Lettere |
Scritta dopo la precedente.
Valentino ad Agostino narra il conforto derivato ai monaci dalla lettura del suo trattato, di cui alla lettera precedente, esponendogli l'origine e gli autori del dissidio scoppiato nel suo monastero ( n. 1-3 ); dichiara la fede di Floro, di cui gl'invia la professione insieme con la propria sul libero arbitrio e sulla " giustizia " di Dio rimuneratore ( n. 4-6 ).
A te, beatissimo padre Agostino, signore veramente santo, degno del massimo rispetto e di essere onorato con pio trasporto di gioia, invia cristiani saluti Valentino, servo della santità tua e tutta la comunità che spera con me nelle tue preghiere
Abbiamo ricevuto le venerate lettere e il trattato della Santità tua col cuore in tumulto; come il beato Elia, ritto all'ingresso della grotta si coprì la faccia al passaggio della gloria del Signore, ( 1 Re 19,13 ) così anche noi, di fronte ai tuoi rimproveri, ci siamo coperti gli occhi, arrossendo della nostra decisione presa in seguito alla rustica insistenza dei nostri fratelli: al momento della loro partenza arbitraria abbiamo avuto timore d'inviare i saluti alla Santità tua, poiché c'è un tempo per parlare e un tempo per tacere; ( Qo 3,7 ) abbiamo voluto evitare d'inviarti una lettera per le mani d'individui dubbiosi e incerti sulla verità, per non sembrare che dubitassimo con loro delle tue affermazioni piene di sapienza ch'è simile a quella dell'angelo di Dio. ( 2 Sam 14,20 )
Non avevamo, d'altronde, alcun bisogno d'avere notizie riguardo alla Santità tua e alla tua sapienza che, per grazia di Dio, ci è ben nota.
Alla lettura del trattato della amabilissima Santità tua siamo rimasti talmente commossi e contenti che, simili agli Apostoli i quali, mentre il Signore mangiava con loro dopo la risurrezione, non osavano domandargli chi fosse - poiché sapevano ch'era Gesù ( Gv 21,12 ) - noi non volevamo né osavamo domandare se il trattato fosse tuo, dal momento che la grazia, insegnata dalla fede, vi è messa sì largamente in luce e con espressioni sì vive, che non si può dubitare che sia opera tua, signore e Padre santo.
Ma cominciamo, mio signore e padre santo, a raccontare la storia di quel turbamento.
Il carissimo nostro fratello Floro, servo della tua Paternità, era partito, per motivi di carità, alla volta di Uzali, sua città natale; durante il suo soggiorno in quella città trovò uno degli opuscoli della Santità tua e lo fece portare alla nostra comunità come un pane di benedizione; glielo aveva dettato devotamente Felice, uno dei suoi confratelli; colui stesso che, come è risaputo, arrivò in ritardo presso la Santità tua dopo i suoi compagni: i fratelli giunsero al monastero con quell'opuscolo, mentre il fratello Floro s'era recato dalla città di Uzali a Cartagine.
Senza mostrarmelo, i fratelli si misero a leggerlo ad altri fratelli di poca o punta cultura e alcuni di essi, che non lo avevano capito, ne rimasero turbati.
Così, quando il Signore disse: Chi non mangerà la carne del Figlio dell'uomo e non berrà il suo sangue, non avrà la vita in se stesso, ( Gv 6,54.67 ) coloro che avevano inteso quelle parole in un senso empio, si allontanarono, non già per colpa del Signore che le pronunciava, ma a causa della durezza e grande empietà dei loro cuori.
I suddetti fratelli, che avevano messo tutto in subbuglio, cominciarono a turbare le anime semplici essendone completamente all'oscuro la mia insignificante persona: ero talmente ignaro delle loro riunioni piene di mormorazioni che, se il nostro fratello Floro al suo ritorno da Cartagine, accortosi della loro agitazione, non me ne avesse sollecitamente messo al corrente …; essi discutevano tra loro di nascosto e alla maniera dei servi sopra una verità che non potevano comprendere.
Per mettere fine a quelle empie discussioni proposi d'inviare dei fratelli al nostro signore e santo padre Evodio affinché a noi, che non lo conoscevamo, desse per iscritto spiegazioni più precise riguardo a quel venerando scritto; essi tuttavia non vollero accogliere con maggior condiscendenza la sua risposta, ma a noi, che non desideravamo quella partenza, strapparono il permesso di recarsi da te.
Il nostro fratello Floro rimase come costernato del loro furore: essi erano inviperiti contro di lui perché, secondo loro, era stato proprio lui il responsabile del male che quel trattato aveva loro procurato, senza che quei malati capissero che esso invece conteneva il rimedio che li avrebbe guariti.
Per una maggior garanzia ci rivolgemmo allora al santo prete Sabino: egli ci lesse il trattato e lo spiegò nel modo più chiaro; ma neppure ciò apportò la guarigione alla ferita del loro animo.
Demmo allora ad essi, per pura bontà, il denaro occorrente per il viaggio, per non inasprire maggiormente la piaga del loro animo che poteva, per altro, esser guarita dalla grazia che spira dal tuo trattato, in cui brilla lo splendore della Santità tua.
Dopo la loro partenza la quiete e concordia tra tutti i fratelli esultò nel Signore; la disputa infatti era sorta per l'animosità di cinque o più fratelli.
Ma siccome talora, signore e padre, dalla tristezza nasce la gioia, così noi pure adesso non siamo più afflitti a causa di quegli ignoranti, smaniosi di sapere più di quanto sono capaci, e abbiamo meritato d'essere illuminati dai graditissimi insegnamenti della Santità tua.
Così il dubbio dell'apostolo S. Tommaso, che volle toccare le ferite fatte dai chiodi, ( Gv 20,25 ) servì a confermare la fede di tutta la Chiesa.
Abbiamo dunque ricevuto, signore e padre, con grato animo il rimedio delle tue lettere, piene di religiosa sollecitudine, e ci siamo battuto il petto perché, almeno con questo mezzo, la nostra coscienza possa esser guarita; ma è la grazia a guarirla e a vivificarla mediante il libero arbitrio, anch'esso dono della misericordia: questo vale per il tempo presente, in cui noi possiamo ancora, durante lo spazio che ci viene lasciato, cantare la misericordia: quando poi cominceremo a cantare al Signore la sua giustizia, ( Sal 101,1 ) allora riceveremo la ricompensa delle opere nostre poiché il Signore è misericordioso e giusto, pieno di compassione e retto. ( Sal 12,4 )
Come c'insegna la Santità tua dobbiamo comparire tutti davanti al tribunale di Cristo per ricevere ciascuno ( la rimunerazione ) secondo il bene e il male che fece quand'era nel corpo, ( 2 Cor 5,10 ) poiché il Signore, dice il profeta, verrà con la sua ricompensa; l'uomo comparirà con le sue opere davanti a lui. ( Is 40,10 )
Il Signore verrà come un forno ardente per bruciare gli empi come la stoppia; ( Gl 2,3-5 ) per coloro invece che temono il nome del Signore si leverà il sole di giustizia, mentre gli empi saranno puniti con giusta condanna. ( Mi 4,1-3 )
Ecco ciò che proclama il giusto, di cui tu, signore e padre, sei amico, alzando un grido supplice e tremante: Non citare in giudizio il tuo servo. ( Sal 143,2 )
Se il regolamento dei conti fosse opera della grazia, il giusto non avrebbe paura del segreto, ove si cela il giudizio della divina maestà. ( Pr 11,31; 1 Pt 4,18 )
Questa è la verità di fede che professa anche Floro, o padre, non come ti hanno riferito quei monaci: con le loro orecchie essi hanno sentito dire da lui che il dono della pietà non ci è accordato in ragione dei nostri meriti ma durante la vita presente per la grazia del Redentore: quando però la giustizia si manifesterà nella collera, chi mai potrà dubitare che il tempo della grazia sarà ormai lontano?
Ecco, o padre, che cosa proclamiamo, che cosa cantiamo, non già sicuri ma tremanti, secondo il tuo insegnamento: Non mi accusare, o Signore, nel tuo furore e non castigarmi nella tua collera. ( Sal 6,2 )
Noi diciamo: "Puniscici adesso, o Signore, donaci la scienza della tua legge per darci una sorte più dolce nei giorni cattivi ". ( Sal 94,12-13 )
Ecco quanto professiamo di credere, venerando padre, secondo il tuo insegnamento: Dio scruta il giusto e l'empio; quando saranno posti i buoni alla destra e i cattivi alla sinistra, porterà in conto per gli uni le opere sante per premiarle e farà il conto delle azioni empie, compiute ostinatamente dagli altri, per punirle.
Come potrà esserci più la grazia quando saranno pesate e giudicate le opere buone e le opere cattive? ( Mt 25,31-46 )
Ma perché non si ha timore di spacciare di soppiatto delle menzogne contro di noi?
Noi non neghiamo affatto il libero arbitrio purché sia guarito dalla grazia di Dio; crediamo, al contrario, che progredisce se è sostenuto ogni giorno dalla grazia di Cristo.
Eppure c'è gente che dice: " È in mio solo potere fare il bene! ".
Se pure fosse vero che gli uomini fanno il bene! Sciocca pretesa di siffatti sventurati!
Ogni giorno danno a conoscere le proprie colpe e, ciononostante, rivendicano per se stessi, vantandosene, un libero arbitrio privo della grazia, invece di esaminare la propria coscienza che può esser guarita solo dalla grazia, in modo da esclamare: Abbi pietà di me; guarisci l'anima mia perché ho peccato! ( Sal 41,5 )
Che cosa farebbero questi tali che si vantano del loro libero arbitrio - che noi non neghiamo purché sia accompagnato dall'aiuto di Dio - se la morte fosse già stata inghiottita nella vittoria e il nostro essere mortale si fosse già rivestito dell'immortalità e il nostro essere corruttibile si fosse già rivestito dell'incorruttibilità? ( 1 Cor 15,54 )
Ecco: le loro ferite emanano fetore eppure domandano il rimedio con superbia.
Essi non dicono, come il giusto: Se il Signore non m'avesse aiutato, sarebbe mancato poco che abitassi negl'inferi; ( Sal 94,17 ) non dicono, come il santo: Se il Signore non custodisce la città, inutilmente vigila chi sta a guardia di essa. ( Sal 127,1 )
Ma tu, piissimo padre, prega che, d'ora in poi, noi abbiamo l'unico pensiero di espiare con lacrime il nostro peccato e di difendere la grazia di Dio; prega, signore e padre, che il pozzo non chiuda su di noi la sua bocca, ( Sal 69,16 ) che non siamo tra coloro che discendono nella fossa profonda, ( Sal 30,4 ) che l'anima nostra non si perda con gli empi ( Sal 26,9 ) a causa della nostra superbia, ma venga guarita dalla grazia del Signore.
Secondo il tuo invito, o signore e padre, il nostro fratello Floro, servo della Santità tua, si mette in viaggio pieno di premura per recarsi da te ( la fatica non gli sarà d'impedimento ma di stimolo ) per ricevere i tuoi luminosi insegnamenti.
Lo raccomandiamo umilmente alla Santità tua e ti chiediamo di raccomandare al Signore nelle tue preghiere questi ignoranti, che dobbiamo ricondurre alla concordia con estrema mitezza.
Prega, signore e padre carissimo, che il diavolo fugga dalla nostra comunità e che, placata ogni tempesta d'inutili discussioni, la nave che trasporta noi impegnati nell'ideale della perfezione religiosa, carica di marinai tranquilli, possa gettare le ancore sicura, all'interno del porto ben riparato verso il quale fa rotta attraverso questo grande e immenso mare, e che, nel porto ove non ci sarà da temere alcun naufragio per la nostra vita, riceva, tutta unita in concordia, il premio per le merci che sono gradite a Dio.
Speriamo d'ottenerlo, il premio, con l'aiuto della Santità tua, mediante la grazia di nostro Signore Gesù Cristo.
Abbi la cortesia di salutare a nome nostro tutti i figli della tua dignità episcopale, i nostri signori chierici e i santi che servono ( Dio ) nella comunità, che professa l'ideale di perfezione religiosa, affinché tutti, insieme con la Beatitudine tua, si degnino di pregare per noi.
Ti auguriamo che la indiscorde Trinità di Dio nostro Signore conservi il tuo santo apostolato nella sua Chiesa alla quale ti ha scelto, per sua grazia, e che tu sia memore di noi e possa avere la corona nella grande Chiesa ( del cielo ); questo è il nostro augurio.
Se il nostro fratello Floro, tuo servo, ti proporrà qualche problema riguardante la regola del nostro monastero, abbi la cortesia d'ascoltarlo volentieri e d'istruire in ogni cosa noi poveri religiosi.
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