Discorsi sui Santi |
1 - Ammiriamo la forza dimostrata dai santi martiri nel loro martirio, intendendo celebrare la grazia di Dio.
Gli stessi martiri infatti non vogliono essere lodati per loro stessi ma a gloria di Colui a cui si dice [ nel salmo ]: Nel Signore si loderà l'anima mia. ( Sal 34,3 )
Chi comprende questo non monta in superbia: chiede con trepidazione, riceve con gioia; persevera senza perdere il dono ricevuto.
Non essendo superbi, sono miti; e per questo, dopo le parole: Nel Signore si loderà l'anima mia, è detto: Ascoltino i miti e si rallegrino. ( Sal 34,3 )
Cos'è infatti la nostra carne corruttibile? ( Mt 26,41 ) cos'è se non vermi e putredine? ( Gb 25,6; Sir 19,3 )
Ma qualunque sia la condizione in cui si trova, cosa sarebbe se non fosse vero quel che abbiamo cantato, e cioè: A Dio sarà sottomessa la mia anima poiché da lui [ proviene ] la mia pazienza? ( Sal 62,6 )
In realtà la fortezza con cui i martiri hanno potuto sopportare per la fede tante pene si chiama pazienza.
Sono due infatti le forze che attraggono o spingono gli uomini a peccare: il piacere e il dolore.
Il piacere attira, il dolore spinge.
Contro il piacere occorre avere la temperanza, contro i dolori la pazienza.
In realtà sono questi i modi con cui all'anima umana si propone il peccato: a volte le si dice: " Fa' così e ne avrai questo "; altre volte invece: " Fa' così se vuoi sottrarti a questa sofferenza ".
Alla base del piacere c'è una promessa, alla radice del dolore una minaccia, e gli uomini peccano o per conseguire un piacere o per schivare un dolore.
Contro queste due cose, la promessa che lusinga e la minaccia che incute timore, Dio si è degnato anche lui di farci delle promesse e di incuterci timore: ci ha promesso il Regno dei cieli e ci incute timore con le pene dell'inferno.
Potrà esser dolce il piacere, ma Dio è più dolce; potrà essere acuto il dolore che ti affligge nel tempo, ma più terribile è il fuoco eterno.
E Colui che devi amare invece degli amori del mondo, o meglio invece di ogni amore immondo, è alla tua portata; è dinanzi a te Colui che devi temere per non lasciarti intimorire dal mondo.
2 - Riguardo ai castighi che ti vengono minacciati, è poca cosa ricevere gli avvertimenti se non riesci ad ottenere gli aiuti.
Or ecco la legge: contro l'attrattiva dei diversi piaceri ti grida: Non desiderare. ( Rm 7,7; Rm 13,9 )
L'hai ascoltato: sono parole divine, le ha dette Dio, e nessun fedele oserà mettere in dubbio che si tratta di un precetto giusto, di un ammonimento verace.
Ma osserva cosa dice l'Apostolo: Venuta la legge, il peccato riprese a vivere. ( Rm 7,9 )
Difatti, prima che ti si dicesse: Non desiderare, ( Rm 7,7 ) tu pensavi che ti fosse lecito peccare, e in realtà, mancando il divieto, l'azione non era ritenuta peccato; quando invece è giunto il divieto, si è conosciuto che era peccato.
Ebbene, ciò che hai conosciuto, cerca di evitarlo con l'aiuto della legge.
L'hai udito: cosa t'aspetti di più dalla legge? Non desiderare!
È impressa nella tua anima la lettera della legge, ma tu, avendo di fronte il nemico con cui lottare, sei [ da lui ] vinto se non vieni aiutato.
E questo aiuto da chi ti verrà? Dalla grazia.
Infatti, l'amore è diffuso nei nostri cuori non per le nostre risorse, ma per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 )
Togli questa grazia, escludi questo aiuto; la lettera uccide. ( 2 Cor 3,6 )
In un primo tempo il mondo ti possedeva come peccatore; da quando venne la lettera [ della legge ] senza l'aiuto [ della grazia ] tu sei anche un trasgressore.
Pertanto la lettera uccide, lo Spirito dà vita, ( 2 Cor 3,6 ) perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato. ( Rm 5,5 )
La legge ci incute timore per costringerci a chiedere aiuto: essa è per noi - come afferma lo stesso Apostolo - una specie di pedagogo. ( Gal 3,24 )
Il pedagogo non imparte lezioni, ma conduce dal maestro.
E colui che viene istruito e fortificato dal maestro non occorre che stia ancora alle dipendenze del pedagogo. ( Gal 3,25 )
In realtà, se hai l'aiuto della grazia, la lettera non t'incuterà più alcun timore.
3 - Questo diciamo in considerazione della parola scritturale: Non desiderare. ( Rm 7,7 )
Sembrerebbe infatti che questo precetto sia stato impartito per riprovare i peccati che si commettono per l'attrattiva del piacere; ma l'Apostolo riporta lo stesso precetto di non desiderare in un senso universale, quasi che tale parola sia l'unica in tutta la legge.
Sarà dunque valido, questo precetto, anche per il timore della sofferenza?
Forse vale anche in questo caso.
Che dire infatti? L'uomo rifugge il dolore, desidera la salute; teme la morte, desidera la vita.
Ora contro la brama disordinata della salute fisica, dove non ci sia posto nemmeno per la morte del corpo, che arriverà sia che tu lo voglia sia che non lo voglia, estendi il precetto di non desiderare, e di' con il profeta: Io non ho desiderato il giorno dell'uomo, tu lo sai. ( Ger 17,16 )
È stata questa la voce dei martiri: non desiderarono il giorno degli uomini per timore di non giungere al giorno di Dio.
Non desiderarono il giorno che presto finisce per giungere al giorno che non ha fine.
Cosa disprezzarono? Cosa ricevettero?
Con quello che essi hanno guadagnato non si può in alcun modo paragonare ciò che hanno perso nel tempo.
Si fatica per un'ora; si acquista l'eternità.
4 - Riflettete, fratelli, sul giorno del martire.
È bene intrattenerci nell'inculcare a voi la sua pazienza.
Riflettete sulle fatiche dei nostri soldati e della gente in armi: quali pericoli affrontino, quante asperità e difficoltà sopportino, nel caldo e nel freddo, nella fame e nella sete, nelle ferite e nella morte.
Vivono nei pericoli ogni giorno, ma il loro sguardo è rivolto non alle fatiche del combattente bensì al riposo concesso al veterano.
Dicono: " Ecco, la fatica ha un termine e dopo pochi anni di lavoro arriverà il riposo, e sarà un bene per noi.
Non ci mancheranno le entrate, avremo l'immunità, non saremo ancora chiamati a incarichi cittadini; dopo i pesi della vita militare, nessuno potrà gravarci con i propri pesi ".
Per raggiungere questo premio si affrontano fatiche, che, peraltro, non escludono incertezze.
Colui infatti che mentre sta combattendo dice: " La fatica terminerà ", come fa a sapere se per caso, prima che abbia terminato di faticare, non giungerà lui stesso alla fine?
Forse, terminato il lavoro e raggiunto il riposo, improvvisamente muore; e, mentre si era proposto di prolungare il lavoro per [ ottenere ] il riposo, non gli è dato godersi a lungo quel riposo che aveva raggiunto con il lavoro.
Il nostro lavorare infatti si esplica fra le incertezze, e tuttavia per conseguire un riposo incerto si intraprendono lavori faticosi e certi.
Svegliatevi dunque, o cuori cristiani!
Combattete la battaglia di Dio, presso il quale nessuna fatica va sciupata, nessun rischio può rimanere senza risultati positivi.
Infatti, il soldato di questo mondo, se muore in battaglia, non consegue il premio; il soldato di Cristo invece raggiunge il premio proprio con la morte.
E dopo la breve fatica del tempo presente, raggiunge un riposo che non si protrae nel tempo ma che è al di fuori di ogni tempo.
Riposeremo infatti non là dove il tempo sarà più lungo, ma dove non ci sarà assolutamente il tempo.
Nostra vita sarà l'eternità: lì non si cresce né si diventa vecchi, lì non viene il nuovo giorno, perché il precedente non scompare.
Se dunque ti venisse detto: " Fatica venti anni; ne avrai quaranta di riposo ", chi rifiuterebbe quella fatica la cui ricompensa sarà due volte tanto?
È raro tuttavia il caso di veterani che, anche se giungono a vecchiaia, possano godersi un riposo tanto lungo quanto fu lungo il tempo delle fatiche.
Quanto a noi, invece, cosa ci è stato detto?
Il nostro Imperatore ci darà un premio eterno e non lo stipendio giornaliero.
Come ci esorta per mezzo dell'Apostolo?
Dice: Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria. ( 2 Cor 4,17 )
5 - Parole stupende, fratelli!
Come viene ridimensionata la nostra sofferenza e incoraggiata la nostra speranza!
Dice: Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, in misura incredibile …
Questa misura incredibile occhio mai ha visto e orecchio mai ha udito; mai è penetrato in cuore di uomo ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano. ( 1 Cor 2,9 )
Dice dunque ai fedeli: In misura incredibile egli opera in noi un cumulo pesante ed eterno di gloria.
Dice ai fedeli che la tribolazione è leggera e temporanea.
In misura incredibile. ( 2 Cor 4,17 )
Ti si comanda di credere a ciò che è incredibile.
Soldato fedele, credi all'incredibile, perché a Dio nulla è impossibile. ( Mt 19,26; Mc 10,27; Lc 1,37; Lc 18,27 )
E se parla di cumulo pesante, lo fa per donarti pesantezza e così abbia fine la tua vanità.
Dice infatti [ il salmo ]: Ti loderò in mezzo a un popolo grave. ( Sal 35,18 )
Se parla di peso, è perché la gravità dell'amore ti renda stabile e non ti rapisca il vento della tentazione.
Volgi lo sguardo all'aia, e ti piaccia essere grano grave; temi d'essere leggero.
Ecco lì la paglia ed ecco lì il grano: l'uno e l'altra vengono agitati nel ventilabro, ma non tutti e due vengono portati via dal vento. ( Lc 3,17 )
L'uno rimane perché è grave, l'altra se ne vola perché è leggera.
6 - Questa è la sorte che toccherà a noi, se tutto ciò che soffriamo lo soffriamo per la fede e la giustizia, e non per altri motivi.
Egli infatti, come abbiamo ascoltato, dice: Beati i perseguitati per la giustizia. ( Mt 5,10 )
Con questa precisazione ci ha separati dagli adulteri, dagli assassini, dagli omicidi, dai parricidi, dai sacrileghi, dagli stregoni, dagli eretici.
Anche costoro sopportano persecuzioni, ma non per la giustizia.
Se tu vuoi sfuggire alla tentazione, fissa lo sguardo sulla separazione: scegli la causa [ buona ] per non doverti spaventare di fronte alla pena; scegli la causa per non dover soffrire inutilmente la pena.
E quando avrai scelto la tua causa, anche questa metti nelle mani di Dio, e digli: Giudicami, o Dio, e distingui la mia causa da [ quella della ] gente non santa. ( Sal 43,1 )
A distinguere la tua causa c'è Colui dal quale ti deriva la pazienza; ( Sal 62,6 ) e la pazienza che lui dona è la vera pazienza.
Quando infatti si soffre per una causa cattiva, è durezza, non pazienza.
E quando uno, perdendo la sensibilità, si è indurito anche nel corpo, lo si guarisce con molta difficoltà.
In effetti, tutte le virtù che noi siamo soliti lodare hanno affinità con i vizi, e per questo vengono tratti in errore gli incauti; ad altri vizi invece esse sono contrarie.
Ora è facile che si avvertano i vizi contrari e non vi si cada, mentre è difficile evitare il vizio che confina con la virtù.
Il vizio affine alla virtù ha infatti somiglianza con la virtù e si presenta come un'ombra della virtù.
Di questo voglio ora esporvi e segnalarvi alcuni esempi, lasciando il resto alla vostra comprensione.
7 - Vogliamo dunque parlare della pazienza, virtù a cui si oppone l'impazienza.
La pazienza è la virtù per cui si sopportano i mali per amore della giustizia; l'impazienza si ha quando ci si rifiuta di sopportare i mali, qualunque sia la loro origine.
La sopportazione paziente è contraria all'insofferenza; la sopportazione motivata dal vizio la chiamiamo ostinazione.
Tale ostinazione somiglia alla pazienza, ma non è pazienza.
Bada dunque a non farti ingannare dalla somiglianza: potresti essere un indurito, mentre ti immagini d'essere un uomo paziente.
Come infatti fra i buoni è migliore colui che non si lascia indurre al male neppure dal timore dei mali, così fra i cattivi è peggiore colui che nemmeno dal male si lascia indurre ad abbandonare il male.
Ecco, male è il dolore e male è l'iniquità: se a te si promettono premi per farti compiere un'azione iniqua ma tu non vi consenti, tu hai vinto il desiderio disordinato del premio.
Ma puoi essere attaccato anche dal lato opposto: ecco ti si mettono avanti dei dolori.
Ebbene, tu che hai vinto la piacevole attrattiva del premio, vinci ora le trafitture del dolore.
Colui che per indurti al male ti promette un premio, ti incita al male servendosi, per così dire, d'una cosa buona; colui che per indurti al male ti minaccia un male, ti spinge al male servendosi di una cosa cattiva: con un male piccolo ti spinge a commettere un male grande.
E tu non sarai grande se riuscirai soltanto a calpestare chi ti promette [ il premio ]; sarai invece molto grande se riuscirai a calpestare colui che vuole spaventarti, se vincerai colui che infierisce contro di te.
Per questo ho detto: " Come è superiore agli altri colui che nemmeno la minaccia di mali riesce a spingere al male, così è più miserabile degli altri colui che nemmeno l'idea del male riesce a distogliere dal male ".
Ad esempio, tu hai esortato un tale perché la smetta con gli adultèri, ma egli non prende sul serio i tuoi avvertimenti, e la prospettiva del bene non è sufficiente per distoglierlo dal male.
Tu allora cominci a minacciargli dolori, lo prendi a bastonate, gl'infliggi pesanti castighi.
Se nemmeno dopo questi tuoi interventi si astiene dal male, quanto dev'essere viziato costui, che nemmeno la paura del male ha potuto distogliere dal male!
Questa è la sventura in cui ti caccia l'ostinazione: la quale di per sé è così vicina alla pazienza.
Quando infatti l'ostinazione s'impadronisce del cuore dell'empio, fa sì che non lo distolgano dal fare il male né la minaccia né l'applicazione dei castighi.
E tu diventi peggiore per le cose stesse di cui eri solito vantarti!
Ad esempio, tu verrai a dirmi: " Ho sopportato questo e ho superato la tal prova: non ho ceduto, non mi sono piegato ".
Io ti loderei se in questo potessi vedere esercitata la pazienza; ma nel tuo caso io detesto la tua ostinazione [ distinguendo la pazienza ] dall'ostinazione.
" Non interrogare la mia voce ma la mia causa. Ti risponda la mia causa! ".
Or ecco, egli è un brigante e soffre per l'assassinio [ che ha commesso ].
Sopporta i tormenti ma non confessa quella che dentro la sua coscienza riconosce esser la verità.
Come si fa a dire: " Che grande pazienza "?
Diciamo invece: " Che abominevole ostinazione "!
Ma se lui soffre così per la delinquenza, che dovrai fare tu per la fede?
In lui ci meraviglia il suo rifiuto di confessare; per te è glorioso confessare.
Egli infatti soffre per un delitto, che va rigettato; tu soffri per Cristo, che dev'essere confessato.
A volte poi succede che si sia giunti a tale ostinazione che si confessino anche i delitti e si vada incontro a pene per la stessa confessione della propria iniquità, al fine di non decadere o ritirarsi dal male.
Un tale è pronto a subire tormenti per la causa di Donato, e questo egli non nasconde rinnegando [ le sue idee ] ma lo confessa a voce alta; non si vergogna ma si gloria della sua malizia.
O volesse il cielo che si tenga nascosto finché è quello che appare all'esterno!
Tu invece hai la sfacciataggine di scoprire la tua ferita, che non vuoi si rimargini.
Non è, questa, una salute di gente assennata ma un indurimento da dissennati.
8 - Amiamo la pazienza, conserviamo la pazienza; e se ancora non l'abbiamo, chiediamola [ a Dio ], poiché la nostra pazienza è data a noi da Colui ( Sal 62,6 ) dal quale ci viene anche la continenza.
Da lui ci viene la continenza con la quale resistiamo all'attrattiva del piacere, da lui la pazienza per sopportare i dolori.
Anche il salmo che abbiamo cantato ci insegna che la nostra pazienza, in forza della quale sopportiamo i dolori, deriva da Dio.
Da che cosa ci risulta che da Dio viene a noi la continenza, necessaria per resistere al piacere?
Eccone una testimonianza chiarissima.
Dice: Sapendo che nessuno può essere continente se Dio non glielo dà; ed era proprio dell'intelligenza sapere da chi viene tale dono. ( Sap 8,21 )
Orbene, quando ricevi un dono da Dio, se non riconosci chi te lo ha dato non ne otterrai la ricompensa per la tua ingratitudine.
Non riconoscendo il donatore non lo ringrazi, e non ringraziandolo perdi ciò che hai ricevuto.
Infatti a chi ha sarà dato. ( Mt 13,12; Mc 4,25; Lc 8,18 )
E che cos'è avere in pienezza? Conoscere da chi hai il dono.
Ma chi non ha, cioè non riconosce colui dal quale ha il dono, costui finisce col perdere ciò che ha. ( Mt 13,12; Mc 4,25; Lc 8,18 )
E come l'antico saggio diceva: Era proprio dell'intelligenza sapere da chi viene tale dono, ( Sap 8,21 ) così dice anche l'apostolo Paolo.
Volendo mettere in risalto la grazia di Dio nello Spirito Santo, egli dice: Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo ma lo Spirito che viene da Dio.
E, supponendo che gli venga rivolta la domanda: " Come lo distingui? ", prosegue: Affinché conosciamo le cose che abbiamo ricevute in dono da Dio. ( 1 Cor 2,12 )
Orbene, lo Spirito di Dio è lo spirito di carità, lo spirito di questo mondo è lo spirito dell'orgoglio.
Coloro che hanno lo spirito di questo mondo sono orgogliosi e ingrati a Dio.
Hanno ricevuto da lui molti doni ma non onorano colui dal quale li hanno ricevuti.
Per questo sono infelici.
Capita a volte che una persona abbia ricevuto doni più grandi rispetto a un'altra, che ne ha ricevuti di minori: ad esempio, più intelligenza, più memoria, che sono tutti doni di Dio.
Si incontrano a volte persone di ingegno acutissimo, fornite di una memoria incredibile, che suscita in noi l'ammirazione.
Se ne incontrano invece altre scarse d'intelligenza, con una memoria labile, cioè persone poco dotate dell'una e dell'altra risorsa.
Mentre però le prime sono superbe, queste altre sono umili: esse ringraziano Dio dei doni, sia pur piccoli, che hanno ricevuto; le altre, quelle che hanno doti maggiori, le attribuiscono a sé.
Ebbene, colui che ringrazia Dio dei doni piccoli è certamente preferibile, e di gran lunga, a colui che, attribuendo a sé i doni maggiori che ha, se ne gonfia d'orgoglio.
Infatti colui che ringrazia dei piccoli doni ricevuti Dio lo favorirà, presto o tardi, con doni più grandi; colui che non ringrazia finirà col perdere anche ciò che ha.
Colui infatti che ha, gli sarà dato. A colui che non ha sarà tolto anche quello che ha. ( Mt 13,12; Lc 8,18 )
Come si fa dire che non ha, se ha?
Ha senza avere colui che ha senza sapere chi gliel'ha dato.
Da Dio infatti gli sarà tolto ciò che possiede, e a lui rimarrà solo la sua malizia.
Nessuno dunque può essere continente se Dio non glielo dona.
Ecco il dono per resistere all'attrattiva del piacere.
Dice: Era proprio dell'intelligenza sapere da chi viene tale dono: che cioè nessuno può essere continente se Dio non glielo dà. ( Sap 8,21 )
Ed ecco ora il dono per resistere al dolore.
Dice: Da lui è la mia pazienza. ( Sal 62,6 )
Ebbene, sperate in lui, o assemblea intera del popolo. ( Sal 62,9 )
Sperate in lui; non confidate sulle vostre forze.
Confessate a lui il vostro male; attendete da lui ogni vostro bene.
Per quanto vogliate essere orgogliosi, sarete un nulla senza il suo aiuto.
Perché poi riusciate ad essere umili, riversate su di lui i vostri cuori; ( Sal 62,9 ) e per non rimanere disordinatamente in voi stessi, dite le parole che seguono: Il nostro aiuto è Dio ( Sal 62,9 ) ).
9 - Il santo martire, che noi ammiriamo e del quale oggi celebriamo la solennità, ebbe da Dio l'aiuto per poter vincere.
Senza di lui non avrebbe vinto, o, se fosse riuscito vincere il dolore, certo non avrebbe vinto il diavolo.
A volte infatti capita che riescano a vincere il dolore anche quelli che sono vinti dal diavolo, perché non hanno la pazienza ma l'ostinazione di cuore.
In aiuto del martire intervenne dunque il Signore, che gli fece dono della vera fede, rese buona la sua causa e gli donò la pazienza necessaria in quella buona causa.
Si ha infatti la pazienza quando alla sua radice c'è la buona causa.
Così è anche della fede: nessuno ce la dona se non Dio.
Sono, queste, due cose ben sottolineate dall'Apostolo, e cioè che provengono da Dio e la causa per cui soffriamo e la pazienza con la quale sopportiamo i dolori.
Esortando i martiri egli diceva: A voi è stato dato per [ il nome di ] Cristo. ( Fil 1,29 )
Ecco la buona causa: per il nome di Cristo.
Sarebbe stata una causa in opposizione a Cristo, se fosse stata in difesa del sacrilegio, dell'eresia o dello scisma.
Contro Cristo, in quanto Cristo ha detto: Chi non raccoglie con me, disperde. ( Lc 11,23 )
Dice dunque [ Paolo ]: A voi è stato dato non solo il dono di credere in lui, ma anche quello di soffrire per lui. ( Fil 1,29 )
Ecco qual è la vera pazienza.
Amiamo dunque questa pazienza; conserviamola, e, se ancora non l'abbiamo, chiediamola [ a Dio ].
Avremo così un buon motivo per cantare: A Dio sarà sottomessa la mia anima, poiché da lui proviene la mia pazienza. ( Sal 62,6 )
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