Discorsi sui tempi Liturgici |
1 - Introduzione
2 - Perché Cristo rimase con i discepoli dopo la risurrezione
3 - Cristo, uguale al Padre, per compassione si è umiliato
4 - Perché Cristo volle assentarsi con il corpo
5 - Perché Cristo è rimasto dopo la risurrezione quaranta giorni con i discepoli
6 - La futura risurrezione della carne
7 - La dottrina cattolica sulla Trinità
Molti sono i misteri nascosti nelle Scritture divine: alcuni li dobbiamo ancora scoprire, altri il Signore si è degnato di rivelarli alla nostra umile inadeguatezza, però non ci basta il tempo per spiegarli alla vostra Santità.
So bene che soprattutto in questi giorni la chiesa si riempie di gente che vorrebbe più presto andarsene che venire e che ci ritiene insopportabili se ci capita di parlare un po' più a lungo.
È gente che però, quando si tratta di banchetti, non solo vi si precipita ma, se vi viene trattenuta fino a sera, né si stanca né li rifiuta né per lo meno se ne allontana senza provarne alcuna vergogna.
Tuttavia per non defraudare coloro che vengono con il desiderio di imparare, parlerò, anche se brevemente, del significato misterioso del fatto che il Signore nostro Gesù Cristo è asceso al cielo con lo stesso corpo nel quale è risorto.
Certamente per la debole fede dei suoi discepoli.
Non erano mancati neanche fra di loro alcuni che il diavolo aveva tentato di mancanza di fede, così che un discepolo, benché Gesù apparisse nelle fattezze che egli già conosceva, credette più al vedere le recenti cicatrici che non al vedere il suo corpo vivo. ( Gv 20,25 )
Perciò per confermarli nella fede Gesù si è degnato di vivere con loro, dopo la risurrezione, per quaranta giorni interi, dal giorno della sua morte fino al giorno odierno, entrando ed uscendo da loro, mangiando e bevendo, come dice la Scrittura. ( At 1,3-4; At 10,40-41 )
Diede la prova così di restituire alla loro vista, dopo la risurrezione, lo stesso corpo che era stato loro tolto con la morte in croce.
Tuttavia non volle che rimanessero attaccati al suo corpo né che lo trattenessero più a lungo per un affetto legato alla carne.
Essi volevano che Gesù rimanesse sempre con loro con il corpo: era lo stesso modo di ragionare con cui anche Pietro aveva tentato di dissuaderlo dalla passione. ( Mt 16,22-23 )
Lo vedevano infatti accanto a sé come loro maestro, uno che li confortava, li consolava, li proteggeva, però alla stessa maniera come si vedevano tra di loro.
Se non lo vedevano così, come qualcosa di visibile, lo credevano assente, mentre egli è presente ovunque con la sua potenza.
Tuttavia li proteggeva veramente - così egli stesso si è degnato di dire - come una gallina protegge i suoi pulcini. ( Mt 23,37 )
La gallina infatti, a causa della debolezza dei pulcini, diventa debole anch'essa.
Pensate a questo fatto: davanti ai nostri occhi ci sono tanti volatili che fanno i pulcini; ma non vediamo nessun altro volatile diventare debole insieme ai pulcini all'infuori della gallina.
Per questo da essa il Signore trasse il paragone, poiché per la nostra debolezza anch'egli, assumendo un corpo, si è degnato diventare debole.
Era necessario però che i discepoli si innalzassero un poco, e che incominciassero a pensare a Cristo in modo spirituale, come a Verbo del Padre, Dio presso Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose: ( Gv 1,14 ) ma lo impediva loro la presenza fisica di Cristo.
Era stato utile per essi l'essere confermati nella fede attraverso la presenza di Cristo in mezzo a loro per quaranta giorni: ma era più utile ad essi che Cristo si sottraesse ai loro occhi; e che, mentre in terra si era intrattenuto con loro come un fratello, dal cielo li aiutasse in quanto Dio; e infine che imparassero a pensarlo secondo Dio.
Tutto questo l'evangelista Giovanni l'ha fatto intendere a chiare note: se uno ci fa caso, se uno lo capisce.
Disse infatti il Signore: Non si turbi il vostro cuore. ( Gv 14,1 )
Se mi amaste - continua - vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. ( Gv 14,28 )
E in un altro passo dice: Io e il Padre siamo una cosa sola. ( Gv 10,30 )
Ed è tale l'uguaglianza con il Padre che Cristo rivendica a sé - non per rapina ma per natura ( Fil 2,6 ) - che al discepolo che gli chiedeva: Signore, mostraci il Padre e ci basta, ( Gv 14,8 ) egli rispose: Filippo, da tanto tempo sono con voi e non conoscete il Padre?
Chi ha visto me ha vista anche il Padre. ( Gv 14,9 )
Che cosa significa: Chi ha visto me?
Se si intende con gli occhi del corpo, lo hanno visto anche coloro che l'hanno crocifisso.
Che cosa significa dunque: Chi ha visto me se non: Chi ha capito, chi mi ha visto con l'occhio del cuore?
Come infatti esistono le orecchie interiori - quelle che il Signore cercava quando diceva: Chi ha orecchie da intendere intenda ( Mt 11,15 ) pur non essendoci davanti a lui nessun sordo - così esiste anche la vista interiore del cuore, con la quale se uno vedeva il Signore vedeva anche il Padre, perché il Signore è uguale al Padre.
Ascolta l'Apostolo che desidera che anche noi abbiamo lo stesso amore misericordioso di Cristo.
Questi infatti per noi è divenuto debole, per radunare i pulcini sotto le sue ali; ( Mt 23,37 ) ha insegnato così a quei discepoli, che dalla comune debolezza fossero saliti a uno stato di robustezza, che debbono anch'essi compatire la fragilità di coloro che sono rimasti deboli; mentre egli dalla sua potenza eterna è disceso fino alla nostra debolezza.
Dice dunque l'Apostolo: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che erano in Cristo Gesù.
Degnatevi - dice - di imitare il Figlio di Dio nella sua compassione per i piccoli.
Egli, possedendo la natura divina …
Già con il dire: possedendo la natura divina ce lo presenta uguale a Dio.
Non può essere inferiore per natura a colui al quale quella natura appartiene: se fosse inferiore, non sarebbe della stessa natura.
Tuttavia per non dare alcuna possibilità di dubbio aggiunse e fece risuonare esplicitamente la parola esatta, al fine di chiudere ogni bocca sacrilega: Egli, possedendo la natura divina, non ritenne una rapina la sua uguaglianza con Dio.
Qual è il significato, fratelli carissimi, della frase dell'Apostolo: non ritenne una rapina?
Che è uguale per natura.
Chi pretendeva di avere l'uguaglianza con Dio per rapina?
Il primo uomo, al quale fu detto: Mangiatene e sarete come dèi. ( Gen 3,5 )
L'uomo volle tentare con rapina di raggiungere l'uguaglianza con Dio ma poi per punizione perse l'immortalità.
Colui invece che non ha commesso rapina, non ritenne una rapina la sua uguaglianza con Dio.
Se non è dunque per rapina è per natura questa sostanziale comunione e totale uguaglianza.
Ma che cosa ha fatto? Annientò - aggiunge l'Apostolo - se stesso, prendendo la natura di schiavo e diventando simile agli uomini; e dopo che ebbe rivestito la natura umana, umiliò se stesso ancor di più, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. ( Fil 2,5-8 )
Era poco dire morte, ha detto anche che genere di morte.
Perché anche il genere di morte? Perché molti sono preparati alla morte; molti dicono infatti: Non temo la morte, ma vorrei morire nel mio letto, circondato dai figli, dai nipoti, dalle lacrime della moglie.
Costoro sembra che non abbiano paura della morte, ma nella pretesa di scegliersi le circostanze della morte, si manifesta quanto ne abbiano paura.
Cristo invece si è scelto il genere di morte, ma il peggiore di tutti.
Come gli uomini vorrebbero scegliere per sé il modo migliore di morire, così lui si è scelto il peggiore, quello che era esecrabile per tutti i Giudei.
Colui che verrà a giudicare i vivi e i morti non temette di morire a causa di falsi testimoni, per sentenza di un giudice; non temette di morire con l'ignominiosa morte di croce, per liberare tutti i credenti da ogni ignominia.
Perciò si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce; tuttavia per natura è uguale a Dio: forte per la potenza della sua maestà, debole per la compassione verso l'umanità; forte, tanto da creare tutte le cose; debole per poter ricrearle.
Fate attenzione a quanto dice Giovanni: Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. ( Gv 14,28 )
In che senso allora Cristo è uguale al Padre, come dice l'Apostolo? Il Signore stesso ha detto: Io e il Padre siamo una cosa sola. ( Gv 10,30 )
E in un altro passo: Chi ha visto me ha visto anche il Padre. ( Gv 14,9 )
Come mai allora nel passo sopra riportato si dice: perché il Padre è più grande di me?
Queste parole, fratelli, - per quanto il Signore ci ispira d'intendere - Cristo le ha pronunciate in un certo senso per rimproverare i discepoli e per confortarli.
Avevano infatti fissato lo sguardo sulla sua umanità e non riuscivano a pensarlo come Dio.
Sarebbero riusciti a pensarlo come Dio solo quando la sua umanità fosse stata sottratta a loro e ai loro sguardi.
Tolta la familiarità che si era instaurata tramite il suo corpo, avrebbero imparato, almeno una volta assente il corpo, a pensare alla sua divinità.
Perciò ha detto loro: Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre. ( Gv 14,28 )
Perché? Perché, quando vado al Padre, possiate pensarmi uguale al Padre.
Per questo infatti è più grande di me: finché mi vedete nel corpo, il Padre è più grande di me.
Vedete se avete afferrato il discorso: i discepoli non sapevano pensarlo se non uomo.
Lo ripeto con parole un po' più chiare per quei nostri fratelli che hanno più difficoltà a capire.
Coloro invece che hanno già capito sopportino la lentezza degli altri e imitino il Signore il quale, pur possedendo la natura divina … annientò se stesso … facendosi obbediente fino alla morte. ( Fil 2,6-8 )
Se amaste me … : che cosa significa?
Se amaste me, vi rallegrereste che io vado al Padre. ( Gv 14,28 )
Se amaste me che cosa significa se non: Non amate me?
Che cosa amate allora? Il corpo che vedete.
Non volete infatti che vi venga sottratto allo sguardo.
Se invece amaste me …; chi è: me? In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio: ( Gv 1,1 ) sono parole dello stesso Giovanni.
Se dunque amaste me, cioè colui per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, ( Gv 1,3 ) vi rallegrereste che io vado al Padre.
Perché? Perché il Padre è più grande di me.
Così come mi vedete sulla terra, il Padre è più grande di me.
Mi allontani dai vostri occhi; sia tolto ai vostri sguardi questo corpo mortale che è stato assunto per la vostra mortalità; cominciate a non vedere più questa veste mortale che ho preso per umiltà: tuttavia sia elevata in cielo, affinché sappiate in che cosa dovete sperare.
Non lasciò infatti sulla terra la veste mortale di cui volle essere qui rivestito.
Se l'avesse lasciata qui, nessuno avrebbe più sperato nella risurrezione della carne.
Ora però l'ha portata in cielo e ciò nonostante vi è chi dubita della risurrezione della carne!
Ma se Dio l'ha voluta dimostrare in se stesso, la negherà all'uomo?
Dio infatti ha assunto l'umanità per compassione, per quanto riguarda l'uomo invece essa fa parte della sua natura.
E tuttavia Dio si è mostrato nella veste mortale ( dopo la sua risurrezione ) confermando così i discepoli nella fede, e poi l'ha innalzata in cielo.
Sottratta al loro sguardo la visione del suo corpo, i discepoli non lo videro più in quanto uomo.
Se era rimasto qualcosa nei loro cuori che proveniva da desiderio puramente umano, si tramutò in tristezza.
Si riunirono tuttavia in uno stesso luogo e cominciarono a pregare.
Ed egli avrebbe inviato, passati dieci giorni da quello che stiamo oggi celebrando, lo Spirito Santo, affinché lo Spirito Santo li riempisse di amore spirituale, liberandoli dai desideri puramente umani.
In questo modo faceva loro comprendere il Cristo come Verbo di Dio, Dio presso Dio, per mezzo del quale tutto è stato fatto. ( Gv 1,1-3 )
Non avrebbero potuto essere riempiti di tale modo di comprendere le cose se non si fosse allontanato da loro l'amore puramente umano.
Per questo disse: Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me.
È più grande di me in quanto uomo, è uguale in quanto Dio; uguale nella natura, più grande considerando la compassione che ha avuto il Figlio ( e che l'ha portato a farsi uomo ).
Dio lo ha umiliato ponendolo non soltanto al di sotto di sé ma anche al di sotto degli angeli, come dice la Scrittura. ( Sal 8,6 )
Non è inferiore al Padre, anche se vi sembra che il Figlio, assumendo un corpo, si sia allontanato dall'uguaglianza con il Padre, dal quale mai s'è allontanato; ma assumendo un corpo - ha assunto infatti l'umanità - non è mutato.
Chi indossa una veste non si cambia in veste ma internamente rimane lo stesso uomo tutto intero.
Poni il caso di un senatore che indossa una veste da schiavo, nell'ipotesi che non possa entrare in carcere con la toga senatoria per consolare un tale avvinto in ceppi; riceve l'abito proprio del carcere ed esternamente si vede solo un abito spregevole [ che egli indossa ] per manifestare il suo senso umanitario.
Ma internamente gli rimane tutta la dignità senatoria che tanto più rifulge in quanto il motivo per rivestirsi di un abito così umile fu la sua grande misericordia.
Così ha fatto anche il Signore, pur rimanendo Dio, rimanendo Verbo, rimanendo sapienza, rimanendo potenza divina, rimanendo nel governo dei cieli, rimanendo nella cura della terra, rimanendo gioia piena degli angeli, ovunque tutto, tutto nel mondo, tutto nei Patriarchi, tutto nei Profeti, tutto in tutti i santi, tutto nel grembo della Vergine, per rivestirsi della natura umana, per congiungerla a sé come sposa, per fidanzare a sé la Chiesa quale vergine casta, e procedere come sposo dal suo talamo. ( Sal 19,6; 2 Cor 11,2 )
Cristo è quindi inferiore al Padre perché è uomo, ma uguale al Padre perché è Dio.
Togliete di mezzo a voi dunque i desideri puramente umani.
In altre parole, Cristo ha detto così ai suoi discepoli: "Voi non volete che io me ne vada - come ciascuno di noi non vorrebbe lasciar andare il proprio amico e gli dice: "Rimani ancora un po' con noi, quando ti vediamo il nostro cuore si risolleva" -; è meglio però per voi che non vediate più questo mio corpo e cominciate a pensarmi nella mia natura divina.
Mi sottraggo a voi esteriormente, ma interiormente vi riempio della mia presenza".
Forse Cristo entra in un cuore nella sua natura umana e con il suo corpo?
In quanto Dio prende possesso del cuore; in quanto uomo parla al cuore attraverso lo sguardo e ci insegna dal di fuori.
Però, siccome abita dentro di noi, ci parla perché ci convertiamo interiormente, viviamo di lui, ci lasciamo formare da lui, perché lui è la forma di tutto, non fabbricata da alcuno.
Se Cristo si è intrattenuto con i suoi discepoli per quaranta giorni, non lo ha fatto senza un motivo.
Sarebbero stati forse sufficienti venti giorni, forse trenta; sono stati quaranta i giorni, perché tale numero rientra nell'economia di tutto il mondo attuale.
Altre volte ne abbiamo parlato, esaminando il significato del numero dieci moltiplicato quattro.
Lo ricordo a quelli tra voi che l'hanno già inteso.
Il numero dieci simboleggia l'intera sapienza.
Questa sapienza è stata diffusa nelle quattro parti del mondo, su tutta la terra; anche i tempi si dividono in quattro fasi diverse.
L'anno infatti ha quattro stagioni e il mondo ha i quattro punti cardinali.
Dieci moltiplicato quattro fa quaranta.
Per questo il Signore digiunò quaranta giorni: ( Mt 4,2 ) per insegnarci che i fedeli debbono astenersi da ogni seduzione per tutto il tempo che vivono in questo mondo.
Quaranta giorni digiunò Elia, ( 1 Re 19,8 ) che rappresenta tutta la profezia, significando che anche presso i profeti si insegna così.
Quaranta giorni digiunò Mosè, ( Es 34,28 ) che rappresenta la legge, significando che anche nella legge si insegna così.
Per quaranta anni il popolo di Israele è stato condotto attraverso il deserto. ( Nm 32,13 )
Per quaranta giorni durante il diluvio l'arca di Noè galleggiò; l'arca è simbolo della Chiesa che è costruita con legni immarcescibili; i legni immarcescibili sono le anime dei santi e dei giusti.
Racchiude tuttavia animali mondi e animali immondi, perché finché si vive in questo mondo e finché la Chiesa vive la fase di purificazione attraverso il battesimo - come [ l'umanità si purificava ] attraverso il diluvio - non può non racchiudere in sé buoni e cattivi; per questo anche l'arca di Noè racchiudeva animali mondi e immondi.
Ma quando Noè uscì dall'arca, offrì a Dio un sacrificio di soli animali mondi. ( Gen 6,8 )
Da ciò dobbiamo comprendere che in questa arca [ che è la Chiesa ] convivono animali mondi e animali immondi, ma che dopo il diluvio di questo mondo Dio non accoglierà se non coloro che saranno diventati mondi.
Perciò, fratelli, computate come quaranta giorni tutto il tempo di questa vita terrena.
Finché siamo qui in terra, tutto questo tempo è l'arca in mezzo al diluvio.
Finché dei cristiani vengono battezzati e vengono mondati attraverso l'acqua, si vede l'arca galleggiare tra i flutti, quella stessa che si muoveva sopra le acque per quaranta giorni.
Il Signore, rimanendo con i discepoli per quaranta giorni, si è degnato di indicarci che in questo tempo [ della vita terrena ] per tutti è necessaria la fede nell'incarnazione di Cristo.
Questa fede è necessaria a coloro che sono deboli.
Se esistesse occhio che potesse vedere che in principio era il Verbo, ( Gv 1,1 ) che potesse vederlo, potesse intuirlo, potesse comprenderlo, potesse goderlo, non c'era bisogno che il Verbo si facesse carne e abitasse in mezzo a noi.
Ma poiché per la polvere dei peccati l'occhio interiore si era accecato e non poteva comprenderlo e goderlo, non c'era più possibilità di conoscere il Verbo.
Questi però si è degnato di diventare uomo per essere inviato a purificare ( l'occhio ) col quale poi poter vedere quello che ora non si può vedere.
In questa vita la distribuzione del corpo di Cristo è necessaria per i fedeli, perché con esso possono tendere al Signore; ma quando si sarà pervenuti alla visione del Verbo di cui parlavamo, non sarà più necessaria la distribuzione del suo corpo.
Perciò la permanenza di Cristo nel suo corpo per quaranta giorni dopo la risurrezione era necessaria per dimostrare che la fede nell'incarnazione di Cristo è necessaria finché - come la Scrittura ci insegna - per la durata della vita presente l'arca [ della Chiesa ] fluttua in mezzo al diluvio.
Ecco quanto vi dico, fratelli: credete che Gesù Cristo è nato dalla vergine Maria e che, crocifisso, è poi risorto.
Non sarà necessario porre delle domande su tali verità dopo che sarà passata questa vita, perché le abbiamo già accolte nella fede; conserviamole: sono necessarie per la nostra debolezza.
Pensate all'amore della gallina [ a cui Cristo si è paragonato ], che protegge la nostra debolezza. ( Mt 23,37 )
Pensate di essere il giumeto di quell'uomo compassionevole che passava per la via, sul quale egli caricò l'infelice che era stato ferito. ( Lc 10,30-34 )
Lo caricò. Dove? Sul suo giumento.
Giumento del Signore fu il suo corpo.
Quando dunque sarà passato questo mondo, che cosa ti verrà detto?
Poiché hai creduto secondo verità nel corpo di Cristo, ora godi della maestà e della divinità di Cristo.
Cristo debole fu necessario per l'uomo debole; Cristo forte sarà necessario quando l'uomo diventerà forte.
Anche tu deporrai la tua debolezza, secondo la parola che hai ascoltato dall'Apostolo: È necessario che questo corpo corruttibile si rivesta d'incorruzione e che il nostro corpo mortale si rivesta d'immortalità. ( 1 Cor 15,53 )
Poiché né la carne né il sangue erediteranno il regno di Dio. ( 1 Cor 15,50 )
Perché non lo erediteranno? Forse perché la carne non risorgerà?
No certamente: la carne risorgerà; ma che cosa succede?
Verrà mutata e diventerà un corpo celeste e angelico.
Forse gli angeli hanno un corpo?
Ma questo è il problema che ci interessa, perché è questa carne che risorgerà, questa stessa che viene sepolta, che muore; questa che si vede, si tocca, che deve mangiare e bere perché possa durare nel tempo; che si ammala, che soffre dolori; questa stessa deve risorgere: nei cattivi per andare alle pene eterne, nei buoni perché vengano mutati.
E quando sarà stata mutata che cosa diventerà?
Sarà chiamata corpo celeste, non più carne mortale; perché è necessario che questo corpo corruttibile si rivesta d'incorruzione e che il nostro corpo mortale si rivesta d'immortalità. ( 1 Cor 15,53 )
Certi eretici si meravigliano che Dio possa fare della carne un corpo celeste, lui che ha fatto dal nulla tutte le cose.
Rivestito della sua carne mortale il Signore fece venire il vino dall'acqua e desta meraviglia che possa fare della carne un corpo celeste?
Non abbiate dubbi sulla capacità di Dio, perché ha la potenza di fare tali cose.
Gli angeli non erano nulla perché potessero venire all'esistenza, ma sono quello che sono per la sua potenza.
Colui che ha potuto crearti quando non esistevi, non potrà farti ritornare ciò che tu eri prima, non potrà, in virtù della sua incarnazione, dare il premio della gloria alla tua fede?
Quando saranno passate le realtà presenti, avremo come destino ciò di cui parla Giovanni: Carissimi, fin d'ora noi siamo figli di Dio, ma non è ancora stato manifestato quello che saremo.
Sappiamo che quando ciò verrà manifestato saremo simili a lui perché lo vedremo quale egli è. ( 1 Gv 3,2 )
Preparatevi a questa visione.
Nel frattempo, finché siete in questa carne mortale, credete nel Cristo incarnato e credeteci con tale fermezza da non pensare di essere stati ingannati da qualche menzogna.
Mai mente la verità.
Se mentisse dove andremo a consigliarci? che cosa faremo? a chi crederemo?
Perciò la verità è il Verbo vero, la sapienza vera, la potenza vera di Dio.
Il Verbo si è fatto carne: ( Gv 1,14 ) carne vera.
Palpatemi e osservate: uno spirito infatti non ha carne ed ossa come vedete che ho io. ( Lc 24,39 )
Erano ossa vere, muscoli veri, cicatrici vere; vero ciò che si poteva toccare, vero ciò che si percepiva.
Si toccava un uomo, si percepiva Dio; si toccava un corpo, si percepiva la sapienza; si toccava un essere debole, si percepiva un essere potente.
Tutto vero. Tuttavia quel corpo, il capo, è andato avanti, in cielo.
Lo seguiranno le altre membra.
Perché? Perché è necessario che queste membra si addormentino per un po' di tempo e poi risorgano tutte quante al loro tempo.
Se anche il Signore avesse voluto risorgere insieme a tutti, non avremmo in chi credere.
Perciò volle in se stesso offrire a Dio le primizie di coloro che dormono perché, vedendo ciò che è stato restituito a lui, lo sperassi anche per te come dono.
Tutto il popolo di Dio sarà elevato alla stessa dignità degli angeli e ad essi associato.
Perciò nessuno vi dica, fratelli: gli stolti cristiani credono nella risurrezione della carne: ma chi risorge? chi mai è risorto? chi è ritornato dall'oltretomba e ve l'ha detto?
Cristo è venuto di lì! O disgraziato! O cuore umano perverso e invertito!
Se un suo antenato risorgesse gli crederebbe: è risorto il Signore del mondo e non vuol credere!
Rimanete saldi, fratelli miei, nella vera, autentica fede cattolica.
Il Figlio è uguale al Padre; lo Spirito Santo, dono di Dio, è uguale al Padre; e il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio, non tre dèi; non vicini l'uno all'altro con potestà diversa, ma uniti tra loro nella stessa maestà: sono un solo Dio.
Tuttavia il Figlio, per noi, da Verbo che era si è fatto carne ed ha abitato in mezzo a noi. ( Gv 1,14 )
Non ritenne una rapina la sua uguaglianza con Dio, ma annientò se stesso assumendo la natura di schiavo e rivestendo la natura umana. ( Fil 2,6-7 )
Come sapete, fratelli, questa Trinità è veramente uguale.
È stato detto: Il Padre è maggiore di me ( Gv 14,28 ) solo a motivo della natura umana che il Signore assunse.
Difatti dello Spirito Santo non fu mai detto: "È inferiore", proprio perché questi non assunse la natura umana.
Verificate quanto ho detto: scrutate tutte le Scritture, sfogliate ogni pagina, leggete ogni versetto; non troverete da nessuna parte che lo Spirito Santo sia inferiore a Dio.
Di Cristo invece si è detto che era inferiore perché per noi si è fatto inferiore a Dio, affinché per suo mezzo noi potessimo essere elevati più in alto.
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