La storia della Chiesa |
1. a) Immediatamente prima della nascita di Cristo era sorto l'Impero Romano.
Sotto Ottaviano, che aveva ricevuto dal Senato l'appellativo di Augusto ( 30 a. C. - 14 d. C. ), e i suoi diretti successori, l'Impero si espande sempre di più.
Comprende i paesi del Mediterraneo con l'allora dominante civiltà mediterranea, inoltre la Gallia e parte della Britannia; il Reno e il Danubio segnano i confini sul continente.
Il primo secolo dopo Cristo è al tempo stesso culmine della potenza dell'Impero Romano e inizio della sua ( lenta ) decadenza.
b) Al tempo della nascita di Cristo la Palestina apparteneva all'Impero Romano.
Dopo la presa di Gerusalemme da parte di Pompeo ( 63 a. C. ) non ci fu più uno Stato giudaico indipendente, anche se il principato ereditario fu lasciato.
Dopo la morte dell'Idumeo Erode ( 37-4 a. C. ) Augusto assegnò il suo territorio ai figli.
Nell'anno 6 d. C. la Giudea, l'Idumea e la Samaria furono sottoposte come province ad un procuratore romano.
Dal 26 al 36 d. C. Ponzio Filato fu procuratore in Giudea e Samaria.
Sotto Agrippa I ( 41-44 d. C. ) si tornò a riunire i territori ( sotto il dominio supremo dei romani ).
2. Nel grande Impero Romano, "l'angolo palestinese", la terra degli spregiati giudei, era solo una parte insignificante.
L'imperatore possedeva un potere quasi illimitato su tutto l'impero.
Il governo tuttavia era moderato.
Le province godevano di una certa autonomia.
a) Il centro dell'Impero, capitale e insieme immagine di tutto l'Impero, era Roma, l' "Urbe", una vera meraviglia del mondo.
Già in quanto idea ( incarnazione dell'Impero eterno ) Roma era una forza reale che per tutta l'Antichità e il Medioevo esercitò un influsso intenso, di somma importanza anche per la Chiesa.
Questo influsso è uno dei grandi fenomeni della storia che solo per approssimazione si possono afferrare in maniera razionale.
Naturalmente ( dal punto di vista sia della storia profana che della storia ecclesiastica ) non fu affatto un'idea solo positiva, anzi risultò spesso anche molto sfavorevole.
Basti pensare all'idea di dominio incarnata nell'idea di Roma, o al fatto che in Costantinopoli quale "seconda Roma" essa rese possibile l'antagonismo di quella Chiesa nei confronti del Papato e infine contribuì, in reciproco superamento, alla fatale scissione fra Chiesa orientale e Chiesa occidentale ( § 47; a proposito dell'idea della terza Roma [ Mosca ] quale erede di Bisanzio dopo il XV secolo cfr. il II vol. ).
b) Roma riuniva gli aspetti più svariati dell'Impero.
Il volto spirituale di questa città non era unitario.
- Roma aveva una struttura pagana.
E si può a mala pena immaginare la profonda differenza intercorrente fra essa e una città cristiana.
Era piena di templi.
Questi però erano soltanto dimore per le immagini degli dèi, non luoghi di preghiera ( il culto era compiuto davanti alle porte ).
Il centro effettivo della città erano il Campidoglio e il Foro: i luoghi della legislazione, dell'amministrazione della giustizia, della vita politica, in funzione della quale era anche la liturgia ufficiale.
V'erano dei palazzi sfarzosi e di lusso raffinato, che allora incominciarono, in misura crescente, a servire alla vita di piacere.
V'erano teatri e anfiteatri nei quali un'arte sovente immorale e anche la crudeltà celebravano i loro fasti.
Mancavano invece i luoghi, espressione dell'amore del prossimo, dove si avesse cura dei poveri e degli ammalati: i nostri ospedali.
Il fatto che ci fossero delle associazioni religioso-caritative per la concessione di aiuti ( in modo speciale per la garanzia di una sepoltura dignitosa ), e l'influsso della filosofia stoica attenuano alquanto il quadro, ma sostanzialmente non lo mutano.
Mancava la forza che sapesse trasformare la vita.
L'immoralità ( come nell'Impero in genere ) penetrava sempre più profondamente in tutti i ceti.
Il lusso eccessivo e la vita voluttuosamente raffinata s'accompagnavano con uno spaventevole disprezzo della vita umana, specialmente dei ceti socialmente più miseri, degli schiavi.
I frequenti giochi dei gladiatori nei quali venivano sacrificate, per il piacere degli spettatori, innumerevoli vite umane, ne costituiscono un impressionante documento.
Persino sotto un Imperatore come Tito ( 79-81 ), "delizia degli dèi e degli uomini", molte migliaia di schiavi furono uccisi in tali lotte ( 2500 solo a Cesarea dopo la distruzione di Gerusalemme! ).
c) La vita nel vasto Impero Romano, specialmente nelle sue città, nelle colonie civili, nelle stazioni militari, era modellata su quella di Roma.
L'Impero era in certo qual modo una moltiplicazione di Roma.
Per l'espansione del messaggio cristiano questo fatto presentava dei vantaggi, d'altra parte però facilitò all'occorrenza la lotta contro di esso.
3. Gesù Cristo venne « quando il tempo fu compiuto » ( Gal 4,4; Ef 1,10 ).
Questa grande parola di san Paolo, al di là del suo contenuto fondamentale ( storico-salvifico ) acquista tutto il suo significato esplicativo della storia soltanto quando si costati che questa pienezza s'era realizzata in tutti i campi della civiltà d'allora.
Ad evitare qualsiasi equivoco, è da notare che la "pienezza" di cui parliamo non è da intendersi come un fondamento rispetto al quale il messaggio cristiano avrebbe rappresentato, per così dire, un'integrazione naturale.
Si tratta bensì di una disposizione degli spiriti e degli animi, spiritualmente e religiosamente molto varia ( del resto sfociante spesso anche nell'ambito della superstizione ), alla quale il messaggio cristiano poteva riallacciarsi, ciò peraltro - e talvolta in maniera decisiva - attraverso un mutamento nell'opposto.
La "pienezza" non annulla assolutamente il contrasto, anzi la contraddizione del Cristianesimo col mondo.
Gran parte dell'Antichità cristiana, nonostante gli elementi che la collegavano con l'ambiente pagano, specialmente greco considerò se stessa come novità e come contraddizione rispetto alla sapienza e alla civiltà di questo mondo; i cristiani erano i chiamati fuori dal mondo.
E questa era una interpretazione autentica della persona del Signore crocifisso e risorto.
Egli è inizio assoluto.
La preparazione della vita e dell'opera di Gesù fino a questa pienezza dei tempi si compì
a) essenzialmente nella storia del popolo eletto dei Giudei;
b) e anche nella storia del paganesimo greco-romano.
4. a) Nella religione giudaica s'erano formate diverse correnti al tempo di Gesù.
Due forme specialmente erano diventate importanti per il destino di Gesù e della sua dottrina.
Una predominava in Palestina, l'altra fra i Giudei fuori della Terra promessa, in tutte le grandi città dell'Impero Romano, vale a dire nel Giudaismo della diaspora ( = dispersione ).
La corrente palestinese era caratterizzata soprattutto da una straordinaria ristrettezza e rigidità che si chiudeva gelosamente di fronte a tutto ciò che non fosse giudaico, e si esprimeva a sua volta con sfumature molto diverse.
C'erano i Sadducei, i Farisei e gli Esseni.
I Sadducei si svilupparono dai circoli aperti alla cultura ellenistica.
All'inizio del movimento ( abbastanza presto ), la fede nella risurrezione dei morti non era diventata ancora patrimonio universale di fede dei giudei; onde il fatto che essi rifiutavano la risurrezione.
Al tempo di Gesù erano diventati un partito politico.
I Farisei erano più rigidi e anche più chiusi, il nome ebraico stesso lo dice.
Discendono dai chassidim ( devoti ).
Al tempo di Gesù erano dominati dal gruppo degli Scribi.
Anche gli Esseni sono un ramo dei chassidim.
Fra di essi c'erano dei circoli di carattere monastico ( celibato, preghiera comune; simili comunità in Egitto, i Terapeutici ).
Attraverso i rinvenimenti di manoscritti presso il Mar Morto ( per quanto ancora molto discussi, frammentari ), sono stati conosciuti di recente specificamente gli Esseni di Qumràn, il cui "maestro di sapienza" emerge come figura singola.
Forse Giovanni Battista ha avuto relazioni con loro.
Il Giudaismo farisaico mirava soprattutto a raggiungere la giustizia attraverso l'esatto adempimento, secondo la lettera, delle numerose prescrizioni particolari della "Legge".
In un simile atteggiamento si trovava molta esteriorità, presunzione e ipocrisia, che Gesù spesso biasimò duramente ( Mt 23,13ss ).
Questo giudaismo farisaico possedeva anche una forza inferiore.
Lo prova, più di ogni altra cosa, il fatto che seppe vincolare fortemente al suo servizio uno spirito nobile come Paolo ( § 8 ).
Senza dubbio era un ideale pericoloso quello al quale il Giudaismo, in fondo, si consacrò sacrificando la propria esistenza, ma era pur sempre un ideale.
Era la superba coscienza di possedere, nella sua caratteristica ed esclusività, il giudaismo rinato nell'eroica lotta dei Maccabei, e la grande aspirazione a tenerlo lontano da ogni elemento "impuro".
b) I giudei odiavano i romani, i distruttori della loro indipendenza politica.
La massima gloria del popolo giudaico era quella di riconoscere come proprio re soltanto Jahvé nei cieli.
I giudei a loro volta erano molto mal visti dai romani e dai greci.
Tuttavia la religione monoteistica e la morale tutta interiore dei Profeti, di parecchi Salmi e degli scritti didattici costituivano una forza di attrazione che trasformò un numero considerevole di pagani in proseliti ( ossia simpatizzanti ) del Giudaismo.
Alcuni si convertivano completamente e si sottomettevano alla circoncisione e a tutta la legge cerimoniale; altri cercavano un accostamento al Giudaismo accettando specialmente la fede nel Dio uno; questi sono i "timorati di Dio" conosciuti dal Nuovo Testamento ( per es. At 2,5; At 13,43; At 17,17 ).
Questi proseliti e « timorati di Dio » sono una prova della aspirazione alla pietà nel paganesimo di quel tempo.
c) La forza d'attrazione della religione e della morale giudaica si manifestò soprattutto nel giudaismo della diaspora.
Esso infatti si manteneva fedele a tutti gli elementi essenziali della religione giudaica, mancava invece dell'eccessiva ristrettezza e rigidità del giudaismo palestinese.
Era aperto nei riguardi del mondo e della filosofia greco-ellenistica di carattere universale.
Verso la metà del II secolo a. C., in Alessandria, il filosofo Aristobulo aveva cercato didimostrare la concordanza fra la legge mosaica e la filosofia greca.
Questo rapporto si manifesta in modo sorprendente negli scritti del giudeo Filone di Alessandria, un filosofo della religione ( contemporaneo di Gesù, 25 a. C. - 40 d. C. ).
Tali scritti divennero importanti anche per lo sviluppo della dottrina della Chiesa.
Offrono una esegesi allegorico-mistico-filosofica dell'Antico Testamento e rappresentano un vero connubio della religione giudaica con la filosofia ellenistica.
Questo genere di Giudaismo divenne il ponte più importante fra il nascente Cristianesimo e il paganesimo.
In esso riscontriamo per la prima volta in maniera assai significativa i precedenti di un aspetto della futura sintesi cristiana: chiusa in se stessa e irriducibile quanto ai principi e pur tuttavia sempre in continuo colloquio nella lotta per una migliore comprensione di questi principi ed essenzialmente aperta a tutti i valori spirituali, per trasmettere a tutti gli uomini la sola vera religione.
Seguendo l'esempio ellenistico e per uomini di cultura ellenistica, anche il giudeo Flavio Giuseppe ( seconda metà del I secolo ) scrisse le sue opere storiche ( Antiquitates Judaicae; De bello judaico ).
d) La religione del giudaismo è consegnata negli scritti dell'Antico Testamento di lingua ebraica e in parte di lingua greca.
La traduzione di questo libro sacro per opera, come si dice, di settanta dotti ( LXX - « Septuaginta » ) della comunità giudaica di Alessandria ( III e II secolo a. C. ) trasmise al mondo greco pagano la religione monoteistica vetero- testamentaria.
In questa traduzione l'Antico Testamento divenne e rimase la Sacra Scrittura del Cristianesimo più antico.
Esso non era anche il libro dei cristiani, ma il Libro sacro.
( Gli scritti del Nuovo Testamento sorsero solo successivamente e furono raccolti ancora più tardi, § 6 ).
Il contenuto dell'Antico Testamento però, non è filosofia, ma rivelazione religiosa, effetto e testimonianaza ispirati delle relazioni storico-salvifiche di Dio col suo popolo eletto.
Esso contiene il chiaro monoteismo e il messaggio etico-religioso dei profeti fondato sull'autorità divina.
Questo Libro sacro giunge, oltre il Giudaismo, al tempo messianico della salvezza.
Verso l'inizio dell'era cristiana ci furono invero dei giudei sostenitori di una vicina attesa, a sfondo politico, del Messia.
Ma tanto gli scritti « apocalittici », quanto il messaggio dei profeti prepararono alla comprensione della futura dottrina religiosa del Messia-Redentore.
In questo senso il Giudaismo stesso testimoniò in favore della Chiesa quando questa fece sua l'eredità del popolo eletto.
Di grande importanza per la storia della Chiesa fu anche la consapevolezza, scaturita e alimentata dalle Sacre Scritture, che ebbe Israele di essere il popolo da Dio prescelto.
Questa consapevolezza, resa più forte dalle promesse e dal compito missionario del Signore, passò, quale eredità legittima, al Cristianesimo.
Essa apportò, dopo quella giudeo-centrica, una visione cristiana del mondo e della storia.
Che in questa concezione, in ultima analisi, tutto assolutamente dipenda da Dio, è decisivo per il suo contenuto; per l'orientamento invece la cosa più importante consiste nel fatto che qui ci si trova dinanzi ad un messaggio per il quale la storia non si muove in corsi e ricorsi, ma con veri e propri sviluppi tende ad una mèta finale la quale concluderà una volta per sempre tutta la storia ( ma attraverso un nuovo essere dell'« eone da venire » ).
Il fatto che il Cristianesimo sia divenuto in tal modo erede del Giudaismo, produsse di nuovo una sintesi molto feconda nella Chiesa: essa gode del titolo giuridico e glorioso di un passato antichissimo, onorevole e consolidato e nello stesso tempo è tuttavia nuova e giovane.
5. a) All'inizio dell'era cristiana le religioni pagane, nonostante quanto si è detto, non erano affatto decadute del tutto nell'Impero Romano.
Tutta la vita, sia pubblica che privata, era pur sempre sottesa da sacrifici, da oracoli e da incantesimi religiosi di ogni specie in onore degli dèi.
Un culto, perfezionato in tutti i sensi, veniva esercitato da una numerosa e influente casta sacerdotale.
Inoltre, proprio in quel tempo, per volere dell'Imperatore, si introdusse il culto di nuove divinità.
Accanto alla dea Roma, incarnazione dello Stato, fu posta innanzitutto la persona dell'Imperatore a cui furono tributati onori divini.
Il culto dell'imperatore fiorì specialmente nelle province orientali ( l'Oriente è per eccellenza la patria del culto dei sovrani ).
Questo culto dell'imperatore - che si annuncia già in Cesare e diventò in Augusto fatto compiuto - da Domiziano fu reso obbligatorio per tutti.
b) Nella religiosità pagana di quel tempo molto era solo esteriorità.
Tutto sommato, la religione mitologica antico-pagana degli dèi olimpici aveva superato già da lungo tempo il suo apogeo sia in Oriente che in Grecia e anche a Roma.
I tentativi ( fatti per es. da Augusto ) di farla rivivere ebbero poco successo.
L'illuminismo filosofico insieme con un crescente desiderio di interiorizzazione già da tempo avevano esercitato con successo la critica delle antiche divinità come Cronos, Zeus, Era.
Anche quella propagazione ed effettiva diffusione del culto dell'imperatore non è una prova di crescente religiosità.
Il culto dell'imperatore non era che una profonda espressione della confusione del concetto pagano di Dio al quale mancava l'assolutezza e la santità.
c) D'altra parte però, nel paganesimo di allora esisteva un reale anelito religioso che noi possiamo solo approssimativamente immaginare; esso però andò distanziandosi sempre più dal culto religioso ufficialmente prescritto ed esercitato dallo Stato.
Le persone di cultura, per quanto non cadessero completamente nel dubbio, si rifugiavano per la maggior parte in una religiosità filosofica che, non di rado, inclinava notevolmente al monoteismo o perlomeno ad una specie di sincretismo religioso.
I ceti sociali più bassi ( ma anche persone colte ) cercavano salvezza e redenzione negli antichi misteri allora rifiorenti o in quelli nuovi di provenienza orientale, nei quali, attraverso segni esterni misteriosi e suggestivi ( « battesimo », sacro banchetto ), si credeva di trovare la purificazione e l'unione con la divinità.
Il contenuto religioso di questi misteri ellenistici ( ulteriormente sviluppati ) era però molto diverso, spesso addirittura problematico.
Questo vale specialmente per i pretesi paralleli con la morte e la risurrezione di Gesù: bassa ( e oscura ) superstizione e idolatria a differenza della figura del Signore che è la vita ( Gv 1,4 ) e nella fede dona la vita; fantasticherie di fronte alle molteplici testimonianze, storicamente inoppugnabili, di coloro ai quali Gesù apparve dopo la sua risurrezione.
Di particolare importanza è la differenza fra auto-giustificazione pagana, confessione cristiana della colpa e remissione gratuita.
Straordinariamente importanti e, per alcuni secoli, anche in concorrenza con il Cristianesimo furono i misteri di Mitra, nei quali si aveva una specie di « battesimo ».
Nel culto della Gran Madre ( Cibele, Ati ), conosciamo il tauribolio nel quale l'iniziato si faceva cospargere di sangue di toro, per venir purificato dai peccati.
d) Alla suddetta interiorizzazione aveva preso parte pure il diritto romano.
La sua applicazione da parte dello Stato al tempo stesso tollerante e intollerante era bensì diventata fortemente positivistica, ma il concetto della aequitas ( = interiore, vale a dire giustizia fondata sul diritto naturale ) era assurto, attraverso la giurisprudenza, ad una vera forza.
Valendosi di esso - partendo quindi da un principio riconosciuto anche da parte pagana - gli apologeti cristiani nel II secolo possono esercitare una critica decisiva alla procedura, ostile ai cristiani, dello Stato e ai principi giuridici su cui si basava.
6. a) Queste nuove correnti nella religiosità pagana dimostrano come anche il paganesimo accanto al Giudaismo fosse un « educatore a Cristo » ( Clemente Alessandrino ).
Accanto all'anelito di redenzione, di somma importanza era l'evoluzione verso l'idea monoteistica.
Essa era maturata da lungo tempo nella religiosità filosofica: già con Senofane ( + 475 a. C. ), il primo monoteista dell'antichità classica, poi con Platone ( + 348 a. C. ) e Aristotele ( + 322 a. C. ); essa divenne una caratteristica generale dell'atmosfera spirituale dell'epoca coll'indirizzo religioso che il grande pensatore greco Posidonio ( 135-50 a. C. ) diede allo stoicismo.
Seneca, Marco Aurelio e, prima di loro, anche il discepolo di Posidonio, Cicerone, sono i rappresentanti notevoli di questo indirizzo anteriore all'inizio dell'era cristiana.
Molti dotti contemporanei di Gesù si sentirono attratti dalla elevatezza etica dello stoicismo.
Il monoteismo di Seneca e l'ideale filosofico da lui vagheggiato, valsero a volgere in discredito le mitologie antiche e a preparare gli animi al Cristianesimo.
D'altra parte però, la brillante spiritualità di questo contemporaneo di Paolo è bastata a molte persone colte e le ha trattenute dall'aderire al Cristianesimo.
L'etica stoica e la valutazione della vita hanno spesso influito, anche più tardi, sul pensiero cristiano; la lingua ben tornita di Seneca e parti della sua antropologia hanno entusiasmato molti umanisti cristiani e sono stati da essi considerati come modelli ( cosa che incoraggiò poi la interpretazione moralistica del messaggio e valse a svigorire il concetto di grazia ).
b) Il superamento pratico del pluralismo teistico operò in maniera ancora più immediata come preparazione al Cristianesimo attraverso le aspirazioni all'unità che andavano attestandosi nell'Impero Romano in tutti i campi della cultura.
Come conseguenza di un lungo processo che entrò nella sua fase decisiva con la spedizione di Alessandro Magno in Oriente ( 334-324 a. C. ) e la risultante trasmissione della civiltà orientale all'Occidente, s'era formata nell'Impero Romano una civiltà unitaria: la civiltà ellenistico-romana.
Forti mescolanze di popoli, e quindi delle loro concezioni, avevano cagionato, specialmente nelle grandi città come Alessandria e Roma, profonde assimilazioni di dèi e relativi culti ( sincretismo; cfr. § 16 ).
A questo s'aggiunse poi la potente unità dell'Impero Romano, nel quale col latino e la coinè greca ci si poteva universalmente intendere, che possedeva una amministrazione unitaria ed una rete commerciale a vastissimo raggio.
L'idea di unità veniva continuamente ed efficacemente incontro da moltissimi lati ai pagani d'allora.
L'unità politica assieme alle altre tendenze verso l'unità nella cultura e nella religione esigevano in certo qual modo, come complemento, l'unità della verità, della religione, di Dio.
Era così preparato nel modo più significativo il terreno per il messaggio di Gesù rivolto all'uomo come tale, cioè a tutti gli uomini e a tutti i popoli, e per l'unità della Chiesa che abbraccia tutta la terra.
I romani erano pienamente e altamente consapevoli di essere gli artefici della storia universale.
Quale potenza rappresentò questo fatto anche più tardi per i romani diventati cristiani!
Quale rafforzamento della missione divina di Roma come sede del Papato!
Quale importanza per l'Impero Romano-germanico del Medioevo!
c) Il valore della rivelazione cristiana non viene sminuito dal riconoscimento della presenza di certi valori etico-religiosi nel paganesimo.
Anzi, il Cristianesimo ne guadagna se non trovò sui suoi passi soltanto errore e marciume, ma anche elementi positivi ed anche di fronte ad essi riuscì vittorioso.
Così si manifestò dapprima, anche a questo punto dell'evoluzione umana, la grandezza del concetto cristiano di Dio o, meglio ancora, la forza trasformatrice del messaggio divino in Gesù Cristo.
A tale proposito, come già è stato detto, c'è da ricordare che, allorquando la rivelazione cristiana penetrò nel mondo pagano, tutta la realtà della vita privata e pubblica, il giorno, la settimana e l'anno, traffici e commerci, insomma tutto era impregnato in maniera del tutto ovvia di politeismo; così che ne era condizionato l'intero modo di pensare e di parlare.
Questa situazione con la sua intricata mancanza di chiarezza religiosa aveva oscurato lo spirito degli uomini del mondo civile di quel tempo in maniera per noi non facilmente comprensibile, ma molto reale.
Un esempio di particolare efficacia è la storia di Simon Mago nel Cristianesimo primitivo.
Essa lo è anche se non consideriamo certe concezioni particolari concernenti le emanazioni di divinità inferiori, la materia e l'uomo, attestateci da Ireneo, e ci atteniamo soltanto a quanto dicono gli Atti degli Apostoli ( At 8,9ss ): egli spacciava se stesso per qualcosa di superiore, cosicché grandi e piccoli, per la sua magìa, lo chiamavano "la grande forza di Dio"; e tuttavia egli stesso era talmente invischiato nella magìa di carattere politeistico che, con tutta serietà, cercò di comperare col denaro da Pietro e Giovanni lo Spirito Santo.
Il pericolo maggiore di queste e simili concezioni pagane consisteva nel fatto che si era talmente abituati a dimensioni e a gradi intermedi del divino, che non c'era posto per un Dio assoluto, sostanzialmente distinto da ogni altro, ma tutto sembrava derivare e ritornare in una forma cosmico-organica ( cfr. sincretismo e gnosi § 16,2 ).
d) Nonostante l'ampia preparazione al Cristianesimo nell'ambito giudaico e pagano, si pone tuttavia l'interrogativo, perché il Cristianesimo venne proprio allora e non prima.
Questo problema, a cui si interessavano già in quel tempo i cristiani, fu posto dai loro avversari come obiezione.6
Ci sono soltanto le due risposte fra di loro intimamente collegate:
1) i misteri di Dio sono imperscrutabili ( Rm 11,33 );
2) la « pienezza dei tempi » era venuta proprio allora per volontà di Dio, signore della storia.
7. Un ulteriore aspetto dello stesso problema: nonostante tutta la preparazione, il Cristianesimo apparve agli uomini del tempo essenzialmente come qualcosa di fino allora sconosciuto anzi di inaudito.
Quando esso comparve nel mondo, fu sentito proprio dagli spiriti migliori come qualcosa di assolutamente nuovo.
I cristiani, accanto e dopo i giudei e i pagani ( greci ), sono realmente la « terza generazione », un "popolo" veramente "nuovo" e una « nuova alleanza ».
Che fondamento ha tutto ciò?
a) Al monoteismo del tempo mancava la chiarezza e l'esclusività.
Il movimento religioso tendeva alla conoscenza del Dio unico, ma non la raggiungeva; gli altri dèi in qualche modo continuavano a restare.
Il concetto di « Dio », formulato in svariati modi, includeva, anche nel migliore dei casi, più il carattere della « supremazia » che quello dell'« unicità » di Dio.
Coesisteva col panteismo e perfino col dualismo ( = la materia quale secondo principio ugualmente eterno accanto a Dio: tutta una quantità di nebulose concezioni politeistiche che di fatto pervadevano la vita e il pensiero [ cap. 6c ] ).
b) Tra i principi morali, l'amore e la misericordia non mancavano del tutto, ma in massima parte sì.
Al fine e raffinato egoismo non si opponevano dei principi fondamentali più alti aventi valore vincolante.
Anche il più nobile pensiero etico del paganesimo raramente era riuscito ( come per es. in Socrate e singoli stoici ) a stabilire una unità fra la vita e la dottrina.
Mentre è proprio questa la realtà decisiva che il Cristianesimo esige.
Per quanto la realizzazione dell'ideale spesse volte non abbia corrisposto alle esigenze, c'è tuttavia una differenza sostanziale: la dottrina cristiana non si ferma all'ambito della conoscenza; essa esige fondamentalmente di esser vissuta senza attenuazioni.
L'esigenza però viene corroborata dalla grazia di Dio.
Il mancare diviene peccato.
Per i cristiani si tratta di coerenza.
c) Anche prima che si diffondesse il messaggio cristiano, gli uomini percepivano in sé la voce della « legge », avevano una coscienza ( Rm 1,19s ).
Ciononostante, mettendone in luce l'autorità, la chiarezza e il successo si può dire: solo la rivelazione cristiana ha dato una coscienza all'umanità.
Il concetto di religione fu inteso in un senso nuovo, il valore dell'uomo fu innanzitutto fondato sulla sua anima immortale.
Tutti gli uomini appaiono membri di una famiglia ( come figli del comune Padre celeste e quindi come fratelli ).
Famiglia e matrimonio ( unità, indissolubilità, santità; posizione della donna7 ) vengono nobilitati.
Il lavoro, come tutta la vita, si colloca nell'ambito della fede e in tal modo conosce una valorizzazione sostanzialmente superiore.
d) Ma soprattutto: il Cristianesimo è la religione rivelata di un Dio che assume figura umana in una personalità storica: « Se uno è in Cristo, egli è una persona nuova: ciò che era vecchio è sparito, ecco, tutto è diventato nuovo » ( 2 Cor 5,17 ).
Il nuovo nel Cristianesimo è Gesù Cristo stesso, la sua vita, la sua meravigliosa personalità, e la vocazione e la possibilità estese a tutti di partecipare a questa vita, mediante la quale essi vengono redenti dal peccato nel quale tutti sono caduti.
Questo avviene attraverso la fede infusa da Dio nell'uomo.
Questa fede è una forza decisiva, essa ha la convinzione assoluta di possedere in Cristo Gesù la verità.
Nella forza del mandato imperativo del Signore essa si sentì forte abbastanza per vincere « il mondo » ( Gv 16,33 ).
Date queste premesse, il Cristianesimo dell'amore vive fin dall'inizio anche di intolleranza dogmatica, come è stato formulato da Paolo in maniera assai pregnante: « E anche se un angelo disceso dal cielo vi annunziasse un Vangelo diverso da quello che noi vi abbiamo predicato, sia scomunicato! » ( Gal 1,8 ).
Dando uno sguardo complessivo alle singole caratteristiche menzionate, si vede come la sintesi sia l'incomparabile sigillo di verità esclusivo del Cristianesimo.
Tutto ciò che possiede valore umano trova in esso il suo compimento; ogni verità appartiene alla sua verità.
« Ciò che di vero è stato detto, sempre e dappertutto, è stato detto dallo Spirito Santo » ( Ambrogio a 1 Cor 12 ).
Indice |
6 | Nella lettera a Diogneto del II o III secolo e nell'attacco di Celso circa nel 178( cfr. Orisene § 15, I, 5 b ). |
7 | La sua dignità non venne esaltata in modo tutto mistico soltanto nel matrimo nio ( Paolo: come Cristo amò la Chiesa ed ha sacrificato se stesso per lei, Ef 5, 25 ), anche l'alta stima della verginità ebbe degli influssi in questo senso. |