La città di Dio |
Quindi il Salvatore stesso, nel rimproverare le città in cui aveva compiuto grandi prodigi, e non avevano creduto, e nel preferire ad esse città straniere, dice: Ebbene vi dico che per Tiro e Sidone vi sarà maggiore indulgenza che per voi; ( Mt 11,22 ) e poco dopo per un'altra città afferma: Vi dico in verità che nel giorno del giudizio per la città di Sodoma vi sarà maggiore indulgenza che per te. ( Mt 11,24 )
Nel passo con molta evidenza annunzia che vi sarà il giorno del giudizio. In un altro passo afferma: Gli uomini di Ninive si alzeranno nel giudizio contro questa progenie e la condanneranno perché fecero penitenza alla predicazione di Giona ed ora qui v'è uno più grande di Giona.
La regina del Sud si alzerà nel giudizio contro questa progenie e la condannerà perché venne dai confini della terra ad ascoltare la sapienza di Salomone ed ora qui vi è uno più grande di Salomone. ( Mt 12,41-42; Gn 3,5; 1 Re 10, 1-10 )
Da questo passo apprendiamo due verità: che si avrà il giudizio e che si avrà assieme alla risurrezione dei morti.
Infatti quando accennava agli avvenimenti degli abitanti di Ninive e della regina del Sud, senza dubbio parlava di persone morte, ma di essi predisse che sarebbero risorti nel giorno del giudizio.
Non ha detto però che condanneranno, come se fossero essi a giudicare, ma perché gli altri nel confronto con loro saranno condannati.
In un altro passo ha parlato della mescolanza di buoni e cattivi nel tempo e poi della separazione che avverrà certamente nel giorno del giudizio.
Ha usato la parabola della semina del grano e in seguito della zizzania; e spiegandola ai suoi discepoli disse: Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo; il campo è il mondo; il buon seme sono i figli del Regno, la zizzania sono i figli del maligno e il nemico che l'ha seminata è il diavolo; la mietitura rappresenta la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli.
Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.
Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori d'iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti.
Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro.
Chi ha orecchi intenda. ( Mt 13,37-43 )
In questo passo non ha nominato il giudizio o il giorno del giudizio, ma lo ha indicato molto più evidentemente con i concetti stessi e ha predetto che avverrà alla fine del tempo.
Allo stesso modo disse ai suoi discepoli: In verità vi dico che voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sederà sul trono del suo potere, anche voi sederete su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele. ( Mt 19,28 )
Da questo passo apprendiamo che Gesù giudicherà assieme ai suoi discepoli.
Quindi in un'altra circostanza disse ai Giudei: Se io in Belzebub scaccio i demoni, i vostri figli in chi li scacceranno?
Perciò essi saranno i vostri giudici. ( Mt 12,27 )
E poiché ha detto che sederanno sopra dodici troni non dobbiamo pensare che giudicheranno con lui soltanto dodici individui.
Col numero dodici infatti è stata indicata una particolare totalità d'individui che giudicano sulla base delle due componenti del numero sette con cui è espresso frequentemente un tutto.
Le due componenti, cioè tre e quattro, moltiplicati fra loro, danno il dodici; infatti quattro per tre e tre per quattro fanno dodici.
Si può dare anche un'altra analisi del numero dodici che valga allo scopo.
Altrimenti, poiché al posto di Giuda il traditore, come si legge, fu scelto l'apostolo Mattia, ( At 1,26 ) l'apostolo Paolo, che si è affaticato più degli altri, ( 1 Cor 15,10 ) non avrebbe il trono in cui assidersi per giudicare.
Eppure dichiara che anche egli appartiene, assieme agli altri santi, al numero dei giudici, quando afferma: Non sapete che giudicheremo gli angeli? ( 1 Cor 6,3 )
La medesima osservazione sul numero dodici si deve fare per coloro che devono essere giudicati.
È stato detto: A giudicare le dodici tribù d'Israele, ma non per questo la tribù di Levi, che è la tredicesima, non dovrà essere giudicata da loro, ovvero giudicheranno soltanto quel popolo e non anche le altre nazioni.
Poiché poi ha detto: Nella nuova creazione, ( Mt 19,28 ) senza dubbio nel concetto di nuova creazione ha voluto che s'intendesse la risurrezione dei morti.
Infatti la nostra carne sarà nuovamente creata mediante la non soggezione al divenire come la nostra anima è stata nuovamente donata all'essere mediante la fede.
Tralascio molte testimonianze, le quali sull'ultimo giudizio sembrano riferite in modo che, considerate attentamente, appaiono ambigue o piuttosto relative ad altro argomento.
Possono, cioè, riferirsi alla venuta del Salvatore con la quale egli viene alla sua Chiesa nel durare di questo tempo, cioè nei suoi membri, uno a uno, di volta in volta, perché tutta intera è il suo corpo; oppure alla devastazione della Gerusalemme terrena perché anche di essa spesso parla come se parlasse della fine del mondo e dell'ultimo universale giudizio.
Ne consegue che è possibile discernere soltanto quelle testimonianze che, riferite con un medesimo significato dai tre evangelisti Matteo, Marco e Luca, ( Mt 24,1-25; Mc 13,1-37; Lc 21,5-38 ) vengono confrontate fra di loro.
Difatti uno esprime l'argomento in forma più oscura, l'altro più chiara, sicché si può evidenziare con quale intento si espongono concetti che si esprimono sul medesimo argomento.
Ho cercato in qualche modo di ottenere questo risultato in una lettera che ho scritto all'uomo di felice memoria Esichio, vescovo di Salona.
La lettera ha per titolo: La fine del mondo.1
Quindi ora esporrò il testo che si ha nel Vangelo di Matteo sulla separazione dei buoni e dei cattivi mediante il giudizio strettamente di persona e finale del Cristo.
Egli dice: Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si sederà sul trono della sua gloria e saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sua sinistra.
Allora il Re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.
Io infatti ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.
Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?
Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?
E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?
Rispondendo il Re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete compiuto queste azioni per uno solo di questi miei fratelli più piccoli l'avete fatto a me.
Poi dirà a quelli che saranno alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. ( Mt 25,31-41 )
Poi egualmente anche ad essi rammenta che non hanno compiuto le opere che, come ho ricordato, hanno compiuto quelli alla destra.
Ed egualmente ad essi, i quali chiedono quando lo hanno visto in condizione di indigenza di quelle opere, risponde che ciò che non è stato fatto per i suoi amici più piccoli non è stato fatto per lui.
E nel concludere il discorso afferma: E andranno questi al tormento eterno, i giusti alla vita eterna. ( Mt 25,46 )
L'evangelista Giovanni poi afferma esplicitamente che egli ha preannunciato il verificarsi del giudizio nella risurrezione dei morti.
Ha premesso appunto: Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre; chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato.
E subito aggiunge: In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. ( Gv 5,22-24 )
In questo passo ha detto che i suoi eletti non andranno al giudizio.
Dunque essi mediante il giudizio saranno separati dai malvagi e posti alla sua destra perché in questo passo ha usato giudizio in luogo di condanna.
Non andranno a un simile giudizio coloro che ascoltano la sua parola e credono a colui che lo ha mandato.
Quindi soggiunge: In verità, in verità vi dico che è venuto il tempo, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e coloro che l'avranno ascoltata avranno la vita.
Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso. ( Gv 5,25-26 )
Non parla ancora della seconda risurrezione, cioè del corpo, poiché si avrà alla fine, ma della prima che avviene nel tempo.
Per distinguerla ha detto: È venuto il tempo, ed è questo.
Essa infatti non è del corpo ma dell'anima.
Anche l'anima ha la sua morte mediante la mancanza di fede e i peccati.
Sono morti di questa morte coloro di cui il Signore dice: Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, ( Mt 8,22; Lc 9,60 ) nel senso, cioè, che i morti nell'anima seppelliscano i morti nel corpo.
E appunto per questi morti nell'anima per mancanza di fede e di onestà egli dice: È venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e coloro che l'udranno vivranno.
In coloro che udranno ha inteso coloro che obbediranno, crederanno e persevereranno fino alla fine.
In questo passo non ha indicato alcuna differenza di buoni e cattivi.
Per tutti infatti è un bene udire la sua voce e vivere passando alla vita della fede dalla morte della mancanza di fede.
Di questa morte ha detto l'apostolo Paolo: Quindi tutti sono morti.
Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro. ( 2 Cor 5,14-15 )
Dunque tutti sono morti, nessuno escluso, nel peccato tanto originale che volontario o perché ignorano o perché, pur sapendo, non operano il bene.
E per tutti i morti è morto un solo vivo che, cioè, non aveva assolutamente alcun peccato affinché coloro, che vivono mediante la remissione, non vivano più per se stessi ma per colui che è morto per tutti a causa dei nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione. ( Rm 4,25 )
Questo affinché tutti noi, credendo in lui che redime l'incredulo, ( Rm 4,5 ) riscattati dalla incredulità, quasi restituiti alla vita dalla morte, potessimo appartenere alla prima risurrezione che avviene nel tempo.
Alla prima infatti non appartengono se non coloro che saranno felici nell'eternità; ed egli insegnerà che alla seconda, di cui sta per parlare, fanno parte i felici e gli infelici.
L'attuale è della misericordia, l'altra del giudizio.
Per questo in un Salmo è stato scritto: Ti canterò, Signore, misericordia e giudizio. ( Sal 101,1 )
Riguardo a tale giudizio aggiunge le parole: E gli ha dato il potere di giudicare perché è il Figlio dell'uomo. ( Gv 5,27 )
Nel passo lascia intendere che verrà per giudicare nella medesima carne in cui era venuto per essere giudicato.
Nell'intento dice: Poiché è il Figlio dell'uomo.
E soggiungendo sull'argomento di cui trattiamo dice: Non vi meravigliate di questo, poiché verrà il tempo in cui tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno, quelli che operarono il bene per una risurrezione di vita, quelli che operarono il male per una risurrezione di giudizio. ( Gv 5,28-29 )
È il concetto di giudizio che poco prima, come adesso, aveva usato per condanna.
Disse infatti: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. ( Gv 5,24 )
Difatti, poiché appartiene alla prima risurrezione, con cui nel tempo si passa dalla morte alla vita, non andrà incontro alla condanna che ha indicato col termine di giudizio, come anche nel passo in cui dice: Coloro che hanno operato il male andranno incontro alla risurrezione del giudizio, cioè alla condanna.
Risorga nella prima risurrezione chi non vuole essere condannato nella seconda.
Infatti viene un tempo, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e coloro che l'avranno ascoltato vivranno, ( Gv 5,25 ) cioè non andranno incontro alla condanna che è considerata la seconda morte.
In essa, dopo la seconda risurrezione, che sarà dei corpi, andranno a finire coloro che non risorgono nella prima che è delle anime.
Infatti dice ancora: Verrà un tempo dunque, in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno. ( Gv 5,28-29 )
Non ha detto secondo il modo della prima risurrezione: E coloro che l'ascolteranno vivranno.
Infatti non tutti vivranno di quella vita che sola si deve considerare vita perché è felice.
Certamente non senza una qualche vita potrebbero udire e, poiché la carne è risuscitata, uscire dai sepolcri.
Indica la ragione per cui non tutti vivranno con le parole che seguono: Coloro che hanno operato il bene, egli dice, andranno nella risurrezione della vita; sono questi quelli che vivranno; coloro poi che hanno operato il male andranno nella risurrezione del giudizio; ( Gv 5,29 ) ed essi sono coloro che non vivranno poiché moriranno della seconda morte.
Hanno operato il male perché sono vissuti male; sono vissuti male perché non sono rivissuti nella prima risurrezione delle anime, che è nel tempo, o anche non hanno perseverato fino alla fine nella condizione in cui erano.
Due sono dunque le nuove creazioni, di cui ho già parlato, una secondo la fede che avviene nel tempo mediante il battesimo; l'altra secondo la carne che avverrà con la sua immortalità, fuori del divenire mediante l'universale, ultimo giudizio.
Così si hanno due risurrezioni, una prima che è nel tempo ed è dell'anima, ed essa non consente di giungere alla seconda morte; e una seconda che non è nel tempo, ma sarà alla fine del tempo, e non è dell'anima ma del corpo ed essa, attraverso il giudizio finale, introduce alcuni alla seconda morte, altri a quella vita che non ha morte.
Giovanni evangelista ancora, nel libro intitolato l'Apocalisse, ha parlato delle due risurrezioni in termini tali che la prima di esse, non compresa da alcuni dei nostri, è stata anche per di più volta in favole grottesche.
Dice appunto nel libro menzionato l'apostolo Giovanni: Ho visto poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'abisso e una gran catena in mano.
Afferrò il dragone, il serpente antico, soprannominato il diavolo e Satana, e lo incatenò per mille anni, lo gettò nell'abisso, ve lo chiuse e ne sigillò la porta affinché non traesse più in errore le nazioni fino al compimento di mille anni; dopo questi avvenimenti dovrà essere sciolto per un po' di tempo.
Poi ho visto alcuni troni e alcuni che vi si sedettero e fu dato il potere di giudicare.
E le anime degli uccisi a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio e coloro che non hanno adorato la bestia e la sua statua e non hanno ricevuto il marchio sulla fronte o sulla mano regnarono con Gesù mille anni; gli altri non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni.
Questa è la prima risurrezione.
Beato e santo chi ha parte in questa prima risurrezione.
Su di essi non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni. ( Ap 20,1-6 )
Coloro, che sulla base delle parole di questo libro hanno congetturato che la prima risurrezione sarà dei corpi, sono stati spinti soprattutto dal numero di mille anni.
Sembrò loro opportuno che nei santi in quella condizione avvenisse la celebrazione del sabato di un sacrale grande periodo di tempo, cioè con un periodo di riposo dopo seimila anni, da quando è stato creato l'uomo e per la pena del grande peccato fu espulso dalla felicità del paradiso nelle tribolazioni dell'attuale soggezione alla morte.
Poiché si ha nella Scrittura: Un solo giorno nel Signore come mille anni e mille anni come un sol giorno, ( 2 Pt 3,8 ) passati seimila anni come sei giorni, dovrebbe seguire il settimo del sabato negli ultimi mille anni per celebrare, cioè, il sabato con la risurrezione dei santi.
L'opinione sarebbe comunque ammissibile se in quel sabato fosse riservato ai santi qualche godimento spirituale.
Anch'io una volta ho avuto questa opinione.
Ma essi dicono che coloro, i quali risusciteranno in quel tempo, attenderanno a sfrenate orge carnali, nelle quali sarebbe così abbondante il cibo e le bevande non solo da violare la moderazione, ma da sorpassare perfino la misura dell'incredibile.
Ma queste storie possono essere credute soltanto dai carnali.
Gli spirituali definiscono coloro che le credono con la parola greca χιλιασταί che noi, derivando parola da parola, potremmo denominare i "millenaristi".
È lungo ribatterli dettagliatamente; piuttosto dobbiamo esporre come si deve interpretare questo passo della Scrittura.
Lo stesso Signore Gesù Cristo dice: Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rubare i suoi arnesi se prima non ha incatenato l'uomo forte. ( Mc 3,27 )
Per forte ha voluto intendere il diavolo, perché ha potuto tenere prigioniero il genere umano, e per gli arnesi, che avrebbe sottratto, Gesù ha inteso i suoi futuri credenti che quegli teneva avvinti nelle varie azioni immorali.
Affinché dunque quest'essere forte fosse incatenato, il suddetto Apostolo nell'Apocalisse vide un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'abisso e una gran catena in mano.
Afferrò - soggiunge - il dragone, il serpente antico, soprannominato il diavolo e Satana, e lo incatenò per mille anni, ( Ap 20,1-2 ) cioè represse e frenò il suo potere di sedurre e dominare coloro che dovevano essere liberati.
I mille anni si possono interpretare, per quanto mi risulta, in due sensi.
Il primo è che questo evento si verifica negli ultimi mille anni, cioè nel sesto millennio, quale sesto giorno, del quale attualmente scorrono le fasi di successione.
Seguirà poi il sabato che non ha sera, cioè il riposo dei santi che non ha fine.
In tal senso avrebbe denominato mille anni l'ultima parte della serie di millenni, come giorno che rimaneva fino al termine della serie dei tempi, con quel modo figurato di parlare per cui la parte è significata dal tutto.
Ovvero in un altro senso ha usato i mille anni in luogo di tutti gli anni della serie dei tempi, in modo che in un numero perfetto si avvertisse il tutto del tempo.
Il numero mille infatti rende cubo il quadrato del numero dieci.
Dieci per dieci appunto fanno cento che è già una figura quadrata ma bidimensionale; affinché si levi in altezza e diventi solida di nuovo cento si moltiplica per dieci e si ha mille.
Inoltre il numero cento talora si usa per indicare un tutto come quando il Signore ha promesso a chi abbandona tutti i suoi beni e lo segue: Avrà in questo tempo cento volte tanto. ( Mt 19,29; Mc 10,30 )
L'Apostolo, interpretando in un certo senso questo passo, dice: Come se non avessimo nulla e possediamo tutto. ( 2 Cor 6,10 )
Già prima era stato detto: Tutto il mondo della ricchezza è dell'uomo di fede. ( Pr 17,6 )
A più forte ragione il mille si usa per un tutto poiché è il solido del quadrato di dieci.
Si spiega anche più chiaramente il passo di un Salmo: Si ricorda per sempre della sua alleanza, della parola che ha rivolto a mille generazioni, ( Sal 105,8 ) cioè a tutte.
Continua: E lo gettò nell'abisso, senza dubbio gettò il diavolo nell'abisso, parola con cui è stato indicato il numero incalcolabile degli increduli perché il loro cuore è senza fondo nella malvagità contro la Chiesa di Dio.
Certamente il diavolo era già nell'abisso, ma si afferma appunto che vi fu gettato perché, respinto dai credenti, iniziò a dominare più fortemente gli increduli.
È più dominato dal diavolo infatti chi non solo è estraniato da Dio, ma anche senza motivo odia coloro che a lui si dedicano.
Continua: Ve lo rinchiuse e ne sigillò la porta affinché non inducesse più in errore i popoli fino al compimento di mille anni. ( Ap 20,3 )
Ve lo rinchiuse è detto nel senso che gli rese impossibile, cioè, di oltrepassare il termine vietato.
Mi pare che con l'aggiunta: E ne sigillò la porta volle che si ignorassero coloro che sono dalla parte del diavolo e coloro che non vi sono.
Il fatto in questo mondo è interamente nascosto perché è incerto se chi sembra che stia in piedi non cada e chi sembra che sia a terra non si rialzi. ( 1 Cor 10,12 )
Con la catena e la spranga di questo divieto il diavolo è potentemente impedito dall'indurre in errore i popoli, che prima induceva in errore e dominava sebbene appartenessero al Cristo.
Dio infatti li ha scelti prima della creazione del mondo per sottrarli dal potere delle tenebre ( Ef 1,4 ) e trasferirli nel Regno del Figlio del suo amore, ( Col 1,13 ) come dice l'Apostolo.
Il credente non ignora che anche ora egli induce in errore i popoli e li trascina alla pena eterna, ma se non predestinati alla vita eterna.
Non turbi il fatto che spesso il diavolo induca in errore anche coloro che, già rigenerati in Cristo, percorrono le vie di Dio.
Il Signore, infatti, conosce i suoi, ( 2 Tm 2,19 ) e quegli non induce in errore alcuno di loro verso l'eterna condanna.
Il Signore li conosce come Dio, al quale non è nascosto nulla neanche del futuro, non come un uomo che conosce l'uomo al presente, seppure lo conosce, perché non ne conosce il sentimento e non conosce neanche se stesso come sarà nel futuro.
Per questo dunque il diavolo è stato incatenato e chiuso nell'abisso affinché non induca più in errore i popoli, da cui è costituita la Chiesa, perché prima che fossero la Chiesa, li traeva in errore.
Non è stato detto: Affinché non traesse in errore qualcuno, ma: Affinché non traesse in errore i popoli, nei quali certamente ha voluto indicare la Chiesa.
Fino - soggiunge - al compimento di mille anni, cioè, o ciò che rimane del sesto giorno, il quale si compie con mille anni, ovvero tutti gli anni con i quali il tempo deve svolgersi nella successione.
Affinché non traesse in errore i popoli fino al compimento di mille anni ( Ap 20,3 ) non si deve interpretare nel senso che poi trarrà in errore soltanto i popoli, dai quali è composta la Chiesa della predestinazione, perché egli dalla catena e dalla spranga è stato impedito di trarli in errore.
Ma o è un particolare modo d'esprimersi che ricorre talora nella Bibbia, come in un Salmo: Così i nostri occhi al Signore nostro Dio finché abbia pietà di noi; ( Sal 123,2 ) infatti non significa che quando avrà avuto pietà, gli occhi dei suoi servi non saranno rivolti al Signore loro Dio.
Ovvero è questa la serie delle parole: E lo rinchiuse e ne sigillò la porta fino al compimento di mille anni.
La frase interposta: Affinché non traesse più in errore i popoli ha un significato tale che è libera dal contesto e da intendersi separatamente, come se fosse aggiunta alla fine, in modo che l'intera espressione suoni così: E lo rinchiuse e ne sigillò la porta fino al compimento di mille anni affinché non traesse più in errore i popoli, cioè: ve lo chiuse appunto finché si compissero i mille anni, affinché egli non traesse più in errore i popoli.
Continua: Dopo questi avvenimenti dovrà essere sciolto per un po' di tempo. ( Ap 20,3 )
Se per il diavolo essere incatenato e rinchiuso significa non trarre in errore la Chiesa, il suo scioglimento significa che lo potrà?
No, giammai la Chiesa, predestinata ed eletta prima della creazione del mondo, ( Ef 1,4 ) sarà da lui condizionata all'errore poiché di essa è stato detto: Il Signore conosce i suoi. ( 2 Tm 2,19 )
E tuttavia essa sarà nel mondo anche in quel tempo in cui il diavolo dovrà essere slegato, come è stata e sarà nel mondo in ogni tempo, da quando è stata istituita, evidentemente nei suoi fedeli che succedono col nascere a quelli che muoiono.
Poco dopo infatti soggiunge che il diavolo liberato istigherà alla guerra contro di essa i popoli tratti in errore in tutto il mondo, e il numero dei nemici sarà come la sabbia del mare.
Dice: Marciarono su tutta la superficie della terra e cinsero d'assedio l'accampamento dei santi e la città diletta, ma un fuoco scese dal cielo da Dio e li distrusse; e il diavolo, che li aveva indotti in errore, fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte per sempre. ( Ap 20,8-10 )
Questo evento perciò concerne l'ultimo giudizio, ma ho pensato di richiamarlo in questo punto affinché non si pensi che in quel breve tempo, in cui il diavolo sarà slegato, sulla terra non vi sarà più la Chiesa, perché non ve la troverà quando sarà slegato o perché la scompaginerà, perseguitandola con tutti i mezzi.
Ciò non significa che il diavolo sarà legato per tutto il tempo, che il libro dell'Apocalisse include, cioè dalla prima venuta del Cristo sino alla fine del tempo, che sarà la sua seconda venuta, in maniera che il suo incatenamento, per lo spazio definito di mille anni, consista nel non indurre in errore la Chiesa, perché anche slegato non potrà certamente indurla in errore.
Se infatti per lui l'essere legato significa non avere possibilità o consenso d'indurla in errore, l'essere slegato non significherebbe altro che avere possibilità o consenso per indurla in errore.
Non sia mai! L'incatenamento del diavolo significa che non gli è consentito impiegare ogni forma di tentazione che può, con la violenza o con l'inganno, per trarre gli uomini dalla sua parte o costringendoli con la violenza o ingannandoli con la menzogna.
Se gli fosse permesso in sì lungo tempo e per la grande debolezza di molti, prostrerebbe, se già credono, e impedirebbe di credere moltissimi che sono tali quali Dio non permette che subiscano questo male.
Perché non lo faccia è stato incatenato.
Sarà slegato quando si avrà un breve periodo di tempo, poiché si legge nella Scrittura che assalirà con le proprie forze e con quelle dei suoi adepti per tre anni e sei mesi, ( Ap 11,2; Ap 12,6; Ap 13,5 ) e quando saranno tali quelli con cui dovrà combattere che non potranno essere sconfitti dal suo attacco e agguato.
Se non fosse mai slegato, si manifesterebbe di meno il suo potere ostile, sarebbe meno sperimentato il fedelissimo coraggio della città santa e poi sarebbe meno evidenziato quanto bene l'Onnipotente si sia valso della grande malizia di lui.
Egli non gli ha completamente impedito di tentare i santi, sebbene estromesso dalla loro coscienza, con la quale si crede in Dio, affinché traessero profitto dal suo attacco all'esterno.
Dio lo ha poi legato in quelli che sono dalla sua parte affinché non ostacolasse, impiegando la maggiore malizia possibile, le tante persone deboli, da cui si deve accrescere e completare la Chiesa, alcuni vicini a credere, altri già credenti, distogliesse cioè i primi dalla fede religiosa e fiaccasse gli altri.
Lo scioglierà alla fine affinché la città di Dio osservi quale forte avversario ha superato a infinita gloria del suo redentore, soccorritore, liberatore.
A confronto di quei santi e fedeli che vivranno allora, noi che cosa siamo?
Infatti per sottoporli a prova sarà slegato un sì gran nemico col quale noi, sebbene legato, ci battiamo tra tanti pericoli.
Però non v'è dubbio che anche in questo intervallo di tempo alcuni soldati di Cristo sono stati e sono prudenti e coraggiosi.
Quindi anche se vivessero nella soggezione alla morte in quel tempo, in cui quegli sarà slegato, eviterebbero con grande prudenza i suoi agguati e sosterrebbero con grande coraggio i suoi attacchi.
L'incatenamento del diavolo non solo fu in atto da quando la Chiesa ha cominciato a diffondersi oltre la Giudea in varie nazioni, ma è in atto e sarà in atto fino al termine del tempo, quando dovrà essere slegato.
Anche attualmente infatti gli uomini dalla condizione d'infedeli, nella quale li dominava, si convertono alla fede e si convertiranno senza dubbio fino a quel termine; e certamente per ciascuno questo forte sarà legato quando l'uomo, quasi fosse una sua proprietà, gli sarà sottratto.
L'abisso poi, in cui fu chiuso, non fu ripieno, dopo la loro morte, con quelli che vivevano quando vi fu chiuso all'inizio, ma ad essi si sono susseguiti altri venendo al mondo e, finché abbia termine il tempo, si susseguono coloro che odiano i cristiani, ed egli continuamente viene chiuso nei loro cuori ciechi senza fondo come in un abisso.
L'ipotesi poi che negli ultimi tre anni e sei mesi, quando, slegato, incrudelirà con tutte le forze, qualcuno verrà alla fede che non aveva, è un interrogativo di rilievo.
È stato scritto: Come può uno entrare nella casa di un forte per rapire gli arnesi se prima non lo avrà legato? ( Mt 12,29 )
Questo quesito non avrà senso se, anche slegato, gli sono rapiti.
Sembra quindi che un tale pensiero induca a credere che in quello spazio di tempo, quantunque breve, nessuno può aderire al popolo cristiano ma che il diavolo si batterà con quelli che sono riconosciuti cristiani; ed anche se alcuni di loro sconfitti lo seguiranno, non appartengono al numero predestinato dei figli di Dio.
Non senza motivo lo stesso apostolo Giovanni, autore della citata Apocalisse, in una sua lettera afferma di alcuni: Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri, perché se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi. ( 1 Gv 2,19 )
Ma che avverrà dei bambini?
È veramente incredibile che non siano coinvolti figli di cristiani, già nati e non ancora battezzati, perché in quel tempo ancora in età infantile, e che altri non nascano in quei giorni; o se vi saranno, che non siano condotti in qualche modo dai genitori al lavacro di rigenerazione.
Se avverrà, in che modo questi suoi arnesi sono rapiti al diavolo già slegato, giacché nessuno entra nella sua casa per rapirgli gli arnesi se prima non lo avrà legato?
Al contrario si deve piuttosto credere che in quel tempo non mancheranno quelli che si allontaneranno dalla Chiesa e quelli che vi aderiranno.
Certamente i genitori saranno così forti per battezzare i piccoli e forti anche coloro che professeranno la fede per la prima volta affinché sconfiggano quel forte sebbene non incatenato, affinché, cioè, avvistino con la prudenza e respingano con la fortezza lui che insidia con tutte le astuzie e assale con tutte le forze, quali prima non aveva usato, e così si sottraggano a lui sebbene non incatenato.
Non per questo è falso questo pensiero del Vangelo: Come può entrare uno nella casa di un forte per rapire i suoi arnesi, se prima non lo avrà legato?
Stando al vero significato del suo pensiero la regola è stata rispettata nel senso che è stata ampliata la Chiesa, essendo stato legato il forte e rapiti i suoi arnesi, fra tutti i popoli in ogni direzione da uomini robusti e deboli.
Così essa, con la stessa fede incrollabile di eventi preannunziati e realizzati per volere di Dio, può sottrarre gli arnesi al diavolo quantunque slegato.
Si deve ammettere però che languisce la carità di molti ( Mt 24,12 ) quando sovrabbonda la malvagità e che molti, poiché non sono scritti nel libro della vita, si arrenderanno alle persecuzioni di inaudita ferocia e alle insidie del diavolo ormai slegato.
Così si deve ammettere che quanti sono buoni fedeli e alcuni che sono ancora fuori, con l'aiuto della grazia di Dio e mediante l'attenzione alla sacra Scrittura, in cui sono preannunziati altri eventi e la fine, che avvertono vicina, saranno più costanti nel credere quel che non credevano e più forti nel vincere il diavolo sebbene non legato.
Se così avverrà, si deve pensare che il suo incatenamento è avvenuto prima affinché seguisse la sua spoliazione, legato o slegato che fosse, poiché sull'argomento è stato detto: Come può entrare uno nella casa di un forte per rapire i suoi arnesi se prima non l'avrà legato?
Frattanto, mentre il diavolo è incatenato per mille anni, i santi regnano con Cristo anch'essi per mille anni, da intendere senza dubbio identici agli altri e con identico significato, cioè nel tempo della sua prima venuta.
Non si tratta infatti di quel regno, del quale alla fine si dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il Regno preparato per voi. ( Mt 25,34 )
Se in un determinato altro senso, assai diverso, non regnassero con lui nel tempo i suoi santi, perché dice ad essi: Da questo momento io sono con voi fino alla fine del tempo, ( Mt 28,20 ) la Chiesa, sempre nel tempo, non si considererebbe suo regno o regno dei cieli.
Certamente, mentre scorre il tempo, viene istruito quello scriba di cui ho parlato poco fa,2 il quale estrae dal suo forziere cose nuove e cose vecchie; e dalla Chiesa i mietitori devono raccogliere le erbacce che egli ha permesso crescessero insieme al grano fino alla mietitura.
Esponendo questo concetto ha detto: La mietitura è la fine del tempo, i mietitori sono gli angeli.
Come dunque si raccolgono le erbacce e si bruciano col fuoco, così avverrà alla fine del tempo; il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali; ( Mt 13,39-41 ) dunque non dal regno in cui non vi sono scandali.
Saranno dunque raccolti dal suo regno che nel tempo è la Chiesa.
Allo stesso modo dice: Chi dunque dichiarerà abrogato uno solo di questi precetti, anche i più piccoli, e insegnerà così agli uomini, sarà considerato il più piccolo nel regno dei cieli; chi invece li osserverà e così insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. ( Mt 5,19 )
Afferma che l'uno e l'altro sono nel regno dei cieli, tanto e chi non osserva i precetti che insegna, poiché dichiararli abrogati significa non osservare, non compiere, come e chi li osserva e così insegna, ma quello il più piccolo, costui grande.
E subito soggiunge: Vi dico che se la vostra giustizia non sorpasserà quella degli scribi e dei farisei, ( Mt 5,20 ) cioè di coloro che dichiarano abrogato ciò che insegnano.
In un altro passo dice infatti dei farisei: Dicono e non osservano. ( Mt 23,3 )
Dunque se la vostra giustizia non sorpasserà la loro, cioè che voi non abroghiate ma osserviate quel che insegnate, non entrerete - dice - nel Regno dei cieli. ( Mt 5,20 )
In un senso dunque si deve intendere il Regno dei cieli, in cui vi sono tutti e due, chi dichiara abrogato ciò che insegna e chi lo osserva, ma quello il più piccolo, costui grande; e in un altro senso s'intende il regno dei cieli in cui non entra se non chi osserva.
Perciò, quando si ha l'una e l'altra specie, si ha la Chiesa qual è nel tempo, quando se ne ha una sola si ha la Chiesa quale sarà allorché non vi sarà più il cattivo.
Pertanto anche nel tempo la Chiesa è regno di Cristo e regno dei cieli.
Anche nel tempo regnano con lui i suoi santi ma in modo diverso da come regneranno alla fine e con lui non regnano le erbacce, sebbene nella Chiesa crescano assieme al frumento. ( Mt 13,30-40 )
Regnano con lui coloro che eseguono ciò che dice l'Apostolo: Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù non a quelle della terra. ( Col 3,1-2 )
Di essi dice anche che il loro modo di vivere è nei cieli. ( Fil 3,20 )
Infine regnano con lui quelli che vissero in tal modo nel suo regno da essere essi stessi il suo regno.
Ma in che modo sono regno di Cristo coloro che, per non dire altro, sebbene sono nella Chiesa, finché si svellano alla fine del tempo dal suo regno tutti gli scandali, tuttavia vi cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo?
Il libro dell'Apocalisse parla dunque di questo regno di servizio in armi, in cui si è ancora in conflitto con il nemico e talora si resiste ai vizi che assalgono, talora si ha il dominio su di essi che si arrendono fino a che si giunga a quel regno di grande pace, in cui si regnerà senza nemico; parla anche della prima risurrezione che avviene nel tempo.
Infatti dopo aver detto che il diavolo è incatenato per mille anni e che poi sarà slegato per breve tempo, compendiando quel che nei mille anni compie la Chiesa o si compie in essa, dice: E vidi dei troni e coloro che vi sedevano e fu dato il potere di giudicare. ( Ap 20,4 )
Non si deve pensare che la frase si riferisca all'ultimo giudizio, ma in essa si devono intendere i troni dei capi e i capi stessi, ai quali è affidato il governo della Chiesa nel tempo.
Ed è evidente che il conferimento del potere di giudicare non è espresso meglio che con quel che è stato detto: Ciò che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo e ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo. ( Mt 18,18 )
Perciò dice l'Apostolo: Spetta forse a me giudicare quelli di fuori?
Non sono quelli di dentro che voi giudicate? ( 1 Cor 5,12 )
Continua l'Apocalisse: E le anime degli uccisi a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio; ( Ap 20,4 ) si sottintende quello che dice di seguito: Regnarono con Cristo mille anni, cioè le anime dei martiri non ancora restituite al proprio corpo.
Infatti le anime dei fedeli defunti non sono separate dalla Chiesa che anche nel tempo è il regno di Cristo.
Altrimenti anche all'altare di Dio non si farebbe la loro memoria in comunione col corpo di Cristo; e non gioverebbe in pericolo di morte ricevere il battesimo affinché questa vita non termini senza di esso e neanche ottenere la riconciliazione, se per caso si è separati dal corpo di Cristo a causa della penitenza pubblica o della coscienza in peccato.
Si compiono questi riti appunto perché i fedeli anche defunti sono sue membra.
Dunque sebbene non ancora nel corpo, tuttavia la loro anima già regna con lui, mentre decorrono i mille anni.
Nel medesimo libro e in altri si legge: Beati i morti che muoiono nel Signore.
D'ora innanzi, dice lo Spirito, affinché riposino dalle loro fatiche perché le loro opere li seguono. ( Ap 14,13 )
Dapprima dunque regna nel tempo con Cristo la Chiesa nei vivi e nei morti.
Dice l'Apostolo: Per questo è morto Cristo, per essere il Signore dei vivi e dei morti. ( Rm 14,9 )
Ma l'Apocalisse ha menzionato soltanto l'anima dei martiri; essi infatti soprattutto regnano da morti perché hanno lottato per la verità fino alla morte.
Ma come da una parte il tutto, comprendiamo che anche gli altri morti appartengono alla Chiesa che è il regno di Cristo.
Dobbiamo intendere congiuntamente dei vivi e dei morti la frase che segue: E coloro che non hanno adorato la bestia e la sua statua e non hanno ricevuto il marchio sulla fronte o sulla mano. ( Ap 20,4 )
Sebbene sia da indagare più attentamente quale sia questa bestia, tuttavia non contrasta con la retta fede che s'interpreti come la stessa città pagana e il popolo dei pagani contrario al popolo cristiano e alla città di Dio.
La sua statua a me sembra la sua finzione in quegli individui che professano la fede e vivono da pagani.
Fingono di essere quel che non sono e sono considerati cristiani non in un vero ritratto ma in una rappresentazione ingannevole.
Alla medesima bestia appartengono infatti non soltanto quelli che sono apertamente nemici del nome di Cristo e della sua città molto gloriosa, ma anche le erbacce che alla fine del tempo devono essere estirpate dal suo regno che è la Chiesa. ( Mt 13,39-41 )
E coloro che non adorano la bestia e la sua immagine sono certamente coloro che eseguono ciò che dice l'Apostolo: Non siate di coloro che portano il giogo con gli infedeli. ( 2 Cor 6,14 )
Non adorano infatti significa: non concordano, non si assoggettano; non ricevono il marchio, cioè il contrassegno della colpa; nella fronte per la dottrina che professano; sulla mano per le opere che compiono.
Dunque liberi da simili mali, tanto se vivono ancora nella soggezione alla morte o, se già morti, regnano con Cristo fin d'ora in una forma conveniente a questo tempo per tutto il periodo indicato con i mille anni.
Soggiunge: Gli altri non tornarono in vita. ( Ap 20,5 )
Infatti è questo il momento in cui i morti odono la voce del Figlio di Dio e quelli che l'udranno torneranno in vita. ( Gv 5,25 )
Gli altri dunque non torneranno in vita.
L'aggiunta: Fino al compimento di mille anni si deve interpretare nel senso che non tornarono in vita nel tempo in cui dovevano, passando, cioè, dalla morte alla vita.
Perciò quando giungerà il giorno, in cui avviene la risurrezione dei corpi, non passeranno dai sepolcri alla vita, ma al giudizio, cioè alla condanna che è considerata la seconda morte.
Chi non sarà tornato in vita fino al compimento dei mille anni, cioè non avrà udito la voce del Figlio di Dio e non sarà passato dalla morte alla vita per tutto il tempo in cui avviene la prima risurrezione, certamente nella seconda risurrezione, che è della carne, passerà alla seconda morte con la carne stessa.
Prosegue infatti e dice: Questa è la prima risurrezione: beato e santo chi ha parte in questa prima risurrezione, ( Ap 20,5-6 ) cioè ne sarà partecipe.
Ne sarà partecipe non solo se torna in vita dalla morte, che si ha nel peccato, ma persisterà nello stato in cui è tornato in vita.
Su di essi - dice - non ha potere la seconda morte. ( Ap 20,6 )
Lo ha quindi sugli altri, dei quali precedentemente ha detto: Gli altri non tornarono in vita fino al compimento di mille anni. ( Ap 20,5 )
Difatti in tutto questo periodo di tempo, che considera di mille anni, chiunque, per quanto a lungo sia vissuto nel corpo, non è tornato in vita dalla morte, in cui lo tratteneva la mancanza di fede, affinché, tornando in vita in questo senso, divenisse partecipe della prima risurrezione e in lui non avesse potere la seconda morte.
Alcuni pensano che soltanto ai corpi è possibile applicare il concetto di risurrezione e perciò sostengono che anche la prima sarà di essi.
A chi spetta il cadere, dicono, spetta anche il rialzarsi.
Ora i corpi cadono con la morte e dal loro cadere si denominano cadaveri.
Quindi, soggiungono, la risurrezione non può essere delle anime ma dei corpi.
Ma costoro che cosa ribattono contro l'Apostolo ( Rm 7,22; Ef 3,16 ) che la chiama risurrezione?
Erano risorti nell'uomo interiore e non in quello esteriore coloro ai quali dice: Se siete risorti con Cristo, gustate le cose di lassù. ( Col 3,1 )
Ha espresso il medesimo significato in un altro passo con parole diverse quando dice: Affinché, come Cristo è risorto dai morti nella gloria del Padre, così anche noi ci poniamo in cammino in una nuova vita. ( Rm 6,4 )
Ne consegue anche questo pensiero: Svegliati tu che dormi e rialzati dalla morte e Cristo ti illuminerà. ( Ef 5,14 )
E riguardo alla loro teoria, che possono rialzarsi soltanto quelli che cadono e perciò la risurrezione spetta ai corpi e non alle anime, perché il cadere è proprio dei corpi, ascoltino: Non allontanatevi da lui per non cadere; ( Sir 2,7 ) e: Sta in piedi o cade per il suo Signore; ( Rm 14,4 ) e: Chi pensa di stare in piedi eviti di cadere. ( 1 Cor 10,12 )
Penso che una simile caduta si debba evitare nell'anima e non nel corpo.
Se dunque la risurrezione è di coloro che cadono, ed anche le anime cadono, si deve ammettere che anche le anime si rialzano.
Il brano dell'Apocalisse: In essi la seconda morte non ha potere; e la frase che segue: Ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui mille anni, ( Ap 20,6 ) non riguardano soltanto i vescovi e i preti, sebbene ormai nella Chiesa in senso proprio essi sono considerati sacerdoti.
Come però a causa dell'unzione sacramentale consideriamo tutti i fedeli unti del Signore, consideriamo sacerdoti tutti i fedeli perché sono membra dell'unico Sacerdote.
Di essi dice l'apostolo Pietro: Stirpe santa, sacerdozio regale. ( 1 Pt 2,9 )
Con criterio, sebbene in breve e di passaggio, l'Apocalisse propone che il Cristo è Dio con le parole: Sacerdoti di Dio e del Cristo, cioè del Padre e del Figlio.
Tuttavia nella condizione di servo, ( Fil 2,7 ) in quanto Figlio dell'uomo, Cristo è divenuto anche sacerdote per sempre secondo l'ordine di Melchisedec. ( Sal 110,4 )
Dell'argomento ho trattato più volte in quest'opera.3
L'Apocalisse continua: E quando i mille anni saranno compiuti Satana sarà liberato dal suo carcere e uscirà per trarre in errore i popoli che sono ai quattro punti cardinali della terra, Gog e Magog, e li condurrà in guerra; il loro numero è come l'arena del mare. ( Ap 20,7-8 )
Dunque alla fine li trarrà in errore allo scopo di condurli alla guerra.
Anche prima traeva in errore, nei modi in cui poteva, attraverso numerosi e svariati atti di malvagità.
Uscirà significa che balzerà dai nascondigli dell'odio in aperta persecuzione.
Sarà, nell'imminenza dell'ultimo giudizio, l'ultima persecuzione che in tutto il mondo subirà la Chiesa, cioè tutta la città di Cristo da tutta la città del diavolo, qualunque sia l'estensione dell'una e dell'altra sulla terra.
Questi popoli, che denomina Gog e Magog, non si devono intendere come popoli non civili, stanziati in una parte della terra, ovvero i Geti e Massageti, come alcuni suppongono, a causa della lettera iniziale del loro nome, ovvero altri stranieri non associati al diritto romano.
Con la frase: Popoli esistenti ai quattro punti cardinali della terra è stato indicato che essi sono in tutto il mondo ed ha soggiunto che essi sono Gog e Magog.
Apprendiamo che come significato dei nomi Gog corrisponde a "tetto", e Magog "dal tetto", cioè come casa e chi esce di casa.
Dunque sono i popoli nei quali precedentemente abbiamo inteso che era rinchiuso il diavolo come in un abisso ed è lui che in certo senso da essi si svincola ed esce, in modo che essi sono il tetto ed egli dal tetto.
Se poi applichiamo l'uno e l'altro ai popoli, non uno a loro e l'altro al diavolo, essi sono il tetto perché nel tempo egli è rinchiuso in essi e in certo senso vi è occultato il nemico antico; ed essi saranno dal tetto, allorché dal coperto balzeranno fuori in un odio aperto.
Con la frase: E marciarono su tutta la superficie della terra e assediarono l'accampamento dei santi e la città diletta, ( Ap 20,9 ) non si afferma che sono venuti o verranno a un solo luogo, come se in un solo determinato luogo vi siano l'accampamento dei santi e la città diletta.
Questa infatti non è altro che la Chiesa di Cristo diffusa in tutto il mondo.
Perciò dovunque essa sarà alla fine, poiché sarà estesa a tutti i popoli, concetto che è stato indicato con il termine "superficie della terra", ivi sarà l'accampamento dei santi, ivi sarà la diletta città di Dio, ivi con la mostruosità di quella persecuzione sarà assediata da tutti i suoi nemici poiché anche essi saranno con lei fra tutti quei popoli.
Sarà cioè avvinghiata, stretta, compressa nell'angustia della sofferenza e non abbandonerà la sua difesa armata che è stata espressa con il concetto di accampamento.
Non si deve pensare che nella frase: E discese un fuoco dal cielo e li divorò ( Ap 20,9 ) sia indicato il definitivo tormento che si avrà quando si dirà: Via da me, maledetti, nel fuoco eterno! ( Mt 25,41 )
Allora essi saranno immersi nel fuoco e non verrà su di essi un fuoco dal cielo.
Nel passo s'interpreta bene il fuoco dal cielo con la fermezza dei santi, per cui non si piegheranno ai persecutori per eseguire la loro volontà.
Cielo è infatti il firmamento e a causa della sua fermezza i nemici saranno tormentati da uno zelo bruciante poiché non potranno attirare i santi di Cristo alla parte dell'Anticristo.
Sarà questo il fuoco che li divorerà, ed esso è da Dio, poiché per dono di Dio i santi diventano invincibili e i nemici ne sono tormentati.
Come infatti lo zelo è proposto nel bene: Lo zelo della tua casa mi ha divorato, ( Sal 69,10 ) così al contrario: Lo zelo ha invaso il popolo rozzo ed ora un fuoco divorerà gli avversari. ( Is 26,11 )
Ed ora appunto, escluso cioè il fuoco dell'ultimo giudizio.
Oppure supponiamo che abbia considerato come fuoco che viene dal cielo e li divorerà quel tormento da cui saranno colpiti i persecutori della Chiesa che, alla venuta di Cristo, egli troverà ancora in vita sulla terra, quando ucciderà l'Anticristo con un soffio della sua bocca. ( 2 Ts 2,8; Is 11,4 )
Anche in tale ipotesi questo non sarà l'ultimo tormento dei reprobi, ma quello che soffriranno, avvenuta la risurrezione dei corpi.
Quest'ultima persecuzione, che sarà attuata dall'Anticristo, come è stato già detto,4 perché se ne è parlato precedentemente anche nel libro dell'Apocalisse, ( Ap 11,2; Ap 12,6; Ap 13,5 ) e nel profeta Daniele, ( Dn 12,7 ) durerà tre anni e sei mesi.
Giustamente si controverte se questo periodo, quantunque breve, appartenga ai mille anni, durante i quali, come dice l'Apocalisse, il diavolo è incatenato e i santi regnano con Cristo, o se questo breve tempo si aggiunga a quegli anni e sia uno di più.
Infatti se affermeremo che appartengono agli stessi anni, si riscontrerà che il regno dei santi con Cristo non dura il medesimo tempo ma si amplia in un periodo più lungo di quello in cui il diavolo è incatenato.
Ovviamente i santi regneranno con il loro Re soprattutto durante la stessa persecuzione per vincere i numerosi atti di malvagità, quando il diavolo non sarà più incatenato sicché potrà perseguitarli con tutte le sue forze.
In che senso dunque questo brano della Bibbia assegna ai mille anni l'uno e l'altro evento, cioè l'incatenamento del diavolo e il regno dei santi dal momento che, nello spazio di tre anni e sei mesi, cessa prima l'incatenamento del diavolo che il regno dei santi con Cristo durante questi mille anni?
Supponiamo che il breve periodo di questa persecuzione non sia computato con i mille anni, ma sia da aggiungere al loro compimento in modo che s'intenda in senso proprio la premessa: I sacerdoti di Dio e del Cristo regneranno con lui mille anni, e l'aggiunta: E quando i mille anni saranno compiuti, Satana sarà liberato dal suo carcere. ( Ap 20,6-7 )
Con questa lettura il brano esprime che il regno dei santi e la catena del diavolo cesseranno insieme, sicché in seguito il periodo della persecuzione non riguarderà né il regno dei santi né la prigionia di Satana, l'uno e l'altro di mille anni, ma è stato aggiunto ed è fuori computo.
Con questa ipotesi saremo costretti ad ammettere che in quella persecuzione i santi non regneranno con Cristo.
Ma non si può ammettere che in quel tempo le sue membra non regneranno con lui poiché in maggior numero e con maggiore fortezza saranno uniti a lui in un periodo in cui, quanto è più furioso l'attacco del conflitto, tanto maggiore sarà la gloria di non cedere e tanto più folta la corona del martirio.
Ovvero, se a causa dei patimenti che soffriranno non si deve pensare che regneranno, ne conseguirà pure il non dovere intendere che quei santi, i quali erano perseguitati, regnassero con Cristo nel periodo della loro afflizione anche negli spazi di tempo anteriori durante i mille anni.
Perciò anche coloro, la cui anima l'autore dell'Apocalisse scrive di aver visto, perché uccisi a causa della testimonianza a Gesù e della parola di Dio, non avrebbero regnato con Cristo, quando soffrivano la persecuzione e anch'essi non sarebbero regno di Cristo, sebbene egli li avesse in retaggio in forma eminente.
È un pensiero veramente assurdo e da respingersi incondizionatamente.
Certamente le anime vincitrici dei gloriosi martiri, superati e terminati tutti i dolori e sofferenze, dopo aver deposto il corpo soggetto a morire, hanno regnato e regnano con Cristo fino al compimento dei mille anni, affinché in seguito regnino con la riassunzione del corpo non più soggetto a morire.
Quindi in questi tre anni e mezzo le anime degli uccisi per la testimonianza a Gesù, tanto quelle che erano già uscite dal corpo come quelle che usciranno a causa dell'ultima persecuzione, regneranno con lui fino a che termini il tempo che causa la morte e si passi in quel regno in cui morte non v'è.
Dunque saranno di più gli anni dei santi che regnano con Cristo che quelli della prigionia per incatenamento del diavolo, perché essi regneranno con il proprio re, Figlio di Dio, anche per quei tre anni e mezzo, sebbene il diavolo non sia ancora legato.
Quando dunque udiamo: I sacerdoti di Dio e di Cristo regneranno con lui mille anni e quando i mille anni saranno compiuti, Satana sarà liberato dal suo carcere, rimane un dilemma.
O intendiamo che non sono i mille anni di questo regno dei santi ad avere termine, ma dell'incatenamento del diavolo nel carcere in modo che ogni parte abbia da portare a termine i mille anni, cioè tutti gli anni che le spettano, con diverse e particolari dimensioni, più lunga per il regno dei santi, più breve per la prigionia del diavolo.
Ovvero, poiché il periodo di tre anni e sei mesi è molto breve, si ammetta che non si è voluto calcolarlo, tanto quello che sembra includere la più breve prigionia di Satana, come quello che sembra includere il più lungo regno dei santi.
In questi termini sui quattrocento anni mi sono espresso nel sedicesimo libro di quest'opera,5 poiché erano un po' di più e tuttavia sono stati considerati quattrocento.
Se si è attenti, spesso nella Bibbia si rinvengono simili espressioni.
Dopo questa rievocazione dell'ultima persecuzione il testo riepiloga brevemente tutto ciò che con l'ultimo giudizio soffriranno il diavolo e la città nemica con il suo principe.
Dice: E il diavolo, che li traeva in errore, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e lo pseudoprofeta e vi saranno tormentati giorno e notte per sempre. ( Ap 20,9-10 )
Ho indicato precedentemente che per bestia s'intende la stessa società pagana.
Il suo pseudoprofeta è o l'Anticristo o quell'immagine o figura ingannevole, di cui ho parlato in quel passo.6
Di seguito, presentando in compendio lo stesso ultimo giudizio, che avverrà nella seconda risurrezione dei morti, cioè dei corpi, nel narrare come gli fu rivelato, dice: Vidi poi un grande trono bianco e colui che sedeva su di esso, dal cui cospetto erano scomparsi il cielo e la terra e non vi fu più lo spazio per essi. ( Ap 20,11 )
Non dice: Ho visto un gran trono bianco e colui che sedeva su di esso e dal suo cospetto erano scomparsi il cielo e la terra, perché il fatto non avvenne allora, cioè prima che fosse dato il giudizio sui vivi e sui morti, ma ha detto di aver visto che sedeva sul trono colui dal cui cospetto erano scomparsi il cielo e la terra, ma in seguito.
Condotto a termine il giudizio, cesseranno questo cielo e questa terra, poiché avranno inizio un cielo nuovo e una terra nuova. ( Ap 21,1 )
Infatti questo mondo cesserà con una metamorfosi, non con una totale distruzione.
Per questo l'Apostolo dice: Passa la conformazione di questo mondo, vorrei che voi foste senza preoccupazione. ( 1 Cor 7,31-32 )
Passa dunque la conformazione, non l'essenza.
Giovanni, dopo aver detto che aveva visto colui che sedeva sul trono, dal cui aspetto erano scomparsi il cielo e la terra, evento che avverrà in seguito, soggiunge: E vidi i morti grandi e piccoli e furono aperti i libri; fu aperto anche un altro libro, che è proprio dell'esistenza di ciascuno, e i morti furono giudicati in base a ciò che era scritto nei libri, ciascuno secondo le proprie azioni. ( Ap 20,12 )
Ha detto che furono aperti i libri e il libro, ma non ha taciuto quale fosse il libro, cioè quello che è proprio dell'esistenza di ciascuno.
Si deve comprendere quindi che i libri indicati precedentemente sono i libri santi, dell'Antico e del Nuovo Testamento, affinché con essi si mostrasse quali precetti Dio ha comandato che fossero osservati; invece con quello, che è proprio dell'esistenza di ogni uomo, quale dei precetti ciascuno avesse o non avesse osservato.
Se questo libro si giudicasse con criteri umani, chi sarebbe in grado di valutarne l'importanza e il volume?
O quanto tempo si richiederebbe per poter leggere un libro in cui è scritta tutta la vita di tutti gli uomini?
O vi sarà un numero di angeli, pari a quello degli uomini, e ciascuno udrà che la propria vita è esposta dall'angelo a lui assegnato?
Dunque non vi sarà un unico libro di tutti ma uno di ognuno.
Quando questo passo indica che s'intenda un libro solo, afferma: E un altro libro fu aperto.
Si deve quindi tener presente un potere divino, per cui avviene che a ciascuno siano richiamate alla memoria tutte le proprie opere, buone e cattive, e che siano esaminate con mirabile prontezza da un immediato atto della mente in modo che la consapevolezza accusi o scusi la coscienza e in tal modo simultaneamente tutti e ciascuno siano giudicati.
Questo divino potere ha certamente avuto il nome di "libro" perché in esso in certo qual senso si legge ogni particolare che mediante tale potere viene rievocato.
Per indicare quali morti, piccoli e grandi, devono essere giudicati, dice per riepilogare, quasi tornando all'argomento che aveva omesso o piuttosto differito: E il mare restituì morti ch'erano in esso, la morte e l'aldilà resero i morti che detenevano. ( Ap 20,13 )
Senza dubbio il fatto avvenne prima che i morti fossero giudicati e tuttavia il giudizio è stato indicato prima.
È appunto quanto ho detto, che egli, cioè, riepilogando è tornato all'argomento che aveva tralasciato.
Ora invece ha seguito l'ordine dovuto e per chiarirlo più convenientemente ha di nuovo trattato, nel punto giusto, del giudizio dei morti di cui aveva già parlato.
Aveva detto infatti: E il mare restituì morti che erano in esso, la morte e l'aldilà resero i morti che detenevano, e subito ha aggiunto: E ciascuno fu giudicato secondo le proprie azioni. ( Ap 20,12 )
E quel che aveva detto precedentemente: E i morti furono giudicati secondo le proprie azioni.
Ma quali sono i morti che erano nel mare e che esso ha restituito?
Non si può pensare infatti che quelli i quali muoiono nel mare non siano nell'aldilà, o che soltanto i loro corpi sono conservati nel mare ovvero, ed è più assurdo, che il mare conteneva i buoni e l'aldilà i cattivi. Chi lo penserebbe?
Ma ragionevolmente alcuni ritengono che in questo passo il mare sta a significare il tempo presente.
Per indicare quindi che coloro i quali Cristo troverà ancora in vita devono essere giudicati assieme a quelli che risorgeranno, ha considerato morti anch'essi; alcuni buoni, perché di essi si dice: Siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio, ( Col 3,3 ) alcuni cattivi perché di essi si dice: Lascia che i morti seppelliscano i propri morti. ( Mt 8,22 )
Possono essere considerati morti anche perché hanno un corpo soggetto alla morte, e per questo dice l'Apostolo: Il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma il vostro spirito è vivo a causa della giustificazione. ( Rm 8,10 )
Indica così che nell'uomo il quale vive, unito ancora al corpo, si ha l'uno e l'altro, tanto il corpo morto, come lo spirito che è vita.
Non ha detto corpo soggetto alla morte, ma morto, sebbene poco dopo li definisce anche, come più ordinariamente si designano, corpi soggetti a morire. ( Rm 8,11 )
Il mare dunque restituì questi morti che erano in esso, cioè il tempo presente restituì tutti gli uomini che erano in esso perché non erano ancora morti.
La morte e l'aldilà - soggiunge - resero i morti che detenevano. ( Ap 20,13 )
Il mare li restituì perché si presentarono nella condizione in cui si trovavano; invece la morte e l'aldilà li resero perché li richiamarono alla vita, da cui erano già separati.
E non senza ragione non gli bastò dire: la morte o l'aldilà, ma sono stati indicati l'una e l'altro: la morte per i buoni che poterono subire soltanto la morte e non l'aldilà dei reprobi, ed esso per i cattivi perché negli inferi scontano anche la pena.
Forse non è assurdo ritenere che i santi antichi, i quali professarono la fede del Cristo venturo furono negli inferi, ma in condizioni assai diverse dalle pene dei reprobi finché il sangue di Cristo e la sua discesa in quei luoghi li trassero fuori.
Successivamente senza dubbio i buoni fedeli, riscattati da quel prezzo versato, non conoscono affatto gli inferi fino a quando, riassunto anche il corpo, riscuotano i beni che meritano.
Dopo aver detto: Furono giudicati ciascuno secondo le proprie azioni, soggiunge in succinto come furono giudicati con le parole: La morte e l'inferno furono gettati nello stagno di fuoco. ( Ap 20,14 )
Con questi termini ha indicato il diavolo, perché è autore delle pene infernali, e insieme tutta la congrega dei demoni.
E lo stesso concetto che anticipando aveva espresso precedentemente in forma più evidente: Il diavolo, che li traeva in errore, fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo. ( Ap 20,9 )
E il concetto che in quel passo in forma più oscura aveva aggiunto: Dove sono anche la bestia e lo pseudoprofeta, ( Ap 20,10 ) si ha qui in forma più esplicita con le parole: Coloro, che non furono scritti nel libro della vita, furono gettati nello stagno di fuoco. ( Ap 20,15 )
Questo passo non assegna a Dio la memoria, affinché non sia tratto in errore dall'oblio, ma indica la predestinazione di coloro, ai quali sarà data la vita eterna.
Dio non li ignora e in questo passo si legge che li conosce, o meglio la sua stessa prescienza su di loro, che non può errare, è il libro della vita, in cui sono scritti, sono cioè oggetto di prescienza.
Finito il giudizio, con cui l'Apocalisse ha premesso che devono essere giudicati i cattivi, rimane che parli anche dei buoni.
Infatti, dopo aver sviluppato quel che dal Signore è stato espresso in breve: Così andranno questi alla pena eterna, continua a sviluppare quel che nel Vangelo vi è connesso: E i giusti alla vita eterna. ( Mt 25,46 )
Dice appunto: Vidi un nuovo cielo e una nuova terra. Infatti il cielo e la terra di prima erano svaniti e non v'è più il mare. ( Ap 21,1 )
Si avrà con tale sequenza l'avvenimento che precedentemente anticipando ha esposto, che, cioè, ha visto colui il quale sedeva sul trono, dal cui aspetto scomparvero cielo e terra. ( Ap 20,11 )
Dunque prima saranno giudicati coloro che non sono scritti nel libro della vita e gettati nel fuoco eterno.
Penso che nessun uomo sappia, se non colui al quale lo Spirito di Dio lo rivela, ( 1 Cor 7,31 ) che razza di fuoco sia questo e in quale parte del mondo o della realtà brucerà.
Allora la conformazione di questo mondo cesserà col divampare simultaneo dei fuochi del mondo, come avvenne il diluvio con l'inondazione delle acque del mondo.
Con quel divampare simultaneo del mondo, come ho detto, le proprietà degli elementi posti nel divenire, le quali convenivano ai nostri corpi posti nel divenire, cesseranno del tutto nel fuoco.
Lo stesso essere sussistente avrà quelle proprietà che convengano, attraverso una meravigliosa trasformazione, a corpi non posti nel divenire, in modo che il mondo, trasformato in meglio, si adegui ad uomini trasformati in meglio anche nel loro essere fisico.
Riguardo alla frase: Non v'è più il mare, non saprei dire se si prosciugherà con quello straordinario calore o se anch'esso si trasformerà in meglio.
Abbiamo letto che vi saranno un cielo nuovo e una terra nuova, ma non ricordo di aver letto alcunché da qualche parte sul mare nuovo, salvo la frase che si ha in questo stesso libro: Come un mare di vetro simile al cristallo. ( Ap 4,6; Ap 15,2 )
Ma in quel passo non parlava della fine dei tempi e non sembra che abbia usato "mare" con significato proprio, ma come mare.
Tuttavia anche in questo passo, siccome il linguaggio profetico ama mescolare il parlare figurato con il proprio e così in un certo senso velare quel che si dice, ha potuto dire di quel mare: E non v'è più il mare, come prima aveva detto: Il mare restituì i morti che in esso erano. ( Ap 20,13 )
Allora infatti non vi sarà più questo tempo, agitato e turbolento con la vita degli esseri posti nel divenire, che ha espresso figuratamente con la parola "mare".
Continua: Vidi anche la città nuova grande Gerusalemme scendere dal cielo da Dio, pronta come una sposa ornata per il suo sposo.
Udii allora una potente voce che usciva dal trono e diceva: Ecco la dimora di Dio con gli uomini.
Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno il suo popolo ed egli sarà il "Dio con loro".
E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, non vi sarà più la morte, né pianto né lamento né affanno perché le cose di prima sono passate.
E colui che sedeva sul trono disse: Ecco, io faccio nuove tutte le cose. ( Ap 21,2-5 )
Si dice che questa città discende dal cielo perché è dal cielo la grazia con cui Dio le ha dato vita.
Per questo le si dice anche per mezzo di Isaia: Io sono il Signore che ti dà vita. ( Is 45,8 )
E dal cielo fin dalla sua origine discende, da quando continuamente i suoi cittadini aumentano nella successione del tempo, con la grazia di Dio che viene dall'alto mediante il lavacro di rigenerazione nello Spirito Santo mandato dal cielo.
Ma col giudizio di Dio, che sarà l'ultimo, mediante il suo Figlio Gesù Cristo si manifesterà il suo splendore così grande e così nuovo in modo che non rimarranno tracce della tarda età, giacché i corpi della soggezione al divenire e alla morte di una volta passeranno alla immunità dal divenire e dalla morte.
Mi sembra quindi proprio di eccessiva mancanza di riguardo attribuire questo evento al tempo presente, in cui la città regna col suo re per mille anni.
Dice infatti molto apertamente: E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi non vi sarà più la morte, né pianto né lamento né affanno.
Chi dunque è così idiota e insensato in una ostinatissima diatriba da affermare che negli affanni di questa soggezione alla morte, non dico il popolo santo, ma ciascuno dei santi trascorra, trascorrerà o abbia trascorso la vita senza lacrime e sofferenze? Piuttosto quanto uno è più santo e pieno di un santo desiderio, tanto più è abbondante il suo pianto nel pregare.
È la voce di un cittadino della Gerusalemme di lassù che dice: Le mie lacrime sono divenute il mio pane giorno e notte; ( Sal 42,4 ) e: Ogni notte laverò nel pianto il mio letto, inonderò di lacrime il mio giaciglio; ( Sal 6,7 ) e: Il mio gemito non ti è nascosto; ( Sal 38,10 ) e: Il mio dolore si è esasperato. ( Sal 39,3 )
E sono certamente suoi figli coloro che gemono come sotto un peso, da cui non vogliono essere spogliati, ma rivestiti dall'alto, affinché ciò che è soggetto al morire sia assorbito dalla vita. ( 2 Cor 5,4 )
E sono quelli stessi che, avendo le primizie dello Spirito, gemono interiormente perché attendono l'adozione a figli, la redenzione del proprio corpo. ( Rm 8,23 )
E lo stesso Paolo era certamente cittadino della Gerusalemme dell'alto e lo era ancor di più quando per gli Israeliti, suoi fratelli secondo la stirpe, aveva in sé una grande tristezza e nel suo cuore una continua sofferenza. ( Rm 9,2 )
La morte non sarà più in questa città soltanto quando si dirà: Dov'è, o morte, il tuo ardire?
Dov'è, o morte, il tuo pungolo? Il pungolo della morte è il peccato. ( 1 Cor 15,55-56 )
Certamente non vi sarà quando si dirà: Dov'è?
Ora invece non un qualunque debole cittadino di quella città ma lo stesso Giovanni grida nella sua lettera: Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. ( 1 Gv 1,8 )
Anche in questo libro, intitolato l'Apocalisse, vi sono molti concetti oscuri per spronare il pensiero del lettore e ve ne sono pochi, dalla cui chiarezza si possano investigare gli altri con impegno, soprattutto perché ripete le medesime espressioni in molte forme da sembrare che enunci concetti diversi, sebbene si riscontri che enuncia i medesimi in forma diversa.
Si eccettuano però le frasi: Asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, non vi sarà più la morte, né pianto né lamento né affanno.
Infatti con tanta chiarezza sono stati espressi questi concetti sulle condizioni fuori del tempo e sull'immortalità ed eternità dei santi, poiché soltanto in quel tempo e spazio non vi saranno tali sofferenze, che non dobbiamo cercare o leggere nella sacra Scrittura pensieri più evidenti se ritenessimo questi oscuri.
Ora vediamo che cosa ha scritto l'apostolo Pietro sul giudizio.
Dice: Verranno negli ultimi giorni uomini che scherniranno con ironia, si comporteranno secondo le proprie passioni e diranno: Dov'è la promessa della sua venuta?
Infatti da quando i nostri padri sono morti tutto procede come al principio della creazione.
Ma costoro ignorano, perché lo vogliono, che i cieli esistevano da lungo tempo e la terra dall'acqua e ordinata mediante l'acqua dalla parola di Dio, e che per queste cause il mondo di allora scomparve sommerso dall'acqua.
Ora i cieli e la terra attuali sono stati reintegrati dalla medesima parola e riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della perdizione dei reprobi.
Ma voi non dovete perdere di vista, carissimi, che un solo giorno davanti a Dio è come mille anni, e mille anni come un giorno solo.
Il Signore non ritarda la promessa nel modo con cui alcuni concepiscono il ritardo, ma attende con pazienza per voi perché non vuole che alcuno perisca ma che tutti si riconcilino con la penitenza.
Verrà il giorno del Signore come un ladro e in esso i cieli con grande fragore passeranno, gli elementi si dissolveranno con un incendio, la terra e le creature, che in essa sono, saranno distrutte dal fuoco.
Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi nella santità della condotta perché aspettate e vi disponete alla venuta del Signore, mediante la quale i cieli si dissolveranno e gli elementi bruciati saranno ridotti al nulla?
Noi aspettiamo dunque secondo le sue promesse nuovi cieli e nuova terra, nei quali dimora la giustizia. ( 2 Pt 3,3-13 )
Nel passo Pietro non dice nulla della risurrezione dei morti, ma abbastanza della fine del mondo.
Ricordando poi l'avvenuto diluvio sembra che abbia voluto in certo senso avvertirci sul nostro modo di credere in quali proporzioni alla fine dei tempi questo mondo scomparirà.
Dice appunto che al tempo del diluvio fu distrutto il mondo che allora esisteva, e non soltanto la terra ma anche i cieli, sebbene in essi riscontriamo lo spazio atmosferico, il cui volume l'acqua, crescendo, aveva superato.
Dunque tutta o quasi tutta l'atmosfera, che denomina il cielo o meglio i cieli, ma questi in basso non quelli in alto, dove sono disposti il sole, la luna e le stelle, era ridotta a una massa liquida.
Così era scomparsa assieme alla terra, il cui primo aspetto era stato distrutto dal diluvio.
Ora - dice - i cieli e la terra attuali sono stati reintegrati dalla medesima parola e riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della perdizione dei reprobi. ( 2 Pt 3,7 )
Quindi quei cieli e quella terra, cioè quel mondo, che scomparve col diluvio e fu reintegrato con la medesima acqua, è destinato all'ultimo fuoco per il giorno del giudizio e della perdizione dei reprobi.
Non dubita infatti di parlare, a causa di una radicale trasformazione, della futura perdizione anche degli uomini, pur conservandosi il loro essere, sebbene negli eterni tormenti.
Qualcuno può chiedere, se dopo l'avvenuto giudizio questo mondo brucerà prima che siano reintegrati il nuovo cielo e la nuova terra, dove saranno i santi nel momento della conflagrazione, perché è indispensabile che essi, avendo un corpo, siano in un determinato spazio.
Posso rispondere che saranno nelle parti più alte, dove non salirà la fiamma di quell'incendio come neanche l'acqua del diluvio.
Avranno infatti un corpo tale da stabilirsi dove vorranno.
Ma non temeranno neanche il fuoco di quel divampare fulmineo, perché sono resi immuni dalla morte e dal divenire, se il corpo, ancora soggetto a morte e corruzione, dei tre individui poté rimanere illeso nella fornace ardente. ( Dn 3,8-24 )
Noto che si devono tralasciare molti brani del Vangelo e degli Apostoli sull'ultimo giudizio di Dio, affinché questo libro non si estenda in un'eccessiva lunghezza, ma non si deve tralasciare affatto l'apostolo Paolo.
Egli, scrivendo ai fedeli di Tessalonica, dice: Vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e della nostra comunione con lui di non lasciarvi così facilmente confondere nel pensiero e turbare né da pretese ispirazioni, né da parole, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente, affinché nessuno v'inganni in qualche modo.
Prima infatti dovrà venire l'apostata e dovrà essere rivelato l'uomo iniquo, il figlio della rovina, colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto fino a sedere nel tempio di Dio, ostentandosi come Dio.
Non ricordate che, mentre ero ancora tra voi, venivano dette queste cose?
E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione affinché avvenga a suo tempo.
Il mistero dell'iniquità è già in atto.
Frattanto chi ora lo trattiene lo trattenga, finché esca di mezzo e allora sarà rivelato l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con la luce della sua venuta, perché la presenza dell'empio avverrà nella potenza di Satana con ogni specie di portenti, di segni e prodigi di menzogna e con ogni sorta d'empio inganno per quelli che si perdono, perché non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi.
Perciò Dio invierà loro una giustificazione dell'errore affinché credano alla menzogna e così siano giudicati tutti coloro che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all'iniquità. ( 2 Ts 2,1-11 )
Non v'è dubbio che ha espresso questi concetti sull'Anticristo e che non si avrà il giorno del giudizio, ( 2 Ts 2,2 ) considerato come giorno del Signore, se prima non verrà colui che egli chiama apostata fuggitivo, evidentemente, da Dio Signore.
Se questo epiteto si può applicare rettamente a tutti gli empi, molto di più a lui.
Però è incerto in quale tempio sederà, se sulla rovina del tempio costruito dal re Salomone ovvero nella Chiesa.
L'Apostolo non considererebbe tempio di Dio il tempio di un dio o di un demone.
Perciò alcuni sostengono che nel passo per Anticristo non s'intende il capo stesso, ma in senso figurato tutto il suo corpo, cioè la moltitudine di uomini che a lui appartiene come capo.
Pensano inoltre che anche in latino più correttamente si dice, come in greco, non nel tempio di Dio, ma: segga in qualità di tempio di Dio, come se egli sia il tempio di Dio che è la Chiesa.
Diciamo, ad esempio: Siede in qualità di amico, cioè come amico, o altri casi in cui si è soliti esprimersi con questo tipo di linguaggio.
Una riflessione sulla frase: E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione; sapete, cioè, che cosa è in ritardo e qual è la causa della dilazione affinché avvenga a suo tempo.
Poiché ha detto che lo sapevano, non ha inteso dirlo apertamente.
Perciò noi, che non sappiamo quel che essi sapevano, desideriamo ma non siamo in grado di giungere, sia pure con insistenza, a ciò che pensava l'Apostolo, soprattutto perché i concetti, che ha aggiunto, rendono più astruso il significato.
Infatti che significa: Già il mistero dell'iniquità è in atto.
Frattanto chi ora lo trattiene lo trattenga, finché sia tolto di mezzo, e allora sarà rivelato l'empio? ( 2 Ts 2,6-7 )
Io confesso che proprio non capisco quel che ha detto.
Tuttavia non passerò sotto silenzio le ipotesi di uomini che ho avuto possibilità di ascoltare o leggere.
Alcuni pensano che si è parlato dell'impero romano e che perciò l'apostolo Paolo non lo ha voluto esprimere apertamente per non incorrere nell'ingiusta accusa che auspicasse a danno dell'Impero di Roma, mentre ci si riprometteva che fosse perenne.
Poteva sembrare che nella frase: Il mistero dell'iniquità è già in atto ( 2 Ts 2,7 ) avesse voluto che vi si ravvisasse Nerone, le cui azioni apparivano come quelle dell'Anticristo.7
Perciò alcuni ipotizzano che risorgerà e diverrà l'Anticristo.
Altri invece pensano che non sia stato ucciso ma allontanato segretamente affinché fosse ritenuto ucciso e rimanesse nascosto vivo, nel vigore dell'età in cui era quando fu creduto morto finché al momento opportuno riappaia e sia restituito al regno.8
Ma a me sembra molto assurda l'incomparabile ubbìa dei sostenitori di tale ipotesi.
Tuttavia non assurdamente si ritiene che il pensiero, espresso dall'Apostolo con le parole: Frattanto chi ora lo trattiene lo trattenga finché esca di mezzo, ( 2 Ts 2,7 ) si riferisca all'Impero di Roma, come se fosse detto: Frattanto chi ora comanda comandi finché esca di mezzo, cioè sia tolto di mezzo.
Non v'è dubbio che in: E allora sarà rivelato l'empio, è indicato l'Anticristo.
Alcuni invece pensano che le frasi: Sapete che cosa impedisce la sua manifestazione, e: Il mistero dell'iniquità è già in atto, ( 2 Ts 2,6-8 ) siano dette soltanto dei malvagi e dei falsi cristiani, che appartengono alla Chiesa, finché giungano a un numero tale da costituire un numeroso popolo per l'Anticristo e che questo è il mistero dell'iniquità perché sembra occulto.
Pensano che per questo l'Apostolo esorta i fedeli a perseverare con fermezza nella fede che professano, dicendo: Frattanto chi ora lo trattiene lo trattenga finché sia tolto di mezzo, cioè finché esca di mezzo alla Chiesa il mistero dell'iniquità che ora è occulto.
Pensano che al medesimo mistero si riferisca quel che nella sua lettera dice Giovanni evangelista: Ragazzi, questa è l'ultima ora e come avete udito che l'Anticristo dovrà venire, di fatto ora molti sono divenuti anticristi; da questo conosciamo che è l'ultima ora.
Sono usciti da noi, ma non erano dei nostri.
Che se fossero dei nostri, certamente sarebbero rimasti con noi. ( 1 Gv 2,18-19 )
Come dunque, affermano questi testi, prima della fine, in quest'ora che Giovanni considera l'ultima, sono usciti dalla Chiesa molti eretici, che egli reputa come molti anticristi, così alla fine usciranno da essa tutti coloro che non apparterranno a Cristo, ma all'Anticristo, e allora si manifesterà.
Dunque gli esegeti, chi in un senso chi in un altro, interpretano le astruse espressioni dell'Apostolo.
Tuttavia non v'è dubbio sul suo pensiero, che cioè Cristo non verrà a giudicare i vivi e i morti, ( 2 Tm 4,1 ) se prima non verrà il suo avversario, l'Anticristo, a trarre in errore i morti nell'anima, sebbene attiene a un giusto giudizio di Dio che da lui siano tratti in errore.
Infatti: La sua presenza - come ha scritto - avverrà nella potenza di Satana con ogni specie di portenti di segni e prodigi di menzogna e con ogni sorta di empio inganno per quelli che si perdono. ( 2 Ts 2,9-10 )
Allora sarà slegato Satana e agirà mediante l'Anticristo con ogni sorta di prodigi in forma sorprendente ma menzognera.
Di solito si controverte se questi fatti sono stati considerati segni e prodigi di menzogna, perché l'Anticristo ingannerà i sensi umani attraverso immagini illusorie, in modo che sembra eseguire quel che non esegue; ovvero se, quantunque quei fatti saranno veri prodigi, trascineranno all'inganno coloro i quali crederanno che possano verificarsi soltanto per volere di Dio, perché ignorano l'ardimento del diavolo, soprattutto quando riceverà un potere che non ha mai avuto.
Quando infatti cadde il fuoco dal cielo e con una sola vampata distrusse la numerosa servitù assieme ai numerosi armenti di bestiame del santo Giobbe e un turbine di venti investendo e abbattendo la casa uccise i suoi figli, non si trattò d'immagini illusorie, tuttavia furono opere di Satana, al quale Dio aveva concesso il potere. ( Gb 1,13ss )
Quindi soltanto alla fine apparirà per quale loro aspetto quei fatti sono stati considerati prodigi e segni di menzogna.
Ma per qualunque di essi sia stato enunziato quel concetto, saranno tratti in errore con quei segni e prodigi coloro che lo meriteranno, perché - dice l'Apostolo - non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi.
E non ha dubitato di aggiungere queste parole: Perciò Dio invierà loro una giustificazione dell'errore affinché credano alla menzogna.
Quindi Dio manderà il diavolo a compiere questi fatti, egli con un giusto giudizio, sebbene l'altro li compia con una ingiusta e malvagia deliberazione.
Affinché - soggiunge - siano giudicati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all'iniquità. ( 2 Ts 2,10 )
Quindi i giudicati saranno tratti in errore e i tratti in errore saranno giudicati.
Ma coloro che sono giudicati saranno tratti in errore con quel giudizio di Dio arcanamente giusto e giustamente arcano, con il quale non ha mai cessato di giudicare fin dall'inizio del peccato della creatura ragionevole.
Invece coloro che sono tratti in errore saranno giudicati con l'ultimo palese giudizio da Cristo Gesù che giudicherà molto giustamente, perché fu giudicato molto ingiustamente.
Ma nel passo citato l'Apostolo tace sulla risurrezione dei morti; invece scrivendo ai medesimi Tessalonicesi, nella prima lettera dice: Non vogliamo lasciarvi nell'ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti affinché non siate nell'afflizione come gli altri che non hanno speranza.
Poiché se noi crediamo che Gesù è morto e risuscitato, così Dio radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui anche quelli che sono morti.
Questo vi diciamo sulla parola del Signore: Noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non precederemo quelli che sono morti prima, perché il Signore stesso, a un ordine e alla voce dell'Arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo e i morti in Cristo risorgeranno prima, poi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nubi incontro a Cristo nell'aria e così saremo sempre col Signore. ( 1 Ts 4,13-17 )
Queste parole dell'Apostolo mostrano con molta chiarezza che si avrà la risurrezione dei morti, quando Cristo verrà precisamente per giudicare i vivi e i morti.
Ma abitualmente si pone il problema: se coloro che Cristo troverà in vita sulla terra, la cui esistenza l'Apostolo trasferiva in sé e in coloro che vivevano al suo tempo, non moriranno affatto, oppure nel medesimo attimo di tempo in cui, assieme a coloro che risorgeranno, rapiti nelle nubi incontro a Cristo nell'aria, passeranno con mirabile prontezza all'immortalità attraverso la morte.
Non si deve infatti affermare l'impossibilità che, mentre sono portati per l'aria verso l'alto, in quell'attimo di tempo muoiano e risorgano.
L'inciso: E in tal modo saremo sempre col Signore ( 1 Ts 4,17 ) non si deve interpretare come se avesse affermato che vivi rimarranno sempre nell'aria; infatti anche egli non rimarrà sempre lì perché per venire l'attraverserà.
A lui che viene e non che rimane si andrà incontro, ma in tal modo saremo col Signore, cioè vi saremo con corpi dotati d'eternità dovunque saremo con lui.
Sembra che l'Apostolo stesso ci sproni a questa interpretazione in modo da intendere che anche quelli, che il Signore troverà in vita nel mondo, in un breve intervallo di tempo subiranno la morte e riceveranno l'immortalità, nel passo in cui dice: In Cristo tutti avranno la vita. ( 1 Cor 15,22 )
In un altro passo, parlando della risurrezione dei corpi, dice: Ciò che tu semini non ha vita, se non muore. ( 1 Cor 15,36 )
Non ha senso infatti che coloro, i quali Cristo troverà in vita nel mondo, avranno la vita in lui mediante l'immortalità, anche se non muoiono, quando riflettiamo che appunto per questo è stato detto: Ciò che tu semini non ha vita, se non muore.
Facciamo l'ipotesi di considerare seminati soltanto i corpi umani, che con la morte in qualche modo ritornano alla terra, come si esprime la condanna pronunziata da Dio contro il trasgressore padre dell'uman genere: Sei terra e in terra tornerai. ( Gen 3,19 )
Si dovrebbe allora ammettere che coloro, i quali Cristo, quando verrà, troverà non ancora separati dal corpo, non sono compresi in queste parole, né in quelle dell'Apostolo né in quelle della Genesi perché, rapiti in alto sulle nubi, non sono certamente seminati perché non vanno e non ritornano alla terra, sia che non esperimentino affatto la morte, sia che muoiano per un attimo nell'aria.
Ma si presenta un altro problema sul pensiero che ha espresso l'Apostolo parlando della risurrezione dei corpi ai fedeli di Corinto: Tutti risorgeremo, o come riportano altri codici : Tutti dormiremo. ( 1 Cor 15,51 )
Poiché dunque non può avvenire la risurrezione se non precede la morte e nel passo citato per atto del dormire non possiamo intendere altro che la morte, in qual senso tutti dormiranno o risorgeranno se molti, che Cristo troverà ancora in vita, non dormiranno e non risorgeranno?
Se dunque ammetteremo che i santi, i quali saranno ancora in vita alla venuta di Cristo e saranno rapiti incontro a lui, usciranno dal corpo soggetto a morire, nell'atto stesso del rapire, e torneranno al corpo, reso immediatamente immortale, non troveremo difficoltà nelle parole dell'Apostolo, tanto quando dice: Ciò che tu semini non ha vita, se non muore, come quando dice: Tutti risorgeremo, o: Tutti dormiremo.
Infatti essi saranno resi alla vita, mediante l'immortalità, soltanto se prima, quantunque per un attimo, muoiano e perciò non saranno privi della risurrezione perché la precedono col dormire, sebbene brevissimo, tuttavia reale.
Poi non ci deve sembrare incredibile che i corpi in un grande numero siano, per così dire, seminati nell'aria e che tornino immediatamente in vita in condizioni di non soggezione alla morte e al divenire.
Crediamo infatti a quel che il medesimo Apostolo dice con molta chiarezza, cioè che la risurrezione avverrà in un batter d'occhio, ( 1 Cor 15,52 ) e che la polvere dei più antichi cadaveri si trasformerà con grande facilità e con impareggiabile prontezza nelle parti del corpo che vivrà senza fine.
E non dobbiamo supporre che i santi saranno immuni da quella condanna: Sei terra e in terra ritornerai, ( Gen 3,19 ) se il loro corpo, mentre muoiono, non andrà a finire in terra, ma nella condizione in cui morrà nell'atto stesso del rapire, nella medesima risorgerà, mentre è trasferito nell'aria.
In terra tornerai significa: perduta la vita, tornerai ad essere ciò che eri prima di averla, cioè privo dell'anima sarai ciò che eri prima di essere vivificato dall'anima.
Dio infatti alitò su di un volto di terra il soffio della vita, quando l'uomo divenne anima che vive.
La frase verrebbe a significare: Sei terra animata e non lo eri, sarai terra esanime come eri, come è, anche prima che si putrefaccia, il corpo dei morti, come sarà anche quello dei santi, se morrà, dovunque morrà, quando è privo della vita che dovrà immediatamente riavere.
Dunque torneranno in terra perché da uomini vivi saranno terra, allo stesso modo che va in cenere ciò che diventa cenere, va alla vecchiaia ciò che diventa vecchio, va in anfora ciò che dall'argilla diventa anfora, e ci esprimiamo in questi termini in altri seicento esempi.
Come avverrà ciò che ora secondo le forze della nostra debole ragione in qualche modo congetturiamo, allora si verificherà in modo che possiamo averne conoscenza.
È indispensabile, se vogliamo essere cristiani, credere che la risurrezione dei morti avverrà anche nell'essere fisico, quando Cristo verrà a giudicare i vivi e i morti, ma non per questo la nostra fede è priva di contenuto su questo evento, se ancora non siamo in grado di capire come avverrà.
Ma ormai, come abbiamo promesso precedentemente,9 dobbiamo esporre, nei limiti in cui sembrerà sufficiente, che cosa hanno preannunziato i libri profetici dell'Antico Testamento, sull'ultimo giudizio di Dio.
Come penso, non sarà necessario che gli argomenti siano trattati ed esposti con un discorso diffuso, se il lettore si sarà dato da fare per essere spronato da quelli che abbiamo premesso.
Indice |
1 | Agostino, Ep. 199 |
2 | Mt 13,52; Vedi sopra 20,4 |
3 | Vedi sopra 10,3.20 |
4 | Vedi sopra 20,8,2 |
5 | Vedi sopra 16,24 |
6 | Vedi sopra 20,9,3 |
7 | Girolamo, In Dan. 11; Sulpicio Severo, Hist. 2, 29 |
8 | Tacito, Hist. 2, 8; Svetonio, Nero 57 |
9 | Vedi sopra 20,4 |