La storia della Chiesa |
1. I Vangeli mostrano che Gesù, parlando ai Farisei di Gerusalemme, uomini colti e conoscitori della Scrittura, usava un linguaggio diverso da quello che usava parlando ai contadini e ai pescatori semplici e rozzi della Galilea.
Rivolgendosi ai primi usava parole, immagini, concetti di cui non si serviva affatto di fronte ai secondi; dinanzi agli scribi metteva in evidenza preferibilmente quegli aspetti del suo messaggio che rivestivano una particolare importanza propria per essi.
Come ogni educatore intelligente, Gesù teneva conto della particolare mentalità dei suoi uditori, cercava di illustrare il suo messaggio valendosi specialmente di fatti ad essi familiari desunti dalla vita della natura, dell'uomo, della storia.
La Chiesa ha mantenuto come retaggio nel corso dei secoli questo metodo in cui si manifesta una grande libertà interiore, ed ha avvicinato così la ricchezza del Vangelo a uomini, classi e popoli di diversa struttura mentale e psicologica.
Già Paolo in questa prospettiva si era fatto « tutto a tutti » ( 1 Cor 9,22 ).
Quando la Chiesa nel corso dei secoli non si è attenuta a questa originaria saggezza pedagogica, ne ha sofferto sempre la crescita del Regno di Dio.
Ma come già allora il Signore aveva incontrato a Gerusalemme malintesi e reazioni diverse da quelle della Galilea, così avvenne attraverso i secoli.
La persona colta ebbe sempre i suoi problemi e le sue difficoltà particolari; quelli del greco erano diversi da quelli del romano e questi diversi da quelli dell'orientale.
Più tardi accadrà la stessa cosa per i germani, poi per gli slavi, più tardi ancora per gli asiatici orientali e i popoli primitivi.
Ad ognuno di questi popoli il Cristianesimo propose, per la comprensione del suo messaggio, oltre a quelli comuni, anche dei compiti particolari; i tentativi compiuti per adempierli ( o anche gli sforzi ostili per impedire questo adempimento ) contraddistinguono il carattere particolare della storia della Chiesa nelle diverse terre e nei diversi tempi.
In sintesi: la vita del messaggio cristiano, sin dall'inizio, si è realizzata non senza una strettissima connessione con le forze naturali dell'ambiente in cui quello venne annunziato.
2. Nel vasto ambito dell'Impero Romano universale v'erano in particolare tre ambienti, spiritualmente e culturalmente diversi, tre sfere culturali essenzialmente diverse: il giudaismo, la civiltà greca e la civiltà romana ( le tre lingue della soprascritta della croce di Gesù! ).
L'ambiente greco-ellenistico però - specialmente là dove si sovrapponeva ad antiche civiltà molto sviluppate - si era in parte talmente evoluto che, anche per quel tempo, si può già parlare di un quarto ambiente, quello « orientale ».
D'altro canto, attraverso il carattere unitario della civiltà ellenistica dell'epoca imperiale, questa triplice ( o quadrupla ) diversità subisce una importantissima integrazione o addirittura un livellamento che si esercita anche attraverso le diverse lingue; essa non viene tuttavia eliminata.
Per la storia della Chiesa ciò significa che il seme della dottrina cristiana nell'Antichità cristiana cadde su di un triplice diverso terreno; il nascente Cristianesimo, nel suo corso attraverso i primi secoli, si imbatté in tre civiltà essenzialmente diverse tra di loro e con esse dovette entrare in dialettica: la civiltà giudaica, quella greca, quella romana.
Su questo fatto si fondano tutti i problemi che la storia della Chiesa antica ci presenta.
Solo facendo luce sulle caratteristiche particolari di questi substrati culturali, si può dare una risposta esauriente al problema relativo alla natura, al corso e alla causa dell'espansione del Cristianesimo nel mondo antico.
3. In effetti, mirando soltanto ai caratteri più salienti delle suddette sfere, il mondo giudaico ci si presenta come religioso, quello greco come filosofico, quello romano come politico: religione giudaica, cultura ellenistica, stato romano ( ovvero diritto romano nella sua attuazione concreta ).
Ciascuna di queste civiltà pose il Cristianesimo dinanzi a ben precisi problemi, agì su di esso in maniera ben definita, sia attraverso modi diversi di comprensione che attraverso gli ostacoli appostigli mediante svariate « abitudini » ( sia del pensiero che della vita pubblica e privata ).
Questi influssi corrisposero sempre al carattere di quel determinato ambiente.
I grandi problemi e le grandi lotte che dominano la storia della Chiesa nell'antichità sono radicalmente diversi nel mondo giudaico, in quello greco e in quello romano.
In ciascheduno di essi si esprime similmente la coscienza che la Chiesa ha di sé all'interno della sua sostanziale unità, pur in una ben precisa diversità.
4. Nella Palestina e nel mondo greco-romano fiorivano all'inizio dell'era cristiana determinati sistemi, dottrine, idee, concezioni, costumi già vecchi e che da lungo tempo dominavano la vita.
Tra essi si inserì il giovane Cristianesimo come qualcosa di nuovo ed ebbe inizio il reciproco, proficuo contatto, o anche la lotta di questi fattori differenti quanto ad antichità, successi, diritti acquisiti e rivendicazioni.
Questo l'interrogativo storico decisivo: il nuovo avrà il sopravvento sull'antico?
La risposta dipendeva:
a) dalle forze intrinseche proprie dell'elemento nuovo, ossia del Cristianesimo;
b) da come le forze delle civiltà preesistenti si sarebbero comportate verso il nuovo germoglio.
Se le consuetudini o perlomeno le possibilità della civiltà precedente vengono incontro alle esigenze e alle tendenze del giovane elemento, allora questo avrà il sopravvento in modo facile e rapido, senza subire danno nella propria caratteristica, e possibilmente assorbirà il vecchio elemento.
Se invece il primo urta contro resistenze, contro elementi ad esso decisamente estranei, se avanza delle pretese che si oppongono alle consuetudini, alle concezioni fondamentali dell'organismo più vecchio, allora il compito dell'affermazione diventa una questione di vita o di morte.
Non solo s'accrescerà di molto la difficoltà, per il nuovo, di sottomettere l'antico; ma anzi l'antico tenterà di non lasciar crescere il nuovo, di assorbirlo da parte sua, o anche di distruggerlo con la violenza.
5. Quest'ultima fu proprio la situazione del giovane Cristianesimo, al suo sorgere, nell'ambiente giudaico e nelle sue prime espansioni nel mondo greco-romano.
L'elemento nuovo che allora s'inserì nello sviluppo storico, il Cristianesimo, era di natura religiosa e per di più con un'impronta spiccatamente esclusivistica e universale, vale a dire rivendicava a sé il titolo di essere la sola vera religione e mirava a conquistare il mondo intero.
Decisiva per l'accoglienza che il Cristianesimo troverà, sarà quindi in primo luogo la situazione dei diversi ambienti, coi quali esso viene a contatto, relativamente alla religione in genere.
a) Ma il Cristianesimo è il dono di Dio agli uomini.
Non si trattava soltanto di affermarsi.
Gli era stato imposto di rinnovare l'umanità.
Doveva cercare perciò di penetrarne il pensiero e l'agire.
È naturale che in tal modo le forze e le caratteristiche del popolo che veniva di volta in volta avvicinato si ripercuotessero sul pensiero degli annunciatori del messaggio.
Nel tentativo di « assimilarsi » alle singole idee e al modo di pensare dei loro uditori, sorse facilmente, come è già stato accennato, un pericolo non indifferente per la purezza del messaggio cristiano.
b) Data la pretesa di verità da una parte e il fine missionario dall'altra, tutta la storia della Chiesa è dominata, conseguentemente, da una doppia legge: conservare il messaggio evangelico della stoltezza della croce ( 1 Cor 1,18 ) nella sua purezza rivelata e predicarlo nello stesso tempo in moderato ( non eccessivo ) adattamento.8
Di qui sono comprensibili la possibilità e i limiti di una Chiesa « italiana », « francese », « tedesca », « indiana », « giapponese » entro l'invisibile unità della Chiesa Cattolica.
c) Il limite assoluto dell'adattamento ( purezza e immutabilità della rivelazione ) mantiene naturalmente il suo diritto anche di fronte alle diverse espressioni folcloristiche e perciò anche agli usi e costumi religiosi.
Essi, dal punto di vista cristiano, non rappresentano un valore autonomo.
L'adattamento non deve avere nulla a che fare col relativismo ( deviazione dall'unica verità ).
È invece espressione dell'attenzione, della mitezza e dell'intima libertà che sono un tratto essenziale della persona e della dottrina di Gesù, il quale è sì consumato dallo zelo per la casa del Signore ( Gv 2,17 ), ma è estraneo a ogni fanatismo.
Premesso questo, ogni encratismo ( rigorismo ascetico ), nonostante il suo zelo, è sospetto.9
Indice |
8 | Ad illustrazione di ciò rfr. la parte III ( ellenizzazione acuta o moderata ) e § 34 ( germanizzazione ) simili problemi nella Missione dei Gesuiti nell'Asia orientale. |
9 | Cfr. a tale proposito lo zelo esagerato del Giansenismo, così avverso a ogni adattamento. |