La musica

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Perfezione del senario giambico ed epico

10.20 - I piedi migliori per il verso …

M. - Lo farò, o meglio lo farà lo stesso pensiero che è comune a me e a te.

Ma ricordi, scusa, il giorno in cui abbiamo trattato dei metri?

Abbiamo detto e con l'udito abbiamo verificato che i piedi, le cui parti sono in rapporto di sesquati, o di due a tre come il cretico e i peoni, o di tre a quattro, come gli epitriti, esclusi dai poeti per la loro inferiore ritmicità, abbelliscono più convenientemente, se usati nelle clausole, l'austerità della prosa.

D. - Me ne ricordo. Ma a che cosa hanno attinenza le tue parole?

M. - Perché dobbiamo comprendere per prima cosa che, esclusi tali piedi dalla trattazione poetica, non restano che i piedi, le cui parti si rapportano secondo parità, come lo spondeo, oppure del due a uno, come il giambo, oppure secondo l'uno e l'altro, come il coriambo.

D. - Sì.

M. - Ma se essi sono il dato sensibile della poesia e se la prosa esclude i versi, ogni verso deve essere composto di questi piedi.

D. - SonO d'accordo.

Capisco che la composizione poetica diviene più alta con questi versi che con quelli usati dai poeti lirici; ma non so a che mira questo ragionamento.

10.21 - … sono quelli di genere eguale o doppio …

M. - Non essere impaziente.

Stiamo già parlando della superiorità degli esametri.

Voglio prima di tutto mostrarti se ne sono capace, che gli esametri più qualificati possono essere soltanto delle due figure seguenti, che sono anche le più note.

Una è il verso epico, come: Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris, che l'opinione corrente scandisce con spondei e dattili e una più sottile teoria con spondei e anapesti.

L'altro è detto senario giambico, ma in base alla medesima teoria si scopre che è trocaico.

Ora ti rimane evidente, come credo, che se non si alternano sillabe brevi alle lunghe, la successione dei tempi diviene in certo senso troppo lenta e se al contrario non si alternano sillabe lunghe alle brevi, la successione diviene troppo rapida e quasi vibrata.

Nessuna delle due è dunque proporzionata, anche se entrambe soddisfano l'udito con l'eguaglianza dei tempi.

Per questo i versi che hanno sei pirrichi o sei proceleusmatici non possono aspirare alla dignità dell'esametro epico né quelli che hanno sei tribraci alla dignità del senario trocaico.

Inoltre se in questi versi che la ragione stessa reputa più perfetti si cambia la disposizione dei cola, tutto il verso sarà sconvolto al punto che si dovranno scandire piedi diversi.

Sono dunque più invertibili, per così dire, di quelli che sono formati o di tutte brevi o di tutte lunghe.

Perciò non ha rilevanza se in questi schemi più omogenei si dispongono i cola con cinque e sette semipiedi oppure con sette e cinque.

Con nessuna delle due il verso varia con un mutamento tale che sembri svolgersi con altri piedi.

Negli altri invece se la composizione poetica cominciasse con versi, in cui il comma all'inizio ha cinque semipiedi, non bisognerebbe mischiarvi versi che hanno sette semipiedi all'inizio.

Altrimenti sarebbe possibile invertire tutti i cola perché non si darebbe diversificazione di piedi che liberi dall'invertimento.

Tuttavia è concesso agli epici, molto raramente, di allineare tutti spondei.

Ma questa nostra ultima epoca non ha approvato il fatto.

Sebbene nei senari giambici ossia trocaici sia consentito porre in qualsiasi sede il tribraco, tuttavia è stato considerato molto brutto che in queste composizioni poetiche il verso sia scomposto in tutte brevi.

10.22 - … ed hanno parità di brevi e lunghe

Sono esclusi dunque dalla composizione in esametri gli epitriti, non solamente perché sono più adatti alla prosa, ma anche perché se sono sei, come pure i dispondei, superano i trentadue tempi.

Sono esclusi anche i piedi di cinque tempi perché la prosa li impiega soprattutto come clausole.

Sono esclusi inoltre dal computo di tempi, di cui stiamo parlando, i molossi e gli altri piedi di sei tempi, sebbene conferiscano alle composizioni poetiche grande bellezza.

Restano i versi di tutte sillabe brevi, cioè quelli che hanno pirrichi, proceleusmatici e tribraci, o di tutte lunghe, cioè quelli che hanno spondei.

E sebbene essi rientrino nella dimensione dell'esametro, devono cedere tuttavia alla dignità e proporzione di quelli che sono variati con brevi e lunghe e che perciò hanno minore possibilità di subire invertimento.

11.23 - L'uso ha consacrato questi schemi

Ma ci si può chiedere perché sono stati giudicati più perfetti i senari, in alcuni dei quali una sottile teoria scandisce anapesti, e in altri scandisce trochei, anziché nel primo caso dattili e nel secondo giambi.

Non si può anticipare la soluzione del problema perché si tratta di numeri.

Ma se il verso fosse: Troiae qui primus ab oris arma virumque cano, e per il giambico: Qui procul malo pius beatus ille, sarebbero ugualmente tutti e due senari, ugualmente equilibrati nella proporzione di sillabe brevi e lunghe, egualmente invertibili, e nell'uno e nell'altro i cola sono egualmente disposti in modo che l'emistichio si chiuda al quinto e settimo semipiede.

Perché dunque sono considerati migliori se sono così: Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris, e: Beatus ille qui procul pius malo?

In proposito io sarei propenso a dire che per una eventualità essi sono stati ravvisati e usati per primi.

Ma non è stata una eventualità, credo, che si sia preferito finire il verso epico con due lunghe piuttosto che con due brevi e una lunga poiché l'udito rimane più soddisfatto delle lunghe, e che il trocaico avesse nel semipiede, finale una sillaba lunga anziché una breve.

Il fatto sta che gli schemi scelti per primi dovevano necessariamente escludere gli altri che potevano essere composti dei medesimi cola, ma scambiati di posto.

Se si è dunque giudicato migliore l'esametro con questo schema: Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris, invertendolo si sarebbe avuto un altro schema a danno dell'estetica, come: Troiae qui primus ab oris, arma virumque cano.

Altrettanto si deve intendere per lo schema trocaico.

Infatti se è più bello: Beatus ille qui procul negotio,6 non è opportuno ottenere lo schema che si ha invertendolo così: Qui procul negotio beatus ille.

Tuttavia se qualcuno ne avesse il coraggio e componesse versi simili, è ovvio che compone sempre esametri, ma con schemi diversi.

Gli altri però sono più perfetti.

11.24 - Gli esametri e la licenza poetica

Dunque i due senari, i più belli di tutti, non hanno potuto conservare la loro purezza contro l'arbitrio degli uomini.

Nello schema trocaico, e non solo senario, ma dalla quantità minore di piedi fino alla lunghezza maggiore che ha otto piedi, i poeti hanno ritenuto di poter mescolare tutti i piedi di quattro tempi che si usano nella poesia.

I greci poi li pongono alternativamente al primo e terzo posto e così di seguito, se il verso comincia con un semipiede, se invece comincia con un trocheo completo, i piedi più lunghi sono posti al secondo e quarto posto e così di seguito rispettando la quantità dei piedi.

Per rendere tollerabile la contaminazione, non hanno diviso con la percussione ciascun piede in due parti, di cui una in arsi e una in tesi, ma dando un piede intero all'arsi e un altro alla tesi e considerando quindi l'esametro come un trimetro, hanno ricondotto la percussione alla divisione degli epitriti.

Ora quantunque gli epitriti siano propri più della prosa che della poesia e quantunque non si abbia più un esametro ma un trimetro, se almeno questo schema si osservasse regolarmente, non sarebbe completamente turbata la già trattata eguaglianza dei ritmi.

Ma ora, purché i piedi di quattro tempi siano posti nelle sedi indicate, è ammesso porli in tutte quelle sedi ma anche dovunque e tutte le volte che si vuole.

I nostri antichi poeti poi, nell'interporre piedi di tal genere, non hanno potuto conservare nemmeno la quantità richiesta.

Perciò nello schema trocaico i poeti, con questa contaminazione arbitraria, hanno ottenuto ciò che si deve supporre volessero ottenere, e cioè che le composizioni drammatiche fossero il più possibile vicine alla prosa.

Ma si è detto abbastanza sul motivo per cui i versi trocaici e dattilici sono stati preferiti fra i senari.

Vediamo ora perché gli esametri sono stati ritenuti versi più perfetti di altri versi con un altro qualsiasi numero di piedi.

A meno che tu non abbia qualche difficoltà in proposito.

D. - No, sono d'accordo.

Ma attendo con impazienza di conoscere, se adesso almeno è possibile, quella eguaglianza di commi, alla quale dianzi mi hai profondamente interessato.

12.25 - Arsi e tesi vere dimensioni del senario

M. - Sii attento dunque e dimmi se, secondo te, è possibile dividere la lunghezza in parti all'infinito.

D. - I concetti mi sono evidenti.

Ritengo sia impossibile dubitare che la lunghezza, cioè la linea, ha una sua metà e può dunque esser divisa con una trasversale in due linee.

E poiché le due linee ottenute dalla divisione sono senza dubbio linee, è chiaro che anche di esse si può fare altrettanto.

Perciò, per quanto piccola, ogni lunghezza può esser divisa in altre parti all'infinito.

M. - Hai risposto prontamente e bene.

Ed ora dimmi se è esatta l'affermazione che la linea da tracciarsi per ottenere la superficie, che da essa ha origine, genera una superficie corrispondente al proprio quadrato.

Se infatti si traccia in superficie meno o più di quanto è lunga la linea con cui si traccia, non si ha il quadrato, se tanto quanto la linea, non si ha altro che il quadrato.

D. - Capisco e ne ho certezza; che cosa infatti di più vero?

M. - Capisci, penso, che cosa se ne conclude.

Se invece di una linea si pongono delle pietruzze eguali disposte in lungo, questa lunghezza non giunge al quadrato se le pietruzze non sono moltiplicate per lo stesso numero.

Se, ad esempio, si allineano due pietruzze, non si avrà il quadrato se non aggiungendone altre due in larghezza, se tre, bisogna aggiungerne sei, ma tre e tre distribuite nelle due dimensioni in senso di larghezza, giacché se sono disposte in lunghezza, non si ottiene alcuna figura.

Infatti la lunghezza senza larghezza non è figura.

E così proporzionalmente si possono considerare gli altri numeri.

Infatti come due, per due e tre per tre sono quadrati nei numeri, così quattro per quattro, cinque per cinque, sei per sei e così all'infinito negli altri numeri.

D. - Anche questi concetti sono veri ed evidenti.

M. - Ed ora rifletti se esiste la lunghezza di tempo.

D. - Non v'è dubbio; non si ha tempo senza lunghezza.

M. - E il verso può non occupare una certa lunghezza di tempo?

D. - Anzi è necessario che l'abbia.

M. - E che cosa invece delle pietruzze poniamo più convenientemente in questa lunghezza?

I piedi che sono divisi necessariamente in due parti, una in arsi e una in tesi, o piuttosto gli stessi semipiedi che sono uno in arsi e uno in tesi?

D. - Penso che più convenientemente invece delle pietruzze si pongono i semipiedi.

12.26 - Perfetta eguaglianza fra i commi dei senari

M. - Ed ora ricorda quanti semipiedi ha il comma più breve del verso epico.

D. - Cinque.

M. - Fa' un esempio.

D. - Arma virumque cano.

M. - E desideri altro se non conoscere come gli altri sette semipiedi siano in rapporto di eguaglianza con questi cinque?

D. - No, niente altro.

M. - E i sette semipiedi possono formare da soli un verso completo?

D. - Sì. Il primo e più breve verso ha proprio questo numero di semipiedi, con l'aggiunta al ritmo della pausa in fine.

M. - Dici bene, ma perché possa essere verso, come si divide in due cola?

D. - In quattro e tre semipiedi, naturalmente.

M. - Moltiplica dunque ciascuna di queste due parti secondo il quadrato e dì quanto fa quattro per quattro.

D. - Sedici.

M. - E tre per tre?

D. - Nove.

M. - Ed insieme?

D. - Venticinque.

M. - Dunque sette semipiedi possono contenere due cola.

Se ciascuno dei due cola si riporta alla legge del quadrato, danno assommati il numero venticinque.

Ed è una parte del verso epico.

D. - Sì.

M. - Ora il primo emistichio che ha cinque semipiedi non può essere diviso in due cola e deve corrispondere con una determinata eguaglianza all'altro.

Non deve dunque essere moltiplicato tutto intero secondo il quadrato?

D. - Non la penso diversamente e scopro finalmente la singolare eguaglianza.

Infatti cinque per cinque fanno ugualmente venticinque.

E per questo non immeritatamente gli esametri sono divenuti più noti e perfetti.

A mala pena può esprimersi la differenza che esiste fra la loro eguaglianza, sebbene con commi ineguali, e quella di tutti gli altri versi.

13.27 - Diverse eguaglianze nel verso

M. - La mia promessa non ti ha deluso, o meglio non ci ha deluso la teoria che entrambi seguiamo.

Ed ora, tanto per chiudere una buona volta questo discorso, puoi notare che si danno metri, per così dire innumerevoli.

Tuttavia non si dà verso senza due cola rapportati fra di loro o con un numero eguale di semipiedi compiuti ma non invertibili, come in: Maecenas atavis// edite regibus, oppure con un numero ineguale di semipiedi, ma congiunti con una determinata eguaglianza, come quattro e tre, cinque e tre, cinque e sette, sei e sette, otto e sette, sette e nove.

Il verso trocaico può appunto cominciare con un piede compiuto, come in: Optimus beatus ille qui procul negotio, oppure con un piede incompiuto, come in: Vir optimus beatus ille qui procul negotio, ma non può terminare che con un piede incompiuto.

Ma tutti i piedi incompiuti, sia che abbiano un semipiede intero, come nell'ultimo che ho citato, o meno di un semipiede, come le due brevi finali del verso coriambico: Maecenas atavis edite regibus, o più di un semipiede, come al principio del medesimo verso le due lunghe o il bacchio alla fine di un differente verso coriambico, come: Te domus Evandri, te sedes celsa Latini,7 tutti questi piedi incompiuti dunque si considerano semipiedi.

13.28 - Sistemi strofici o periodici

Inoltre non si fanno composizioni poetiche soltanto con versi, in cui si mantiene il medesimo schema, come quelle dei poeti epici e anche comici, ma i poeti lirici costruiscono anche sistemi strofici, che i greci chiamano περίοδοι, non soltanto con metri che sfuggono alle regole del verso, ma anche con versi.

Ad esempio questo di Orazio: Nox erat, et caelo fulgebat luna sereno Inter minora sidera8 è un sistema di due cola ed è formato di versi.

Ma questi due versi non potrebbero essere uniti nel sistema, se l'uno e l'altro non si rapportassero a piedi di sei tempi.

Infatti lo schema del verso epico non si rapporta con quello del giambico e del trocaico, poiché i piedi del primo si dividono in parti eguali e quelli degli altri nel rapporto di due a uno.

I sistemi strofici si compongono dunque o unicamente di metri, senza versi, come quelli, di cui abbiamo parlato precedentemente quando abbiamo trattato dei metri o unicamente di versi, come quelli di cui si sta parlando o in modo da essere contemperati di versi e metri, come questo: Diffugere nives, redeunt iam gramina campis, Arboribusque comae.9

Ha poca importanza all'estetica uditiva l'ordine con cui sono disposti i versi con gli altri metri e i cola più lunghi con i più corti, purché il sistema strofico non abbia meno di due cola e non più di quattro.

Ma se non hai obiezioni, si ponga fine a questa discussione.

Come continuazione dell'argomento attinente a questa parte della musica che consiste nei ritmi dei tempi, da queste sue orme sensibili dobbiamo giungere, con la capacità di cui disponiamo, alla sua dimora segreta, in cui essa è spoglia del dato sensibile.

Indice

6 Orazio, Epod. 2, 1
7 Ennio, Ann. fr. inc. sedis
8 Orazio, Epod. 15, 1-2
9 Orazio, Odi 4, 7, 1-2