Discorsi sui tempi Liturgici |
1 - Godiamo quando la Chiesa genera nuovi figli
2 - Battesimo e diluvio
3 - Traversie della vita e quiete dell'eternità
4 - I cattivi non conseguiranno il sabato del Signore
5 - L'umiltà è via alla gloria
6 - Con la mente rivolti al giorno eterno
7 - Non mescolatevi ai cattivi ma camminate per la via stretta
8 - Figli dell'uomo diventati, in Cristo, figli di Dio
Non credo che sia una novità di cui non avete mai sentito parlare, anzi sono certo che si tratti di una cosa nota alla vostra fede, che, come in quanto uomini - cioè nella nostra carne - siamo nati dai nostri genitori, così spiritualmente nasciamo da Dio Padre e dalla madre Chiesa.
In tal modo lo stesso Signore Dio, che è nostro creatore perché ci dà la vita tramite i genitori, è anche nostro rigeneratore per la vita che ci dà lui direttamente con l'intervento della Chiesa.
Nella prima generazione si contrae il vincolo del peccato, nella seconda viene sciolto.
Là siamo generati per succedere ai nostri genitori destinati a morire, qua per aderire a chi rimane per sempre.
È comunque un fatto che i figli di famiglia nati prima, quando nascono in casa altri fratelli, si rallegrano con affetto fraterno e il piacere per avere dei consanguinei che dividono con loro la stessa luce supera di gran lunga il dispiacere di doversi dividere l'eredità.
Ebbene, quanto più grande e più genuina non dev'essere la gioia che dobbiamo provare noi vedendo dei figli dell'uomo che, nati come noi, per la grazia del santo battesimo vengono rigenerati e diventano figli del loro Creatore, e così tutti nasciamo per partecipare a quella eredità che, nei riguardi dei suoi possessori, rimane indivisa per tutti e viene accordata tutta a tutti?
Dice: Il Signore è la parte della mia eredità. ( Sal 16,5 )
Riflettiamo su queste parole dette dal profeta David, e cioè che Dio è la nostra eredità, e pensiamo a quel che aggiungono e l'apostolo Giovanni: Dio è carità ( 1 Gv 4,8.16 ) e l'apostolo Paolo: La carità non è invidiosa. ( 1 Cor 13,4 )
Quanto più grande sarà il numero dei compartecipi e dei compagni che vedremo nascere come noi per il possesso comune di una tale eredità, tanto maggiore dovrà essere la nostra gioia, frutto di carità, essendo proprio la carità il premio che ci viene assegnato come nostro possesso.
In verità, se l'eredità altro non è se non l'amore, dimostrerebbe di non voler essere erede colui che non amasse il coerede.
Pertanto, le parole che, con l'aiuto del Signore, stiamo per rivolgere a coloro che celebrano l'ottavo giorno da quando hanno ricevuto il battesimo ricevetele anche voi e ricevetele con gioia tanto maggiore quanto maggiore è l'esultanza derivante dai vincoli della nuova fraternità.
Nello stesso tempo anche i catecumeni, che la santa madre Chiesa ha già concepito con un sacramento non ancora del tutto completo, facciano pressione contro il seno di lei mossi dal desiderio d'uscire alla nuova luce e si affrettino a diventare maturi e a nascere.
Da tutti i rinati mediante il battesimo di Cristo si celebra con somma devozione la solennità di questa ottava, e il motivo è da ricercarsi nel fatto che in essa e per essa le genti sparse per ogni dove nel mondo sono state assoggettate al nome di Cristo conseguendone la salvezza.
Sforziamoci dunque, con l'aiuto del Signore, a riproporre in brevi parole quale sia il suo significato e quale il contenuto di un così grande mistero.
Come questa cosa sia in pieno accordo con le esigenze della nostra fede, vogliatelo ripensare insieme con me, anche voi, istruiti come siete nella dottrina cristiana.
Chi infatti non sa che nell'antichità la terra fu purificata dai peccati mediante il diluvio?
In esso si preannunziava il mistero del santo battesimo, nel quale, parimenti per mezzo dell'acqua, vengono cancellati tutti i peccati dell'uomo; e in quella stessa occasione fu costruita l'arca, fatta di legno non soggetto a putrefazione, dove erano raccolte solo otto persone, quell'arca che simboleggiava la Chiesa.
Ciò che al tempo del diluvio, con le cui acque furono cancellati i peccati, viene indicato col numero otto - cioè otto persone - questo stesso nell'amministrazione del battesimo, con le cui acque vengono distrutti i peccati, viene parimenti suggerito dal numero otto, cioè otto giorni.
Gli eventi che contengono un qualche significato possono paragonarsi ai suoni emessi dalla nostra bocca.
Come infatti una stessa e identica realtà può esprimersi in modi svariati, con parole e linguaggi diversi, così si è soliti rappresentare una stessa e identica cosa non solo con suoni diversi l'uno dall'altro ma anche con molti e vari eventi figurativi, senza che venga in se stessa modificata.
In forza di ciò, sebbene abbiamo in un caso otto persone e nell'altro otto giorni, non si esprime qui una cosa e là un'altra ma la stessa cosa in modi differenti, cioè con diversità di segni, come se a cambiare non fossero - diciamo così - se non le lettere.
Col numero otto si rappresentano dunque le cose che hanno pertinenza col mondo avvenire, dove nulla diminuisce o s'accresce con l'evolversi dei tempi ma tutto persevera costantemente in una beatitudine immutabile.
E se è vero che il succedersi del tempo nell'ordine presente si snoda sul numero sette ripetuto a spirale, è esatto che il giorno eterno si chiami - per via di approssimazione - giorno ottavo.
In esso i santi che l'abbiano raggiunto superando le peripezie del tempo presente non avranno da distinguere - poiché non ci saranno più tali avvicendamenti - il giorno dalla notte né il tempo di essere occupati dal tempo della quiete: loro sorte sarà, per sempre, una quiete dove si vigila e un'occupazione dove si è inattivi, non per pigrizia ma perché l'attività non comporta lavoro.
Ancora. Come ai santi, passato il tempo incluso nel ciclo settenario, è riservato l'ottavo giorno, cioè la felicità eterna, così agli empi, trascorso velocemente il tempo indicato dal numero sette, è riservato, come giorno ottavo, il giudizio di condanna.
Da questo giudizio desiderava essere liberato l'autore del Salmo sesto, che ha per titolo: Sulle ottave. ( Sal 6,1 )
Gemendo espone la sua miseria e dice: Signore, non rimproverarmi nel tuo sdegno; nella tua ira non castigarmi. ( Sal 6,2 )
Una cosa simile ritorna anche nel Salmo undicesimo, che reca parimenti l'iscrizione: Sulle ottave.
In questo Salmo si mostra come tutte le avversità del tempo presente occorre sopportarle per conseguire il premio della vita eterna.
Ci si mette in guardia dal pericolo che, cominciando ad abbondare il male, non si raffreddi la carità e ci si ricorda che chi non avrà perseverato sino alla fine non potrà salvarsi. ( Mt 24,12-13 )
Si fa il caso di uno che voleva riporre la sua fiducia negli altri uomini ma trova in molti - anche in quelli che meno sospettava - le trappole, i raggiri, e tanta boria vacua e superba.
Buon per lui in tale frangente volgere lo sguardo al giorno ottavo, al giorno eterno, dove la sua gioia sarà imperturbata e non ci saranno compagnie cattive che la intacchino.
Lasciamolo pertanto dire gemendo, lasciamolo pregare con lacrime: Salvami, Signore!
Il santo è venuto meno; la verità è scomparsa tra i figli dell'uomo. ( Sal 12,2 )
Così infatti comincia quel Salmo.
Preghi però con ferma speranza, come è detto nelle ultime espressioni dello stesso Salmo, che termina con le parole: Tu però, Signore, ci salverai e ci custodirai in eterno da questa generazione. ( Sal 12,8 )
Si potrebbe, così, dire che il Salmo comincia con il numero sette e si snoda fino a raggiungere l'otto, procedendo da gloria in gloria come mosso dallo Spirito del Signore. ( 2 Cor 3,18 )
Ma che dire del fatto che altrove per bocca del profeta promette pace su pace? ( Is 57,19 sec. LXX )
O se non che lo stesso sabato, indicato dal settimo giorno, sebbene incluso nel giro dei giorni del tempo presente, contiene già in sé un riposo?
È il riposo promesso ai santi anche su questa terra e consistente nell'esenzione da ogni procella mondana che li disturbi, finché essi, compiute le opere buone, si riposino nel loro Dio.
Per indicare tutto questo in epoca molto anteriore, dopo che ebbe creato tutte le cose - che erano tutte buone assai - lui stesso nel settimo giorno si riposò. ( Gen 1,31; Gen 2,2 )
O c'è per caso un motiv o diverso per il quale sia stato scritto nel libro del santo Giobbe: Sei volte ti ho liberato dalle strettezze e nel settimo giorno non ti toccherà alcun male? ( Gb 5,19 )
Inoltre il settimo giorno non ha tramonto; e questo accade perché senza assalti e nuvole di tristezza - la quale è originata ordinariamente dalla convivenza con uomini malvagi in mezzo ai quali ci si trova - introduce i santi nel giorno ottavo, cioè nella beatitudine eterna.
Una cosa è infatti riposare nel Signore mentre si è ancora nell'ambito del tempo - cosa raffigurata dal settimo giorno, cioè dal sabato - e un'altra trascendere tutti i tempi ed essere per sempre immedesimati con l'artefice dei tempi.
Questo raffigura l'ottavo giorno, il quale, non entrando nel giro degli altri giorni, si presenta come contenente un richiamo all'eternità.
I nostri sette giorni, effettivamente, che si snodano con una successione continua e sempre si ripetono, servono a tracciare l'intero evolversi del tempo.
Figuratamente con questi giorni non si rappresentano però coloro che amano il mondo presente, i quali non desiderano - nel loro settimo giorno - il riposo del sabato spirituale.
A un tal sabato essi non aspirano non avendo un desiderio capace di immetterli nel giorno ottavo, cioè nell'eternità.
Immersi nelle loro abitudini transitorie, abbandonano il Creatore e si abbassano ad adorare la creatura, e così diventano empi.
In vista di ciò, colui che canta sulle, ottave, dopo aver detto: Tu, Signore, ci salverai e ci custodirai in eterno da questa generazione, aggiunge subito: Tutt'intorno camminano gli empi, ( Sal 12,9 ) Cioè coloro che, schiavi di calcoli terreni, non riescono a gustare ciò che è eterno.
Osservando questi giorni, dai quali è impossibile escludere qualsiasi significato allegorico, si riscontra che l'ottavo giorno è lo stesso che il primo.
Primo giorno dopo il sabato è la domenica, ma questo primo giorno scompare quando sopraggiunge il secondo.
Invece in quel giorno di cui questo nostro primo e ottavo sono simbolo c'è sempre presente l'eternità.
Vi è presente l'eternità primordiale, della quale alle origini i nostri progenitori furono privati a causa del peccato e noi decademmo nella presente condizione di mortalità.
E c'è anche l'ultima - o, diciamo così, l'ottava - che è quella che recupereremo dopo la resurrezione, quando, ultima nemica, sarà distrutta la morte ( 1 Cor 15,26 ) e questo corpo corruttibile si rivestirà d'incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità. ( 1 Cor 15,53 )
Allora il figlio tornato riceverà la veste che aveva indossata prima: quella veste che gli sarà restituita alla fine - cioè, per così dire, nel giorno ottavo - dopo le peripezie del lungo peregrinare, dopo aver pascolato i porci, ( Lc 15,11ss ) e subìto le altre tribolazioni della vita mortale, cioè dopo aver percorso tutti e sette i cicli del tempo.
Pertanto non fu senza motivo che il nostro Signore - che più non muore né la morte ha alcun potere su di lui ( Rm 6,9 ) - identificò il primo e l'ottavo giorno degnandosi di comprovare tutto questo nella sua carne col fatto paradigmatico della sua resurrezione corporea.
A questa sua glorificazione noi dobbiamo tendere per la via dell'umiltà.
Lo ricaviamo dall'episodio in cui egli, proprio per inculcare questa esigenza, rispondendo ai suoi discepoli che la desideravano e ambivano di stare uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra, disse: Potete bere al calice da cui io sto per bere? ( Mt 20,22 )
Con questo faceva loro intendere che la via verso le altezze inizia da questa valle di lacrime, ( Sal 84,7 ) e che mai sarebbero stati degni di raggiungere le sommità celesti se prima non avessero umilmente accettato di subire il ludibrio della croce.
Lo conferma anche l'ultimo verso del Salmo undecimo - al quale, come dicevamo, è premesso il titolo: Sulle ottave dove si dice: Signore, secondo la tua altezza hai moltiplicato i figli degli uomini. ( Sal 12,9 )
Opportunamente questo verso lo si intende riferito al Signore Gesù Cristo, che nella sua persona, essendo Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, rese i figli degli uomini figli di Dio. In questa terra tali figli di Dio sono pochi in confronto col numero stragrande dei peccatori: sono come pochi grani nell'aia dove abbonda la pula.
Questa pula appare sparsa dappertutto, come se [ nell'aia ] ci sia essa sola, mentre i grani se ne stanno nascosti e sembrano scomparire.
Dio però nella Gerusalemme celeste li moltiplica secondo la sua altezza, lui che chiama le cose non esistenti come se esistessero. ( Rm 4,17 )
Ma da quale altezza? Qui è da vedersi quella cecità che parzialmente s'abbatté su Israele affinché la totalità delle genti entrasse e così tutto intero Israele si salvasse. ( Rm 11,25-26 )
Al riguardo un'esclamazione esce dalla bocca dell'Apostolo: O altezza della ricchezza della sapienza e della scienza di Dio! ( Rm 11,33 )
Non andiamo dunque a cercare le rovinose altezze delle posizioni mondane.
Siamo infatti morti e la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio: quando apparirà Cristo, nostra vita, allora appariremo anche noi con lui nella gloria. ( Col 3,3-4 )
Perciò il desiderio sia costantemente rivolto al giorno ottavo, dove sarà terminato l'intero corso dei tempi in cui si aggirano gli empi. ( Sal 12,9 )
Siccome in forza della speranza ci è concesso di abitare in anticipo nel cielo, ( Fil 3,20 ) viviamo con Cristo e in Cristo, a somiglianza degli angeli di Dio, e sentiamoci già partecipi dell'eternità di colui che non ricusò di rendersi partecipe della nostra mortalità.
Notate qui che, come nell'ottava dei sacramenti il giorno ottavo giunge dopo i sette, così accade nel sacramento della Pentecoste, che arriva dopo sette settimane che chiudiamo nel quarantanovesimo giorno.
Anche lì si aggiunge un ottavo giorno per arrivare al numero completo di cinquanta: una unità nel numero minore e parimenti una unità nel numero maggiore.
Ma, per quanto concerne l'eternità, di cui l'ottavo giorno è simbolo, non può né crescere né diminuire: è un oggi perpetuo, poiché non c'è tempo nuovo che subentri a quello che se ne va.
Quell'oggi non inizia con la fine del giorno di ieri né termina quando inizierà il domani, ma è un oggi che rimane per sempre.
Se ci sono stati tempi passati, essi sono tutti passati senza che quel giorno passasse; e se verranno tempi futuri, verranno tutti senza che quel giorno inizi.
Dimenticate dunque le cose del passato e protendetevi verso quelle dell'avvenire, cercando con tutto l'impegno di conseguire la palma della vocazione divina. ( Fil 3,13-14 )
Fratelli e figli carissimi, anche quando avrete deposto i segni del sacramento, portate sempre nel cuore la speranza del giorno eterno di cui stiamo parlando.
Mediante le vesti candide, come con una parola visibile, si stampa nelle vostre menti un germe luminoso consistente nella novità di vita.
Quando le cambierete, fate che non si cambi quello che esse rappresentano, ma che risplenda per la luce della fede e della verità.
Non macchiatele con alcuna sozzura di costumi sregolati, di modo che in quel giorno non vi troviate nudi ( 2 Cor 5,3 ) ma senza alcun ostacolo passiate dalla gloria della fede alla gloria della visione.
Con il rito solenne di oggi si compie la vostra uscita da queste transenne, che in quanto spiritualmente bambini vi separano dagli altri fedeli.
Quando vi sarete mescolati al comune ceto del popolo cristiano, mettetevi dalla parte dei buoni, ricordando che le compagnie cattive pervertono i buoni costumi.
Essendo giustificati, praticate la sobrietà ed evitate il peccato. ( 1 Cor 15,33-34 )
Vi ho infatti fidanzati a un solo uomo, come vergine casta da presentare a Cristo; e temo che, come il serpente con la sua astuzia ingannò Eva, così anche i vostri sentimenti si corrompano facendovi perdere quella castità, dono di Dio, che si consegue in Cristo. ( 2 Cor 11,2-3 )
L'amicizia che è di questo mondo rende adultere le anime, facendole tradire l'unico e vero e legittimo Sposo, ( Gc 4,4 ) dal quale avete ricevuto come anello lo Spirito Santo.
Guardatevi dal camminare per la via spaziosa, che conduce alla perdizione e nella quale molti camminano. ( Mt 7,13 )
Non vi stancate di percorrere la via stretta, al termine della quale c'è l'ampiezza eterna.
Se a volte, come fatalmente capita durante la vita di ogni uomo mentre scorre fra i marosi del mondo presente, incontrerete delle tentazioni ( Gc 1,2 ) e ci saranno persone, anche molte, che come cani vi abbaieranno attorno con le loro malvagità, perseverate nella fede, gioite nella speranza e, ardenti di carità, cantate sulle ottave, dicendo: Salvami, Signore, perché il santo è venuto meno, la verità è scomparsa tra i figli dell'uomo; ciascuno ha pronunziato vanità nei riguardi del suo prossimo. ( Sal 12,2-3 )
Per quanto concerne voi, figli dell'uomo divenuti ormai figli di Dio, fino a quando vorrete essere duri di cuore? ( Sal 4,3 )
Non amate la vanità né cercate avidamente la menzogna: così non darete alcun adito al diavolo. ( Ef 4,27 )
Ognuno di voi aderisca fermamente a Cristo e resti immutabilmente fedele alla parola di Dio che ha abbracciata.
Se verrà a trovarsi in mezzo alle tentazioni e agli scandali che gli ribollano all'intorno, non si creda, per il fatto che da ogni parte lo avvolge la paglia e gli impedisce di vedere i compagni che con lui saranno un giorno nel granaio, di essere solo lui il grano di Dio.
Ripensi ai tempi antichi quando sulla terra non era ancora stato versato il sangue di Cristo, prezzo di riscatto per tutto il mondo.
Il santo Elia diceva: Sono rimasto io solo, ma dal cielo gli fu risposto: Io mi sono riservato settemila uomini che non hanno piegato il ginocchio dinanzi a Baal. ( Rm 11,3.4; 1 Re 19,10-18 )
Questi settemila, quando insieme con Elia venivano trebbiati sull'aia di questo mondo, non costituendo ancora un unico mucchio e non toccandosi fra loro, avevano ciascuno l'impressione di essere soli.
Considerata fra tutte le genti invece, la quantità degli uomini eletti per essere del Signore è certo più consistente: essa viene preservata in eterno dalla presente generazione.
Dio infatti per suo occulto decreto moltiplicherà i figli degli uomini secondo la profondità della sua sapienza. ( Rm 11,33 )
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