Lettere |
[ … ] dal [ nostro ] fratello Alipio non sono venuto a sapere nulla di certo, salvo quanto ho letto nel promemoria inviato a Tagaste1 per mezzo del figlio di Severiano Longo, il quale è sbarcato nel nostro porto.
È così in realtà che mi è capitato di leggere il promemoria, di cui quello era latore meravigliandomi assai che non mi abbia portato alcuna lettera per me.
Nel promemoria ho letto dunque ch'essi aspettavano l'arrivo del conte maggiore per la causa di coloro che s'erano rifugiati nella chiesa.
Poiché per i Cartaginesi, per i quali soprattutto eravamo stati in ansia a causa dell'azione che avevano compiuto, Alipio dice che lo stesso giorno in cui scrisse fu inviato un silenziario con il condono per loro e che lo hanno potuto ottenere per mezzo di una lettera, sebbene fossero assenti.
In realtà però coloro che vengono da Cartagine affermano di non sapere se è arrivato, ma solo d'aver sentito dire che il condono era stato inviato a Largo e che si trovano a Roma ove sono stati inviati.
Recentemente è venuto anche un certo Giosia, un prete della diocesi di Rusicade, il quale ci ha riferito che il giorno che è partito di lì, andarono incontro al patrizio, che ormai era vicino; ma da quando è partito da noi [ … ].
[ … ] non so quale delle nostre opere stavamo dettando allorché tu ci hai lasciati.
Richiamo quindi alla tua memoria le opere che ho dettate da quando siamo tornati da Cartagine.
Ho scritto di nuovo al vescovo spagnolo Ottato riguardo alla questione dell'origine dell'anima.
Ho scritto di nuovo a Gaudenzio, vescovo dei donatisti di Thamugadi, il aveva creduto di rispondere alla precedente che gli avevo scritta io.
Ho dettato [ un libro ] contro gli Ariani per confutare un discorso che m'aveva inviato il nostro Dionigi della borgata di Giuliano e tre sermoni da inviare a Cartagine.
Nel frattempo, mentre già mi preparavo a tornare ai libri della Città di Dio, ho ricevuto all'improvviso una lettera del fedele servo di Dio Renato che da Cesarea m'inviava due libri di un certo non so quale Vittore che, da donatista, anzi da rogatista, un tempo discepolo di quel Vincenzo, al quale poco tempo addietro avevo replicato, è divenuto cattolico.
Egli ha voluto anche scrivere a proposito dell'anima biasimando la mia indecisione, perché non avrei osato stabilire con decisione se l'anima proviene per propagazione o se è infusa nuova in ciascuno di coloro che nascono, e afferma ch'essa non deriva da propagazione ma ci viene data [ da Dio ].
In quei due libri egli ha detto moltissime cose false e assurde e contrarie alla fede cattolica.
Siccome il suddetto nostro amico mi aveva chiesto con insistenza di confutare quelle affermazioni, poiché alcune di esse trascinavano nell'errore molte persone a causa dello stile piacevole, ho scritto un libro su questo argomento e l'ho indirizzato allo stesso nostro carissimo amico e desidero scrivere a Vittore in persona poiché lo ritengo assai necessario.
E, per fare anche i restanti commenti sul Vangelo di Giovanni, ho già cominciato a dettare le omelie esegetiche per il popolo, non molto lunghe, da inviare a Cartagine, a condizione che, se il nostro primate desidera gli siano inviate, [ lo dica ] e quando lo avrà detto, si affretti a pubblicarle.
Ne ho già dettate sei, poiché ho riservato esclusivamente ad esse le notti del sabato e della domenica.
Da quando dunque sono tornato [ ad Ippona ], cioè dall'undici di settembre al primo di dicembre, ho dettato circa seimila righe.
Desidero vivamente che si avveri quanto mi ha scritto la Santità tua a proposito di Donaziano, a noi assai caro: il Signore ci conceda che ciò avvenga.
Gli stessi fratelli infatti hanno aggiunto a quella questione un non so che da loro non detto prima e a cui dovremmo rispondere; io l'avrei inserito in quell'opera, se non fosse stata già pubblicata per i nostri carissimi fratelli, i vescovi spagnoli, e perciò non sembrasse opportuno doversi dettare in un'altra opera.
Mi dispiace però che le cose, che di qua e di là ci vengono imposte inaspettatamente da dettare, c'impediscano di terminare quelle che abbiamo già predisposte e che stiamo scrivendo, e non ci dànno tregua e non si possono rimandare ad altro tempo.
Subito dopo aver letto il promemoria della Carità tua, ho fatto copiare immediatamente i verbali ecclesiastici riguardanti la causa del fratello Maurenzio, perché potessero esserti inviati.
Ti chiedo anch'io che, quando li avrai ricevuti, tu abbia la bontà di compiere senza ritardo, con l'aiuto del Signore, ciò che hai stabilito.
Quanto a ciò che ci avrebbero scritto per mezzo del prete Numedio, io non me lo ricordo o non l'ho ricevuto.
Se non mi sbaglio, abbiamo inviato alla tua Venerabilità una copia della lettera del papa Bonifacio, con la quale rispose alla nostra relazione; desidero sapere se ti è giunta.
Noi infatti dobbiamo scrivere insieme ai nostri fratelli della Cesariense.
Il diacono, che ha portato la suddetta lettera, si trova presso di noi da quando è arrivato da Roma.
Lo trattengo io finché non si saprà chi sarà stato ordinato a Cesarea al posto del nostro fratello Deuterio - poiché la cosa è del massimo interesse - e finché non ci venga scritto, per farci sapere in qual modo dobbiamo scrivere.
Abbiamo sentito dire appunto che il vescovo Onorio briga con tutte le forze per occupare la detta cattedra e - cosa di cui ti stupirai - si dice che il cuore di molti è propenso in suo favore; i vescovi però non hanno voluto dare il loro assenso e, per sottrarsi alle pressioni di coloro che cercavano di costringerli, hanno risposto che dovevamo essere consultati prima noi e anche il papa Bonifacio.
Questo è quanto si vocifera e ci è stato riferito.
Frattanto - e questo è certo - quella Chiesa è turbata da ribellioni.
Si trova qui anche il vescovo Prisco che da Roma è giunto prima a Cartagine e lì dapprima ha cominciato a essere in comunione [ con la Chiesa che è ] in Africa; in seguito ha voluto recarsi presso di voi passando per Ippona; ma, da quando è arrivato qua gli è parso opportuno di trattenervisi finché non sapremo che cosa è successo lì a proposito dell'ordinazione del nuovo vescovo, poiché per lui si tratta della faccenda più importante, in relazione alla quale dobbiamo scrivere anche noi.
Indice |
1 | Ep. 285,2; Ep. 286,2 |