La santa verginità |
20. Certuni, invaghiti della verginità, pretesero di poter abominare le nozze, quasi fossero un adulterio.
Altri, per difendere il matrimonio, non ammisero alcuna superiorità o differenza di merito fra la continenza perpetua e la castità coniugale.
Come se i pregi di una Susanna potessero sminuire la dignità di Maria, o, viceversa, la maggiore dignità di Maria dovesse coinvolgere una riprovazione per Susanna.
Assurdo, quindi, che le parole: Io però vi uso indulgenza, ( 1 Cor 7,28 ) dette dall'Apostolo alle donne sposate o in procinto di sposarsi, equivalgano a un rifiuto di precisare la pena che nell'altra vita sarà inflitta alle persone sposate.
Sarebbe come se Paolo volesse spedire all'inferno colei che Daniele liberò da una condanna temporale.
O come se la vita coniugale e la fedeltà, per la quale Susanna preferì esporsi alla morte sotto la falsa accusa di adulterio, potessero diventare motivo di condanna dinanzi al tribunale di Cristo.
Lei diceva: È meglio per me cadere [ innocente ] nelle vostre mani anziché peccare dinanzi a Dio. ( Dn 13,23 )
Ma questo ragionamento sarebbe risultato assurdo se poi Dio l'avesse non liberata, per aver conservato la castità coniugale, ma condannata per essersi unita in matrimonio.
Ma la castità coniugale ha in sua difesa, contro ogni sorta di detrattori e di denigratori, la sacra Scrittura e la sua verità.
E ogni volta che s'interviene a difenderla, è Susanna che viene ancora difesa dallo Spirito Santo contro falsi testimoni e viene liberata dalla colpa falsamente attribuitale.
E questo con risonanza ancora più grande.
Allora infatti si incriminava una sola persona, adesso tutta la categoria delle sposate; allora si esigeva la pena a causa d'un adulterio occulto e inesistente, adesso si intenta un processo contro l'istituzione stessa del matrimonio, regolare e palese.
E l'accusa, allora lanciata contro una sola donna, si basava su affermazioni di vecchi depravati; oggi sono sotto accusa tutti i mariti e tutte le mogli, per una sentenza che l'Apostolo si sarebbe ( nientemeno! ) rifiutato di pronunziare.
Dicono infatti: La vostra condanna non ha voluto esprimerla, ma l'ha sottintesa nelle parole: Ma io vi uso indulgenza. ( 1 Cor 7,28 )
Chi si sarebbe comportato così? Colui che un po' più avanti aveva detto: Se prendi moglie non pecchi, e se una vergine si sposa non pecca. ( 1 Cor 7,28 )
Come fate a vedere una condanna del matrimonio nelle parole che egli per discrezione non dice, e a non riconoscere una apologia del matrimonio nelle parole tanto chiare che proferisce?
Potrà forse Paolo condannare tacendo uno che a chiare parole ha assolto?
E non sarebbe più leggera l'accusa, non dico di matrimonio ma anche di adulterio, lanciata contro Susanna, che non l'accusa di falsità pronunziata contro un apostolo e la sua dottrina?
Che fare di fronte a tanta minaccia? Convincerci che è ugualmente sicuro e manifesto non doversi riprovare le nozze e la castità coniugale, come è sicuro ed evidente che la sacra Scrittura non può contenere menzogne.
Potrebbe obiettare qualcuno: Ma tutto questo cosa c'entra con la sacra verginità e la perpetua continenza, di cui si vuol fare l'elogio nel presente trattato?
Rispondo: In primo luogo - e lo ricordavo già sopra - l'eccellenza dello stato verginale risulta aumentata se alla sua conquista si giunge non evitando un peccato ma lasciandosi alle spalle uno stato pur esso apprezzabile, qual è lo stato coniugale.
Se così non fosse - cioè se la continenza perpetua si abbracciasse per il solo fatto che le nozze sono peccato - non occorrerebbe tesserne elogi particolari: basterebbe non dirne male.
In secondo luogo, quando si esorta la gente a tendere a questa nobilissima meta, lo si fa non per adeguarsi a insegnamenti umani ma per rispetto verso l'autorità divina della Scrittura.
E allora la cosa riveste un peso tutt'altro che indifferente, né ci si può passare sopra con leggerezza, per non dare ad alcuno l'impressione che si ammettano delle falsità nella Scrittura stessa.
Coloro che spingono le sacre vergini a seguire la loro vocazione condannando le nozze, fanno piuttosto opera di dissuasione che non di persuasione.
Come possono infatti ritenere per vero l'insegnamento che è preferibile non maritare una ragazza, ( 1 Cor 7,38 ) se ritengono per falso quanto è scritto poco avanti, e cioè che chi la lascia sposare fa bene anche lui?
Se invece credono con fede assoluta alla sacra Scrittura quando parla dell'onestà delle nozze, incoraggiate dall'autorità e dalla veracità della parola divina e rese da essa fervorose e fidenti, si muoveranno con passo spedito verso il loro ideale più perfetto.
A questo punto riteniamo d'aver detto abbastanza sul tema che ci eravamo proposto e d'averlo dimostrato nei limiti del nostro possibile.
Pertanto le parole dell'Apostolo: Ritengo questo esser meglio a motivo della necessità presente ( 1 Cor 7,26 ) non debbono essere intese nel senso che le vergini consacrate siano, rispetto alle donne cristiane sposate, in una condizione di privilegio solo per quel che concerne la vita presente, senza distinguersene in dignità quanto al Regno dei cieli e il mondo avvenire.
Viceversa, le altre parole, dove alle persone che si orientano verso il matrimonio viene detto che avranno la tribolazione nella carne o che si usa loro indulgenza, ( 1 Cor 7,28 ) non bisogna intenderle quasi che le nozze siano un peccato, sulla cui condanna l'Apostolo preferisce tacere anziché pronunziarsi apertamente.
Di queste due sentenze si sono approfittati due movimenti ereticali, fra loro diametralmente opposti: peccato però che non le abbiano capite!
Della prima, ove si parla della necessità presente, si sono fatti forti coloro che pretendono di porre sullo stesso piano sposati e non sposati.
Dell'altra, cioè delle parole: Ma io vi perdono, hanno abusato coloro che pretendono condannare il matrimonio.
Noi però vogliamo restare fedeli alle sacre Scritture e alla sana dottrina; e quindi neghiamo che le nozze siano peccato, pur collocandole, nella scala dei valori, al di sotto della continenza, non solo verginale ma anche vedovile.
Quanto alla necessità presente delle persone sposate, diciamo che essa è un ostacolo a conseguire il merito, non già della vita eterna, ma di quella gloria e di quello splendore speciale che è riservato alla continenza perfetta.
Quanto alle nozze in se stesse, diciamo che, nell'era in cui viviamo, esse giovano solo a coloro che non riescono a contenersi.
E finalmente, se l'Apostolo non ha omesso di ricordare la tribolazione nella carne, che trae origine dall'amore carnale inerente necessariamente alla vita matrimoniale abbracciata da chi non sa contenersi, l'ha fatto per ammonirci della vera realtà delle cose, e, se non l'ha spiegato più chiaramente, l'ha fatto per un riguardo alla fragilità umana.
La castità perfetta e perpetua è da scegliersi non in relazione alla vita presente ma a quella avvenire, non per questo mondo ma per il Regno dei cieli.
Appare all'evidenza da indiscutibili brani biblici, quanti siamo in grado di ricordare nell'ambito modesto della nostra memoria.
Lo si ricava, ad esempio, dalle parole che un po' più avanti scrive l'Apostolo: Chi non ha moglie si dà pensiero delle cose del Signore, in che modo possa piacergli; chi invece è coniugato, si dà pensiero delle cose del mondo, di come possa piacere alla moglie.
E c'è una gran differenza fra la donna non sposata, specialmente una vergine, e colei che è sposata: la donna non sposata si occupa delle cose del Signore, sì da essere santa di corpo e di spirito, la sposata invece ha da occuparsi in cose del mondo, come cioè piacere al marito. ( 1 Cor 7,32-34 )
Non dice: " La vergine si dedica a quel che le procura tranquillità in questo mondo, in modo da passare la vita senza molestie, almeno le più gravi ".
Non dice neppure che la donna non sposata e vergine è divisa ( cioè si diversifica e distingue ) da quella sposata nel senso che la non sposata è, nella vita presente, al riparo dalle molestie temporali che invece gravano quaggiù sulle persone coniugate.
Dice inequivocabilmente: Si dà pensiero delle cose di Dio e di come piacergli e: Può attendere alle cose del Signore, in modo da essere santa nel corpo e nello spirito. ( 1 Cor 7,32-34 )
E nessuno, suppongo, vorrà essere così stolto nel suoi cavilli da asserire che, quando ci proponiamo di piacere a Dio, lo facciamo non in vista del Regno dei cieli ma per il mondo presente, o che le vergini debbono essere sante nel corpo e nello spirito per la vita temporale e non per quella eterna.
Una tale convinzione, cosa mai sarebbe se non un condannarsi ad essere il più miserabile di tutti gli uomini?
Come dice l'Apostolo: Se speriamo in Cristo solo per la vita presente, siamo i più miserabili di tutti gli uomini. ( 1 Cor 15,19 )
Se infatti è sciocco colui che spezza il pane all'affamato per motivi esclusivamente contingenti, come potrà chiamarsi saggio colui che mortifica il suo corpo con la continenza e rifugge dal matrimonio senza riportarne alcun vantaggio nel Regno dei cieli?
Ascoltiamo il Signore e il suo chiarissimo insegnamento.
Parlava con accenti divinamente terribili, riprovando ogni divorzio che non fosse stato per motivo di fornicazione, tanto che gli Apostoli ebbero a dirgli: Se in tali termini si pone il problema della moglie, non vale la pena sposarsi.
Al che il Signore rispose: Non tutti capiscono questa parola.
Ci sono infatti degli evirati che sono così dalla nascita; e ce ne sono altri resi tali dagli uomini; ma ce ne sono ancora di quelli che si sono mutilati loro stessi per il Regno dei cieli. Capisca chi può! ( Mt 19,10-12 )
Cosa poteva dire di più vero e di più chiaro?
E chi lo dice è Cristo, la Verità, la Potenza e la Sapienza di Dio; e afferma che quanti si astengono dal matrimonio per motivi soprannaturali si rendono eunuchi per il Regno dei cieli.
Come potrà allora l'uomo, vano com'è, avere il coraggio, anzi l'empia temerità, di sostenere che chi abbraccia la continenza ha sì il vantaggio di sottrarsi a beghe e angustie che in questa vita esperimentano i coniugi, ma nel Regno dei cieli non conseguono nulla più degli altri?
Di certi eunuchi parla il Signore per bocca del profeta Isaia.
Dice che darà loro un luogo segnalato nella sua casa e dentro le sue mura, molto più distinto che non quello dei figli e delle figlie.
E chi saranno mai costoro, se non quei tali che si sono resi eunuchi per il Regno dei cieli? ( Is 56,5 )
Poiché, quanto agli altri eunuchi - ad esempio dei nobili o dei re - che sono stati ridotti all'impotenza dagli uomini e non possono più generare, sarebbe stato sufficiente, una volta diventati cristiani e supposto che osservino la legge di Dio, ma conservano l'intenzione di sposarsi nei limiti loro consentiti, sarebbe stato sufficiente ( dico ) porli sullo stesso piano di dignità che nella casa di Dio occupano gli altri sposi cristiani: coloro cioè che, generata la prole con atti leciti e senza mancare alla castità, la educano nel timore di Dio e le insegnano di riporre in Dio ogni fiducia.
Non c'era bisogno d'assicurare loro un posto di privilegio rispetto ai figli e alle figlie.
Essi, infatti, se non prendono moglie, lo fanno per necessità fisica, non per virtù dell'animo.
Che se qualcuno, amante delle sottigliezze, s'ostinasse ancora a ritenere che il Profeta parli di questi eunuchi in senso materiale, mutilati cioè nel loro corpo, anche in tale ipotesi e proprio da questo errore trarrebbe un valido argomento la sentenza che abbiamo abbracciato.
Vi si dice infatti che Dio preferisce questi eunuchi, non a gente che nella casa non rappresenta nulla, ma a coloro che posseggono la dignità della gente sposata con figli.
Quando infatti dice: Darò ad essi un posto molto più elevato, ( Is 56,5 ) fa capire che anche ai coniugi compete un certo grado di gloria; solo che è molto inferiore.
Ammettiamo dunque che la profezia annunzi l'esistenza, nella casa di Dio, di detti eunuchi nella carne, quali non esistevano nel popolo d'Israele.
Constatiamo infatti che questi tali non abbracciano il giudaismo ma si fanno cristiani.
Ammettiamo ancora che il Profeta non parli di coloro che rinunziano al matrimonio per motivi di castità e si rendono eunuchi in vista del Regno dei cieli.
Ammesso anche tutto questo, è mai possibile che ci sia qualcuno talmente dissennato e ostile alla verità da ritenere che, se gente così mutilata nel loro fisico può raggiungere, nella casa di Dio, una dignità superiore a quella dei coniugati, è possibile che gli altri - cioè coloro che praticano la continenza per motivo religioso, esercitando sul loro corpo un dominio che giunge fino alla rinuncia del matrimonio e si castrano non già nel corpo ma nella stessa radice della concupiscenza, pur di attuare qui in terra, nonostante la loro condizione di mortali, un genere di vita angelica e celeste - debbano essere ritenuti di pari merito delle persone sposate?
Possibile mai che un cristiano si voglia mettere in contrasto con Cristo, che elogia quanti si evirano non per il secolo presente ma per il Regno dei cieli, e affermi che tale gesto, utile per la vita presente, non lo sia per la vita futura?
Cosa altro resta a costoro, se non che affermino che il Regno stesso dei cieli rientra nell'ambito di questa vita temporale nella quale viviamo?
Perché, alla fin fine, non dovrebbe arrivare a tale mostruosità uno che sia talmente cieco e presuntuoso?
Ma ci potrebbe essere conclusione più pazza di questa?
È vero, infatti, che il nome di Regno dei cieli è dato anche alla Chiesa del tempo presente; tuttavia ciò lo si fa solo in quanto essa è adunata in ordine alla vita futura ed eterna, e, sebbene a lei siano state fatte promesse della vita presente e di quella futura, ( 1 Tm 4,8 ) essa, in ogni opera buona, ha di mira non le cose che appaiono, ma quelle che non appaiono.
Le cose visibili infatti sono temporanee, mentre quelle che non si vedono sono eterne. ( 2 Cor 4,18 )
Lo Spirito Santo non ha omesso un argomento che, essendo chiaro e incontrastato, valesse contro questi uomini ostinati nella loro sfrontatezza e incoscienza: un argomento che, qual difesa insuperabile, respingesse dal suo ovile il loro feroce attacco.
Aveva detto degli eunuchi: Darò loro nella mia casa ed entro le mie mura un posto privilegiato, molto migliore di quello riservato ai figli e alle figlie. ( Is 56,6 )
E affinché nessuno, di mentalità troppo terrena, potesse, in forza di queste parole, attendersi un qualche bene temporale, subito aggiunse: Darò loro un nome eterno, che non verrà mai meno. ( Is 56,6 )
Come se dicesse: Perché indugi, o malvagia cecità? Perché indugi?
Perché vuoi gettare in faccia alla luce della verità l'oscuro della tua cattiveria?
Perché, di fronte a tanta limpidezza delle Scritture, cerchi le tenebre per insidiare?
Perché ai santi continenti prometti solo dei vantaggi temporali?
Darò loro un nome eterno.
Perché ti ostini a circoscrivere entro l'ambito di interessi terreni l'ideale di coloro che si astengono da contatti carnali e che, in tanto se ne astengono, in quanto pensano alle cose del Signore, come, cioè, piacere a lui?
Darò loro un nome eterno.
Perché pretendi che si debba intendere limitato a questa vita il Regno dei cieli, per il quale i santi eunuchi si sono volontariamente evirati?
Darò loro un nome eterno.
E se per caso volessi insistere nell'interpretare questo eterno nel senso di "durevole", aggiungo, sottolineo, ricalco: Non verrà mai meno.
Cosa cerchi ancora? Cosa dici ancora?
Questo nome eterno, qualunque cosa esso sia, che viene promesso agli eunuchi di Dio, indica certamente una gloria loro propria e particolarmente sublime: una gloria che non sarà comune a molti, anche se viventi nello stesso Regno e nella stessa dimora [ divina ].
E può darsi anche che una tal gloria sia stata chiamata nome proprio perché distingue coloro ai quali è concessa da tutti gli altri.
Ma allora - obiettano - cosa vuol dire quel denaro che, terminato il lavoro nella vigna, viene dato indistintamente a tutti, sia che abbiano lavorato fin dalla prima ora, sia che abbiano lavorato un'ora sola? ( Mt 20,9 )
Cosa significa, se non un qualcosa che gli eletti riceveranno tutti senza distinzione?
E tale è appunto la vita eterna o il Regno di Dio, dove saranno tutti coloro che Dio ha predestinati, chiamati, giustificati, glorificati.
È necessario infatti che questo corpo corruttibile si rivesta di incorruzione, e questo corpo mortale si rivesta d'immortalità. ( 1 Cor 15,53 )
Questo è quel denaro, mercede di tutti.
Tuttavia una stella differisce dall'altra in splendore; e così sarà anche nella resurrezione dei morti. ( 1 Cor 15,41-42 )
Questi sono i diversi meriti che ciascun santo ha.
Se quel denaro indica il cielo, l'essere in cielo, ovviamente, è comune a tutti gli astri; e tuttavia altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna, altro lo splendore delle stelle. ( 1 Cor 15,41 )
Se quel denaro indica la salute del corpo, quando stiamo bene la salute è comune a tutte le membra; e, se durasse fino alla morte, si troverebbe contemporaneamente e in uguale misura in tutte.
E tuttavia Dio ha posto le membra, distribuendole nel corpo come ha voluto, ( 1 Cor 12,18 ) perché non tutto il corpo fosse occhio, né tutto udito, né tutto odorato.
Così ogni membro - questi nominati e gli altri ancora - ha la sua funzione, benché abbia con tutte le altre membra in comune la salute.
Allo stesso modo, siccome la vita eterna in se stessa sarà uguale per tutti i santi, a tutti fu dato ugualmente un denaro; ma, poiché nell'unica vita eterna gli splendori dei meriti brilleranno in modo diverso, presso il Padre ci sono molte dimore. ( Gv 14,2 )
Per questo motivo, essendo il denaro uguale per tutti, l'uno non vive più a lungo dell'altro; essendo invece molte le dimore, l'uno è onorato con più gloria dell'altro.
Avanti dunque, o santi di Dio, fanciulli e giovinette, uomini e donne, celibi e nubili!
Continuate con perseveranza sino alla fine!
Lodate il Signore, tanto più dolcemente quanto più intensamente pensate a lui.
Sperate in lui con tanta più felicità quanto maggiore è lo zelo con cui lo servite.
Tanto più ardente sia il vostro amore per lui quanto maggiore è la cura nel piacergli.
Con i lombi cinti e le lampade accese aspettate il Signore al suo ritorno dalle nozze. ( Lc 12,35-36 )
Nelle nozze dell'Agnello voi cantate un cantico nuovo, accompagnandovi con le vostre cetre.
Certamente non sarà, quel canto, lo stesso che canterà la terra intera, a cui si dice: Cantate al Signore un cantico nuovo; cantate al Signore, o terra tutta! ( Sal 96,1 )
Sarà un canto che nessuno potrà cantare se non voi.
Così infatti vi ha visti nell'Apocalisse colui che più degli altri fu amato dall'Agnello, colui che era solito posare il capo sopra il suo cuore e sorbiva, per poi effonderle agli altri, le meraviglie sovrumane del Verbo di Dio.
Questo veggente vi contemplò in numero di centoquarantaquattromila santi citaredi, contraddistinti da verginità illibata nel corpo, da inviolata verità nel cuore; e di voi scrisse che seguite l'Agnello dovunque egli vada. ( Ap 14,1ss )
Dove pensiamo che vada questo Agnello, che nessuno osa o riesce a seguire, se non voi?
Dove pensiamo che vada? In quali pascoli o in quali prati?
Là - penso - dove sono pascoli le gioie celesti: non le gioie vuote o le follie ingannatrici di questo mondo, e nemmeno le gioie che nel Regno di Dio saranno concesse agli altri, non vergini, ma gioie diverse da tutte le altre.
La gioia delle vergini di Cristo, da Cristo, in Cristo, con Cristo, al seguito di Cristo, per mezzo di Cristo, in ordine a Cristo.
Le gioie proprie delle vergini di Cristo non sono le stesse delle non vergini, anche se appartenenti a Cristo.
Avranno infatti anche gli altri eletti i loro godimenti, ma nessuno ne possederà di simili.
Andate verso queste gioie; seguite l'Agnello, perché anche la carne dell'Agnello è vergine.
Egli ha conservato, anche dopo la glorificazione, quello che non aveva tolto alla madre nella concezione e nella nascita.
A ragione lo seguite dovunque vada mediante la vostra verginità del cuore e della carne.
Cosa vuol dire infatti seguire se non imitare?
Cristo infatti patì per noi, lasciandoci un esempio, come dice l'apostolo Pietro, perché potessimo seguire le sue orme. ( 1 Pt 2,21 )
Quindi, uno in tanto lo segue in quanto lo imita: non come Figlio unico di Dio, per mezzo del quale furono create tutte le cose, ma come Figlio dell'uomo, che mostrò in sé ciò che si deve imitare.
In lui vengono proposte molte cose alla imitazione di tutti; non a tutti però viene proposto d'imitarne la verginità del corpo.
Infatti non hanno più la possibilità di essere vergini coloro che hanno perso la loro verginità.
Seguano pertanto l'Agnello i fedeli che hanno perso la verginità fisica: non però dovunque egli vada, ma fin dove essi lo potranno.
Possono infatti seguirlo dovunque, fuorché là dove egli avanza per la gloria della verginità.
Beati i poveri di spirito! ( Mt 5,3 ) Imitate colui che, essendo ricco, si è fatto povero per voi. ( 2 Cor 8,9 )
Beati i miti! ( Mt 5,4 ) Imitate colui che disse: Imparate da me, perché sono mite ed umile di cuore. ( Mt 11,29 )
Beati coloro che piangono! ( Mt 5,5 ) Imitate colui che pianse sopra Gerusalemme. ( Lc 19,41 )
Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia! ( Mt 5,6 ) Imitate colui che disse: Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato. ( Gv 4,34 )
Beati i misericordiosi! ( Mt 5,7 ) Imitate colui che prestò soccorso all'uomo ferito dai briganti e abbandonato ai margini della strada mezzo morto, in condizioni disperate. ( Lc 10,30-35 )
Beati i puri di cuore! ( Mt 5,8 ) Imitate colui che non commise peccato e sulla cui bocca non si è trovato inganno. ( 1 Pt 2,22 )
Beati i pacifici! ( Mt 5,9 ) Imitate colui che pregò per i suoi carnefici: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. ( Lc 23,34 )
Beati i perseguitati per amore della giustizia! ( Mt 5,10 ) Imitate colui che patì per voi, lasciandovi un esempio affinché ne seguiate le orme. ( 1 Pt 2,21 )
Coloro che imitano l'Agnello in queste virtù, in queste stesse ne seguono le orme.
E in tale via possono, certo, camminare anche gli sposati, i quali, benché non ricalchino in modo perfetto tali orme, tuttavia sono incamminati per la stessa via.
Ecco però, a un certo momento, l'Agnello incamminarsi per il sentiero della verginità.
Come potranno seguirlo coloro che irrimediabilmente hanno perso una tale prerogativa?
Là tocca a voi seguirlo, a voi, sue vergini.
Voi seguitelo anche in questo, perché solo a questo titolo è detto che potete seguirlo dovunque egli vada.
Possiamo infatti esortare gli sposati a qualsiasi ideale di santità, in cui seguire l'Agnello, eccettuato però quello che hanno perso in modo irreparabile.
Voi, dunque, seguitelo: mantenendo con perseveranza il voto che avete fatto con amore ardente.
Finché potete, datevi da fare per non perdere il dono della verginità, perché, una volta perso, non potreste far nulla per riacquistarlo.
Vi osserverà la moltitudine dei fedeli, che in questo non può seguire l'Agnello.
Vi osserverà senza invidiarvi; e, rallegrandosi con voi, in voi riavrà quello che in sé non ha più.
Infatti, se non potrà cantare quel cantico che è solo vostro, potrà però ascoltarlo e gioire del vostro dono eccelso.
Quanto, poi, a voi che lo canterete e ascolterete ( vi sarà dato infatti d'ascoltare le vostre parole ), voi gioirete con maggiore felicità e regnerete con maggiore letizia.
Una letizia singolare, della quale tuttavia nessuno si rattristerà, nemmeno chi non la possiede.
Difatti, quell'Agnello che voi seguite dovunque vada non abbandonerà coloro che non possono seguirlo fin dove lo seguite voi.
È infatti un Agnello onnipotente, quello di cui parliamo: tale che, se precederà voi, non si allontanerà dagli altri, quando Dio sarà tutto in tutti. ( 1 Cor 15,28 )
E coloro che possederanno di meno non dissentiranno da voi.
Non ci saranno infatti sentimenti d'invidia, ma solo delle diversità nella piena concordia.
Fatevi, dunque, coraggio! Confidate, rafforzatevi, perseverate! Voi vi siete consacrate al Signore vostro Dio con perpetua castità.
Orbene, mantenete i vostri voti. ( Sal 76,12 ) Non per la vita attuale, ma per il Regno dei cieli.
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