Esposizione dei Salmi |
Procedendo con ordine nelle nostre esposizioni sui salmi siamo giunti, come ricordate, al salmo 126.
È uno della serie intitolata Cantici dei gradini, quindi è, come ben sapete, la voce di persone che salgono.
Dove salgono, se non verso la, Gerusalemme celeste che è la madre di noi tutti? ( Gal 4,26 )
Essendo una città celeste, è anche una città eterna; e di essa la Gerusalemme terrena fu semplicemente una figura.
Se, pertanto, l'una fu abbattuta, l'altra resta; se l'una ha esaurito la sua missione rappresentativa nel tempo, l'altra perpetua nell'eternità la propria missione di salvezza.
Finché restiamo in vita noi siamo esuli da questa città e ritornarvi forma il nostro sospiro, miseri e sventurati come siamo finché non l'avremo raggiunta.
Gli angeli, nostri concittadini, non ci hanno lasciato soli nell'esilio; anzi ci hanno preannunziato la venuta del nostro Re.
Difatti egli venne a noi, ma fu accolto con disprezzo da noi che, in seguito, avremmo dovuto condividere gli stessi disprezzi.
Disprezzato ci insegnò a ricevere il disprezzo.
Sopportando con pazienza egli ci insegnò a pazientare.
Affrontando la morte, ci insegnò a morire, e con la sua resurrezione ci diede un pegno della nostra resurrezione, mostrando in se stesso ciò che dobbiamo sperare.
Se pertanto, o miei fratelli, gli antichi profeti, nostri padri [ nella fede ] vissuti prima dell'incarnazione del Signore Gesù Cristo, sospiravano verso quella [ superna ] città, quali non dovranno essere i nostri desideri per il cielo, dove Cristo ci ha preceduti e da cui mai si era allontanato?
Venendo infatti fra noi, il Signore non abbandonò gli angeli: restò fra loro, pur venendo da noi.
Restò fra loro nello splendore della sua gloria [ divina ], mentre venne a noi rivestendosi di carne.
Ma noi dove eravamo? Se diamo a lui il nome di Redentore, vuol dire che noi eravamo dei prigionieri.
Prigionieri in qual posto, per cui egli dovesse venire da noi e liberarci?
Dove eravamo relegati? Forse tra i barbari?
Peggiori dei barbari sono il diavolo e i suoi angeli, e costoro tenevano prigioniera l'umanità.
Per redimerci da questi nemici Cristo ha dato, non oro e argento, ma il suo stesso sangue.
Se vogliamo sapere in che modo l'uomo cadde prigioniero interroghiamo l'apostolo Paolo.
Egli più d'ogni altro geme in tale prigionia e sospira verso l'eterna Gerusalemme, sicché è in grado d'insegnarci come debba gemere chi è animato dallo Spirito, se lo stesso Spirito animava lui e gli strappava dei gemiti.
Dice infatti: Tutta la creazione è nel gemito e soffre dolori fino ad oggi.
E ancora: La creatura è sottoposta alla vanità, non perché l'abbia voluto lei ma a motivo di chi ve l'ha assoggettata nella speranza. ( Rm 8,20 )
Chiama "ogni creatura" gli uomini che, sebbene avviati alla fede, tuttavia non credono ancora e che egli vede gemere in mezzo ai disagi.
Ma si tratta veramente solo di questi, sicché nei credenti la creatura non geme più né è più fra i dolori del parto?
Ascoltiamo come prosegue: Né solo costoro, ma anche noi, pur avendo le primizie dello Spirito, cioè noi che nello Spirito adoriamo Dio, che interiormente abbiamo abbracciato la fede in Dio e mediante questa fede abbiamo offerto a Dio una specie di primizia a cui seguiranno quelle altre primizie che siamo noi stessi.
Ebbene, anche noi gemiamo nel nostro intimo in attesa dell'adozione a figli, cioè della liberazione del nostro corpo. ( Rm 8,23 )
Gemeva l'Apostolo e, come lui, gemono tutti i fedeli che attendono l'adozione a figli e la redenzione del loro corpo.
Dove gemono? Nella mortalità in cui si trovano.
E qual è la liberazione che attendono? Quella del loro corpo, anticipata nella persona del Signore, risorto da morte e asceso al cielo.
Finché non s'avverano queste promesse, dobbiamo gemere e ciò anche se abbiamo la fede e la speranza.
È quanto afferma, proseguendo, il testo di Paolo.
Difatti dopo le parole: Anche noi gemiamo nel nostro intimo in attesa dell'adozione a figli, cioè della liberazione del nostro corpo, suppone che gli venga rivolta, su per giù, questa obiezione: " Che vantaggio ti ha arrecato il Cristo se ancora hai da gemere "?
O anche: " In che senso ha operato la tua salvezza il Salvatore "? poiché è vero che chi geme si trova ancora nella malattia.
Prosegue e risponde: [ Questo avviene ] perché siamo stati salvati nella speranza.
Ora la speranza, se la si vede, non è speranza: come si fa infatti a sperare nelle cose che si vedono?
Se al contrario speriamo ciò che non vediamo, occorre aspettarlo con pazienza. ( Rm 8,24-25 )
Ecco perché gemiamo e in che senso gemiamo: perché aspettiamo ciò che forma l'oggetto delle nostre speranze ma non lo possediamo ancora.
In attesa di possederlo, finché siamo nel tempo, viviamo nel sospiro, e questo perché non possediamo quel che desideriamo.
Perché questo? Perché siamo stati salvati [ ma ] nella speranza.
È vero infatti che la carne che il Signore assunse prendendola da noi è stata salvata, e non solamente nella speranza ma nella realtà: risorse infatti e salì al cielo.
Per cui anche la nostra carne è stata salvata nella persona del nostro Capo, sebbene nella persona delle membra deve essere ancora salvata.
Godano però le membra e stiano sicure: il Capo non le ha abbandonate.
Pur lasciandole fra i disagi, ha loro assicurato: Ecco io sarò con voi sino alla fine del mondo. ( Mt 28,20 )
Per questo motivo ci siamo convertiti a Dio.
Prima infatti non avevamo speranza se non in cose mondane, da cui potevamo ricavare solo schiavitù e miseria; anzi doppia miseria, in quanto riponevamo la speranza nella vita presente e, protesi verso le cose del mondo, volgevamo le spalle a Dio.
Da quando invece il Signore operò la nostra conversione, abbiamo cominciato a camminare verso Dio e abbiamo volto le spalle al mondo, e, sebbene, siamo ancora per via, tuttavia siamo orientati verso la patria.
Non ci mancano le tribolazioni, ma siamo nella rotta giusta e abbiamo il legno [ della croce ] che ci sorregge.
Il vento è, a volte, impetuoso, ma è anche un vento favorevole: è un vento che, pur sconquassandoci, tuttavia ci fa avanzare rapidamente e rapidamente ci conduce al porto.
Si era, dunque, prigionieri e si gemeva nella schiavitù: gemito che esperimentano anche coloro che hanno abbracciato la fede.
Le cause del nostro asservimento non le ricordavamo più, ma venne la Scrittura a rammentarcele.
Interroghiamo l'apostolo Paolo e lasciamo che ci risponda: Noi sappiamo che la legge è spirituale, mentre io sono un uomo carnale, venduto in potere del peccato. ( Rm 7,14 )
Ecco come siamo divenuti prigionieri: per essere stati venduti in potere del peccato.
Ma chi ci ha venduti? Noi stessi, quando consentimmo al seduttore.
Fummo capaci di venderci, ma non eravamo poi capaci di redimerci.
Ci vendemmo consentendo al peccato; siamo redenti mediante la fede che giustifica.
Per noi, per il nostro riscatto, è stato versato un sangue innocente.
Il demonio si accanì più volte a perseguitare uomini giusti fino a versarne il sangue; ma com'era questo sangue?
Era sangue di persone giuste: egli versò il sangue dei profeti, dei nostri padri [ nella fede ], dei giusti, dei martiri; tutti costoro però provenivano da una stirpe peccatrice.
Una sola volta egli versò il sangue di uno che non era stato giustificato ma era nato nella giustizia, e con quell'unico spargimento di sangue perse tutti i suoi prigionieri.
Fu versato per gli uomini un sangue innocente ed essi furono riscattati.
Volgendo le spalle al luogo della loro prigionia, cantano il salmo seguente.
Quando il Signore richiamò [ in patria ] i deportati di Sion, noi fummo come consolati.
Intende dire: noi ci rallegrammo. Quando ci rallegrammo?
Quando il Signore richiamò [ in patria ] i deportati di Sion.
Quale Sion? Gerusalemme, la Sion eterna.
Ma come questa Sion può essere insieme eterna e prigioniera?
È eterna negli angeli, è prigioniera negli uomini.
Non è detto infatti che i figli di quella città siano tutti prigionieri: sono prigionieri quelli che ne sono esuli.
L'uomo è cittadino di Gerusalemme, ma, vendutosi in potere del peccato, ne è divenuto esule, e l'umanità intera, traendo origine da quel [ primo ] uomo, costituisce la Sion prigioniera che popola la terra.
Ma in che senso questa prigionia di Sion potrà essere figura della Gerusalemme celeste?
L'immagine sta nella riconquista di quella Sion [ terrena ] da parte dei giudei: fu un simbolo, una figura, il fatto che quel popolo, deportato in Babilonia, dopo 70 anni poté tornare in patria. ( Ger 25,11; Ger 29,10; Esd 1,1 )
I 70 anni significano la totalità del tempo, in quanto questo si svolge nel periodo di sette giorni.
Trascorso completamente il tempo, torneremo anche noi alla nostra patria, come il popolo ebraico dopo 70 anni tornò dalla cattività babilonese.
Babilonia, infatti, raffigura il mondo presente: il suo nome significa " confusione ", e vedete se non sia una confusione tutta la vita dell'uomo.
Nella sua attività spesso egli è guidato da varie speranze, tanto che, quando riflette sulle proprie azioni, arrossisce.
Per qual motivo, infatti, lavora? Per chi lavora? Risponde: Per i miei figli.
E questi figli? Per i loro figli. E questi a loro volta? Per i loro figli.
Dunque nessuno lavora per se stesso.
Da questa confusione si erano allontanati coloro ai quali dice l'Apostolo: Che gloria conseguiste compiendo le cose di cui ora vi vergognate? ( Rm 6,21 )
È dunque " confusione " tutta la vita presente quando è circoscritta nell'ambito delle cose umane e non è riferita a Dio.
In tale confusione, in tale Babilonia, è imprigionata la città di Sion, ma il Signore richiama i prigionieri di Sion.
Noi fummo - dice - come consolati.
Cioè: godemmo come ricevendo consolazione.
La consolazione ha luogo fra gli sventurati, fra la gente che geme e piange.
Perché dice: Come consolati, se non perché continuiamo a gemere?
Anche se consolati nella speranza, di fatto gemiamo.
Solo quando sarà cessata la condizione presente, dal gemito si passerà al godimento eterno, dove non ci sarà bisogno di consolazione poiché non saremo afflitti da alcuna miseria.
Ma, perché dice [ il salmo ]: Come consolati e non semplicemente: Consolati?
Non tutte le volte che si usa il "come" lo si usa per indicare un paragone.
A volte diciamo "come" pur volendo indicare una proprietà essenziale [ del soggetto ], mentre altre volte intendiamo un semplice raffronto.
Qui nel nostro caso è, chiaro il riferimento a una proprietà.
Per facilitarvi la comprensione, voglio farvi degli esempi tratti dal linguaggio ordinario della gente.
Quando diciamo: Come fu il padre, così è ora il figlio, il " come " è usato per esprimere un paragone.
E ancora ha valore comparativo nella espressione: Come muore il bruto, così muore anche l'uomo.
Quando invece diciamo: Quel tale si è comportato da persona perbene, diciamo forse che non è stato realmente una persona perbene ma soltanto che s'è rassomigliato a una persona perbene?
Quel tale ha agito da giusto.
Il " da " non nega che egli sia davvero un giusto ma esplicita ciò che egli effettivamente è.
Tu hai agito da senatore. Dunque non sono un senatore perché quel tale mi dice così? Tutt'altro.
Proprio perché sei senatore tu hai agito da senatore.
E ti sei comportato da giusto perché sei giusto, e perché sei buono hai compiuto il bene.
Allo stesso modo costoro. Erano realmente consolati, e per questo gioivano come chi è consolato.
Era grande la loro gioia, come di gente che riceve consolazione e a consolare questi condannati a morte interviene colui che si assoggettò alla morte.
Se infatti si geme tutti, è a causa della morte; ma colui che è morto [ per noi ] è venuto a consolarci liberandoci dal timore della morte.
Egli è risorto prima di noi per offrirci un motivo di fiducia.
Risorse per primo e ci infuse speranza, e noi, pur restando fra le miserie, ci siamo consolati in [ questa ] speranza e ne abbiamo concepito grande allegrezza.
Il Signore ha cambiato la nostra prigionia: dalla prigionia ci ha messi sulla strada [ del ritorno ] e già siamo incamminati verso la patria.
Riscattati [ dalla prigionia ], non temiamo le insidie che ci tendono lungo la via i nostri nemici.
Il Signore, infatti, ci ha riscattati in modo che il nemico non osasse più tenderci insidie.
A meno che noi non ci allontaniamo dalla via: quella via che è Cristo stesso. ( Gv 14,6 )
Vuoi sfuggire ai briganti? Ti dice [ il Signore ]: Ecco, ti ho aperto la via che conduce alla patria.
Non te ne allontanare. Ho posto delle opere di difesa lungo tale via, in modo che nessun predone possa avvicinartisi.
Tu non abbandonare quella via e il nemico non ti si avvicinerà.
Cammina dunque in Cristo e canta pieno di gioia.
Canta come chi è consolato. Ti ha preceduto colui che ti comanda d'andargli dietro.
Allora si riempì di gioia la nostra bocca, e la nostra lingua di esultanza.
Miei fratelli, come può riempirsi di gioia la nostra bocca corporale?
La bocca non si riempie se non di cibo, di bevande, o di cose del genere che vi si caccino dentro.
Certo la nostra bocca a volte si riempie; anzi, a voler dire qualcosa di più alla vostra Santità, quando la nostra bocca è piena non ci è possibile nemmeno parlare.
Tuttavia nel nostro intimo, nell'intimo cioè del nostro cuore, c'è un'altra bocca, e da questa bocca scaturiscono cose cattive e cose buone: le cattive che ci insudiciano, le buone che ci purificano.
Di tal bocca parlava il Vangelo nel brano che avete udito.
I giudei erano sdegnati contro il Signore perché i discepoli di lui mangiavano senza lavarsi le mani. ( Mt 15,1-2 )
Ecco sdegnarsi coloro che erano puri al di fuori mentre nell'intimo erano pieni di lordure; ecco sdegnarsi della gente che, se possedeva una giustizia, la possedeva solo all'apparenza.
Il Signore, al contrario, esige da noi una purezza interiore, una purezza che, quando c'è, rende necessariamente puro anche il nostro esterno.
Diceva: Purificate il di dentro, e sarà puro anche l'esterno. ( Mt 23,26 )
O come diceva in altra circostanza lo stesso nostro Signore: Tuttavia, fate l'elemosina ed ecco tutte le vostre cose saranno pure. ( Lc 11,41 )
Ma da dove procede l'elemosina? Dal cuore.
Se infatti tu stendi la mano ma in cuore non senti compassione, la tua beneficenza è inutile; mentre, se in cuore provi compassione [ per l'infelice ], anche se non hai nulla da donargli, il Signore gradisce ugualmente la tua elemosina.
Quella gente perversa [ che erano i giudei ] si preoccupava invece della mondezza esteriore.
A tale categoria apparteneva anche quel fariseo che aveva invitato a pranzo il Signore quando venne da lui quella donna che in tutta la città era nota come peccatrice, quella donna che al Signore bagnò i piedi con le lacrime, asciugandoli con i capelli e ungendoli con profumi.
A tal vista, il fariseo che aveva invitato il Signore, non avendo altra mondezza che quella esteriore mentre il suo cuore traboccava di cattiveria e di rapacità, si diceva fra sé e sé: Se costui fosse un profeta, saprebbe certamente che sorta di donna sia colei che gli sta ai piedi. ( Lc 7,36-50 )
Come avrebbe potuto giudicare se il Signore fosse o non fosse informato [ sull'identità della donna ]?
Pensò che non la conoscesse per il solo fatto che non l'aveva scacciata.
Poiché, se quella donna si fosse avvicinata a lui, lui da buon fariseo, zelante della purezza della propria carne, l'avrebbe scacciata via con esecrazioni e tenuta lontana, perché un'immonda non avesse toccato chi era puro, contaminandone la purità.
Il Signore non s'era comportato così, e quindi - pensò il fariseo - egli non doveva conoscere che donna gli si fosse gettata ai piedi.
Al contrario, il Signore non solo conosceva la donna ma leggeva anche i pensieri del fariseo.
Se infatti esercita un qualche influsso il contatto fra due corpi, cosa credi, sporco fariseo? che il corpo del Signore avesse a contaminarsi toccando la donna, o non piuttosto che la donna venisse purificata al contatto col Signore?
Il medico lasciava che la malata toccasse la medicina; e in realtà la malata, accorrendo da lui, l'aveva riconosciuto come medico.
Era stata probabilmente audace nella sua vita di prostituta; più audace divenne nella ricerca della salute.
Senz'essere invitata, si precipitò in una casa non sua; ma aveva delle ferite e là dove si recava era a tavola il medico.
Quanto a colui invece che aveva invitato il medico, egli si credeva sano e per questo non poteva ottenere la guarigione.
Il resto del racconto evangelico è a voi noto.
Sapete come venne confuso il fariseo e come il Signore gli dimostrò che a lui non sfuggiva né chi fosse la donna né quali pensieri passassero nella mente di lui.
È però tempo di tornare a quanto è stato letto poc'anzi dal Vangelo: a quella frase che è in stretta relazione con il verso del salmo ove si dice: La nostra bocca è piena di gioia, piena d'esultanza la nostra lingua.
Stiamo indagando quale sia questa bocca e quale la lingua. Stia attenta la vostra Carità!
Si rinfacciò sgarbatamente al Signore il fatto che i suoi discepoli mangiassero senza lavarsi le mani. ( Mt 15,1-2; Mc 7,5-23 )
Il Signore diede la risposta che ci voleva, e, chiamate le turbe, prese a dire: Ascoltatemi tutti e comprendete!
Non ciò che entra nella bocca [ dell'uomo ] lo contamina, ma ciò che ne esce. ( Mt 15,11 )
Che significa? Quando dice: Ciò che entra nella bocca, non si riferisce ad altra bocca se non quella del corpo.
Per essa entrano i cibi [ che si mangiano ], e non sono i cibi che rendono impuro l'uomo.
Dice infatti la Scrittura: Per chi è puro ogni cosa è pura, ( Tt 1,15 ) e ancora: Ogni creatura di Dio è buona, e nulla è da rigettarsi se lo si prende con azioni di grazie. ( 1 Tm 4,4 )
È vero che ai giudei erano state date delle prescrizioni, di valore figurativo, e che certe cose erano state qualificate come impure. ( Lv 11,4ss )
Quando però più tardi venne [ al mondo ] la vera luce e le ombre furono dissipate, l'uomo non doveva ancora essere trattenuto nelle strettoie della lettera, essendo vivificato attraverso lo Spirito.
Ai cristiani quindi non fu più imposto quel giogo di osservanze che era stato imposto ai giudei.
Come, del resto, ebbe a dire il Signore: Il mio giogo è soave, e il mio peso è leggero; ( Mt 11,30 ) e come dice ancora l'Apostolo: Per chi è puro, ogni cosa è pura, mentre per chi è impuro e non crede non c'è nulla che sia puro.
Costoro infatti hanno maculato e l'intelletto e la coscienza. ( Tt 1,15 )
Cosa intende dire? All'uomo puro [ interiormente ] come è puro il pane così è pura la carne suina; a chi invece è impuro, non è puro né il pane né la carne di porco.
A chi è impuro e non ha fede - dice - nulla è puro. Perché non c'è nulla di puro?
Continua e dice: Costoro hanno maculato e l'intelletto e la coscienza.
Se, in una parola, è sporco il di dentro, non è possibile che sia puro il di fuori.
Se dunque è vero che quanti sono interiormente impuri in nessun modo possono aver puro l'esterno, procura di render puro il tuo interno, se ti piace aver puro l'esterno.
Nell'interno infatti si trova quella bocca che ti si riempie di gioia anche quando stai zitto, nel senso che se tu, pur tacendo, gioisci, la tua bocca grida al Signore.
Ma controlla cosa ti faccia gioire. Se gioisci per cose mondane, indecorosa è la gioia che ti porta a gridare a Dio.
Sia invece l'essere stato redento la causa della tua allegrezza; ti rallegri quel che è detto nel salmo: Quando il Signore richiamò [ in patria ] i deportati di Sion, fummo rallegrati.
In tal modo la tua bocca si riempirà di gioia vera, e la tua lingua d'esultanza.
Sarà evidente che godi nella speranza e la tua gioia sarà gradita a Dio.
Assaporando tale godimento ( o, meglio, facendo buon uso della nostra bocca interiore ) noi mangiamo e beviamo.
Come attraverso la bocca fisica, noi nutriamo il nostro corpo, così mediante la bocca interiore nutriamo il nostro cuore.
A questo infatti si riferisce il: Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati. ( Mt 5,6 )
Abbiamo udito dal Vangelo che solamente quel che esce dalla bocca contamina l'uomo.
Se in questa frase ci riferiamo alla bocca in senso fisico, ne verrebbe fuori un assurdo e una incongruenza da insensati.
Dovremmo infatti concludere che l'uomo non si contamina mangiando, ma si contamina vomitando.
Così infatti diceva il Signore: Non ciò che entra nella bocca lo contamina, ma ciò che ne esce. ( Mt 15,11 )
Non diventeresti quindi impuro col mangiare, mentre lo diventi col vomitare?
Non diventeresti impuro col bere, e ci diventeresti con lo sputare?
Quando sputi, infatti, c'è un qualcosa che ti esce dalla bocca, mentre quando bevi entra per la bocca.
Cosa volle, dunque, insegnarti il Signore con le parole: Non quel che entra in bocca contamina, ma ciò che ne esce?
Un altro evangelista, che nello stesso contesto riporta il seguito del discorso, fa spiegare al Signore quali siano le cose che escono dalla bocca, e dalla spiegazione puoi comprendere che egli non parlava della bocca del corpo ma della bocca del cuore.
Diceva: Dal cuore escono i cattivi pensieri, gli omicidi, gli adulteri, le fornicazioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie; queste sono le cose che contaminano l'uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non contamina l'uomo. ( Mt 15,19-20 )
In che senso, fratelli miei, tutte queste cose escono dalla bocca, se non perché provengono dal cuore, come ebbe a dire lo stesso nostro Signore?
Non è infatti quando noi parliamo di certe cose che esse ci contaminano.
Nessuno, pertanto, dica: È quando ne parliamo che certe cose ci escono dalla bocca ( poiché dalla bocca escono suoni e parole ), e, se le parole che diciamo sono cattive, col pronunziarle ci macchiamo [ di colpa ].
Che dire però di uno che non parla di cose cattive ma ci si trattiene col pensiero?
Sarà forse esente da colpa perché non s'è lasciato sfuggire nulla dalla bocca corporale?
Dio l'ha già udito mentre gli usciva dalla bocca del cuore.
Miei fratelli, prestate attenzione al mio dire.
Io nomino il furto. Ecco, ho nominato il furto.
Forse che, per aver pronunziato questa parola " furto ", mi sono reso colpevole di furto?
La parola m'è uscita di bocca, ma io non ne sono rimasto contaminato.
Pensate ora a un ladro. Egli si leva di notte, non apre bocca ma ruba: è reo di furto.
Ancora. Egli non solo non dice parola, ma per tutta la durata della sua impresa si muove nel massimo silenzio, temendo che qualcuno ne oda la voce; evita perfino il rumore dei suoi passi.
Egli tace, ma forse per questo non è colpevole? Ma voglio aggiungere qualcosa di più, o miei fratelli.
Un tale è ancora a letto, non ha mosso piede per andare a rubare.
Sta sveglio, in attesa che la gente prenda sonno.
Costui grida dinanzi a Dio. Costui è già un ladro, è un'anima macchiata di peccato: la colpa gli è già uscita dalla bocca interiore.
Quand'è, allora, che una colpa esce dalla bocca [ dell'uomo ]?
Quando con la volontà si stabilisce di fare qualcosa.
Decidi un atto? L'hai già detto, l'hai già compiuto.
Se esternamente il furto non ti riesce, forse è perché colui che tu volevi derubare non meritava d'essere derubato; comunque, egli non ha perduto nulla, eppure tu sei condannato come responsabile di furto.
Decidi d'uccidere una persona. Hai pronunziato una parola nel tuo cuore; la parola " omicidio " è echeggiata dalla bocca interiore.
Colui che tu volevi uccidere rimane in vita, mentre tu ricevi il castigo degli omicidi.
L'importante infatti è appurare cosa tu sia dinanzi a Dio, non quel che ancora non figuri all'occhio dell'uomo.
Esiste dunque una bocca del cuore, una lingua del cuore.
Lo sappiamo con certezza; lo dobbiamo sapere ed esserne convinti.
È la bocca che si riempie di gioia, come anche è la bocca con la quale interiormente preghiamo Dio, quando, pur restando chiuse le labbra, gli apriamo la coscienza.
Si è in silenzio, e il cuore grida. A chi grida? Grida agli orecchi di Dio, non dell'uomo.
Sta' tranquillo! Egli ti ascolta e usa misericordia.
Quando all'opposto dalla tua bocca viene fuori il male, anche se nessun uomo ti ascolta non crederti sicuro.
Ti ascolta Dio, e ti condanna.
Le parole di Susanna non giungevano all'orecchio dei suoi giudici iniqui, in quanto pregava in silenzio. ( Dn 13,35ss )
L'uomo non ascoltava la sua voce, ma il suo cuore gridava al Signore.
E non doveva essere esaudita perché nessun accento era uscito dalla sua bocca?
Fu esaudita anche se la sua preghiera non fu notata da alcun uomo.
Riflettete dunque, miei fratelli, su ciò che si racchiude entro la vostra bocca interiore.
Scrutate il vostro intimo, al fine di non pronunziare lì dentro parole cattive, che al di fuori si tramuterebbero in opere cattive.
Niente infatti può eseguire l'uomo all'esterno che prima non abbia concepito internamente.
Tieni lontana dal male la bocca del cuore e sarai innocente: innocente di lingua e di mano.
Anzi, saranno innocenti anche i tuoi piedi, e i tuoi occhi e i tuoi orecchi.
Tutte le tue membra combatteranno per la giustizia, quando il cuore che le modera è un buon condottiero.
Allora si dirà fra le genti: Il Signore ha operato grandi cose a loro vantaggio.
Il Signore ha operato cose grandi per noi; [ e ] noi siamo ricolmi di letizia.
Notate, fratelli, se non siano queste le parole che ai nostri giorni Sion dice fra le genti in tutto il mondo.
Notate come da ogni parte si corre verso la Chiesa.
Il prezzo della nostra redenzione è accolto dagli uomini di tutto il mondo e [ da tutti ] si risponde Amen.
Così dicono fra tutte le genti i cittadini di Gerusalemme, ridotti, sì, in schiavitù ma animati dalla speranza del ritorno, esuli ma desiderosi della patria.
Che cosa dicono? Il Signore ha operato cose grandi per noi, [ e ] noi siamo colmi di letizia.
Saranno stati, per caso, gli stessi esuli a compiere tali cose a loro vantaggio?
Essi furono certo capaci di causarsi del male, vendendosi schiavi al peccato; a far loro del bene fu il Redentore: egli venne e operò cose grandi a loro vantaggio.
Il Signore ha operato grandi cose per noi; e noi siamo colmi di letizia.
Richiama, Signore, i nostri prigionieri come il torrente nel [ paese del ] mezzodì.
Intenda bene la vostra Carità cosa significhino queste parole.
Parlando come di cose passate, il profeta aveva detto già prima: Quando il Signore richiamò i prigionieri di Sion.
In realtà, come capita di frequente, il profeta, pur parlando in passato, preconizzava eventi futuri.
Non diversamente in quell'altro salmo con termini che fan pensare al passato è detto: Hanno trafitto le mie mani e i miei pedi, hanno contato tutte le mie ossa. ( Sal 22,17 )
Non dice: " Mi trafiggeranno " né " conteranno ", né " si divideranno le mie vesti " o " tireranno a sorte il mio vestito ".
Pur essendo cose future, venivano cantate come già avvenute.
Difatti ogni avvenimento, anche quelli che dovranno accadere [ nel tempo ], per il Signore è già avvenuto.
Così qui. Ha detto in principio: Quando il Signore richiamò i prigionieri di Sion, noi fummo consolati; allora si riempì di gioia la nostra bocca e la nostra lingua d'esultanza.
Per indicarci però che sotto forma di passato intendeva riferirsi a eventi futuri continua: Allora si dirà fra le genti ( e questo dirà già ci colloca nel futuro ): Il Signore ha operato grandi cose a nostro favore; noi siamo colmi di letizia.
Quando erano cantati [ nel salmo ] quegli eventi erano futuri, mentre ora noi li vediamo realizzati: e siccome appunto erano futuri, il salmista li invocava, anche se nel cantarli li descriveva come passati.
Richiama, Signore, i nostri prigionieri.
I prigionieri non erano ancora tornati [ in patria ] perché non era venuto il Redentore.
Ora s'è realizzato ciò che si chiedeva quando venivano cantati i salmi: Richiama, Signore, i nostri prigionieri come il torrente nel [ paese del ] mezzodì.
Come a mezzodì si mutano i torrenti, così tu muta la nostra prigionia.
Abbiamo tentato di indovinare il senso della frase.
Pregateci e presto ci sarà dato scoprirlo, con l'aiuto del Signore.
C'è un passo della Scrittura, in cui mentre ci si prescrivono e inculcano le opere buone si dice: Come si scioglie il ghiaccio al calore del sole, così a te saranno sciolti i peccati. ( Sir 3,17 )
Dunque i peccati erano legami per noi. Come? Come quando il freddo gela l'acqua e le impedisce di scorrere.
Allo stesso modo anche noi eravamo ghiacciati, irrigiditi dal freddo dei peccati; ma ecco soffiare l'austro, che è un vento caldo.
Il gelo allora si squaglia e si riempiono i torrenti, cioè quei corsi d'acqua che d'inverno, riempiendosi all'improvviso, scorrono assai impetuosamente.
Anche noi, dunque, nella [ nostra ] prigionia ci eravamo gelati e i peccati ci tenevano irrigiditi.
Si levò il vento australe, lo Spirito Santo, e ci furono rimessi i peccati e noi ci sentimmo sciolti dal gelo dell'iniquità.
I peccati furono dissolti come si squaglia il gelo al comparire del sole.
Corriamo verso la patria, come i torrenti a mezzodì.
Abbiamo tribolato assai, e anche l'operare il bene ora ci costa fatica.
La vita umana nella fase presente è misera, piena d'affanni, di dolori, di pericoli, d'angustie e di tentazioni.
Non lasciatevi incantare dalle gioie che possono darvi le cose terrene; osservate quanti motivi di pianto sono sparsi nelle vicende umane.
Potrebbe ridere il bambino che nasce; ma perché cominciare la vita col pianto?
Non conosce il riso: come fa a conoscere il pianto?
Il fatto stesso d'entrare in questa vita glielo insegna.
È prigioniero, e per questo piange e geme. Più tardi però verrà la gioia.
Continua infatti [ il salmo ]: Quei che seminano tra le lacrime mieteranno nella gioia.
Seminiamo finché dura la vita presente, piena di lacrime.
Cosa semineremo? Le opere buone.
Nostra semente sono le opere di misericordia, parlando delle quali dice l'Apostolo: Non stanchiamoci di fare il bene, poiché se non ci stancheremo, a suo tempo mieteremo [ copiosamente ].
Finché dunque ne abbiamo il tempo, facciamo del bene a tutti, specialmente ai nostri fratelli nella fede. ( Gal 6,8-10 )
E a proposito dell'elemosina come si esprime? Vi dico pertanto: chi semina poco raccoglie poco. ( 2 Cor 9,6 )
Ovviamente chi semina molto raccoglie molto, come chi semina poco raccoglie poco e chi non semina niente non raccoglie niente.
Perché desiderate vasti poderi ove spargere copiosa semente?
Non troverete, per le vostre semine, campo più esteso di Cristo, il quale ci ordina di gettare in lui la nostra semente.
Il vostro terreno è la Chiesa: spargetevi quanto più seme potete.
Ma tu [ forse ] hai poche possibilità di seminare.
Abbi la buona volontà.
Ogni risorsa non ti varrebbe a nulla se non avessi la buona volontà; allo stesso modo, se davvero non hai risorse, ma hai la buona volontà, non rammaricarti.
Cosa puoi seminare [ nella tua situazione ]? La misericordia.
E per mietere che cosa? La pace.
E, a questo riguardo, dissero forse gli angeli: Pace in terra agli uomini colmi di ricchezze? No.
Dissero: Pace in terra agli uomini di buona volontà. ( Lc 2,14 )
Gran buona volontà in Zaccheo! e grande carità.
Con gioia ospitò il Signore, e gli promise di dare ai poveri metà dei suoi averi e, se avesse defraudato qualcuno, gli avrebbe restituito quattro volte tanto.
Puoi da questo arguire che, se egli si conservava la metà dei beni, non era per disporre di un certo patrimonio ma per avere di che pagare i debiti. ( Lc 19,6-8 )
Gran buona volontà! Diede molto, seminò molto.
Guardiamo ora a quella vedova che offerse due spiccioli.
Forse che per questo seminò poco? ( Lc 21,1-4 ) Tutt'altro!
Diede tanto quanto Zaccheo.
Aveva infatti meno beni, ma identica generosità.
Mossa da tale generosità offrì due spiccioli, come Zaccheo donò metà del suo patrimonio.
Se consideri il valore di ciò che donarono, trovi che è diverso, ma se badi alle disposizioni con cui fecero la donazione, trovi che si equivalgono.
Tutt'e due infatti, lui e lei, diedero tutto ciò che avevano.
Metti che uno non possegga nemmeno due spiccioli.
Potrà esserci cosa più insignificante da seminare, per raccogliere una mercede celeste?
Sì, c'è: Chi darà a un discepolo un bicchiere d'acqua fresca, non andrà privato della sua ricompensa. ( Mc 9,40; Mt 10,42 )
Un bicchiere d'acqua fresca non costa due soldi; lo si dà gratis.
Tuttavia, pur essendo un bene che non si paga, succede a volte che uno l'abbia e un altro no.
Ebbene, se chi ha questo bicchiere di acqua lo dà a chi non l'ha e nel fare questo dono è mosso da carità perfetta, dà quanto diede quella vedova con i suoi due spiccioli, anzi dà quanto Zaccheo che distribuì la metà del suo patrimonio.
Non è senza un motivo che il Signore aggiunge: Acqua fresca, ma [ è ] per indicare la condizione povera del donatore.
Se dice: Bicchiere di acqua fresca, è perché nessuno adducesse il motivo di non averla data perché non aveva legna per riscaldarla.
Se uno darà un bicchiere di acqua fresca a uno dei più piccoli, non andrà privato della sua ricompensa.
E se nemmeno questo bicchiere potrà rimediare? Anche allora stia tranquillo.
Pace in terra agli uomini di buona volontà! ( Lc 2,14 )
Tema solamente di essere uno di quelli che hanno mezzi [ per far beneficenza ] e non la fanno.
Se dispone di mezzi e non opera il bene, è congelato nel suo intimo.
I suoi peccati non sono sciolti come il torrente nel mezzodì, perché la sua volontà è tuttora raggelata.
E cosa rappresentano allora i beni, anche abbondanti, che si posseggono?
A un tratto la volontà muta e diviene fervente, sciolta al calore del mezzodì: un tal volenteroso potrà essere privo di tutto, ma riceverà la ricompensa di tutto [ il bene che intendeva operare ].
Quanti benefici non si scambiano fra loro i mendicanti?
Badi bene la vostra Carità alle molte maniere che vi sono di fare elemosina.
Sono certamente mendicanti coloro ai quali fai l'elemosina, e i mendicanti vivono nel bisogno.
Voi, osservando i vostri fratelli, conoscete se abbiano bisogno di qualcosa, ma se in voi abita il Cristo, fate beneficenza anche agli estranei.
Ma, se sono mendici quelli che vanno accattando per professione, succede che anche loro abbiano dei compagni di sventura con cui scambiarsi dei benefici.
Dio non li abbandona, ma li benedice perché si fanno l'elemosina.
Ecco uno che non può camminare: chi può camminare mette i piedi a servizio dello zoppo.
Chi ha la vista la presta al cieco.
Chi è giovane e sano mette le sue forze al servizio del vecchio e del malato e lo sorregge.
L'uno è bisognoso, l'altro è ricco.
Capita a volte che anche il ricco si trovi nell'indigenza e riceva qualcosa dal povero.
Ecco un tale che va al fiume: è un ricco, ma quanto più è ricco tanto più è delicato di salute.
Non può attraversare la corrente; se per far la traversata si spogliasse, si buscherebbe un raffreddore, cadrebbe malato e ne morirebbe.
Arriva un povero che ha il corpo assuefatto alla fatica; prende il ricco e lo porta all'altra sponda.
È un'elemosina che fa al ricco.
Non considerate dunque poveri solamente coloro che sono privi di mezzi finanziari.
Vedi la povertà di ciascuno là dove a ciascuno manca qualcosa, e troverai, forse, che dove quel tale è povero tu sei ricco e hai di che aiutarlo.
Forse puoi mettere a sua disposizione le tue membra, e questo è più che non dargli del denaro.
Un altro ha bisogno di consiglio, e tu hai una riserva di consigli: sotto questo aspetto tu sei ricco, mentre lui è povero.
Ecco tu gli dai un consiglio: non compi nessuno sforzo, non perdi del denaro, e compi un'elemosina.
Miei fratelli, anche adesso mentre noi vi parliamo, voi siete dei poveri dinanzi a noi.
Dio s'è degnato di dare a noi dei talenti e noi li dispensiamo a voi: sicché tutti ne riceviamo da colui che è l'unico ricco.
Così si tiene unito il corpo di Cristo, così sono fra loro solidali le sue membra; la carità nel vincolo della pace le cementa in modo che, se uno ha qualcosa, ne rende partecipe anche chi non ne ha.
E ciascuno è ricco per quel che ha, è povero per quel che non ha.
È così che dovete amarvi e volervi bene.
Non badate a voi esclusivamente, ma badate ai bisognosi che vi circondano.
Sono, queste, delle opere buone che, finché siamo in questo mondo, si compiono con sforzo e tra le angustie, ma non stancatevi.
Seminate fra le lacrime, raccoglierete nella gioia.
Non lo vedete, miei fratelli? Quando l'agricoltore va col suo aratro a spargere la semente, non tira forse - almeno a volte - il vento gelido e non c'è lo spauracchio della pioggia?
Egli guarda il cielo e lo vede tetro: trema per il freddo, tuttavia avanza spargendo il seme.
Teme che, mentre s'attarda a guardare il tempo inclemente e aspetta la stagione propizia, passi il tempo [ utile per la semina ] e non abbia cosa raccogliere al tempo della mietitura.
Non rimandate a più tardi [ le vostre opere buone ], miei fratelli.
Seminate d'inverno; seminate le opere buone anche quando vi tocca piangere, poiché chi semina fra le lacrime mieterà nella gioia.
Sono coloro che spargono la propria semente, cioè la buona volontà e le opere buone.
Nell'avanzare andavano e piangevano, spargendo le loro sementi.
Perché piangevano? Perché si trovavano fra gente misera ed erano miseri loro stessi.
Miei fratelli, è meglio che non ci siano affatto miseri anziché tu sia costretto a usare compassione al misero.
Se infatti uno sia pure al fine di essere largo di misericordia, desiderasse la presenza dei miseri nel mondo, dimostrerebbe di avere una misericordia crudele; come se un medico, per esercitare la sua professione, desiderasse l'esistenza di molti malati, crudele sarebbe la sua professione medica.
È infatti meglio la buona salute di tutti che non l'esercizio dell'arte del medico.
Così è meglio regnare tutti beati nella patria celeste anche se lassù non ci sarà alcuno al quale si debba usare misericordia.
Ad ogni modo, finché c'è qualcuno bisognoso di misericordia, non stanchiamoci di spargere la nostra semente prendendo occasione dall'altrui sofferenza.
Seminiamo nel pianto, per mietere nell'esultanza.
Nella resurrezione dei morti ciascuno raccoglierà i propri manipoli, cioè il frutto di quanto ha seminato, vale a dire la corona di gioia e d'esultanza.
Sarà il trionfo, e ciascuno, ricolmo di gioia, irriderà alla morte sotto il cui giogo prima si aveva da gemere, e le dirà: Dov'è, o morte, la tua resistenza?
Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? ( 1 Cor 15,55 ) Ma perché tanta gioia?
Perché ormai portano in mano i loro manipoli.
Perché prima andavano piangendo, allorché spargevano la loro semente.
Ma perché spargere la propria semente? Perché chi avrà seminato nelle lacrime mieterà nell'esultanza.
Trattando questo salmo vi abbiamo raccomandato soprattutto l'esercizio della misericordia, perché è con questa virtù che si comincia ad ascendere, e solo chi ascende, come voi sapete, può cantare il cantico dei gradini.
Ricordatevene! Non vi piaccia prendere la via della discesa, rinunciando a salire; preoccupatevi piuttosto di andare in alto.
Poiché fu nella discesa da Gerusalemme a Gerico che quel tale s'imbatté negli assassini: ( Lc 10,30 ) se non fosse sceso per di là, non vi si sarebbe imbattuto.
Adamo percorse quella discesa ( quell'Adamo che siamo tutti noi ) e incontrò gli assassini.
Passò il sacerdote e non si curò dello sventurato e altrettanto fece il levita: segno che la legge non era in grado di guarire l'uomo.
Ma ecco passare un samaritano, figura del nostro Signore Gesù Cristo a cui fu detto: Non abbiamo noi ragione nel dire che sei un samaritano e un indemoniato? ( Gv 8,48 )
Gesù rispondendo non negò di essere un samaritano, ma disse soltanto: Io non sono un indemoniato.
Samaritano infatti vuol dire " custode " e, se Gesù avesse replicato: " Io non sono samaritano ", avrebbe ammesso di non essere custode; e allora chi altro ci avrebbe custoditi?
Continuando quindi la parabola, dice: Passò un samaritano e gli usò misericordia, ( Lc 10,33 ) e il resto che voi sapete.
Quello sventurato giaceva ferito ai bordi della strada appunto perché stava scendendo.
Ora ecco passare il samaritano: non si allontanò incurante, ma si prese cura di noi.
Ci caricò sul suo giumento, cioè ci prese nella sua carne; ci condusse all'ospizio, cioè alla Chiesa; ci affidò all'albergatore, cioè ai suoi inviati; e perché fossimo curati tirò fuori due denari, cioè i due precetti della carità: la carità di Dio e quella del prossimo.
Sono questi, infatti, i due comandamenti in cui si compendia tutta la legge e i profeti. ( Mt 22,40 )
Alla fine, rivolto all'albergatore gli disse: Se avrai speso di più, te lo rifonderò al ritorno. ( Lc 10,35 )
Effettivamente l'Apostolo spese di più, nel senso che, pur essendo stato permesso ai banditori del Vangelo in genere di ricevere compensi dal popolo, come soldati di Cristo mantenuti dalle popolazioni di provincia, egli al contrario preferì lavorare di propria mano e lasciare ai suoi dipendenti i sovvenzionamenti che spettavano a lui. ( 1 Cor 4,12; 1 Ts 2,7-9; 2 Ts 3,8-9 )
Sono cose avvenute a puntino. Scendendo siamo stati feriti.
Saliamo, dunque, e cantiamo. E proseguiamo con costanza il cammino, in modo da arrivare alla meta.
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