Esposizione dei Salmi

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Salmo 119 (118)

Discorso 18

1 - [v 73.] Le "mani" di Dio

Quando Dio creò l'uomo traendolo dalla polvere e lo animò col suo alito, non è indicato nel Libro sacro che si sia servito delle mani.

Non vedo pertanto quale sia il motivo per cui certuni, mentre ritengono che tutte le altre creature Dio le abbia fatte col suo Verbo, l'uomo ( che è come il suo capolavoro ) l'abbia fatto con le sue mani.

A meno che non si voglia pensare che, essendo stato l'uomo formato, come si legge, di polvere, ( Gen 2,7 ) questo non possa essere avvenuto senza l'uso delle mani.

Costoro tuttavia non riflettono a quel che è scritto nel Vangelo riguardo al Verbo di Dio, che cioè per suo mezzo tutte le cose sono state create ( Gv 1,3 ) e che questa affermazione non sarebbe esatta se, come le altre cose, così anche il corpo umano non fosse stato fatto ad opera del Verbo.

È vero che essi citano la testimonianza di questo salmo e argomentano: Ecco un testo in cui l'uomo chiarissimamente grida al Signore: Le tue mani mi hanno fatto e formato.

Come se altrove non si trovi scritto con eguale chiarezza: Vedrò i cieli, opera delle lue dita. ( Sal 8,4 )

E ancora con la solita chiarezza: E i cieli sono opera delle tue mani. ( Sal 102,26 )

Anzi la chiarezza è maggiore là dove si dice: E le sue mani plasmarono la terra asciutta. ( Sal 95,5 )

Sono dunque mani di Dio la stessa potenza divina.

Che se li impressiona l'uso del plurale ( poiché vi si dice non " la tua mano " ma le tue mani ), intendano per " mani di Dio " la potenza e la sapienza di Dio, due attributi applicati all'unica persona di Cristo: ( 1 Cor 1,24 ) il quale è da intendersi anche nell'immagine di " braccio del Signore ", come nel passo: E il braccio del Signore a chi è stato rivelato? ( Is 53,1 )

In alternativa a questa spiegazione, per " mani di Dio " si potrebbero intendere il Figlio e lo Spirito Santo, poiché anche lo Spirito Santo collabora nelle opere del Padre e del Figlio.

Ne parla l'Apostolo dove dice: Tutte queste cose le produce l'unico e medesimo Spirito. ( 1 Cor 12,11 )

Dice: L'unico e medesimo Spirito, perché non si creda che tanti sono gli spiriti quante le opere; non perché lo Spirito operi senza il Padre e il Figlio.

È quindi libera l'interpretazione di cosa intendere per " mani di Dio ", a patto però che non si neghi che Dio faccia col suo Verbo ciò che fa con le mani e che quanto fa mediante il Verbo sia fatto attraverso le sue mani.

Parimenti non si deve credere che, per il fatto che si menzionano le mani di Dio, egli abbia una forma corporea e che abbia una mano sinistra distinta dalla mano destra, ovvero che nel suo operare, siccome agisce mediante il Verbo, abbia emesso dei suoni attraverso la bocca o che siano in lui moti spirituali transeunti.

2 - Anima e corpo creati da Dio

Non è mancato chi nei due verbi: Mi hanno fatto e formato, volesse vederci una distinzione, affermando che l'azione divina del " fare " si riferisca all'anima, quella del " formare " al corpo.

Riguardo all'anima ha detto infatti Dio: Io feci ogni respiro, ( Is 57,16 ) mentre nei riguardi del corpo si legge: E Dio formò l'uomo polvere della terra. ( Gen 2,7 )

Se ne concluderebbe che, siccome tutto quello che si forma si fa mentre non tutto quello che si fa si forma, dell'anima si dice che è stata fatta ( e non formata ) perché non è una sostanza corporea ma spirituale.

Senza pensare che si trova scritto: Colui che ha formato lo spirito dell'uomo dentro di lui. ( Zc 12,1 )

Comunque sia, quando in un medesimo testo si trovano usati per l'uomo tutti e due questi verbi, non è di cattivo gusto smembrare la frase nelle sue singole parti e intendere che "fatto" si riferisca all'anima, mentre del corpo si dice che è stato formato, o modellato o plasmato.

A patto però che non si neghi che i due elementi di cui risulta l'uomo, cioè l'anima e il corpo, siano stati creati da Dio.

Al riguardo ci sono stati interpreti che si sono rifiutati di dire: Mi hanno formato, e hanno tradotto con: Mi hanno plasmato, preferendo una traduzione meno latina e più vicina al greco anziché usare la parola " formare ", che in qualche caso significa anche ordire inganni.

3 - Intelletto umano e fede soprannaturale

Ci si può chiedere se tutto questo sia stato detto con riferimento ad Adamo, da cui s'è propagato tutto il genere umano.

Essendo Adamo una creatura fatta [ da Dio ], qual uomo potrà non dire di se stesso che è stato fatto, se tiene conto della sua origine e della propagazione della specie?

O non sarà più esatto intendere le parole: Le tue mani mi hanno fatto e plasmato nel senso che ciascuno nasce, è vero, dai genitori ma non senza l'intervento di Dio, poiché, se gli uni lo generano, chi crea è solo lui?

In realtà, se alle creature viene sottratta la potenza operante di Dio, esse periscono; e se Dio interrompesse la sua azione, non ci sarebbe assolutamente alcun essere che nasca né dagli elementi del mondo né dai propri genitori né da alcun seme.

In relazione, a questo, Dio disse a Geremia: Prima che li formassi nel ventre, io ti conobbi. ( Ger 1,5 )

Ci si chiede però: Forse che era privo di intelletto l'uomo fatto da Dio - si tratti del primo uomo o di qualsiasi altro procreato dopo di lui - per cui ora gli si dica [ nel salmo ]: Le tue mani mi hanno fatto e plasmato; dammi l'intelletto?

Non è forse l'intelletto così proprio della natura umana in quanto tale, che solo per esso l'uomo si distingua dal bruto?

O che la natura umana per il peccato sia stata così deformata che anche in questa prerogativa debba essere rinnovata?

Non per nulla infatti l'Apostolo dice a tutti i rigenerati: Rinnovatevi nello spirito della vostra mente, ( Ef 4,23 ) e l'intelletto ha precisamente sede nella mente.

In un altro passo diceva ancora: Riformatevi rinnovando il vostro sentire. ( Rm 12,2 )

Parlando poi di coloro che non erano partecipi di questa rigenerazione, diceva: Questo vi dico, e vi scongiuro nel Signore.

Non camminate più come camminano i pagani nella vanità della loro mente, ottenebrati nell'intelligenza, fatti estranei alla via di Dio per l'ignoranza che è in loro a causa della cecità del loro cuore. ( Ef 4,17 )

È in relazione a questi occhi interiori, la cui cecità consiste nel non comprendere, che ci viene data la fede: la quale purifica il cuore e fa sì che gli occhi si aprano e si rischiarino sempre di più. ( At 15,9 )

Se è vero infatti che nessuno senza capire almeno qualcosa può credere in Dio, è anche vero che per capire in tutta la sua ampiezza la rivelazione si deve essere sanati dalla stessa fede con cui si è cominciato a credere.

Ci sono in effetti delle cose che, se non le si comprende, non le si crede; come ce ne sono altre che, se non le si crede, non le si comprende.

Fo un esempio. La fede proviene dall'ascolto e l'ascolto proviene a sua volta dall'annunzio di Cristo. ( Rm 10,17 )

Ora come potrà credere a chi gli annunzia la fede uno che, per non dire altro, non conosce la lingua del predicatore?

Viceversa, se non ci fossero verità che non possiamo capire se prima non abbiamo creduto, non direbbe il Profeta: Se non crederete, non comprenderete. ( Is 7,9b sec LXX )

In conclusione, il nostro intelletto progredisce penetrando sempre meglio le verità credute; la fede similmente progredisce riuscendo a credere meglio ciò che [ in qualche modo ] capiva; la mente poi progredisce nell'atto stesso di capire, e ciò in quanto penetra ognor più le stesse cose proposte dalla fede.

Tutto questo ovviamente non compie l'uomo con le sue risorse naturali ma con l'aiuto di Dio e per suo dono.

Come quando un occhio guasto ricupera la vista: non lo si deve all'occhio stesso ma alla medicina.

La persona quindi che, rivolgendosi a Dio, gli dice: Dammi l'intelletto, perché impari i tuoi comandamenti, non è completamente senza intelletto, quasi fosse un bruto, e nemmeno è da ritenersi come uno di coloro che, sebbene uomini, camminano nella vanità della loro mente, ottenebrati nell'intelligenza, fatti estranei alla via di Dio. ( Ef 4,17 )

Se fosse così, non potrebbe nemmeno pronunciare tali parole.

Non è infatti segno d'intelletto mediocre il sapere a chi ci si debba rivolgere per avere l'intelletto stesso.

E bisogna anche riflettere con quale profondità occorra penetrare i comandamenti di Dio, se è vero che uno che già li conosce e che ha detto di averli custoditi da tempo chiede che gli venga dato ancora l'intelletto per impararli.

4 - Illuminazione della mente e ministero degli Angeli

La frase dei nostri traduttori: Dammi l'intelletto è più concisa nel testo greco che ha: συνέτισον με.

Il greco cioè, con una sola parola ( συνέτισον ) esprime l'intera frase: Dammi l'intelletto, cosa che in latino rimane impossibile.

È come se in latino non esistesse il verbo " sanare " e per esprimersi bisognasse dire: Dammi la salute ( come nel nostro salmo è detto: Dammi l'intelletto ), ovvero: Fammi sano; al che nel nostro salmo corrisponderebbe: Fammi intelligente.

Tale opera potrebbe poi compierla anche un angelo, tanto è vero che fu un angelo a dire a Daniele: Io sono venuto per darti l'intelletto, ( Dn 10,14 ) dove nel testo greco è usato lo stesso nostro termine, cioè: συνετίσαί σε.

In tal caso il latino, preso alla lettera, corrisponderebbe a: Per darti la salute; mentre il greco leggerebbe: A sanarti.

Il traduttore latino non sarebbe ricorso alla perifrasi che gli fa dire: A darti l'intelletto, se, come può dire " sanarti " ( dalla radice " sanità " ), avesse potuto dire " intellettualizzarti " ( dalla radice " intelletto " ).

Ebbene, se anche un angelo può dare l'intelletto, per quale motivo il salmista sarà ricorso a Dio perché compisse lui stesso quell'opera?

Forse perché era stato Dio a comandare all'angelo che la compisse? Certamente.

È da intendersi infatti che Cristo aveva dato all'angelo quell'ordine, come attesta al riguardo il Profeta, il quale così afferma: Or avvenne che mentre io Daniele ero assorto in visione e ne ricevevo il significato, ecco mi si fece davanti come la sembianza d'un uomo.

E udii una voce umana, fra mezzo a Ulai, e gridò e disse: fagli intendere la visione. ( Dn 8,15-16 )

Nel testo greco anche in questo caso c'è il solito verbo συνέτισον, come nel nostro salmo.

Essendo dunque Dio luce, è lui stesso che illumina le menti dei devoti affinché comprendano le realtà divine che loro vengono annunziate o mostrate. ( Gv 1,4.9 )

Se poi a questo scopo egli si serve del ministero degli Angeli, vuol dire che anche l'angelo può in qualche modo agire nella mente umana affinché riceva la luce di Dio e mediante questa luce comprenda.

Tuttavia, dell'angelo si dice che dà all'uomo l'intelletto ( o, se mi è lecita la parola, lo intellettualizza ) nella stessa maniera che si dice " dar luce a una casa " o " illuminare una casa " parlando di uno che vi apra una finestra.

Quest'uomo evidentemente non la investe né rischiara con la sua propria luce, ma apre soltanto nelle pareti della casa uno squarcio dal quale penetra la luce che viene a illuminarla.

Ma c'è di più. Il sole stesso entra, è vero, per la finestra e illumina la casa, ma non ha creato né la casa né l'uomo che nella casa ha aperto la finestra.

Né è stato il sole che ha imposto a quel tale l'obbligo di costruirla né l'ha aiutato nel lavoro né ha contribuito in alcun modo all'apertura di quella finestra, attraverso la quale spande la sua luce nella casa.

Ben diversamente è di Dio. Egli ha creato la mente umana e l'ha fornita di razionalità ed intelletto, affinché potesse accogliere la sua luce.

Egli ha creato gli Angeli, dando loro la possibilità di compiere opere in aiuto della mente umana, al fine di renderla capace di ricevere la luce di Dio.

Egli aiuta poi la stessa mente umana nel ricevere l'azione degli Angeli, e quindi, con intervento suo personale la illumina affinché possa comprendere non solamente le cose che le vengono mostrate dalla Verità ma, a forza di progredire, riesca a penetrare la Verità stessa.

Abbiamo così esposto cose, penso, necessarie; ma l'esposizione è andata per le lunghe.

Chiudiamo quindi con questo il presente discorso, rimandando al prossimo la trattazione degli altri versi del salmo.

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