Teologia dei Padri |
La letizia delle anime dei giusti è distribuita in sette ordini.
Anzitutto, perché hanno vinto la carne e non si sono piegate alle sue lusinghe.
In secondo luogo, perché hanno raggiunto la sicurezza, premio della loro sollecitudine e della loro innocenza, e non si trovano più immerse, come le anime degli empi, tra gli errori e i turbamenti, né vengono tormentate dal ricordo dei loro vizi né agitate dalla sollecitudine degli affari.
In terzo luogo, per la certezza che hanno, fondata sulla divina testimonianza, di aver osservato la legge, tanto da non temere l'ultimo supremo giudizio sulle loro azioni.
In quarto luogo, perché cominciano a comprendere la loro pace e a prevedere la loro futura gloria, e, immerse in tali pensieri consolanti, riposano con grande tranquillità nelle loro dimore, protette dalla difesa degli angeli.
Il quinto grado di gioia è soavissimo: aver cioè raggiunto, da questo carcere del corpo corruttibile, la luce e la libertà, ed essere così giunte a possedere l'eredità loro promessa.
É uno stato di quiete, perché di risurrezione: Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti saranno vivificati.
Ma ciascuno nel suo ordine: Cristo come primizia; poi coloro che sono di Cristo, che credettero nella sua venuta; poi sarà la fine ( 1 Cor 15,22-24a ).
Vi sarà dunque un diverso grado di splendore e di gloria, come è diverso il grado dei meriti.
Al sesto grado, esse si accorgeranno che il loro volto comincerà a splendere come il sole e ad eguagliarsi allo splendore delle stelle: e tale fulgore non proverà mai corruzione.
Il settimo grado, infine, è questo: saranno piene di fiducia, esulteranno in una certezza priva di dubbio, si allieteranno senza timore, affrettandosi a contemplare il volto di colui, cui prestarono sollecito servizio; perciò, nel ricordo di una coscienza pura, si aspettano la gloriosa mercede di una pur lieve fatica, raggiunta la quale, sapranno quanto i tormenti di questo tempo siano indegni di tanta gloria eterna che viene per loro retribuita.
É questa la pace delle anime dei giusti, nei sette gradi descritti dal libro di Esdra.
É il primo godimento della gloria futura, avanti che l'anima gioisca per il pacifico raggiungimento della sua abitazione.
Per questo il profeta chiese all'angelo: « Dunque, verrà dato un tempo alle anime, separate dai corpi, per vedere ciò che tu hai detto? ».
E l'angelo rispose: « Avranno sette giorni di libertà per vedere ciò che è stato detto in queste mie parole, e dopo raggiungeranno le loro abitazioni ».
E ci è stata fatta un'esposizione più completa degli ordini di gioia dei giusti, che di quelli di tormento dei dannati, perché è meglio conoscere come i giusti si salveranno, piuttosto che come i peccatori verranno tormentati.
Poiché dunque i giusti avranno la somma ricompensa di vedere il volto di Dio, lo splendore che illumina ogni uomo, poniamo anche noi ogni nostro sforzo ad avvicinare la nostra anima a Dio, a porgergli la nostra preghiera, a rivolgere in lui il nostro desiderio di non esser mai da lui separati.
Finché siamo pellegrini su questa terra, restiamo uniti a Dio con la lettura, la meditazione e i desideri, e impegniamoci a conoscerlo fin dove ci è possibile.
Ambrogio, Il bene della morte, 48-49
Venite - dice il Signore -, benedetti dal Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi dalla creazione del mondo ( Mt 25,34 ).
A quali beni, a quale felicità può essere paragonata questa espressione: essere benedetti, e benedetti dal Padre?
Ma come si resero degni di tale onore?
Qual fu la causa di questa benedizione?
« Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere » e ciò che segue.
Quale onore, quale beatitudine in queste parole!
E, notate, Cristo non dice loro: Prendete, ma « ricevete in eredità » quale bene familiare, quale lascito paterno, come cosa vostra e che già da tempo vi era dovuta.
Prima ancora che voi nasceste, sembra dire, tutto ciò era già preparato e disposto per voi, perché io sapevo che voi sareste divenuti tali quali ora siete.
E in cambio di che cosa essi ricevono tali ricompense?
Per un tetto, per dei vestiti, per un pezzo di pane, per un po' d'acqua fresca, per una visita a un malato, per essere entrati in un carcere.
Si tratta sempre di soccorrere una necessità; ma che si dà anche il caso in cui non si tratta di una necessità.
Difatti, come ho già osservato, l'infermo e il carcerato non solo desiderano ricevere visite, ma quest'ultimo vorrebbe essere liberato e il primo guarito dalla sua malattia.
Il Signore, tuttavia, nella sua bontà, si accontenta di ciò che noi possiamo dare a costoro, anzi ancor meno di ciò che è nelle nostre possibilità, lasciando a noi la gloria di dare volontariamente e generosamente qualcosa in più.
Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 79,2
Quali parole potranno mai esaurire la bellezza e l'utilità delle creature, che, per divina misericordia, l'uomo, benché abbandonato e condannato a tante fatiche e miserie, può contemplare e godere?
La bellezza varia e molteplice della terra e del mare; l'abbondanza e la meraviglia della stessa luce, nel sole, nella luna e nelle stelle; l'ombra dei boschi; i colori e gli odori dei fiori; la varia moltitudine di uccelli garruli e variopinti; le forme molteplici di tanti animali di cui i più piccoli sono i più ammirevoli ( ci meravigliano più le opere delle piccole formiche e delle piccole api, che i corpi immensi delle balene ); lo stesso spettacolo immenso del mare, quando si riveste di diversi colori: ora verde, ora variegato, ora purpureo, ora ceruleo.
Anzi, è uno spettacolo dilettevole anche quando è agitato, ed è allora tanto più soave, quanto più chi lo contempla è sicuro di non essere da esso scosso e travolto.
E che dirò dell'abbondanza enorme dei cibi per combattere la fame, e della molteplicità dei sapori, per combattere la nausea, forniti senza posa dall'opulenta natura e non dall'arte e la fatica dei cuochi?
E tra essi, quanti rimedi per ricuperare e proteggere la salute!
Che grata alternanza di giorno e di notte! Che dolce spirar di venti!
Dalle piante e dai greggi, quanto materiale per confezionare abiti!
Chi potrebbe ricordare tutto?
Se uno si volesse dedicare a esaminar anche solo queste poche cose da me ridotte e condensate in queste poche linee, quanto tempo dovrebbe impegnare per ciascuna di esse! E sono tante!
Tutto ciò è consolazione dei miseri e dei condannati, non premio dei beati.
Come sarà dunque il premio, se la consolazione è tale e tanta!
Cosa darà Dio a coloro che ha predestinato alla vita, se ha dato questo a coloro che ha predestinato alla morte!
Di quali beni ricolmerà nella vita beata quelli per i quali in questa miseria ha voluto che il suo Figlio unigenito soffrisse tante pene, fino alla morte?
Per questo l'Apostolo, parlando dei predestinati al regno dei cieli, dice: Colui che non perdonò al suo proprio Figlio, ma che lo sacrificò per noi, com'è possibile, che con lui, non ci doni tutto? ( Rm 8,32 ).
Quando questa promessa si sarà adempiuta, come saremo?
Quali saremo? Quali beni riceveremo in quel regno, avendo già ricevuto un tale pegno: Cristo morto per noi?
Come sarà lo spirito dell'uomo, senza i vizi ai quali debba sottostare, a cui debba cedere o contro i quali debba almeno strenuamente lottare, cioè perfetto per il pieno possesso pacificante della virtù?
Come sarà abbondante, come sarà bella, come sarà certa la scienza di tutte le cose, pura ad ogni errore e fatica, là dove la sapienza di Dio verrà attinta alla sorgente, con somma felicità, senza nessuna difficoltà!
Come sarà splendido il corpo, soggetto in tutto allo spirito, da esso pienamente vivificato, libero dal bisogno di qualsiasi alimento!
Sarà corpo spirituale, non animale: avrà la sostanza della carne, ma non certo la corruzione della carne.
Agostino, La città di Dio, 22,24
Fin dall'inizio Dio creò Adamo, non perché avesse bisogno dell'uomo, ma per avere chi arricchire dei suoi doni.
Non solo prima di Adamo, ma anche prima di ogni creazione, il Verbo glorificava suo Padre, dimorando in lui; e veniva glorificato dal Padre, come egli stesso disse: Padre, glorificami con la gloria che avevo presso te prima che il mondo fosse ( Gv 17,5 ).
E ci ha imposto di seguirlo, non perché abbia bisogno del nostro servizio, ma per donare a noi la salvezza.
Seguire il Salvatore, è partecipare alla salvezza: seguire la luce, è godere della luce.
Chi poi è nella luce, non la illumina, ma ne viene illuminato e rischiarato, nulla le dà per parte sua, solo ne ottiene il beneficio di essere illuminato.
Così il servizio di Dio, nulla dà a Dio, poiché egli non ha bisogno dell'ossequio umano; ma a chi lo segue e lo serve, egli dona la vita, l'incorruttibilità e la gloria eterna; benefica chi lo serve perché lo serve, e chi lo segue perché lo segue, ma non ne ha beneficio: è perfetto nella sua ricchezza e non ha bisogno di alcuno.
Egli però esige dagli uomini il servizio; vuole infatti mostrarsi misericordioso e beneficare con bontà chi glielo presta con fedeltà.
Quanto Dio non ha bisogno di nulla, tanto l'uomo ha bisogno della comunione con Dio.
La gloria dell'uomo è infatti restare fedele e incrollabile nel servizio divino.
Per questo il Signore diceva ai discepoli: Non voi avete eletto me, ma io ho eletto voi ( Gv 15,16 ); intendeva asserire che non essi lo glorificavano con la loro sequela, ma che da lui venivano glorificati in quanto erano al seguito del Figlio di Dio.
E diceva ancora: Voglio che, dove sono io, anch'essi siano, perché vedano la mia gloria ( Gv 17,24 ), e lo diceva non per gloriarsene, ma per mostrare il desiderio di partecipare la sua gloria ai discepoli.
Di loro infatti aveva detto Isaia: Dall'oriente farò venire la tua prole e dall'occidente ti raccoglierò.
Dirò all'aquilone: conducimeli; e all'austro: non impedirli! Fa' venire i miei figli da lontano e le mie figlie dai confini della terra: tutti quelli che vengono chiamati col mio nome.
Nella mia gloria l'ho preparato, l'ho formato e creato ( Is 43,5-7 ).
Per questo: Ovunque sarà il cadavere, si raduneranno le aquile ( Mt 24,28 ), partecipando alla gloria del Signore; egli infatti ci ha formato e ci ha preparato per partecipare alla sua gloria, quando saremo con lui.
Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 14,1
Poiché la vita presente si svolge tanto molteplice e varia per noi, molte sono le cose a cui noi abbiamo parte: il tempo, l'aria, il luogo, il cibo e la bevanda, i vestiti, il sole, la lucerna, e molte altre cose necessarie alla vita: e nessuna di esse è Dio.
Ma la beatitudine, che noi aspettiamo, non ha bisogno di nulla di ciò; e la natura divina sarà per noi tutto e al posto di tutto, comunicando se stessa in modo pienamente adeguato a ogni bisogno di quella vita.
É chiaro dalle divine Scritture che Dio è per coloro che ne sono degni, luogo e casa, indumento, cibo e vestito, e luce e ricchezza e regno, e tutto quello che si possa pensare o dire a noi giovevole per una buona vita.
Gregorio di Nissa, Dialogo con Macrina, 13,5
Quelli che ammettono che Dio sia il creatore di questo universo, devono attribuire alla sua giustizia e sapienza la cura e la provvidenza di tutte le cose, se vogliono restare fedeli ai loro princìpi; nutrendo perciò tale convinzione devono ritenere che nulla sulla terra o nel cielo si sottrae alla sua cura e provvidenza, ma a tutto si estende la sollecitudine del Creatore: a ciò che è visibile e invisibile, a ciò che è piccolo e grande.
Tutte le cose create hanno bisogno della sua cura, sia in generale che in particolare, nella loro natura e per il loro fine naturale.
Non credo tuttavia che sia opportuno ostinarsi qui a distinguere le particolarità ed esporre ciò che conviene a ogni natura.
É dell'uomo che ci siamo proposti di trattare.
Ora l'uomo, in quanto non autosufficiente, ha bisogno di cibo; in quanto mortale, ha bisogno di successione; in quanto ragionevole, ha bisogno di giustizia.
Se ciascuno di questi bisogni è naturale per l'uomo, se ha bisogno del cibo per vivere, della progenie perché continui la sua stirpe, della giustizia perché nutrimento e generazione siano secondo la legge, è chiaro che, riferendosi il cibo e la generazione al complesso umano, ad esso si riferisce pure la giustizia; e per complesso umano intendo l'unione d'anima e corpo.
Un retto giudizio sulle sue opere si riferisce al complesso, non è l'anima sola a ricevere il premio di ciò che ha compiuto con il corpo - essa è indifferente di per sé alle colpe commesse per soddisfare, per nutrire e curare il corpo -, e neppure il corpo solo - esso non sa di per sé giudicare di legge e giustizia -, ma è il complesso dell'anima e del corpo che subirà il giudizio delle sue azioni.
La ragione però riscontra che ciò non avviene in questa vita: nessun riguardo per i meriti vi è in essa, perché molti empi, dediti a ogni delitto e malvagità, restano fino alla morte liberi dai mali, e al contrario quelli che danno prova di aver indirizzato la loro vita a ogni virtù, la trascorrono tra i dolori, le ingiurie, le calunnie, i tormenti e ogni tribolazione.
Ma neppure subito dopo la morte: il complesso umano non sussiste ancora, perché l'anima è separata dal corpo e il corpo stesso è dissolto negli elementi da cui era stato costituito, né sussistono ancora la sua natura e la sua forma anteriore, né ritiene memoria delle sue azioni.
Ciò che ne consegue è chiaro a tutti: secondo l'Apostolo, bisogna che questo corpo corruttibile e dissipabile si rivesta di immortalità ( 1 Cor 15,53 ), affinché, vivificato dalla risurrezione ciò che era morto e nuovamente riunito ciò che era separato o addirittura dissolto, ciascuno ottenga con giustizia ciò che ha compiuto col corpo, sia il bene, sia il male.
Atenagora, La risurrezione dei morti, 18
Contempla la condizione di quella vita, quanto ci è possibile comprenderla: per rappresentarcela degnamente, infatti, nessun discorso è sufficiente, ma da ciò che udiamo possiamo farcene un'immagine oscura, come in un enigma.
É fuggito il dolore, la tristezza e il gemito, è detto ( Is 51,11 ).
Cosa può essere mai più beato di quella vita?
Là non si ha da temere povertà e malattia, non si ha da vedere offeso o offensore, provocato o provocatore, e nessuno adirato, invidioso, acceso di brame perverse, nessuno preoccupato per le provviste necessarie, nessuno spossato per il potere e il dominio.
Tutta la tempesta delle nostre passioni è sedata e svanita; tutto è in pace, in letizia e in gioia; tutto è tranquillo e sereno, tutto è giorno, splendore e luce: luce non come questa, ma tanto più fulgida, quanto questa è più chiara della lucerna.
Non vi è notte là, né le nubi oscurano il cielo, ma il sole non arde e non abbrucia i corpi.
Non vi è dunque né notte né tramonto, non vi è né freddo né caldo né mutamento di stagione: vi è un altro stato, che conoscono solo quelli che sono degni di raggiungerlo; non vi è vecchiaia né i mali della vecchiaia: tutto ciò che si riferisce alla corruzione è bandito, perché la gloria incorruttibile domina ovunque.
Ma ciò che è superiore a tutto, si gode incessantemente la conversazione con Cristo, insieme con gli angeli, insieme con gli arcangeli e le potenze superne.
Contempla il cielo, ora, e innalza il tuo pensiero alle realtà ultracelesti; rifletti al mutamento di tutto il creato, perché non rimarrà come è ora, ma sarà molto più bello e fulgido; e quanto l'oro è più splendente del piombo, tanto migliore del nostro sarà quello stato, come dice san Paolo: Perché la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione ( Rm 8,21 ).
Ora, che è legata alla corruzione, soffre ciò che è proprio degli esseri corporei; ma allora se ne spoglierà, e si mostrerà a noi in una bellezza incorruttibile.
La creazione accoglierà infatti corpi incorruttibili e si muterà in uno stato migliore.
Non vi sarà sconvolgimento e guerra: grande sarà l'armonia nel coro dei santi, tutti sempre unanimi tra di loro.
Giovanni Crisostomo, Lettera a Teodoro, 11
Il profeta Isaia dice: Risorgeranno i morti, risorgeranno coloro che erano nei sepolcri; e si allieteranno tutti coloro che sono nella terra: infatti la rugiada che viene da te è per loro salute; invece la terra degli empi cadrà ( Is 26,19-20: LXX ).
Tutto ciò che viene detto nella prima parte si riferisce alla risurrezione dei beati, mentre la frase « invece la terra degli empi cadrà » si intende bene così: « Invece i corpi degli empi saranno ingoiati dall'abisso della dannazione ».
Se poi vogliamo notare con più attenzione e precisione ciò che si dice sulla risurrezione dei buoni, dobbiamo attribuire la frase: « Risorgeranno i morti » alla prima risurrezione, alla seconda invece quello che segue: « E risorgeranno coloro che erano nei sepolcri ».
Se ci chiediamo poi cosa sarà dei santi che il Signore troverà quaggiù vivi, a loro si adatta bene ciò che segue: « E si allieteranno tutti coloro che sono nella terra: infatti la rugiada che viene da te, è per loro salute ».
Salute, in questo passo, la intendiamo nel modo più giusto con « immortalità ».
Questa infatti è una salute pienissima, che non viene curata dagli alimenti quasi fossero medicine quotidiane.
Lo stesso profeta, poi, parlando del giorno del giudizio, per donarne la speranza ai buoni e incuterne terrore ai cattivi, dice così: Questo dice il Signore: Ecco io faccio scendere su di loro, quasi un fiume di pace e quasi un torrente inondante, la gloria delle genti.
I loro figli verranno portati sulle spalle e saranno consolati sulle ginocchia.
Come quando un bimbo viene consolato dalla madre, così io consolerò voi, e verrete consolati in Gerusalemme: e vedrete, e si allieterà il vostro cuore, e le vostre ossa germoglieranno come l'erba.
La mano del Signore si rivelerà a coloro che lo adorano, e minaccerà i ribelli.
Ecco infatti che il Signore viene come fuoco, e il suo carro come la tempesta, per far vendetta con sdegno e devastare con fiamma di fuoco.
Col fuoco del Signore infatti sarà giudicata la terra, e con la sua spada ogni carne: molti saranno feriti dal Signore ( Is 66,12-16 ).
In questa promessa fatta ai buoni, per fiume di pace dobbiamo certo intendere quell'abbondanza di pace di cui non può esservi più grande.
Proprio questa negli ultimi tempi ci inonderà, come abbiamo detto ampiamente nel libro precedente.
Dio dice che farà scendere questo fiume su coloro a cui promette tanta beatitudine, per farci comprendere che questo fiume sazia ogni desiderio in quel luogo di felicità che è nei cieli.
Ma dato che anche sui corpi terreni si riverserà da lassù la pace dell'immortalità e dell'incorruttibilità, per questo dice che farà scendere questo fiume, facendolo scorrere in un certo senso dalle realtà superne a quelle inferiori, e rendendo gli uomini uguali agli angeli.
Per Gerusalemme, poi, non intendiamo quella che è schiava con i suoi figli, ma la libera nostra madre, secondo l'Apostolo, che è eterna nei cieli ( Gal 4,26 ).
Ivi, dopo la fatica delle sofferenze e delle cure mortali, saremo consolati, saremo portati sulle sue spalle e sulle sue ginocchia come fanciulli.
Quella beatitudine, che ci è nuova, accoglierà noi, inesperti e ignari, con i suoi blandissimi aiuti.
Ivi vedremo, e il nostro cuore godrà.
La Scrittura non dice cosa vedremo; ma cosa, se non Dio?
Si adempirà così in noi la promessa evangelica: Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio ( Mt 5,8 ); e vedremo tutto ciò che ora non vediamo, in cui però crediamo, formandocene - secondo la capacità umana - un'idea molto incomparabilmente inferiore alla realtà.
« E vedrete » dice « e godrà il vostro cuore ». Qui credete, là vedrete.
Ma per evitare che, avendo detto: « E godrà il vostro cuore », noi credessimo che i beni della Gerusalemme celeste siano esclusivi del nostro spirito, soggiunge: « E le vostre ossa germoglieranno come l'erba ».
Riassume in ciò la risurrezione dei corpi, quasi aggiungendo ciò che non aveva detto: questa infatti non si realizzerà quando l'avremo vista, ma la vedremo quando si sarà realizzata.
Infatti, aveva già parlato del cielo nuovo e della terra nuova ricordando spesso, e in varie forme, ciò che viene promesso ai santi alla fine dei tempi.
Dice infatti: Vi sarà un cielo nuovo e una terra nuova, non si ricorderanno più di quello che è stato: ciò non penetrerà più nel loro cuore, ma in essa troveranno letizia ed esultanza.
Ecco, farò di Gerusalemme esultanza, e del mio popolo letizia; esulterò in Gerusalemme e mi allieterò nel mio popolo, e in essa non si udrà più voce di pianto ( Is 65,17-19 ).
Agostino, La città di Dio, 20,21
Ogni anima buona, cara a Dio, quando si è sciolta dal corpo che la lega e lo ha abbandonato, giunge subito al godimento e alla contemplazione del bene che l'aspetta, perché ciò che la oscurava è stato purificato o deposto, o non so come debba dirsi.
Gode di una gioia mirabile, ed esulta; liberata dal grave carcere di questa vita terrena e dai vincoli che le inceppavano le ali dell'anima, si avanza felice verso il suo Signore e gode della gloria che ormai contempla.
Ben presto riaccoglie il suo compagno, il corpo, con cui era vissuta sulla terra; lo riceve dalla terra, che glielo aveva dato e a cui era stato affidato, in un modo conosciuto solo da Dio, che li ha uniti e divisi, insieme con il corpo ottiene l'eredità della gloria di lassù.
Come l'anima ha partecipato, per l'intima unione, alle fatiche del corpo, così lo fa partecipare alle sue gioie; lo accoglie tutto in sé, si fa con lui una cosa sola, diventa con lui spirito, intelletto, essere divino, perché ciò che è mortale e transitorio sarà assorbito dalla vita.
Ascolta ciò che al beato Ezechiele fu mostrato riguardo alla ricomposizione di ossa e nervi ( Ez 37 ), e in seguito al beato Paolo fu rivelato riguardo alla tenda terrena che viene disfatta, e all'edificio non fatto da mano d'uomo, costruito nel cielo ( 2 Cor 5,1 )!
Egli dichiara che lasciare il corpo è apparire davanti al Signore e si lamenta di abitare in questo corpo come di un esilio: desidera perciò di esserne sciolto ( Fil 1,23 ).
Perché dunque sono scoraggiato, se ho tali speranze? Perché mi attacco al tempo?
Aspetto la voce dell'arcangelo all'ultimo squillo di tromba, aspetto il mutamento del cielo, la trasformazione della terra, la liberazione degli elementi, il rinnovamento dell'universo.
Vedrò allora Cesario [i l fratello defunto ], non più lontano, non più nella bara, non più oggetto di pianto e compassione, ma splendente, glorioso, eccelso.
Così fratello a me carissimo e che tanto eri affezionato a tuo fratello, ti ho visto spesso in sogno; così ti raffigura il mio desiderio o la verità.
Gregorio di Nazianzo, Discorso funebre per il fratello Cesario, 21
Che le anime dei giusti vengano accolte in cielo prima della restituzione dei loro corpi, non lo possiamo affermare di tutte né di tutte negare.
Vi sono infatti alcune anime di giusti che vengono trattenute, per un dato periodo di soggiorno, fuori del regno celeste.
Da questa dilazione, che cosa si può supporre, se non che mancava loro qualcosa alla giustizia perfetta?
E tuttavia è più chiaro della luce che le anime dei giusti perfetti, appena escono dal carcere del corpo, vengono accolte nelle sedi celesti: lo attesta la stessa Verità, dicendo: Ovunque vi sarà il corpo, ivi si raduneranno le aquile ( Lc 17,37 ): cioè, ove lo stesso Redentore nostro sarà col suo corpo, ivi senza dubbio si raccoglieranno le anime dei giusti.
Così Paolo desidera di sciogliersi dal corpo ed essere con Cristo.
Perciò, chi è certo che Cristo è in cielo, non può negare che vi sia anche l'anima di Paolo; di quel Paolo che, ragionando sul disfacimento del suo corpo e sulla patria celeste, dice: Sappiamo che se la casa terrestre di questo nostro soggiorno si dissolve, abbiamo da Dio un edificio, una casa eterna, non fatta da mano di uomo, nei cieli ( 2 Cor 5,1 ) …
Dopo il giudizio vi sarà questo in più: ora i giusti godono la beatitudine solo con l'anima, dopo la godranno anche col corpo, perché gioisca anche la stessa loro carne nella quale essi sopportarono dolori e tormenti per il Signore.
Per questa loro doppia gloria sta scritto: In patria loro possederanno il doppio ( Is 61,7 ).
Per questo sta scritto delle anime dei giusti, anche prima della risurrezione: A ciascuna di loro fu dato un abito bianco e fu detto loro di restare calme ancora un po' di tempo, fino a quando si completasse il numero dei loro compagni, dei loro fratelli ( Ap 6,11 ).
Coloro dunque che già quaggiù hanno ricevuto l'abito bianco, al giudizio ne avranno due, perché ora gioiscono solo della beatitudine dell'anima, allora invece sia dell'anima, sia del corpo.
Gregorio Magno, Dialoghi, 4,25
Beati coloro che abitano nella tua casa! ( Sal 84,5 ).
Perché beati? Che avranno? Che faranno?
Difatti, qui in terra, quelli che sono detti beati, lo sono o per quanto hanno, o per ciò che riescono a fare … beati dunque o perché posseggono beni, o perché esplicano attività.
Ma nella vita futura che cosa ci renderà beati? Che si avrà?
Che si farà, da dover dire: beati coloro che abitano nella tua casa?
Se possiedi una tua casa, sei ancora povero; se possiedi la casa di Dio, allora sei ricco …
E di che si occuperanno? Poiché è risaputo che alla radice di tutte le occupazioni umane c'è il bisogno.
Ve l'ho detto già, sia pur brevemente, o fratelli.
Scorrete con la mente ogni sorta di occupazioni e vedete se dipendono da altro fattore che non sia il bisogno.
Prendiamo ad esempio le stesse arti più nobili, quelle che sono ritenute di primo piano nel campo delle prestazioni umane: il patrocinio dell'avvocatura e gli apporti della medicina ( che queste sono le occupazioni più elevate di questo mondo ).
Elimina i contendenti: chi avrà da difendere l'avvocato?
Fa' scomparire le piaghe e le malattie: cosa si metterà a curare il medico?
E così per le altre attività umane, che si compiono perché richieste dalla vita di ogni giorno: tutte provengono dal bisogno.
Arare, seminare, trapiantare, navigare: tutte queste opere chi ce le fa compiere se non il bisogno e la necessità?
Fa' che non ci siano più né fame né sete né nudità: a che cosa serviranno tutti questi lavori?
Lo stesso per le opere di misericordia, che sono a noi comandate …
« Spezza il tuo pane all'affamato ». A chi spezzarlo, se affamati non ci sono?
« Accogli in casa il povero, sprovvisto di tetto ». Chi ospitare in casa, quando ciascuno vive nella propria casa paterna?
Quale malato occorrerà visitare là dove tutti godono la perfetta salute?
Quali litiganti potresti rappacificare là dove regna pace inalterabile?
Qual morto seppellire là dove tutti vivono sempre?
Di' dunque adesso quale sarà lassù l'occupazione, poiché di bisogni che mi costringano all'azione non ne riscontro …
« Nei secoli dei secoli essi ti loderanno ».
Ecco tutta la nostra occupazione: un alleluia senza fine.
Non immaginatevi, o fratelli, che lassù ci possa essere del tedio.
Qui in terra, se ripetete a lungo i vostri canti, alla fine non ce la fate più: è il bisogno che viene a distogliervi dal godimento della lode divina.
E poi si sa che da oggetti non veduti è impossibile trarre un godimento perfetto.
Orbene, se con tanto trasporto, per quanto posti tra le angustie e la miseria della condizione carnale, lodiamo ciò che conosciamo solo per fede, con quanta intensità non loderemo ciò che vedremo svelato?
Allorché la morte sarà stata inghiottita dalla vittoria, quando questo nostro corpo mortale si sarà rivestito di immortalità e questo nostro corpo corruttibile avrà indossato la veste dell'incorruttibilità ( 1 Cor 15,53-54 ), nessuno dirà più: « Com'è lungo questo stare in piedi! », ovvero: « Troppo lungo questo digiunare, troppo lunga la mia veglia! ».
Ci sarà infatti lassù un'assoluta stabilità e il nostro corpo stesso, conseguita l'immortalità, si librerà in alto, contemplando Dio.
Che se anche adesso la parola che vi sto dispensando ha la forza di mantenere in piedi per tanto tempo chi è appesantito da un fragile corpo, cosa non avrà a produrre in noi quella beatitudine?
Come non ci trasformerà? Saremo infatti simili a lui, poiché lo vedremo così com'è ( 1 Gv 3,2 ).
Divenuti simili a lui, potremo forse venir meno? Potremo forse volgerci altrove? Stiamone certi, o fratelli!
La lode e l'amore di Dio non ci sazieranno mai completamente.
Se tu ti stancassi di amare, verresti meno anche nella lode; ma, se è vero che l'amore sarà eterno, poiché la bellezza di lui sarà inesauribile, allora ( non temere! ) nulla ti impedirà di lodare per sempre colui che per sempre potrai amare.
Agostino, Esposizioni sui Salmi, 84,8
Quali parole potranno rappresentarci la gioia, il vantaggio, il gaudio della familiarità con il Cristo?
L'anima, restituita alla propria nobiltà, capace di contemplare per sempre con fiducia il proprio Signore, non è possibile esprimere quanta gioia ne abbia, quanto guadagno: non solo fruisce di beni che le sono presenti, ma ha la certezza che mai in avvenire quei beni cesseranno.
Tanta letizia, non ci è dato esprimerla a parole o concepirla col pensiero; oscuramente perciò, e come chi illustra realtà grandi con realtà piccole, mi sforzerò di manifestarla.
Consideriamo coloro che nella vita presente godono i beni del mondo, cioè le ricchezze, il potere e la gloria; notiamo come, orgogliosi della loro buona sorte, pensano addirittura di non essere più sulla terra, pur fruendo di beni che non tutti considerano tali, che non restano sempre in loro possesso, ma se ne volano via più veloci del sogno; e se pure durano un poco offrono i loro vantaggi solo nella vita presente e non possono accompagnarci oltre.
Se questi beni innalzano a tanta gioia chi li possiede, come pensi che saranno le anime chiamate alla moltitudine dei beni presenti nei cieli, beni solidi, beni stabili in eterno?
E non solo, questo, ma per la loro grandezza e la loro qualità sono tanto superiori ai beni terreni, che nessuna mente umana può comprenderlo.
Ora noi viviamo in questo mondo come un bambino nel seno materno, rinchiusi e incapaci di comprendere lo splendore e la libertà della vita futura.
Ma, quando verrà il momento del parto, e la vita presente partorirà, al giorno del giudizio, tutti gli uomini che avrà in sé accolto, allora gli aborti passeranno da una tenebra a un'altra tenebra, dalla tribolazione a una tribolazione maggiore; la prole matura invece, che porta in sé i tratti dell'immagine regale, si presenterà al re e verrà accolta a svolgere quel servizio che gli angeli e gli arcangeli presentano al Dio dell'universo.
Giovanni Crisostomo, Lettera a Teodoro, 13
Se riflettiamo com'è importante e grande ciò che viene promesso nel cielo, tutto quello che vediamo sulla terra perde valore ai nostri occhi.
Infatti tutti i beni temporanei, se confrontati con la beatitudine eterna, non sono più sollievo, ma peso opprimente.
E la vita nel tempo, se paragonata con quella eterna, merita di esser chiamata piuttosto morte che vera vita.
Il disfacimento quotidiano del corpo caduco, che altro è se non una morte prolungata?
Quale lingua può esprimere, e quale intelligenza può capire come sia grande la gioia di quelle celesti dimore, ove si vive uniti ai cori angelici, ove si partecipa, con tutti gli spiriti beati, alla gloria del Creatore, si contempla il volto di Dio, si vede una luce sconfinata, non si è angosciati dal timore della morte e ci si può allietare di un'immortalità che durerà in eterno?
Di fronte a questa raffigurazione, l'anima si accende di brame ardenti: essa vorrebbe esser già lassù, dove spera di godere senza fine.
Ma una grande ricompensa si raggiunge solo con un forte lavoro; per questo Paolo, eccellente maestro, dice: Nessuno ottiene la corona della vittoria, se non lotta secondo le regole ( 2 Tm 2,5 ).
Se dunque vi stimola la grande ricompensa, non dovete paventare la dura lotta.
Gregorio Magno, Omelia per la festa di un santo martire
Come sarà grande quella beatitudine, ove non vi sarà male alcuno, non resterà nascosto nessun bene, ci si dedicherà alle lodi di Dio, il quale sarà tutto in tutti!
Che altro si possa fare, ove cesserà la pigrizia e non ci sarà nessun bisogno di lavorare, non lo so.
Questo ci attesta il sacro cantico, quando leggo e odo: Beati coloro che abitano nella tua casa, Signore: nei secoli dei secoli ti loderanno ( Sal 84,5 ).
Tutte le membra e gli organi del corpo incorruttibile, quelli che ora vediamo destinati a particolari funzioni necessarie, avranno per unico compito la lode di Dio, perché lassù non vi saranno necessità, bensì una felicità piena, certa, sicura ed eterna.
Tutti i rapporti profondi, ora a noi celati, che costituiscono l'armonia del corpo, non resteranno occulti, ma si manifesteranno ai nostri occhi, disposti mirabilmente all'interno e all'esterno del corpo; e insieme con le altre realtà grandi e magnifiche che si contempleranno lassù, col diletto della bellezza razionale stimoleranno gli spiriti razionali alla lode del grande artefice.
Quali saranno colà i movimenti dei corpi spirituali, non oso determinarlo audacemente, perché non riesco a comprenderlo.
Tuttavia il loro muoversi e il loro stare come il loro aspetto sarà conveniente, perché nulla in questo luogo sarebbe ammesso se non fosse conveniente.
Certo, ove lo spirito vorrà, ivi subito il corpo starà: e lo spirito non vorrà nulla che non sia conveniente allo spirito stesso e al corpo.
Ivi la gloria sarà vera, perché non si loderà mai per errore o per adulazione.
L'onore sarà vero, e non sarà negato a nessun degno né conferito all'indegno; anzi gli indegni neppure lo desidereranno, perché ivi a nessuno sarà permesso di essere se non degno.
La pace sarà vera, perché ivi nessuno soffrirà contrarietà alcuna né da sé, né da parte degli altri.
Il premio della virtù sarà lo stesso elargitore della virtù, il quale ha promesso di dare se stesso quale dono, migliore e maggiore di cui non può essercene un secondo.
Che altro significa infatti ciò che egli ha detto per bocca del profeta: Sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo ( Lv 26,12 ), se non: « Io li sazierò, io sarò l'appagamento di ogni desiderio umano: la vita, la salute, il cibo, l'abbondanza, la gloria, l'onore, la pace e tutti i beni »?
In questo modo, inoltre, si interpreta rettamente l'espressione dell'Apostolo: … affinché Dio sia tutto in tutti ( 1 Cor 15,28 ).
Egli sarà il termine di tutti i nostri desideri: lo contempleremo senza fine, lo ameremo senza annoiarcene, lo loderemo senza stancarcene.
Questo dono, questo affetto, questa occupazione sarà comune a tutti, come la stessa vita eterna.
Per il resto, chi si sente idoneo a raffigurarsi, e tanto più ad esprimere, i gradi che avrà la gloria e l'onore in proporzione ai meriti?
Che abbia dei gradi, non lo si può dubitare.
Uno dei beni più grandi di quella beata città sarà il vedere che nessun inferiore invidierà qualcuno a sé superiore, come ora gli angeli non invidiano gli arcangeli.
E nessuno desidererà possedere ciò che non avrà ricevuto, pur unito in vincolo di dolce concordia con quello che lo avrà ricevuto, proprio come nel corpo il dito non desidera essere occhio, pur essendo uniti nella struttura del corpo.
Ciascuno possiederà il suo dono, uno maggiore, l'altro minore, e qualunque dono uno abbia, non vorrà di più.
E non si creda che non avranno libero arbitrio per il fatto che non potranno dilettarsi nel peccato.
Al contrario, saranno tanto più liberi, quanto più si sentiranno liberati dal piacere del peccato, fino al punto di avere un piacere irremovibile nel non peccare.
Infatti, per il primo libero arbitrio dato all'uomo quando fu primieramente creato nella rettitudine, egli poteva non peccare, ma poteva anche peccare; questo ultimo libero arbitrio sarà tanto più potente: per esso non si potrà peccare.
E ciò, per dono di Dio, non per capacità della sua natura …
In quella santa città, dunque, vi sarà un'unica e indefettibilmente libera volontà in tutti, sciolta da ogni male, arricchita di ogni bene, sempre piena di godimento per i gaudi eterni, immemore delle colpe, dimentica delle pene; non per questo, tuttavia, dimentica della sua liberazione, tanto da non esser grata al liberatore …
Anzi, nulla sarà più giocondo in quella città del cantico di gloria in riconoscenza a Cristo, per il cui sangue siamo stati liberati.
Ivi avrà pieno adempimento l'esortazione: Soffermatevi a considerare che io sono Dio ( Sal 46,11 ).
Sarà questo il vero grande sabato che non avrà sera, di cui parlò il Signore alla prima creazione dicendo: E Dio riposò il settimo giorno da tutte le opere che aveva fatto; e Dio benedisse il settimo giorno, lo santificò, perché in esso Dio aveva riposato da tutte le sue opere che aveva intrapreso a creare ( Gen 2,2-4 ).
Noi stessi saremo il settimo giorno, quando saremo pieni e ricolmi della sua benedizione.
Ci intratterremo allora a considerare che lui solo è Dio, pur avendo voluto noi stessi esserlo quando ci separammo da lui ascoltando la voce del seduttore: Sarete come dèi ( Gen 3,5 ) e ci allontanammo dal Dio vero, mentre invece saremmo stati dèi partecipando di lui, non abbandonandolo.
Cosa abbiamo fatto senza di lui, se non andar perduti, muovendolo ad ira?
Da lui ristorati, da lui resi perfetti, con una grazia maggiore staremo in eterno a contemplare che egli è Dio, e di lui noi saremo pieni, quando egli sarà tutto in tutti …
Lo sapremo perfettamente quando perfettamente ci intratterremo a considerarlo; e vedremo allora perfettamente che egli è Dio.
Considereremo e vedremo; vedremo e ameremo; ameremo e loderemo.
Ecco cosa ci sarà alla fine, senza fine.
Quale altro è infatti il nostro fine, se non raggiungere il regno che non avrà fine?
Agostino, La città di Dio, 22,30
E vidi la città grande, la Gerusalemme nuova, che discendeva dal cielo, da Dio, ornata come una nuova sposa fattasi bella per il suo sposo.
E udii dal trono una voce possente che diceva: « Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, ed essi saranno il suo popolo e Dio stesso sarà con loro.
E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi; e non vi sarà più la morte né lutto né clamore, e neppure alcun dolore, perché il passato se n'è andato ».
E disse colui che sedeva sul trono: « Ecco, io faccio nuove tutte le cose » ( Ap 21,2-5 ).
Si dice che questa città discende dal cielo, perché è celestiale la grazia con cui Dio l'ha fatta.
Per questo egli le dice anche, per bocca di Isaia: Io sono il Signore che ti forma ( Is 45,8 ).
Ed è discesa dal cielo fin dal suo inizio, fin da quando i suoi cittadini hanno cominciato ad accrescersi via via, nel corso di questo tempo mondano, per la grazia di Dio che scende dall'alto ad opera del lavacro di generazione nello Spirito Santo mandato dal cielo.
Ma nel giudizio di Dio - che sarà l'ultimo, operato da suo Figlio Gesù Cristo - il suo splendore, per dono di Dio, si rivelerà tanto grande e tanto nuovo da non lasciar nessuna traccia di vecchiezza: infatti, anche i corpi passeranno dalla vecchia corruzione e mortalità a una nuova incorruzione e immortalità.
Agostino, La città di Dio, 20,17
Dice Isaia: E uscirà un ramo dalla radice di Iesse, un fiore uscirà dal suo tronco; e riposerà su di lui lo Spirito di Dio: spirito di sapienza e di intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà; e lo riempirà lo spirito del timor di Dio.
Non giudicherà secondo le apparenze e secondo ciò che si dice; bensì secondo giustizia egli giudicherà in favore del povero e avrà pietà per i miseri della terra e percuoterà la terra con la parola della sua bocca, con l'alito delle sue labbra distruggerà l'uomo empio.
I suoi fianchi saranno cinti di giustizia e di verità.
E il lupo andrà a pascolo con l'agnello, il leopardo col capretto, mentre il vitello e il leone pascoleranno insieme; un tenero fanciullo potrà cacciare la mano nel nido delle vipere, nella tana dei figli delle vipere e queste non gli faranno male.
In quel giorno la radice di Iesse si leverà a dominare sulle nazioni e in essa le genti spereranno.
E la sua risurrezione sarà gloriosa ( Is 11,1-10 ) …
A proposito dell'unione, armonia e pace tra gli animali di diversa specie, per natura ostili e nemici l'un l'altro, gli anziani sostengono che ciò avverrà realmente alla parusia di Cristo, quando egli verrà per estendere su di tutti il suo dominio.
Viene così simbolicamente preannunciato il radunarsi in pace concorde d'uomini di razze diverse, ma resi uguali nell'animo nel nome di Cristo, perché ai giusti insieme radunati, i quali vengono paragonati ai vitelli e agli agnelli, ai capretti e ai teneri fanciulli, nessun male faranno coloro che, in un tempo precedente, erano stati, sia uomini sia donne, feroci come bestie, d'aspetto e di costume, per la loro cupidigia.
Alcuni di loro assomigliavano ai lupi e ai leoni, perché spogliavano i più deboli e facevano guerra ai loro simili …
Ora riuniti nel mio nome [ cioè di Cristo ], formati dalla grazia di Dio a retti costumi, hanno mutato la loro natura selvatica e feroce.
Questo è già avvenuto, giacché quelli che erano da prima i più perversi, fino a non tralasciare opera alcuna di iniquità, venuti a conoscenza di Cristo e credendo in lui, sono tanto mutati che, al di là del semplice dovere, non tralasciano opere sovrabbondanti di giustizia.
Grande è il mutamento che la fede in Cristo, Figlio di Dio, opera in coloro che credono in lui.
L'espressione: « Elevatosi a dominare sulle genti » annuncia che, dopo la morte, risorgerà e verrà riconosciuto e creduto Figlio di Dio e re.
Per questo motivo dice Isaia: « La sua risurrezione sarà gloriosa ».
Si pensa con ciò alla sua maestà, perché quando risorse fu glorificato come Dio.
Ireneo di Lione, Dimostrazione della predicazione apostolica, 59-61
Ezechiele annuncia chiaramente la gioia alla risurrezione dei giusti, dicendo: Ecco, aprirò i vostri sepolcri e vi farò uscire dalle vostre tombe; libererò il mio popolo dalle sepolture.
Vi darò lo spirito e vivrete; vi stabilirò sulla vostra terra, e comprenderete che io sono il Signore ( Ez 37,12-14 ).
E ancora: Questo dice il Signore: « Raccoglierò Israele da tutte le genti ove è stato disperso, e mostrerò la mia grandezza in loro, al cospetto di tutti gli uomini.
Li farò abitare sulla loro terra che diedi a Giacobbe mio servo, vi dimoreranno nella speranza, edificheranno case, pianteranno vigne, vi dimoreranno sicuri, il giorno in cui farò giustizia di tutti coloro che li avevano disprezzati, di tutti coloro che li circuivano, ed essi conosceranno che io sono il Signore, il loro Dio, che sono il Dio dei loro padri » ( Ez 28,25-26 ).
Isaia dichiara che, per volere di Dio, ogni creatura crescerà e prospererà, per portare frutti e nutrimento tanto abbondanti: Su ogni monte eccelso, su ogni colle elevato scorrerà acqua in quei giorni, molti periranno e le mura saranno distrutte.
La luce della luna sarà come la luce del sole, il giorno sarà sette volte più chiaro, quando il Signore curerà l'afflizione del suo popolo, e ne guarirà le piaghe dolorose ( Is 30,25-26 ).
Il dolore di queste piaghe è quello con cui fu afflitto l'uomo che all'inizio disobbedì in Adamo, cioè la morte, da cui Dio ci guarirà risuscitandoci alla vita e restituendoci all'eredità dei padri, come dice Isaia: Avrai fiducia nel Signore ed egli ti farà entrare nella sua terra ti darà il cibo colto dal terreno ereditato da Giacobbe, padre tuo ( Is 58,14 ).
Tutto ciò viene espresso anche dal detto del Signore: Beati quei servi che il Signore, di ritorno, troverà vigilanti.
Vi dico in verità che egli si cingerà, li farà accomodare e passerà a servirli.
E se verrà alla veglia vespertina e li troverà vigilanti, beati loro, perché li farà accomodare e li servirà.
E anche se verrà alla seconda o alla terza veglia, sono beati ( Lc 12,37-38 ) …
E anche Daniele ripete ciò: Il dominio, la potenza, l'onore è stato dato ai santi del Dio altissimo; il suo regno è eterno e tutti i prìncipi lo serviranno e gli obbediranno ( Dn 7,27 ).
E perché non si creda che questa promessa si riferisca ai nostri tempi, il profeta aggiunge: E tu va' alla fine e riposa; poi sorgerai per ricevere la tua sorte alla fine dei giorni ( Dn 12,13 ).
Ora, le promesse sono state fatte non solo ai profeti e ai patriarchi, ma anche alle Chiese radunate tra le genti, Chiese che lo Spirito Santo chiama isole, perché, esposte alle tempeste delle bestemmie, sono porto di salvezza ai naviganti in pericolo, e offrono rifugio a chi ama le altezze e si sforza di fuggire l'abisso dell'errore.
Dice infatti Geremia: Udite, o genti, la parola di Dio e fatela sentire alle isole più lontane.
Dite: « Colui che ha disperso Israele, ora lo custodisce come un pastore il suo gregge ».
Infatti il Signore ha redento Giacobbe, lo ha liberato dalle mani di uno più forte.
Verranno festanti al monte di Sion, raggianti di gioia per i beni del Signore; per il frumento, per il vino, per l'olio, per i parti dei greggi e degli armenti.
Il loro animo sarà come un albero fruttuoso e non avranno afflizione.
Allora si allieterà nella danza la vergine, i giovani e i vecchi godranno; muterò il loro lutto in gioia, li riempirò di letizia, li glorificherò e impinguerò l'animo dei sacerdoti figli di Levi, e il mio popolo si sazierà dei miei beni ( Ger 31,10-14 ) …
Sul regno dei santi dice Geremia: Guarda a oriente, Gerusalemme, e vedi la gioia che ti viene proprio da Dio.
Ecco, tornano i tuoi figli che hai redento, si radunano tutti, dall'oriente all'occidente, alla sua santa parola, lieti per lo splendore del tuo Dio.
Togli, o Gerusalemme, l'abito del tuo lutto e del tuo dolore; vestiti della magnificenza che ti viene dal tuo Dio, dello splendore eterno; indossa il doppio abito della giustizia di Dio e mettiti sul capo la mitra di una gloria eterna.
Dio mostrerà a chiunque sia sotto il cielo tutto il tuo fulgore; egli, per sempre ti chiamerà col nome: « Pace-al-giusto » e « Gloria-a-chi-onora-Dio ».
Sorgi, Gerusalemme, sali in alto e guarda a oriente; vedi i tuoi figli radunati dal sorgere del sole fino all'occidente, nella sua santa parola, lieti perché Dio si è ricordato di loro.
Erano partiti a piedi da te, quando i nemici li deportarono.
Dio li condurrà a te portati con gloria, come su trono regale.
Egli infatti ha decretato che ogni monte eccelso sia spianato, che le valli siano riempite, perché il cammino sia piano e Israele vi proceda sicuro, a gloria di Dio.
Anche le selve e ogni albero odoroso spanderanno ombra a Israele, per comando di Dio.
Dio infatti precederà nella gloria del suo splendore, insieme con la misericordia e la giustizia che vengono da lui ( Bar 4,36-5,9 ).
Queste, e tutte le espressioni simili, non si possono intendere di ciò che sta al di sopra dei cieli; infatti si dice: « Il Signore mostrerà a chiunque sta sotto il cielo tutto il suo fulgore ».
Si tratta invece del tempo del regno, quando la terra sarà rinnovata da Cristo, quando Gerusalemme sarà riedificata sul modello della Gerusalemme di lassù …
Giovanni nell'Apocalisse l'ha vista discendere, tutta nuova sulla terra …
Vidi un cielo nuovo e una terra nuova; il cielo e la terra di prima, infatti, erano spariti, e anche il mare non era più.
E vidi la città santa, la Gerusalemme nuova, che discendeva dal cielo, preparata come sposa adorna per il suo sposo.
E udii una gran voce dal trono che diceva: « Ecco la tenda di Dio tra gli uomini; egli abiterà con loro: essi saranno il suo popolo, e Dio stesso sarà il loro Dio.
Egli cancellerà ogni lacrima dai loro occhi, non vi sarà più morte, non più lutto o gemito, non vi sarà più dolore, perché tutto ciò che era prima è passato » ( Ap 21,1-4 ).
Lo stesso ripete anche Isaia: Vi sarà infatti un cielo nuovo e una terra nuova; non si ricorderanno più del passato, che più non li affliggerà in cuor loro, in essa avranno letizia ed esultanza ( Is 65,17-18 ) …
Non si può affatto dare un'interpretazione allegorica a ciò: tutto è certo, è vero, è concreto, ed è stato voluto da Dio per la gloria degli uomini giusti.
Come è veramente Dio che fa risuscitare l'uomo, così è veramente l'uomo che risuscita dai morti; non in modo allegorico, come abbiamo ripetutamente mostrato.
E come risorge veramente, così veramente si allenerà all'incorruttibilità, aumenterà e si rinvigorirà, nel tempo del Regno, per potere accogliere poi la gloria del Padre.
Quando poi tutto sarà rinnovato, egli abiterà veramente nella città di Dio.
Ireneo di Lione, Contro le eresie, 5,34-35
« Ecco: Iddio tanto potente, / che con virtù invisibile, e grande, possente sapienza / ha creato il mondo / e con glorioso consiglio ha vestito di bellezza le creature, / e con possente parola ha fissato la volta del cielo / e fondato la terra sopra le acque, / e con sapienza e provvidenza ha istituito la sua Chiesa / e l'ha benedetta; / ecco: trasporta i cieli e i monti, / i colli e i mari, / e tutto sarà pianura per gli eletti / - per compiere le promesse loro fatte / con grande gloria e letizia - / se essi osserveranno le leggi di Dio / che hanno accolto con fede ».
Erma, Il Pastore, Visione prima, 3
Alleluia: è la lode di Dio, per noi, affaticati; essa contrassegna quella che sarà la nostra attività nel riposo.
Quando infatti, dopo la fatica di quaggiù, giungeremo al riposo di lassù, unico nostro ufficio sarà la lode di Dio, la nostra attività sarà un alleluia …
Quasi un profumo della lode divina, della quiete celeste raggiunge anche noi, ma molto più ci preme la nostra mortalità.
Parlando infatti ci stanchiamo, e desideriamo ristorare le membra; e se diciamo a lungo: alleluia, la lode di Dio ci è onerosa per il peso del nostro corpo.
La pienezza dell'alleluia incessante vi sarà solo dopo questo mondo, dopo questa fatica.
E con ciò, fratelli? Diciamolo quanto possiamo, per meritare di dirlo sempre!
Lassù l'alleluia sarà nostro cibo; l'alleluia sarà nostra bevanda, l'alleluia sarà l'attività del nostro riposo, tutta la nostra gioia sarà un alleluia, cioè lode di Dio.
E chi loda senza imperfezione, se non chi gioisce senza noia?
Quanta forza vi sarà nella mente, quanta fermezza immortale nel corpo, perché l'attenzione della mente non venga mai meno nella divina contemplazione, né le membra soccombano nella continua lode di Dio!
Agostino, Discorsi, 252,9
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