Discorsi sui Santi

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Nel natale di S. Vincenzo

1 - La giustizia del martire rendeva preziosi i tormenti. I presenti assistevano con ben altri sentimenti del persecutore
2 - Dono di Dio la sapienza e la pazienza del martire

1 - La giustizia del martire rendeva preziosi i tormenti. I presenti assistevano con ben altri sentimenti del persecutore

È volere di Cristo che si celebri con solennità la passione del santo martire Vincenzo, singolarmente invitta e gloriosa, e che la predicazione non risenta di indolenza.

Con gli occhi dello spirito abbiamo veduto, trattenendovi il pensiero, tutto quanto avrà tollerato, ciò che avrà ascoltato, quel che avrà risposto e in certo modo ci siamo trovati davanti uno spettacolo da stupire: un giudice iniquo, un carnefice sanguinario, un martire invitto, una lotta tra la crudeltà e la fede religiosa; la vittoria è là dov'è la furia insensata.

La lettura che se ne dava risuonava ai nostri orecchi e, intanto, la carità è divampata nei nostri cuori: se fosse stato possibile, avremmo voluto stringere al petto e baciare quelle membra dilaniate, che con ammirazione vedevamo capaci di resistere a tante pene; per indicibile affetto, non avremmo voluto che venissero straziate.

Chi è infatti desideroso di vedere un carnefice che va torturando ed un uomo che, perduto ogni senso di umanità, si accanisce su di un corpo umano?

A chi può risultare piacevole la vista di uno con gli arti divaricati nel congegno della tortura?

Chi non si oppone a che la struttura naturale, destramente afferrata, abbia le ossa disgiunte per tensione e scavate fino ad essere allo scoperto?

Chi non ne prova orrore?

Nondimeno, la giustizia del martire conferiva attrattiva a tutti questi tormenti da inorridire; e proprio tanta sorprendente fortezza - per la fede, la devozione, la speranza dell'eternità, per l'amore di Cristo - conferiva dignità di gloria all'aspetto tetro e funesto dei tormenti e delle ferite.

Infine, i nostri motivi di compiacimento si trovarono distinti da quelli del persecutore, proprio nel medesimo unico spettacolo.

Quello si rallegrava della condanna del martire, noi della causa; quello delle sofferenze che pativa, noi del loro fine; quello dei tormenti, noi della fortezza; quello delle ferite, noi del premio; quello perché veniva tenuto nelle sofferenze per un tempo assai prolungato, noi perché non era fiaccato affatto dai patimenti; quello perché era straziato nella carne, noi perché rimaneva saldo nella fede.

Insomma, dove quello appagava la propria ferocia, ivi la verità del martire apportava tormento; noi certamente potevamo, invece, appena tollerare la vista degli orrori che quello imponeva ma, alla morte di Vincenzo, eravamo vincitori.

2 - Dono di Dio la sapienza e la pazienza del martire

Tuttavia neppure lo stesso nostro martire, impegnato a lottare, risultò vincitore di per sé o contando su se stesso, ma in Colui e per Colui che, esaltato sopra ogni cosa, offre aiuto, e lasciò l'esempio per aver sofferto prima di tutti.

Chi esorta al combattimento è proprio Colui che chiama alla ricompensa; e, se sta a guardare chi lotta, è per recare aiuto a chi vi si trova impegnato.

Perciò ingiunge al suo atleta quel che debba fare e pone davanti quella che sarà la ricompensa, a sostenerlo perché non venga meno.

Preghi dunque in semplicità chi vuole lottare con franchezza, riportare pronta vittoria e regnare nella felicità.

Abbiamo udito parlare il nostro compagno di servizio e confutare con insistenti e veritiere risposte il linguaggio del persecutore, ma noi avevamo già ascoltato il Signore che dice: Non siete voi a parlare ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. ( Mt 10,20 )

E appunto per questo fu più forte dei suoi avversari in quanto il suo dire fu una lode al Signore.

Aveva saputo ripetere: Lodo la parola di Dio, lodo la parola del Signore, in Dio sarà la mia speranza, non avrò timore di ciò che potrà farmi un uomo. ( Sal 56,11-12 )

Abbiamo visto il martire tollerare inauditi tormenti con pazienza senza fine: ma la sua anima si rimetteva a Dio, da lui infatti attingeva la sua pazienza.

E perché la fragilità propria dell'uomo - potendo venir meno con il cedere della resistenza - non giungesse a rinnegare Cristo e si volgesse a trionfo del nemico, egli sapeva a chi rivolgersi: Mio Dio, salvami dalla mano dell'empio, dalla mano del trasgressore della legge e dell'iniquo; perché sei tu la mia pazienza. ( Sal 71,4-5 )

Chi espresse nel canto tali suppliche fece così conoscere come infatti il cristiano debba chiedere di essere liberato dal potere dei nemici, non certo per evitare ogni sofferenza, ma per avere la forza di sostenere con invitta pazienza quelle pene che soffre.

Salvami dalla mano dell'empio, dalla mano del trasgressore delle leggi e dell'iniquo.

Se poi vuoi sapere in qual modo egli desideri essere liberato, fa' attenzione a quel che segue: perché sei tu la mia pazienza.

Qui è la gloria della passione, dove risulta tale devota confessione: così che chi si vanta, si vanti nel Signore. ( 1 Cor 1,31 )

Pertanto nessuno conti sulle proprie risorse interiori volendo fare un discorso completo; nessuno abbia fiducia nelle proprie forze quando soffre la tentazione; in quanto, e perché si faccia un discorso retto, viene da lui la nostra sapienza, e perché siano tollerati i mali, viene da lui la nostra pazienza.

Dunque il volere è nostro, ma è dietro invito che siamo sollecitati a volere; è nostro il chiedere, ma non sappiamo che cosa dobbiamo chiedere; è nostro il prendere, ma che possiamo prendere se non abbiamo?

È nostro l'avere, ma che possiamo avere se non abbiamo ricevuto?

Quindi, chi si vanta, si vanti nel Signore.

Perciò, il martire Vincenzo fu degno di ricevere la corona dal Signore, nel quale volle vantarsi mediante la saggezza e la pazienza; degno di celebrazione solenne, degno di felicità eterna e, per poterla ottenere, ritenne leggero tutto ciò di cui un giudice minaccioso ad oltranza si servì per atterrire, tutto ciò che fece subire un carnefice sanguinario.

Evidentemente quel che tollerò ebbe termine; non avrà fine quanto ha ricevuto.

Certamente benché le membra fossero state torturate così, così straziati gli organi interni, con tanta frequenza e crudeltà rinnovati i tormenti, proprio così come furono applicati questi e, se possibile, molto più gravi ancora, le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. ( Rm 8,18 )

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