Esposizione dei Salmi |
Fra tutti i salmi intitolati Cantici dei gradini questo è l'unico a recare nel titolo un qualcosa di più, in quanto vi si aggiunge: Di Salomone.
Questa infatti è la sua iscrizione: Cantico dei gradini di Salomone.
È un titolo poco o nulla frequente tra i salmi consimili, per cui dobbiamo ricercare con diligenza perché vi sia stato aggiunto quel Di Salomone.
Riguardo all'espressione Cantico dei gradini, non occorrono ulteriori ripetizioni, avendone già io parlato spesso e copiosamente.
In essi risuona la voce dell'uomo che, pieno il cuore di pietà e d'amore, muove i passi verso la Gerusalemme celeste, la città che sospiriamo finché ne siamo esuli e dove ci allieteremo al termine del nostro pellegrinaggio.
Verso questa città ascende ogni uomo che progredisce; da lei si allontana e cade chiunque smette di progredire.
Non tentare però di salire muovendo i piedi, né credere che muovendo i piedi ne discenda: sali amando Dio, precipiti amando il mondo.
Questi salmi sono dunque il canto di persone innamorate, ardenti di santi desideri.
Coloro che li cantano ardono in cuore, e la fiamma del loro cuore si palesa anche nel loro comportamento esterno, nella loro buona condotta, nelle opere conformi ai comandamenti di Dio, nel disprezzo dei beni temporali e nell'amore per i beni eterni.
Mi limiterò a parlare alla vostra Carità - conforme mi ispirerà il Signore - sul motivo per cui nel titolo del salmo sia stata posta l'aggiunta: Di Salomone.
Storicamente Salomone fu figlio di David, un personaggio di rilievo ad opera del quale lo Spirito Santo arricchì la sacra Scrittura di numerose prescrizioni di santità e di molte massime salutari, dense di misteri divini.
Lo stesso Salomone s'invaghì poi di parecchie donne e per questo fu riprovato da Dio; anzi questa passione rappresentò per lui un laccio, al segno che, spinto da quelle donne, cominciò a offrire sacrifici agli idoli.
Così nei suoi riguardi ci informa la Scrittura. ( 2 Re 11,1ss )
Non si deve pensare tuttavia che, caduto lui, siano state invalidate anche le parole dette per sua bocca: la qual cosa significherebbe che erano state dette da lui e non da un altro per bocca di lui.
Magnifica pertanto fu anche in questo caso la misericordia di Dio e l'azione dello Spirito Santo, per cui quanto di buono fu detto da Salomone deve attribuirsi a Dio, mentre il peccato commesso dall'uomo ricade sull'uomo stesso.
E c'è da stupirsi che in seno al popolo di Dio sia caduto Salomone? Non cadde forse Adamo nel Paradiso?
E non cadde l'angelo nel cielo, divenendo diavolo?
Dalle quali vicende dobbiamo ricavare l'insegnamento che non si deve riporre la propria speranza in nessuno degli uomini.
Riguardo dunque al Salomone della storia, sappiamo che costruì il tempio in onore del Signore, prefigurazione e simbolo della Chiesa dei tempi nuovi: la quale è il corpo del Signore. ( 2 Re 6,1 )
Ne parla il Vangelo: Abbattete questo tempio e io in tre giorni lo riedificherò. ( Gv 2,19 )
Effettivamente, come il primo Salomone aveva costruito il tempio materiale, così il nostro Signore Gesù Cristo, il vero Salomone ( cioè il vero pacifico ), costruì a se stesso il suo tempio.
La parola Salomone significa infatti " pacifico ", e vero pacifico è colui del quale l'Apostolo dice: Egli è la nostra pace, egli che delle due realtà ne ha fatta una sola. ( Ef 2,14 )
Egli è il vero pacifico, che riunì in sé le due pareti, provenienti da direzioni opposte e ne divenne pietra angolare.
Prese il popolo dei credenti proveniente dalla circoncisione e il popolo pagano, o degli incirconcisi, divenuti anch'essi credenti, e dei due popoli fece un'unica Chiesa, della quale divenne la pietra angolare.
Veramente pacifico, dunque! e quindi vero Salomone.
Quanto all'altro Salomone, figlio di David e di quella donna ben nota che fu Bethsabea e re d'Israele, con la costruzione del tempio simboleggiava il nostro Pacifico; ( 2 Re 12,22 ) e proprio per mostrarti questa verità - affinché cioè tu non pensassi all'antico Salomone, costruttore della casa di Dio ma a questo secondo - la Scrittura così inizia il nostro salmo: Se il Signore non costruisce la casa, invano lavorano coloro che la costruiscono.
Chi dunque edifica la casa è il Signore: il Signore Gesù Cristo è colui che costruisce la sua casa.
Molti prestano la loro opera in questo lavoro di costruzione, ma se non interviene lui a costruire, invano lavorano i costruttori.
Chi sono i lavoratori impegnati nell'opera di costruzione?
Tutti coloro che nella Chiesa predicano la parola di Dio, tutti i ministri dei divini sacramenti.
Tutti lavoriamo con alacrità, tutti siamo costruttori, e prima di noi altri con la stessa alacrità hanno lavorato e costruito; ma, se il Signore non costruisce la casa, invano lavorano coloro che la costruiscono.
Non per nulla infatti, vedendo certuni andare a ruzzoloni, gli Apostoli ( e per l'esattezza Paolo ) dicevano: Voi osservate i giorni e gli anni e i mesi e le stagioni; temo d'aver lavorato inutilmente tra voi. ( Gal 4,10 )
Sapendo per esperienza personale che è il Signore a costruire interiormente, egli piangeva la sorte di costoro, in mezzo ai quali aveva lavorato inutilmente.
Ebbene, quando noi vi parliamo lavoriamo dal di fuori, mentre è Dio che costruisce dentro.
Noi possiamo controllare la vostra diligenza nell'ascoltarci; cosa poi vi passi in mente, può saperlo soltanto colui che legge i vostri pensieri.
È lui che edifica, che esorta e incute timore, che apre l'intelletto e volge alla fede il vostro sentire.
Come operai lavoriamo anche noi, ma se il Signore non costruisce la casa, invano lavorano coloro che la costruiscono.
La casa di Dio è anche la città [ di Dio ], e questa casa di Dio è il popolo di Dio.
Casa di Dio infatti è lo stesso che tempio di Dio.
E cosa dice l'Apostolo? Santo è il tempio di Dio, e questo tempio siete voi. ( 1 Cor 3,17 )
Tutti i fedeli sono dunque casa di Dio.
Non solamente coloro che vivono al presente ma anche coloro che vissero prima di noi e ora si sono addormentati [ nel Signore ]; e così pure quanti nasceranno in questo mondo sino alla fine dei tempi: schiera innumerevole di fedeli riuniti nell'unità, numericamente noti al Signore, come dice l'Apostolo: Il Signore conosce quelli che gli appartengono. ( 2 Tm 2,19 )
Grani divini che ora gemono tra la paglia ma che un giorno, quando l'aia sarà mondata, formeranno l'unica massa [ del buon frumento]. ( Mt 3,12 )
Ci riferiamo all'insieme dei fedeli, dei santi, che, da uomini come sono, saranno trasformati e resi simili agli angeli e a loro associati.
Quanto agli angeli, infatti, è vero che non sono esuli ma attendono che anche noi torniamo dall'esilio.
Ebbene, tutti questi eletti, presi nel loro insieme, formano l'unica casa di Dio e l'unica [ sua ] città: la città di Gerusalemme.
Questa città ha i suoi custodi: come ha i costruttori, cioè coloro che lavorano per innalzarla, così ha anche chi la custodisce.
Si riferiscono infatti alla custodia [ della casa di Dio ] le parole dell'Apostolo: Temo che come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia così anche le vostre menti vengano corrotte, perdendo quella castità che è in Cristo. ( 2 Cor 11,3 )
Custodiva coloro che governava; era un custode che vegliava su di loro come meglio poteva.
La stessa cosa fanno oggi i vescovi.
Se infatti al vescovo è allestito un seggio più elevato, è perché tocca a lui sorvegliare, cioè custodire, il popolo.
Difatti " vescovo " è un termine greco che in latino si dovrebbe rendere con " sorvegliante ", uno cioè che dal di sopra osserva e vede dall'alto.
Come al viticultore si costruisce un posto da cui possa custodire la vigna, così si costruisce in alto la sede episcopale.
Quando si sta in un posto elevato come questo, pericoloso comincia a diventare il rendiconto.
Occorre una tale disposizione che, sebbene collocati quassù, in virtù dell'umiltà ci sentiamo sotto i vostri piedi, e insieme preghiamo per voi, affinché colui che conosce i vostri sentimenti vi custodisca.
È vero infatti che noi possiamo osservarvi quando entrate e quanto uscite; ma è altrettanto vero che non possiamo scorgere i pensieri del vostro intimo, anzi nemmeno ci è dato vedere cosa facciate quando siete a casa vostra.
In che modo allora vi custodiamo? Da uomini: come cioè consentito alle nostre possibilità e dentro i limiti delle risorse [ da noi ] ricevute.
Ora, siccome noi vi custodiamo da uomini e quindi in maniera imperfetta, forse che voi resterete senza custode? Certo no.
Dov'è infatti colui del quale si dice: Se il Signore non custodisce la città, invano lavora colui che la custodisce?
Noi ci diamo da fare per custodirvi, ma sarebbe inutile ogni nostro lavoro se non vi custodisse colui che scruta i vostri pensieri.
Egli vi custodisce durante la veglia e durante il sonno.
Addormentatosi infatti una sola volta sulla croce, ne è risuscitato e ormai non dorme più.
Siate dunque un Israele, poiché il custode d'Israele non dormirà più né più prenderà sonno. ( Sal 121,4 )
Sì, fratelli! Se vogliamo essere custoditi all'ombra delle sue ali, facciamo in modo d'essere un Israele.
Quanto a noi, infatti, è vero che vi custodiamo in forza dell'ufficio affidatoci, ma vogliamo essere custoditi [ dall'alto ] insieme con voi.
Nei vostri confronti siamo come pastori, ma rispetto al sommo Pastore siamo delle pecore come voi.
A considerare il posto che occupiamo, siamo vostri maestri, ma rispetto a quell'unico Maestro, siamo vostri condiscepoli e frequentiamo la stessa scuola.
Se ci piace essere custoditi da colui che per amor nostro si umiliò e poi fu esaltato perché fosse nostro custode, siamo umili.
Nessuno si arroghi alcun bene, poiché ogni bene che abbiamo lo riceviamo da colui che è il solo buono.
Così, uno che volesse attribuire a se stesso la propria sapienza sarebbe uno stolto.
Si renda umile e verrà a lui la sapienza che lo illuminerà.
Se invece volesse considerarsi sapiente prima di ricevere la sapienza, farebbe come uno che si leva prima di giorno: camminerebbe nelle tenebre.
E qual è il monito di questo salmo? Vano è per voi levarvi prima della luce.
Cosa significa: Vano è per voi levarvi prima della luce?
Se vi levate prima che spunti la luce, dovrete per forza restare nella vanità, poiché sarete nelle tenebre.
La nostra luce è Cristo, il quale è risorto, ed è bene per te muovere i passi dietro a Cristo, non davanti a Cristo.
Chi sono coloro che si muovono davanti a Cristo? Coloro che preferiscono se stessi a Cristo.
E chi sono coloro che preferiscono se stessi a Cristo? Coloro che pretendono essere altolocati quaggiù dove egli fu umile.
Se pertanto desiderano la gloria là dove Cristo è glorificato, occorre che siano umili quaggiù.
Diceva infatti [ il Signore ] rivolto a coloro che si erano uniti a lui mediante la fede, tra i quali siamo anche noi se, come loro, crediamo in Cristo con purezza di cuore: Padre, voglio che quanti mi hai dati siano con me là dove sono io. ( Gv 17,24 )
Grande dono, miei fratelli! Grande grazia, grande promessa!
Chi infatti non vorrebbe essere con Cristo là dove è Cristo? Ma Cristo è ora glorificato.
Vuoi dunque essere là dove è Cristo nella gloria? Sii umile là dove egli fu umile.
In tal senso la stessa Luce diceva: Non c'è discepolo più grande del maestro né servo più grande del suo padrone. ( Mt 10,24 )
Quei discepoli che volevano essere al di sopra del Maestro e quei servi che volevano stare al di sopra del Padrone volevano levarsi prima della luce, ma erano incamminati verso la vanità, in quanto non seguivano la luce.
A costoro dice il nostro salmo: Vano è per voi levarvi prima della luce.
Tali erano i figli di Zebedeo, i quali, prima di umiliarsi conformandosi alla passione del Signore, già si sceglievano il posto dove assidersi: uno alla [ sua ] destra, l'altro alla [ sua ] sinistra.
Volevano levarsi prima della luce, e perciò erano sul cammino verso la vanità.
Ascoltando le loro intenzioni, il Signore li richiamò all'umiltà e disse loro: Potete bere al calice dal quale io berrò? ( Mt 20,21-22 )
Io sono venuto ad umiliarmi e voi volete precedermi sognando le altezze?
Dove cammino io, là occorre che mi seguiate - disse -; poiché se volete muovervi in una direzione diversa dalla mia, vano è per voi levarvi prima della luce.
Così anche Pietro. Si levò prima della luce quando osò dare al Signore il suggerimento di non patire per noi.
Gesù aveva parlato della sua passione, causa della nostra salvezza, e delle umiliazioni che l'avrebbero accompagnata: difatti egli patì e fu umiliato.
Ascoltando le parole con cui il Signore prediceva la sua prossima passione, Pietro restò esterrefatto, tanto più che poco prima l'aveva definito Figlio di Dio.
Temette che avesse davvero a morire e gli disse: Lungi da te questo, Signore!
Sia a te propizio Iddio! Non ti accadrà una cosa del genere. ( Mt 16,22 )
Voleva levarsi prima della luce e dare suggerimenti alla luce.
Ma cosa fece il Signore? Lo costrinse a levarsi dopo la luce.
Va' dietro a me, satana! ( Mt 16,23 )
Per questo sei satana perché vuoi levarti prima della luce.
Va' dietro a me, in modo che io preceda e tu segua.
Passa per la strada dove sono passato io; non pretendere di guidarmi là dove tu saresti contento d'andare.
Dice dunque il salmo a quanti volessero levarsi prima della luce: Vano è per voi levarvi prima della luce.
Quando allora dovremo levarci? Dopo essere stati umiliati.
Levatevi dopo d'essere stati seduti.
Il levarsi indica glorificazione, il sedersi indica umiltà.
È vero che in alcuni testi lo stare seduti indica l'onore connesso col potere giudiziario, ma in altri esprime umiltà.
Dove è da riferirsi all'onore dovuto al giudice? Sederete su dodici seggi a giudicare le dodici tribù d'Israele. ( Mt 19,28 )
Dove invece è da prendersi come indizio d'umiltà? All'ora sesta il Signore, stanco, si sedette presso il pozzo. ( Gv 4,6 )
La stanchezza del Signore è da identificarsi con la sua debolezza: la debolezza di chi è potenza e sapienza [ di Dio ]; e la sua debolezza è umiltà.
Se dunque lui si sedette a motivo della sua debolezza, il suo star seduto indica umiltà.
E fu proprio questo suo star seduto, cioè la sua umiltà, che ci ha salvati, poiché ciò che in Dio è debole è più forte degli uomini. ( 1 Cor 1,25 )
A questo proposito dice un salmo: Signore, tu mi conosci quando mi siedo e quando mi alzo; ( Sal 139,2 ) conosci cioè la mia umiliazione e la mia glorificazione.
Con che senno volete dunque essere esaltati prima della luce, o figli di Zebedeo?
Ci sia lecito parlare così e servirci del loro nome: tanto essi non si adireranno contro di noi!
Inoltre, se queste cose sono state scritte di loro, è perché gli altri evitassero la superbia della quale essi furono rimproverati.
Con che criterio, quindi, volete levarvi prima della luce? È vano per voi.
Volete essere glorificati prima di subire le umiliazioni? Ma lo stesso vostro Signore, lui che è la vostra luce, per essere esaltato fu prima umiliato!
Ascoltate cosa [ vi ] dice Paolo. Essendo di natura divina, non ritenne un'appropriazione indebita la sua uguaglianza con Dio. ( Fil 2,6 )
Perché non era un'appropriazione indebita? Perché egli era tale per natura: era nato nella condizione d'uguaglianza con colui che lo aveva generato.
Ma cosa fece? Per amor nostro egli si svuotò prendendo la forma di schiavo, e divenendo simile all'uomo e nel sembiante ritrovato come un uomo.
Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e morte di croce. ( Fil 2,7-9 )
Ecco il suo mettersi a sedere. Ascoltate ora il suo levarsi [ in piedi ].
Per questo, Dio lo esaltò e gli diede il nome che è sopra ogni altro nome.
E anche voi accorrete con alacrità al suono di quel nome.
Sì, levatevi pure, ma dopo d'essere stati seduti.
Voi volete levarvi, ma prima dovete mettervi a sedere.
Levandoti dalla prostrazione dell'umiltà giungerai al possesso del regno; se invece cercherai d'accaparrarti subito il regno, te lo giochi prima ancora di alzarti [ per conquistarlo ].
Diceva: Siete in grado di bere al calice da cui io berrò? Ed essi: Sì che lo siamo!
Rispose: In effetti berrete il mio calice, quanto però al sedervi alla mia destra o alla mia sinistra - aggiunse - non sta a me il darvelo, poiché il Padre mio l'ha destinato ad altri. ( Mt 20,22-23 )
Che significa: Non sta a me il darvelo? Non sono solito darlo ai superbi, e loro erano ancora superbi.
Se volete prendervi parte, smettete d'essere ciò che siete.
È stato destinato ad altri. Siate anche voi altri uomini ed esso sarà anche per voi.
Che vuol dire: Siate altri uomini? Voi che ambite a una gloria immediata accettate l'umiliazione.
E loro compresero i vantaggi che avrebbero conseguito attraverso l'umiltà e si ravvidero.
Così anche noi. Dobbiamo imparare la stessa lezione, poiché è proprio questo quanto ci dice il salmo con le parole: Alzatevi dopo essere stati seduti.
Qualcuno potrebbe creder e che lo star seduto rappresenti un privilegio, un onore, mentre il salmo chiaramente vuol dimostrare che è un segno di umiltà.
Nessuno pertanto deve pensare che gli si ordini di sedere per giudicare o desinare e divertirsi, ripromettendosi quindi un successo per la propria superbia.
Per sottolineare l'umiltà, eccolo quindi aggiungere: Voi che mangiate il pane del dolore.
Mangiano il pane del dolore coloro che gemono nell'esilio terreno.
Essi sono nella valle del pianto, e Dio opera le ascensioni nel loro cuore.
Ma dov'è che le opera? Dice: Ha operato delle ascensioni nel suo cuore. ( Sal 84,6 )
Chi? Dio. E siccome queste ascese sono nel cuore, per questo cantano il cantico dei gradini.
Umiliamoci in questo mondo e ascenderemo. In che modo? Col cuore.
E siccome l'ascesa riguarda il cuore, muove dalla valle del pianto.
Dice: Nella valle del pianto. ( Sal 84,7 )
I monti si sollevarono, le valli restarono sedute.
Si chiamano infatti valli le parti più basse della superficie terrestre.
Le parti alte si chiamano colline, che però sono meno alte dei monti: col quale nome si indicano le zone della terra che raggiungono un'altezza notevole.
È un indizio - piccolo, se volete - il non aver detto: Levatevi dall'alto della collina, e nemmeno: Da sopra la pianura; ma: Dalla valle, cioè da un posto più basso della stessa pianura.
Tu dunque ti trovi nella valle del pianto, dove tuo cibo è il pane del dolore.
Per questo dici: Le mie lacrime sono diventate mio pane di giorno e di notte mentre ogni giorno mi si dice: Dov'è il tuo Dio? ( Sal 42,4 )
Buono è in tal caso il tuo levarti, perché stavi [ veramente ] seduto.
Il salmo sembra supporre che tu gli chieda: Ma quando ci leveremo?
Ora ci si comanda di sedere: quando avverrà la nostra esaltazione? Quando avvenne quella del Signore.
Mira colui che ti ha preceduto, poiché, se ricuserai di guardare a lui, sarebbe vano per te il levarti prima della luce.
Quando dunque fu glorificato il Signore? Dopo morto.
Anche per te dunque ripromettiti la glorificazione dopo la morte.
Attendila per il giorno della resurrezione dei morti, perché anche lui ascese dopo risorto.
Ma dove dormì? Sulla croce.
Quando si addormentò sulla croce fungeva da simbolo, anzi adempiva quanto era stato prefigurato in Adamo.
Mentre Adamo dormiva, gli fu sottratta una costola e ci si formò Eva. ( Gen 2,21-22 )
Così il Signore. Mentre dormiva sulla croce, gli fu trapassato il fianco dalla lancia e ne scaturirono i sacramenti con i quali s'è costituita la Chiesa. ( Gv 19,34 )
Anche la Chiesa infatti, sposa del Signore, trae origine dal suo fianco, come Eva era stata presa dal fianco [ di Adamo ].
E come questa fu tratta dal fianco dell'uomo addormentato, così anche la Chiesa non ebbe altra origine che il fianco di Cristo morto.
Il tuo Signore, dunque, non risorse se non dopo la morte; e tu vorresti pretendere una glorificazione prima che finisca la vita presente?
Làsciati istruire dal salmo.
Supponendo che tu gli vada a domandare: Ma quando mi leverò? forse prima che sia stato seduto? ti risponde: Quando avrà dato il sonno ai suoi amici.
Iddio concederà questo dono ai suoi amici, ma dopo che si saranno addormentati.
Allora si leveranno gli amici di lui, cioè di Cristo.
Tutti infatti risorgeranno, ma non tutti come i suoi amici.
La resurrezione dei morti, in altre parole, sarà un fatto universale, ma cosa dice l'Apostolo?
È vero che tutti risorgeremo, ma non tutti saremo trasformati. ( 1 Cor 15,51 )
Gli altri risorgeranno per il castigo, noi risorgeremo della stessa resurrezione del Signore nostro, per seguire lui che è il nostro capo, sempre che noi ne siamo le membra.
Se pertanto siamo sue membra, siamo anche suoi amici e ci attende la stessa resurrezione che già s'è attuata nel Signore.
La luce è sorta prima di noi, noi sorgeremo dietro la luce.
Vano infatti sarebbe per noi volerci levare prima della luce, ambire cioè le altezze [ della gloria ] prima di passare per la morte, dal momento che nemmeno Cristo, nostra luce, fu glorificato nella carne prima di morire.
Divenuti, dunque, sue membra e, fra le sue membra, i suoi prediletti, noi risorgeremo dopo che saremo caduti nel sonno, cioè nella resurrezione dei morti.
Uno solo infatti è finora risorto per non più morire.
Risorse Lazzaro, ma per morire di nuovo; ( Gv 11,44 ) risorse la figlia dell'archisinagogo, ma per morire di nuovo, ( Mt 9,25 ) come per morire di nuovo risorse quel figlio della vedova. ( Lc 7,15 )
Solo Cristo risorse per non morire mai più.
Ascolta l'Apostolo: Cristo, risorto dai morti, più non muore; la morte non avrà più alcun dominio su di lui. ( Rm 6,9 )
Spera per te una resurrezione di questo genere; e in vista di ciò sii cristiano, non per conseguire una felicità che potresti raggiungere su questa terra.
Se infatti volessi essere cristiano per la felicità della vita presente, saresti uno che pretende levarsi prima della luce, poiché la tua luce, Cristo, non ambì una felicità terrena.
E necessariamente rimarresti nelle tenebre.
Cambia rotta, segui la luce. Inizia a levarti dallo stesso posto da cui è risorto lui.
Ma prima mettiti seduto, e così potrai levarti quando avrà dato il sonno ai suoi amici.
Suppone che tu insista ancora nella domanda: Chi sono questi amici?
Ecco, eredità del Signore [ sono ] i figli, ricompensa del frutto del ventre.
Dicendo: Frutto del ventre, significa che parla di figli già nati.
C'è una donna nella quale spiritualmente si avverano le parole dette ad Eva: Partorirai fra le doglie. ( Gen 3,16-20 )
Difatti la Chiesa, sposa di Cristo, genera figli e, se li genera, li partorisce.
Tant'è vero che Eva, appunto perché ne era il simbolo, fu chiamata madre dei viventi.
Membro della Chiesa partoriente era colui che affermava: Figlioletti miei, che io di nuovo partorisco finché Cristo non sia formato in voi. ( Gal 4,19 )
Né ha partorito o generato senza successo: la stirpe santa si paleserà nella resurrezione, e saranno innumerevoli i giusti che ora vivono sparsi per tutta la terra.
Adesso la Chiesa geme per causa loro, mentre li partorisce; nella resurrezione dei morti invece apparirà in piena luce la fecondità della Chiesa, e finiranno il dolore e il gemito.
E cosa si dirà? Ecco, eredità del Signore [ sono ] i figli, ricompensa del frutto del ventre.
Del frutto, non " il frutto ". [ Ci sarà ] una mercede del frutto del ventre.
Quale sarà questa ricompensa? Risorgere dai morti.
Quale sarà questa ricompensa? Alzarti dopo d'essere stato seduto.
Quale sarà questa ricompensa? Allietarti dopo aver mangiato il pane del dolore.
Di qual ventre sono frutto questi figli? Della Chiesa.
Di lei era simbolo Rebecca, nel cui ventre litigavano quei due gemelli che rappresentavano due popoli. ( Gen 25,22-23 )
Un'unica madre portava in grembo due fratelli, che, prima ancora di nascere, stavano in discordia fra loro.
Con le loro discordie interne urtavano contro le pareti del grembo materno, e la madre, mentre subiva la loro violenza, gemeva; ma, nel darli alla luce, operò quella separazione fra i due gemelli che incinta aveva tollerati.
Così, fratelli, accade anche adesso.
Finché le è riservato il gemito, finché è nel tempo del parto, la Chiesa contiene nel suo seno i buoni e i cattivi.
Frutto del ventre però era Giacobbe, a cui la madre riservò il suo amore, e del quale Dio disse: Ho amato Giacobbe, mentre ho avuto in odio Esaù. ( Ml 1,2-3; Rm 9,13 )
Nacquero tutt'e due da una stessa madre, ma uno meritò l'amore, l'altro la riprovazione.
In questi amati [ da Dio ] è da riscontrarsi il frutto di lei.
Per cui [ è detto ]: La ricompensa del frutto del ventre.
Come le frecce in mano al potente, così i figli degli sbattuti.
Quale origine ebbe infatti, o fratelli, questa eredità?
Come divenne così numerosa che alla fine si dovrà dire di lei: Ecco, eredità del Signore [ sono ] i figli, ricompensa del frutto del ventre?
Ci furono certuni che vennero scagliati come frecce dalla mano del Signore, e si spinsero lontano e riempirono la terra facendola pullulare di santi.
Si tratta di quell'eredità di cui è detto: Chiedimelo e io ti darò in eredità le genti e in possesso i confini della terra. ( Sal 2,8 )
Ma come fa, questo " possesso ", a crescere tanto da estendersi fino all'estremità della terra?
Quando le frecce vengono scoccate dall'arco, quanto maggiore è la forza con cui le si scaglia tanto maggiore è la distanza che raggiungono.
Ora c'è qualcosa che superi in forza il Signore, nel caso che scagli delle frecce?
Sì, veramente, è stato il Signore a mandare gli Apostoli, scagliandoli per mezzo del suo arco, per cui non ci poteva essere lembo [ della terra ] non raggiunto dalle frecce scagliate da mano tanto robusta.
Esse pervennero agli estremi confini della terra e se non li oltrepassarono, fu solo perché fuori della terra non c'erano uomini.
Tanta infatti è la potenza del divino arciere che, se al di fuori del nostro mondo ci fosse stato qualcosa da raggiungere con le sue frecce, ve le avrebbe certo scagliate.
Quanto ai figli degli " sbattuti ", essi sono da intendersi nello stesso senso come quegli altri che furono scagliati per primi.
Intorno a questa parola fecero delle ricerche i trattatisti che ci hanno preceduto: i quali si chiesero perché siano stati chiamati figli degli sbattuti e chi siano questi figli degli sbattuti.
Certuni, come ho detto, furono dell'avviso di identificare i figli degli sbattuti con i figli degli Apostoli.
Voglia prestarmi ancora attenzione la vostra Carità.
Ci si chiedeva perché agli Apostoli sia stato dato il nome di " sbattuti ", e a quest'interrogativo - si diceva - certuni hanno pensato che il nome " sbattuti " dipenda dal precetto loro dato dal Signore allorché diceva: Quando uscirete da una città nella quale non vi ascoltano, scuotete la polvere dai vostri piedi. ( Mt 10,14 )
Alla quale spiegazione un altro ha replicato che, ammesso ciò, li si sarebbe dovuti chiamare non figli degli sbattuti ma " di coloro che sbattono".
Dicendo loro infatti di scuotere la polvere dai piedi, il Signore li voleva attivi nello scuotere e non passivi, come chi è sbattuto.
Colui che nei suoi trattati diceva così voleva, con il suo sottilizzare, contraddire in certo qual modo la spiegazione precedente.
Quanto a noi, con l'aiuto del Signore, abbiamo voluto ricercare come il nome di " sbattuti " possa giustamente applicarsi anche a coloro ai quali dal Signore fu detto: Scuotete la polvere dai vostri piedi, e abbiamo riscontrato che non si tratta di cose assurde.
Si tratta infatti di persone che, mentre compivano l'azione di sbattere qualcosa, questa azione ricadeva su di loro stessi.
Voglio dir questo: quando uno scuote, o scuote se stesso o qualche altro oggetto.
Se scuote una cosa diversa da sè, scuote e non è scosso; mentre se scuote se stesso, è nello stesso tempo la persona che scuote e che viene scossa.
Statemi attenti! Voglio rendermi più accessibile, se ce la farò.
Uno che scuote un'altra cosa compie l'azione di scuotere ma non la riceve; chi al contrario viene scosso da un altro riceve l'azione dello scuotere ma non la compie.
Uno poi che scuote se stesso è nello stesso tempo l'autore dell'azione, in quanto è lui che scuote, e il termine dell'azione stessa, perché è lui che, sia pure da se stesso, viene scosso.
Ci si domanda dunque chi siano stati ad essere scossi dagli Apostoli.
Certamente loro stessi, poiché essi scossero la polvere dai loro piedi.
Che se qualcuno volesse insistere sul fatto che gli Apostoli non sbatterono se stessi ma la polvere, risponderemmo che è un'asserzione apertamente calunniosa.
In due sensi infatti noi usiamo la parola "sbattere": per indicare ciò che si sbatte e anche ciò da cui si sbatté un qualcosa.
Diciamo, ad esempio, che è sbattuta la polvere ma anche che è sbattuto un vestito.
Si prende in mano un vestito e lo si sbatte per liberarlo dalla polvere che vi si era infiltrata.
Cosa dici di tal polvere? Che viene sbattuta. E del vestito cosa dici? Che viene sbattuto.
Se dunque si dice sbattuta tanto la cosa che viene fuori a forza di sbattere quanto l'oggetto da cui viene fuori ciò che vi si era appiccicato, si può dire anche che la polvere viene sbattuta; e in tal modo anche gli Apostoli furono degli " sbattuti " [ per il mondo ].
E se così stanno le cose, perché non chiamare figli degli sbattuti i figli degli Apostoli?
C'è però un'altra spiegazione su cui non si deve sorvolare.
Potrebbe darsi infatti che la frase sia stata redatta in forma oscura proprio al fine di ingenerare [ nel lettore ] molti significati.
Scoprendo una verità occulta ma suscettibile d'essere intesa in più modi, gli uomini ne sarebbero risultati più istruiti che non trovando una verità manifesta e quindi univoca.
La parola " sbattere " è usata anche nel caso che un qualche oggetto venga sbattuto per farne uscire ciò che vi si nasconde dentro.
Una cosa è infatti sbattere un vestito per spolverarlo, un'altra è scuotere un sacco per farne uscire l'eventuale contenuto.
Ora io nelle mie possibilità vorrei, o fratelli, intendere come figli degli sbattuti gli stessi Apostoli, in quanto figli dei profeti.
I profeti infatti contenevano sacramenti occulti e impenetrabili. Furono sbattuti e ne uscirono verità manifeste.
Supponete che un profeta abbia detto, come in realtà ha detto, parole di questo genere: Il bue ha conosciuto il suo padrone e l'asino la stalla del suo proprietario; Israele invece non mi ha conosciuto. ( Is 1,3 )
È un esempio di profezia che m'è venuto in mente per primo e ho voluto dirvelo; se me ne fosse venuto un altro, vi avrei citato quest'altro.
Di fronte a tali parole profetiche, l'uditore profano penserebbe subito all'asino, al bue, o agli altri animali e quadrupedi che conosce, e succederebbe come quando una cosa è racchiusa in un involucro: si palpa l'esterno di questo involucro ma si ignora cosa vi sia contenuto.
Il bue e l'asino sono simboli. E cosa si dice all'uomo voglioso di proferire la sua sentenza? Aspetta un pochino!
È ancora chiuso nell'involucro ciò che tu tocchi: sbatti l'involucro!
Il profeta sotto l'ombra di quei nomi ha celato altre realtà, è si riferisce a un altro, non so quale, asino e a un altro bue.
Riferito al popolo di Dio, l'asino è, simbolicamente, la cavalcatura di Dio che reca in sella il Signore, il quale impedisce al popolo di smarrirsi per via.
Quanto al bue, potrebbe essere quello di cui dice l'Apostolo: Non metterai la museruola al bue che trebbia, e ancora: Forse che Dio si interessa dei buoi?
Ma nella Scrittura se ne parla in riferimento a noi. ( 1 Cor 9,9-10 )
Ogni predicatore della parola di Dio pertanto, mentre ammonisce rimprovera spaventa, trebbia sull'aia [ del Signore ] compiendo lo stesso lavoro che compie il bue.
Il bue iniziò a muovere i passi nel popolo giudaico, poiché da lì vennero quegli annunziatori del Vangelo che furono gli Apostoli; l'asino invece proveniva di fra mezzo agli incirconcisi, cioè dal mondo pagano, e venne per portare il Signore.
Non per nulla infatti il Signore si sedette su un asino che fino allora non aveva portato alcun uomo: nel senso cioè che ai pagani non erano stati dati né la legge né i profeti.
Conobbe dunque il bue il suo padrone e l'asino la stalla del suo proprietario ( Is 1,3 ) in quanto il nostro Signore Gesù Cristo volle diventare nostro cibo e nella sua nascita venne deposto in una mangiatoia.
Ma tutte queste constatazioni sarebbero forse venute fuori se non si fosse sbattuto il sacco?
Era una profezia molto avviluppata, e se non la si fosse sbattuta con diligenza in tempi posteriori, forse che il contenuto ivi celato sarebbe giunto a noi?
Prima della venuta del Signore queste cose erano tutte racchiuse [ nel mistero ].
Venne il Signore e scosse il sacco che conteneva tutte quelle verità occulte, sicché divennero manifeste.
Furono sbattuti i profeti e ne nacquero gli Apostoli, ai quali, in quanto nati dai profeti, sottoposti a delle battiture, si addice bene il nome di figli degli sbattuti.
Essi vennero a trovarsi in mano dell'Onnipotente e, simili a dardi, raggiunsero gli estremi confini della terra.
Per cui alla fine si potrà dire: Ecco, eredità del Signore [ sono ] i figli, ricompensa del frutto del ventre.
E intanto questa eredità viene radunata dagli estremi confini della terra in quanto come le frecce in mano a un potente, così i figli degli sbattuti.
In altre parole: gli Apostoli, figli dei profeti, furono come dardi in mano dell'Onnipotente.
Se chi tendeva l'arco era potente, lo scoccò con forza, e se lo scoccò con forza, le persone che egli lanciò con l'arco evidentemente raggiunsero le più remote plaghe della terra.
Beato l'uomo che con tali cose colma la sua brama.
Attenzione, fratelli! Chi è l'uomo che con tali cose colma la sua brama?
Colui che non ama il mondo presente: poiché quando uno è pieno di desideri mondani non c'è modo che gli entri in cuore quanto da loro predicato.
Vomita ciò che hai dentro, se vuoi diventar capace di avere ciò che non hai.
E mi spiego. Tu desideri le ricchezze, ma è impossibile che con le ricchezze tu colmi le tue brame.
Desideri gli onori terreni e certe altre cose che Dio distribuisce anche ai bruti, come ad esempio il piacere materiale, la salute corporale e cose di questo genere; ma non sarà con tali espedienti che riuscirai a colmare il tuo desiderio.
Se al contrario, a somiglianza del cervo, desideri la fonte delle acque, ( Sal 42,2 ) se puoi dire [ con verità ]: La mia anima anela e si strugge desiderando gli atri del Signore ( Sal 84,3 ), per tale via riuscirai ad appagare la tua brama.
E questo non perché quelle tali persone siano esse stesse in grado di appagarla, ma perché, attraverso la loro imitazione, raggiungi colui che è stato capace di saziare anche la loro brama.
Non sarà confuso quando dovrà parlare con i suoi nemici sulla porta.
Fratelli, parliamo pure presso la porta, cioè facciamo in modo che tutti conoscano quel che diciamo.
Chi si rifiuta di parlare presso la porta vuole che restino celate le sue parole, e ciò, facilmente, perché si tratta di cose cattive.
Se è sicuro [ di quanto dice ], parli presso la porta, conforme asserisce la Sapienza: Egli parla coraggiosamente sulle porte della città. ( Pr 8,3 )
Finché ci si conserva nella giustizia e nell'innocenza non si dovrà arrossire, e questo è parlare presso la porta.
Ora chi è l'uomo che parla presso la porta? Colui che predica nel nome di Cristo, il quale è la porta per la quale entriamo nella santa città.
Sarei nel falso se egli non avesse affermato: Io sono l'uscio. ( Gv 10,9 )
Se è uscio, è anche porta. Quando infatti diciamo " uscio ", pensiamo alla porta di casa, ma di una città l'uscio si chiama propriamente porta, così come la porta di casa si chiama propriamente uscio.
Ma probabilmente non sarebbe esatto parlare di porta, se a quella casa non convenisse anche il nome di città.
Invece poc'anzi sono state affermate tutt'e due le cose.
Se il Signore - si diceva - non costruisce la casa, invano lavorano i costruttori; e perché, sentendo menzionare questa casa, tu non pensassi che si tratti d'una cosa minuscola, eccolo proseguire: Se il Signore non custodisce la città, invano s'affatica il custode.
Pertanto, quella che è casa è nello stesso tempo anche città; e quindi, come casa, ha l'uscio, come città, ha la porta.
E uscio della casa e porta della città è Cristo; e se Cristo è la porta della città, non patisce vergogna colui che, aderendo a Cristo, predica in conseguenza.
Se viceversa uno volesse predicare cose contrarie a Cristo, gli verrebbe chiusa in faccia la porta.
Chi sono coloro che predicano in contrapposizione con Cristo?
Coloro che negano avere l'Onnipotente scagliato delle frecce che sono giunte fino alle estremità della terra, costituendovi l'eredità del Signore, di cui è detto: Chiedimelo, e io ti darò le genti come tua eredità, come tuo possesso gli [ estremi ] confini della terra. ( Sal 2,8 )
Sono cose annunciate e credute già prima che accadessero; e ci sono quelli che non le vogliono credere nemmeno ora che sono un fatto compiuto.
Questi propagatori di dottrine contrarie a Cristo si collocano fuori della porta, in quanto cercano la propria gloria e non quella di Cristo.
Viceversa il predicatore che rimane presso la porta cerca la gloria di Cristo, non la propria, e le parole di questo predicatore vicino alla porta suonano così: Non riponete in me la vostra fiducia, poiché non è per me ma per la porta che entrerete [ nell'ovile ].
Quanto invece agli altri che s'adoperano perché gli uomini ripongano in loro tutta la fiducia, non gradiscono che gli uomini entrino per la porta: per cui niente di strano che la porta venga loro chiusa in faccia e picchino inutilmente affinché loro la si apra.
Fratelli, siate presenti di buon grado [ alle nostre istruzioni ], anche in vista del discorso di domani, che, secondo la nostra promessa e con l'aiuto del Signore, vi terremo sul brano evangelico della colomba.
Ve l'abbiamo promesso nel nome del Signore, e con l'aiuto della sua misericordia manterremo la promessa.
Intanto pregate per noi affinché siamo in grado di soddisfare [ il debito ] e non risultare faciloni nel promettere.
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