Lettere |
Scritta dopo il 395.
Agostino a Fiorentina, una giovinetta studiosa, offrendolesi come maestro se vorrà fargli sapere quali spiegazioni desideri ( n. 1 ) ricordando quali sono i pericoli, quale il conforto di un maestro ( n. 2-3 ), quale sia il vero maestro interiore ( n. 4 ).
Agostino Vescovo invia religiosi salti a Fiorentina, illustre signora e degna d'essere onorata in Cristo ed encomiabile figlia
Il santo programma di perfezione religiosa, da te abbracciato e il casto amore verso Dio, che si eterna nei secoli, ( Sal 19,10 ) profondamente radicato nel tuo cuore, ravviva intensamente la nostra premura per te, non solo perché io preghi il Signore ma anche perché t'indirizzi delle esortazioni.
Questo veramente l'ho fatto più d'una volta nelle mie lettere a tua madre, degna d'essere nominata col dovuto onore, o venerata figliuola.
Essa però s'è degnata di rispondermi che prima tu vuoi ricevere da me una lettera e solo allora non tacerai e mi farai sapere se per caso avrai bisogno del mio servigio, di cui, nei limiti delle mie forze so d'esser debitore, per libera servitù, al venerato desiderio tuo e di tutti quelli che sono in condizioni simili alla tua.
Ecco, ho fatto quanto sono venuto a sapere che tu desideravi, sebbene non da te, per non sembrare di volerti chiudere scortesemente in faccia la porta della fiducia. ( At 14,26 )
Non rimane altro se non che tu esponga da te stessa gli eventuali quesiti che credi opportuno pormi.
Poiché, o io so quel che tu mi chiedi, e allora te lo dirò di buon grado, oppure non lo so ( e in questo caso le ipotesi sono due ): o si tratta di cose che si possono ignorare senza scapito della fede e della salvezza e allora, se ne sarò capace, rassicurerò anche te stessa adducendone il motivo, oppure si tratta di cose ch'io non so, ma sono tuttavia necessarie a sapersi e allora o con la preghiera otterrò dal Signore la capacità d'aiutarti - poiché spesso il dovere di dare è merito per ottenere - oppure ti risponderò per farti sapere a chi dobbiamo ambedue rivolgerci, ( Mt 7,7-8; Lc 11,9-10 ) per sapere ciò che ignoriamo ambedue.
Ho voluto fare questa premessa perché tu non nutra senz'altro la speranza d'avere da me una risposta a tutti i tuoi quesiti e perché, qualora la tua attesa resti delusa, tu non creda ch'io abbia agito con più audacia che prudenza nel darti la possibilità di pormi qualsivoglia quesito tu vorrai.
Questa proposta l'ho fatta in realtà non come un maestro perfetto, ma come uno che ha bisogno di perfezionarsi con quelli che deve istruire, o illustre signora e figlia in Cristo, degna d'essere onorata ed encomiata.
Per conto mio, anche nelle cose che io conosco più o meno, io desidero piuttosto che le sappia anche tu, anziché lasciarti nella condizione d'aver bisogno della mia scienza.
Non dobbiamo infatti desiderare che gli altri siano ignoranti per insegnare loro ciò che sappiamo noi; sarebbe invece assai meglio che fossimo tutti ammaestrati da Dio. ( Gv 6,45; Is 54,13 )
Questo avverrà certamente nella patria celeste, allorché in noi si compirà quanto è stato promesso, sicché nessuno avrà più ragione di ripetere al suo prossimo: Conosci il Signore, poiché, come sta scritto, lo conosceranno tutti, dal più piccolo al più grande.
Colui che insegna deve inoltre evitare con ogni cura il vizio della superbia, che invece non si trova in chi impara; ecco perché la Sacra Scrittura ci ammonisce dicendo: Ciascuno sia pronto ad ascoltare, ma lento a parlare. ( Gc 1,19 )
Il Salmista inoltre esclama: Fammi sentire la gioia e la letizia, soggiungendo subito dopo: ed esulteranno le ossa che tu hai fiaccate. ( Sal 51,10 )
Egli aveva compreso ch'è assai facile conservare l'umiltà nell'ascoltare, mentre essa è difficile nell'insegnare, poiché è necessario che il maestro occupi un posto più alto, in cui è difficile ottenere che non s'insinui la superbia.
Vedi ora quali rischi noi corriamo per causa di coloro dai quali si esige che non solo siamo dei maestri, ma altresì, che pur essendo noi solo degli uomini, insegniamo le verità che riguardano Dio.
Di tali fatiche e pericoli cui noi andiamo incontro, noi riceviamo d'altronde una ricompensa speciale, quando voi fate tali progressi da giungere là dove non avrete più bisogno d'avere per maestro nessun uomo.
A correre però un simile pericolo non siamo soltanto noi - a confronto di colui del quale sto per parlare che cosa siamo noi? - non siamo dunque noi soltanto a correre un simile rischio, ma dichiara d'averlo corso anche il Maestro dei Gentili ( 1 Tm 2,7 ) quando afferma: Affinché io non insuperbissi delle straordinarie rivelazioni ricevute, mi fu confitta una spina nella carne. ( 2 Cor 12,7 )
Per questo motivo lo stesso nostro Signore, mirabile medico di questo tumore della superbia, dice: Non fatevi chiamare maestri dagli uomini, poiché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. ( Mt 23,8.10 )
Attenendosi a tale massima anche il Maestro dei Gentili afferma: Non vale nulla né chi pianta né chi innaffia, ma Colui che fa crescere, cioè Dio. ( 1 Cor 3,7 )
Si ricordò di questa verità colui che, pur essendo il più grande tra i nati da una donna, ( Mt 11,11; Lc 7,28 ) quanto più era grande, tanto più s'umiliava ( Sir 3,20 ) tra tutti, affermando d'essere indegno di portare i calzari di Cristo. ( Mt 3,11; Mc 1,7; Lc 3,16; Gv 1,27 )
Cos'altro ci lascia intendere quando dice: È sposo chi ha la sposa, ma l'amico dello sposo gli sta vicino e l'ascolta e gode immensamente della voce dello sposo? ( Gv 3,29 )
È questa l'azione dell'ascoltare che al Salmista - come ho ricordato più sopra - faceva dire: Fammi sentire la gioia e la letizia, ed esulteranno le ossa che tu hai fiaccate. ( Sal 51,10 )
Sappi dunque ch'io godo della tua fede, speranza e carità con tanto maggiore sicurezza, pienezza e schiettezza quanto meno tu avrai bisogno d'imparare non solo da me, ma da chiunque altro.
Tuttavia quando mi trovavo costì e tu ti vergognavi a causa della tua età, i tuoi buoni genitori, assai condiscendenti nell'assecondare i tuoi buoni desideri, si degnarono di farmi sapere quanto grande fosse l'ardore di cui eri infiammata per la pietà e la vera sapienza e con molta gentilezza mi chiesero di non rifiutarti il mio modesto aiuto nell'istruirti in ciò che fosse necessario.
Ecco perché assecondando le dette preghiere ho ritenuto opportuno d'incoraggiarti con la presente a rivolgermi i quesiti che desideri, in modo cioè ch'io non faccia un lavoro non necessario se dovrò sforzarmi a insegnarti verità che già sai, purché tu ritenga con la massima sicurezza che, anche se potrai imparare da me qualcosa di utile alla salvezza, ti sarà maestro solo colui ch'è il maestro interiore dell'uomo interiore, il quale nella tua mente ti mostra ch'è vero ciò che viene insegnato, poiché non vale nulla né chi pianta né chi innaffia, ma chi fa crescere, cioè Dio. ( 1 Cor 3,7 )
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