha un amico e va a trovarlo di notte" ecc.

1.1 - Cristo con parabole ci esorta a chiedere a Dio
2.2 - Dobbiamo dar ristoro a un amico di passaggio
2.3 - L'altro amico disturbato a mezzanotte perché dia tre pani
3.3 - Si deve pregare con insistenza Dio, desideroso di dare
3.4 - Significato simbolico dei tre pani
4.5 - Fede, speranza, carità sono doni di Dio
4.6 - Le medesime tre virtù simboleggiate in altro modo. L'uovo simbolo della speranza
5.7 - L'uovo simbolo della speranza
6.8 - Come ai cristiani sono utili le stragi e le distruzioni
7.9 - Ci attende la città e il regno eterno del cielo
7.10 - Virgilio predisse per adulazione l'impero eterno di Roma
8.11 - La costanza necessaria nel sopportare le avversità
9.12 - Il sacco di Roma falsamente attribuito alla religione cristiana o all'estinzione dell'idolatria
10.13 - La distruzione non accade per l'abbattimento degli idoli

1.1 - Cristo con parabole ci esorta a chiedere a Dio

Abbiamo udito l'esortazione rivoltaci da nostro Signore, celeste maestro e lealissimo consigliere; egli ci esorta a chiedere e nello stesso tempo ci concede quanto chiediamo.

L'abbiamo udito nel Vangelo esortarci a chiedere con insistenza e bussare fino a sembrare importuni.

Egli infatti ci ha presentato a mo' d'esempio il seguente caso: Supponiamo che uno di voi abbia un amico e vada da lui a mezzanotte a chiedergli tre pani essendogli arrivato un amico di passaggio e non avendo nulla da servirgli a tavola; supponiamo anche che quello gli risponda ch'egli e i suoi servi sono già a letto e non dev'essere importunato dalle sue preghiere; ma supponiamo che l'altro insista e continui a bussare, e non se ne vada nemmeno distolto dalla vergogna, ma incalzi costretto dalla necessità; quello si alzerà e gli darà tutti i pani che vorrà, se non perché gli è amico, almeno perché l'altro gli dà fastidio.

Ma quanti pani voleva? Non ne voleva più di tre.

A proposito di questo paragone il Signore aggiunse un'esortazione e ci stimolò in ogni modo a chiedere, a bussare e cercare fin quando non riceviamo ciò che chiediamo, ciò che cerchiamo, ciò per cui bussiamo, servendosi di un esempio preso in senso opposto; come quel giudice, che non temeva Dio e non rispettava gli uomini, e tuttavia, poiché ogni giorno una vedova andava a chiedergli di farle giustizia, fu costretto a concederle, vinto dalla sua importunità, ciò che non poté concederle di buon grado contro sua voglia. ( Lc 18,1-8 )

Infatti nostro Signore Gesù Cristo, il quale chiede in mezzo a noi e concede insieme col Padre, non ci avrebbe certo esortati a chiedere, se non desiderasse di concedere.

Si vergogni l'umana pigrizia: ha maggior desiderio lui di dare che noi di ricevere; ha maggior desiderio lui di usare misericordia che noi d'essere liberati dalla miseria; è certo poi che se non saremo liberati, noi rimarremo miseri.

Ordunque, l'esortazione ch'egli ci rivolge è diretta al nostro bene.

2.2 - Dobbiamo dar ristoro a un amico di passaggio

Svegliamoci e prestiamo fede a chi ci esorta, facciamo il volere di chi promette e rallegriamoci di colui che dà.

Poiché non è venuto forse una volta anche da noi un amico da un viaggio e non abbiamo trovato nulla da mettergli in tavola e ci siamo trovati in necessità e siamo stati costretti a procurarci qualcosa per noi e per lui?

Effettivamente è impossibile che uno non si sia sentito rivolgere da un amico delle domande alle quali non sia stato capace di rispondere, e allora si è trovato a non aver nulla quando era in dovere di dare.

Ti giunge un amico da un viaggio, cioè dalla vita di questo mondo, in cui tutti passano come forestieri e nessuno vi resta come proprietario, ma a ciascuno viene detto: Ti sei ristorato, esci di qui; continua il tuo viaggio; cedi il posto a un altro che dovrà venire. ( Sir 29,23 )

Oppure ti giunge forse da un viaggio cattivo, cioè da una vita cattiva un non so quale tuo amico stanco che non trova la verità; l'ascolto e la comprensione di essa potrebbe renderlo felice; ma egli, spossato com'è da tutte le passioni e miserie del mondo, viene da te come a un seguace di Cristo e ti dice: "Rendimi ragione della fede, fa' di me un cristiano".

Egli t'interroga su ciò che forse tu, nella semplicità della tua fede, non sai; allora non hai di che saziare la sua fame; indotto da ciò a riflettere, scopri la tua indigenza e, mentre vorresti insegnare, sei costretto a imparare e, per la vergogna che provi davanti all'amico per non aver saputo dare la risposta alle sue domande, sei costretto a cercarla per meritare di trovarla.

2.3 - L'altro amico disturbato a mezzanotte perché dia tre pani

E dove cercherai? Dove, se non nelle Sacre Scritture?

Forse ciò su cui ti ha interrogato il tuo amico è enunciato in un Libro sacro ma è oscuro.

Forse lo insegna l'Apostolo in una sua lettera.

Lo insegna però in modo che lo puoi leggere, ma non lo puoi capire; tuttavia non ti è permesso passare oltre.

L'interrogante infatti incalza ma non ti è concesso di rivolgere domande direttamente né a Paolo né a Pietro né a un altro Profeta, poiché questi servi di Dio sono già a riposare con il loro Signore, e l'ignoranza di questo mondo è profonda, è cioè come la mezzanotte, e l'amico affamato ti sollecita.

A te forse era sufficiente una fede ingenua, ma non basta a lui.

Dovrebbe forse essere abbandonato? Dovrebbe forse essere cacciato via da casa?

3.3 - Si deve pregare con insistenza Dio, desideroso di dare

Rivolgiti dunque direttamente al Signore; col pregare bussa, chiedi, insisti presso lo stesso Signore col quale riposano i suoi servi.

Egli, a differenza di quell'amico, di cui parla la parabola, che cedette solo all'importunità, si alzerà e ti darà quanto chiedi.

Desidera dartelo; se tu bussando non hai ricevuto ancora, continua a bussare; egli vuol dartelo.

Ma egli differisce ciò che vuol dare affinché tu desideri maggiormente ciò ch'è differito perché non perda il suo pregio ciò che si dà subito.

3.4 - Significato simbolico dei tre pani

Quando sarai giunto ai tre pani, cioè a cibarti della Trinità e a intenderla, avrai di che vivere e di che nutrire gli altri.

Non devi temere un forestiero che arriva da un viaggio, ma accogliendolo cerca di farne un concittadino, un membro della tua famiglia, senza temere d'esaurire i tuoi viveri.

Quel pane non avrà fine, ma porrà fine alla tua indigenza.

È pane Dio Padre, è pane Dio Figlio, è pane Dio Spirito Santo.

Eterno è il Padre, coeterno il Figlio, coeterno lo Spirito Santo.

Immutabile è il Padre, immutabile il Figlio, immutabile lo Spirito Santo.

È creatore non solo il Padre ma anche il Figlio e lo Spirito Santo.

È pastore e datore di vita non solo il Padre ma anche il Figlio e lo Spirito Santo.

È cibo e pane eterno tanto il Padre che il Figlio e lo Spirito Santo.

Impara e insegna: vivi e nutrisci.

Dio, il quale dà a te, non ti dà di meglio che se stesso.

O avaro, che cos'altro di più cercavi? Anche se tu chiedessi qualche altra cosa, come ti basterebbe dal momento che non ti basta Dio?

4.5 - Fede, speranza, carità sono doni di Dio

È tuttavia necessario che tu abbia la carità, la fede e la speranza, affinché tu possa gustare la dolcezza del dono che ricevi.

Anche queste virtù: la fede, la speranza e la carità sono tre, e nello stesso tempo sono un dono di Dio.

La fede infatti l'abbiamo ricevuta da lui.

Secondo la misura della fede - dice l'Apostolo - che Dio ha dato a ciascuno. ( Rm 12,3 )

Anche la speranza l'abbiamo ricevuta da Colui al quale è detto: [ Ricordati, Signore, della tua parola ] con la quale mi hai dato la speranza. ( Sal 119,49 )

Anche la carità l'abbiamo ricevuta da Colui del quale è detto: La carità di Dio è stata versata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 )

Queste medesime tre virtù sono però alquanto diverse tra loro, ma sono tutte dono di Dio.

Queste, infatti, sono le tre cose che rimangono: la fede, la speranza, la carità, ma più grande di tutte è la carità. ( 1 Cor 13,13 )

A proposito di quei pani la Scrittura non dice che uno fosse maggiore degli altri due, ma semplicemente che furono chiesti e dati tre pani.

4.6 - Le medesime tre virtù simboleggiate in altro modo. L'uovo simbolo della speranza

Ecco tre altre cose diverse: Chi di voi, se vostro figlio vi chiede un pane, gli darebbe una pietra?

Oppure, chi di voi, se vostro figlio vi chiede un pesce, gli darebbe un serpente?

Oppure, se vi chiede un uovo, chi gli darebbe uno scorpione?

Se dunque voi, pur essendo cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, a quanto maggior ragione il vostro Padre celeste darà cose buone a coloro che gliele chiedono? ( Lc 11,11-13; Mt 7,9-11 )

Consideriamo dunque anche queste tre cose, caso mai vi fossero raffigurate le tre virtù: la fede, la speranza e la carità, tra le quali la più grande è la carità.

Metti dunque a raffronto queste tre cose, il pane, il pesce, l'uovo, tra cui la più importante è il pane.

Giustamente dunque tra queste tre cose il pane lo intendiamo nel senso della carità.

Per questo motivo al pane contrappose una pietra, poiché la durezza di cuore è contraria alla carità.

Il pesce lo intendiamo nel senso della fede.

Un fedele servo di Dio ha detto - e piace anche a noi ripeterlo -: "Il pesce buono è la retta fede; vive in mezzo alle onde ma non viene spezzato o disfatto da esse".

La retta fede vive fra le tentazioni e le tempeste di questo mondo; il mondo le si accanisce contro ma essa rimane integra.

Soltanto fa' attenzione al serpente contrario alla fede.

Mediante la fede infatti è stata fidanzata colei alla quale è detto nel Cantico dei cantici: Vieni dal Libano, sposa mia; vieni partendo dalla fede. ( Ct 4,8 sec. LXX )

Ecco perché è stata anche fidanzata, perché il fidanzamento ha il suo inizio dalla fede.

Lo sposo infatti fa una promessa ed è vincolato dalla fede giurata.

Il Signore contrappose poi il serpente al pesce, il diavolo alla fede.

Per questo motivo l'Apostolo dice a questa fidanzata: Vi ho fidanzati a un solo sposo, per presentarvi a Cristo come una vergine pura. ( 2 Cor 11,2 )

Dice inoltre: Temo però che allo stesso modo che Eva fu sedotta dal serpente con la sua astuzia, anche i vostri pensieri si corrompano e perdano la purezza nei riguardi di Cristo, ( 2 Cor 11,3 ) cioè la purezza relativa alla fede in Cristo.

[ Poiché chiedo a Dio ] - dice l'Apostolo - che nei vostri cuori abiti Cristo per mezzo della fede. ( Ef 3,17 )

Che il diavolo dunque non corrompa la fede, cioè non divori il pesce.

5.7 - L'uovo simbolo della speranza

Resta la speranza che, a quanto mi sembra, è paragonata all'uovo.

La speranza infatti non è ancora giunta alla realtà, come anche l'uovo è qualcosa ma non è ancora il pulcino.

I quadrupedi quindi partoriscono i figli, ma gli uccelli la speranza dei figli.

Orbene, la speranza ci esorta a disprezzare le cose presenti e aspettare le future; dimenticando le cose che ci stanno alle spalle, slanciamoci con l'Apostolo verso le cose che ci stanno davanti.

Ecco infatti com'egli si esprime: Questo solo dico: dimentico del passato e proteso verso l'avvenire, mi lancio verso la mèta, al premio della vita alta quale Dio ci chiama per mezzo di Cristo Gesù. ( Fil 3,13-14 )

Nulla dunque è tanto contrario alla speranza quanto il guardare indietro, cioè riporre la speranza nelle cose che scorrono via e passano.

Dobbiamo riporla nelle cose non ancora concesse, ma che un giorno ci saranno date e non passeranno mai.

Dal momento però che il mondo è inondato di tentazioni come dalla pioggia di zolfo bollente che si abbatté sopra Sodoma, bisogna temere d'imitare la moglie di Lot.

Essa infatti si volse indietro a guardare e rimase immobile sul posto ove s'era voltata.

Fu mutata in una statua di sale ( Gen 19,26 ) per rendere sapidi i prudenti con il suo esempio.

Di questa speranza ecco come parla l'apostolo Paolo: Infatti noi siamo stati salvati ma solo nella speranza; se però ciò che si spera già si vede, non v'è più la speranza; perché infatti uno dovrebbe sperare ciò che vede?

Se invece speriamo in ciò che ancora non vediamo, lo aspettiamo con pazienza. ( Rm 8,24-25 )

Perché infatti uno dovrebbe sperare ciò che vede? È un uovo.

Sì, è un uovo, ma non e ancora un pulcino.

È ricoperto d'un guscio, non si vede perché è coperto; si deve aspettare con pazienza; dev'essere prima ben riscaldato per cominciare ad avere la vita.

Protenditi, slanciati verso ciò che ti sta davanti, dimentica il passato.

Ciò che infatti si vede è temporaneo.

Non fissiamo lo sguardo - dice l'Apostolo - su ciò che vediamo, ma su ciò che non vediamo; infatti ciò che vediamo dura solo per breve tempo, mentre ciò che non vediamo dura per sempre. ( 2 Cor 4,18 )

Appunta quindi la tua speranza su ciò che non si vede: aspetta, abbi pazienza.

Non voltarti a guardare indietro.

Temi lo scorpione per il tuo uovo.

Bada che esso ferisce con la coda che ha di dietro.

Lo scorpione dunque non distrugga il tuo uovo, questo mondo non elimini la speranza col veleno per così dire in contrasto con essa per il fatto ch'è rivolto all'indietro.

Quante cose ti dice il mondo, quanto schiamazzo fa alle tue spalle perché tu ti rivolga a guardare indietro, vale a dire affinché tu ponga la tua speranza nelle cose presenti ( ma nemmeno presenti, poiché non si possono chiamare presenti le cose non mai permanenti ), e tu distolga il tuo cuore da ciò che Cristo ha promesso e non ha dato ancora, ma che darà perché è fedele, e voglia trovar riposo nel mondo che va in rovina.

6.8 - Come ai cristiani sono utili le stragi e le distruzioni

Dio infatti ad avvenimenti della felicità terrena mescola delle amarezze, affinché si ricerchi un'altra felicità la cui dolcezza non è fallace, ma anche mediante le amarezze il mondo si sforza di distoglierti da ciò cui tendi proteso in avanti e di farti tornare indietro.

Tu recrimini le stesse amarezze e le stesse tribolazioni e dici: "Ecco, tutto va in rovina nell'era cristiana".

Ma perché vai schiamazzando? Dio non mi ha promesso che non andranno in rovina queste cose; non ciò mi ha promesso Cristo.

L'Eterno ha promesso beni eterni; se crederò, da mortale diverrò eterno.

Perché strepiti, o mondo immondo? Perché fai tanto chiasso?

Perché tenti di allontanarmi dalla mèta? Tu mi vuoi trattenere quaggiù mentre vai in rovina? che faresti se tu perdurassi per sempre?

Chi non inganneresti con le tue dolcezze se, pur essendo amaro, sai fare acquistare ai cibi falsi sapori?

Se io possederò la speranza, se conserverò la speranza, il mio uovo non sarà trafitto dallo scorpione.

Benedirò il Signore ogni momento, sempre sulla mia bocca sarà la sua lode. ( Sal 34,2 )

Sia che il mondo sia felice, sia che vada in rovina, io benedirò il Signore che ha fatto il mondo.

Lo benedirò in ogni modo. Bene o male che vadano le cose secondo un punto di vista umano, benedirò il Signore ogni momento, sulla mia bocca sarà sempre la sua lode.

Poiché se lo benedirò quando le cose vanno bene e lo bestemmierò quando vanno male, sono stato punto dal pungiglione dello scorpione ed essendo stato punto mi sono voltato indietro a guardare.

Dio ne scampi! Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come è piaciuto al Signore, così è avvenuto; sia benedetto il nome del Signore. ( Gb 1,21 )

7.9 - Ci attende la città e il regno eterno del cielo

Se permane la città che ci ha generati fisicamente, ringraziamone Dio.

Volesse il cielo ch'essa venisse generata spiritualmente e con noi passasse all'eternità!

Se non perdura la città che ci ha generati fisicamente, rimane quella che ci ha generati spiritualmente.

È il Signore che edifica Gerusalemme. ( Sal 147,2 )

Ha forse mandato in rovina il proprio edificio perché sonnecchiava o vi ha fatto entrare i nemici perché non l'ha custodito?

Se il Signore non custodirà la città, invano sta all'erta chi la custodisce. ( Sal 127,1 )

E quale città? Non si addormenterà né sonnecchierà Colui che custodisce Israele. ( Sal 121,4 )

Che cos'è Israele se non la discendenza di Abramo? Chi è il discendente di Abramo se non Cristo?

E al tuo discendente - dice la Scrittura - ch'è il Cristo. ( Gal 3,16 )

E a noi che cosa ha promesso Dio? Ma voi appartenete a Cristo e perciò siete discendenti di Abramo ed eredi secondo la promessa. ( Gal 3,29 )

E mediante il tuo discendente - dice la Bibbia - saranno benedette tutte le genti. ( Gen 22,18; Gen 26,4 )

La città santa, la città fedele, la città pellegrina sulla terra, è fondata in cielo.

O fedele, non corrompere la speranza, non perdere la carità, cingiti i fianchi, ascendi e tieni davanti a te le lampade, aspetta il Signore, quando tornerà dalle nozze. ( Lc 12,35-36 )

Perché ti spaventi che vadano in rovina i regni terreni?

Ti è stato promesso quello celeste, perché tu non andassi in rovina con quelli terreni.

Infatti è stato predetto senz'alcun dubbio che quelli andranno in rovina.

Non possiamo negare ch'è stato predetto.

Il tuo Signore, che tu aspetti, ti ha detto: I popoli combatteranno l'uno contro l'altro, un regno contro un altro. ( Mc 13,8 )

Hanno le loro vicissitudini i regni terreni, ma verrà Colui del quale la Scrittura dice: Il suo regno non avrà mai fine. ( Lc 1,33 )

7.10 - Virgilio predisse per adulazione l'impero eterno di Roma

Coloro che promisero l'eternità ai regni terreni, la promisero non indotti dalla verità ma mentirono per adulazione.

Un illustre loro poeta rappresenta Giove che parla ai romani e dice: A questi non fisso confini né di spazio né di tempo: ho dato loro un impero senza limiti.1

Ciò però non corrisponde affatto a verità.

Questo regno che hai dato senza limiti, o tu che non hai dato proprio nulla, si trova in terra o in cielo?

Si trova certamente sulla terra, ma anche se fosse in cielo, il cielo e la terra passeranno. ( Lc 21,33 )

Passeranno le cose create dallo stesso Dio, quanto più presto passerà il regno fondato da Romolo?

Forse, se volessimo criticare Virgilio e schernirlo perché disse questo, ci prenderebbe in disparte e ci direbbe: "Lo so anch'io, ma che avrei dovuto fare io, che vendevo parole ai romani, se non promettere, con questa adulazione, qualcosa ch'era falso?

Pur tuttavia anche a questo riguardo fui cauto; quando dissi: ho dato loro un impero senza limiti, misi quelle parole in bocca al loro Giove.

Non dissi una cosa così falsa personalmente io, ma addossai la parte della falsità a Giove; allo stesso modo ch'era falso il dio, così era falso il vate.

Orbene, volete sapere ch'ero ben consapevole di questo?

In un altro passo, allorché non faccio parlare Giove - ch'è solo una pietra -, ma parlo io in persona, dico: Né la potenza di Roma né i regni destinati a perire.2

Vedete che ho detto: regni destinati a perire.

Ho detto che i regni sono destinati ad andare in rovina; non l'ho taciuto".

Fu la verità a spingerlo a non tacere che i regni sono destinati ad andare in rovina, ma fu l'adulazione che lo spinse a promettere un regno destinato a durare per sempre.

8.11 - La costanza necessaria nel sopportare le avversità

Non dobbiamo dunque perderci d'animo, fratelli miei: tutti i regni sono destinati a finire.

Se la fine è già arrivata lo sa Dio solo.

Forse la fine non è arrivata ancora, ed è una certa debolezza o sentimento di misericordia o di miseria a farci desiderare che non sia ancora la fine; tuttavia sarà forse per questo motivo che non verrà?

Abbiate una ferma speranza in Dio, bramate e aspettate i beni eterni.

Siete cristiani, fratelli, siamo cristiani.

Cristo non è disceso in un corpo per darsi ai piaceri; cerchiamo di tollerare le condizioni presenti piuttosto che amarle.

È lampante la rovina che apporta l'avversità, ma è falsa la seduzione della prosperità.

Devi aver paura del mare anche quando è in bonaccia.

Non dobbiamo affatto ascoltare invano: In alto il cuore.3

Perché lo teniamo attaccato alla terra, dal momento che la terra offre alla vista solo rovine?

Noi non possiamo fare altro che esortarvi ad aver pronta una risposta da dare in difesa della vostra speranza a quanti insultano e bestemmiano il nome cristiano.

Nessuno con le sue recriminazioni vi allontani dall'aspettare i beni futuri.

Tutti coloro, i quali a causa delle presenti sciagure bestemmiano il nostro Cristo, sono la coda dello scorpione.

Noi invece dobbiamo porre il nostro uovo sotto le ali di quella gallina del Vangelo che grida alla città falsa e scellerata: Gerusalemme, Gerusalemme!

Quante volte ho desiderato riunire attorno a me i tuoi figli, come una gallina raduna i suoi pulcini sotto le sue ali, ma tu non hai voluto! ( Mt 23,37 )

Che non ci venga detto: Quante volte ho desiderato, ma tu hai rifiutato!

Poiché quella gallina è la Sapienza divina, ma s'incarnò per uniformarsi ai pulcini.

Osservate come la gallina, con le penne ispide e le ali abbassate, con la voce rauca, tremante, spossata e languida si conforma ai suoi pulcini.

Poniamo dunque il nostro uovo, cioè la nostra speranza, sotto le ali di quella gallina.

9.12 - Il sacco di Roma falsamente attribuito alla religione cristiana o all'estinzione dell'idolatria

Forse avete osservato come la gallina uccide lo scorpione.

Volesse dunque il cielo che questi individui che bestemmiano, simili a rettili della terra, usciti da caverne e che feriscono mortalmente col loro pungiglione, li uccidesse e li inghiottisse quella gallina, li incorporasse e li trasformasse in uova.

Non si adirino: noi diamo l'impressione d'essere turbati ma non rispondiamo con ingiurie alle ingiurie.

Essi c'insultano, ma noi benediciamo; essi dicono male di noi, ma noi preghiamo per loro. ( 1 Cor 4,12-13 )

"Non ci venga a parlare di Roma", è stato detto a proposito di me: "Oh se tacesse riguardo a Roma!", come se io fossi qui a far della polemica e non piuttosto a pregare il Signore e, sia pure indegnamente, a esortarvi.

Lungi da me il lanciare insulti.

Dio l'allontani dal mio cuore perché non divenga rimorso della mia coscienza.

Non abbiamo forse avuto a Roma numerosi fratelli e non li abbiamo ancora?

Non vive forse lì una gran porzione della città pellegrinante, di Gerusalemme?

Non ha essa sopportato lì le sciagure temporali senza perdere i beni eterni?

Che cosa dico dunque allorché parlo di essa? Dico solo ch'è falso quanto affermano a proposito del nostro Cristo, che cioè sarebbe stato lui a mandare Roma in rovina e che invece a proteggere Roma sarebbero stati degli dèi di pietra e di legno.

Aumentane pure il valore: dèi di bronzo.

Aumentalo ancora di più: dèi d'argento e d'oro.

Gl'idoli pagani sono argento e oro. ( Sal 114,4 )

La Scrittura non dice: "sono pietra"; non dice: "sono legno"; non dice: "sono terracotta"; ma sono ciò che si stima di gran valore: argento e oro.

Ciononostante, pur essendo essi argento e oro, hanno occhi ma non vedono. ( Sal 114,5 )

Gli dèi d'oro e quelli di legno sono differenti per il loro prezzo ma, quanto al fatto di avere occhi e di non vedere, sono uguali.

Ecco a che razza di custodi, muniti d'occhi ma che non vedono, affidarono Roma i dotti.

Oppure, se erano in grado di conservare Roma, perché furono proprio essi ad andare prima in rovina?

Rispondono: "Roma andò in rovina allora".

Pur tuttavia andarono in rovina gli dèi.

"No - dicono - non sono andati in rovina gli dèi, ma le loro statue".

In qual modo allora avrebbero potuto custodire le vostre case dal momento che non furono in grado di conservare le proprie statue?

Da tempo siffatti dèi li ha mandati in rovina Alessandria.

Costantinopoli da quando fu fondata per essere una grande città, poiché è stata fondata da un imperatore cristiano, già da un pezzo ha distrutto gli stessi falsi dèi e tuttavia non solo è cresciuta, ma cresce ancora e perdura.

Perdurerà fino a quando Dio lo vorrà.

Ma dicendo ciò non promettiamo l'eternità neanche a quella città.

Cartagine sussiste per grazia di Cristo, ma da un pezzo è stata abbattuta la dea Celeste, poiché non era celeste ma terrestre.

10.13 - La distruzione non accade per l'abbattimento degli idoli

Non è dunque vero ciò che dicono, che cioè, appena scomparvero gli dèi, Roma fu presa e devastata.

Non è affatto vero; le stesse statue furono abbattute prima e così furono sconfitti i goti con Radagasio.

Ricordatelo, fratelli miei, ricordatelo; non è un fatto lontano, ma di pochi anni fa: ricordatelo.

Dopo ch'erano stati abbattuti nella città di Roma tutti gl'idoli, arrivò Radagasio, re dei goti, con un ingente esercito, molto più numeroso di quello di Alarico.

Radagasio era un pagano, offriva ogni giorno sacrifici a Giove.

Dappertutto si diceva che Radagasio non desisteva dal fare sacrifici agli dèi.

Tutti cotesti nostri avversari in quel frangente dicevano: "Ecco, noi non offriamo sacrifici, mentre lui li offre; noi, ai quali non è lecito offrire sacrifici, saremo vinti da uno che li offre ".

Dio, al contrario, mostrò che la stessa salvezza temporale e gli stessi regni terreni non dipendono da questi sacrifici e Radagasio fu sconfitto in modo sorprendente.

In seguito arrivarono i goti che non sacrificano agli dèi e, sebbene siano di fede cristiana ma non cattolica, pur tuttavia sono nemici degli idoli.

Arrivarono gli avversari degli idoli e presero anch'essi Roma; vinsero coloro che confidavano negl'idoli e ancora cercano gl'idoli andati in rovina e desiderano ancora sacrificare ad essi.

Orbene, c'erano a Roma anche i nostri e furono ridotti a mal partito, ma sapevano dire: Benedirò il Signore ogni momento. ( Sal 34,2 )

Furono trattati duramente nel regno terreno, ma non persero quello dei cieli, anzi con la sofferenza delle tribolazioni furono resi migliori per conquistarlo.

E se nelle tribolazioni non bestemmiarono, uscirono come vasi intatti da una fornace e furono colmati della benedizione del Signore.

Al contrario questi bestemmiatori, che ricercano avidamente i beni della terra, che ne fanno il solo oggetto dei loro desideri, che ripongono la speranza nei beni terreni, quando, volenti o nolenti, li perderanno, che cosa otterranno? dove si stabiliranno?

Non avranno più nulla né al di fuori né al di dentro; vuota sarà l'arca, ancor più vuota la coscienza!

Dove sarà la pace? dove la salute? dove la speranza?

Vengano dunque, cessino di bestemmiare, imparino ad adorare: gli scorpioni, che trafiggono, vengano mangiati dalla gallina, vengano cambiati nel corpo di essa che li inghiotte; siano sottoposti alle prove sulla terra perché vengano premiati in cielo.

Indice

1 Verg., Aen. 1, 278 s
2 Verg., Georg. 2, 498
3 Praef. Missae