Gesù Cristo rivelazione dell'uomo

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Capitolo secondo - III

III. Al punto di congiunzione di due apologetiche

Come è nata in Pascal l'idea di un'Apologià del cristianesimo?

Se cerchiamo testimonianze precise su un tale progetto e la sua origine, dobbiamo risalire al colloquio di Pascal con de Sacy, a Port-Royal, qualche settimana dopo la notte del 23 novembre 1654, cioè nel gennaio 1655; poi alle note che Pascal redasse nel 1656 sui miracoli, in occasione delle discussioni suscitate dal miracolo della Sacra Spina.

L'Apologià di Pascal sembra situarsi al punto di congiunzione di due tipi di apologetica molto diversi, collegati a questi due avvenimenti.

Ma sembra che soltanto a partire dal 1657 si sia seriamente dedicato al suo progetto, applicandosi per un anno intero alla sua messa in opera.

1. Il Colloquio con de Sacy

Dopo la sua conversione, Pascal venne per due settimane a Port-Royal per fare un ritiro.

Il suo direttore spirituale, Singlin, lo affida a de Sacy.12

Ciò che ancor oggi viene chiamato Colloquio con de Sacy sarebbe il resoconto di una lunga conversazione di costui con Pascal, inserito da Nicolas Fontaine, segretario di de Sacy, nelle sue Memorie.

A lungo si è creduto che il colloquio fra i due uomini fosse stato messo subito per iscritto da Fontaine.

Lo stile sarebbe quindi di Fontaine, ma il contenuto sarebbe di Pascal.

Gli studi di P. Courcelle e di A. Gonnelle sulle fonti e gli enigmi di questo colloquio hanno messo fine a una simile interpretazione e precisato il vero contesto del Colloquio.13

Non si può negare il fatto di un colloquio, e anche di diversi colloqui tra Pascal e de Sacy.

Ma l'ipotesi di un segretario che abbia assistito al colloquio o che abbia riassunto le conversazioni dei due uomini è esclusa.

Il redattore del testo attuale ha fatto un « montaggio » con documenti scritti, dei quali del resto nessuno contesta l'autenticità.

Questi scritti, secondo il parere di Courcelle e di Gounelle, sono note, estratti o compilazioni di Epitteto e di Montaigne ( da parte di Pascal ) e di Agostino ( da parte di de Sacy ), aventi lo scopo di alimentare e di sostenere la discussione tra i due uomini.

Courcelle pensa anche che Pascal aveva già costituito un dossier, una specie di minuta, dove avrebbe annotato per lui, ed eventualmente per altri, le sue idee su Epitteto e Montaigne: « Uno strumento di lavoro di cui Pascal avrebbe continuato a servirsi »14

Con tutta probabilità Pascal ha sottoposto a de Sacy un testo già redatto e lungamente meditato che rappresenta l'utilizzazione apologetica che intende fare dei due filosofi.15

Infatti, il testo di Pascal, escludendo gli interventi di de Sacy che sembrano cattivi brani introdotti da Fontaine stesso, è di una notevole unità: elogio e critica di Epitteto, elogio e critica di Montaigne, utilità di queste due letture, malgrado le critiche di Pascal e di Agostino, all'interno di un progetto apologetico.

Quando stende le sue Memorie, Fontaine dispone quindi di due testi: uno di Pascal, composto e redatto senza interruzioni; l'altro di de Sacy, ispirato ad Agostino, avente lo stesso carattere di continuità di pensiero e di stile, e che esprime le sue reazioni al progetto già consistente di Pascal.

Gli interventi di de Sacy non rappresentano quindi la traduzione fedele di un dialogo, ma inserzioni artificiali, colpi maldestri, dovuti a Fontaine, in un testo già interamente redatto.16

Questi chiarimenti sul Colloquio, lungi dal ridurre il valore del testo, lo aumentano ancora, poiché provano che Pascal aveva fin dal 1655 e anche 1654, un progetto apologetico concreto e originale.

Possiamo quindi estrarne la sostanza e l'argomentazione, lasciando a Fontaine la parte del genere letterario, specialmente nell'introduzione, nelle inserzioni e nella conclusione che parla di un accordo raggiunto tra Pascal e de Sacy sulla lettura dei filosofi.

Il metodo di de Sacy con coloro che dirigeva era di entrare dalla loro porta, cioè di farli parlare sui soggetti che preferivano: « Tutto gli serviva per passare subito a Dio, e per condurvi gli altri ».17

Ora, Pascal confidò a de Sacy « che i suoi libri abituali erano stati Epitteto e Montaigne, e gli fece dei grandi elogi di questi due filosofi.

De Sacy, il quale aveva sempre pensato che era bene non leggere molto questi autori, pregò Pascal di parlargliene a fondo ».18

Pascal si mise subito a dissertare dottamente su Epitteto e Montaigne.

Dopo averlo lungamente e rispettosamente ascoltato, de Sacy gli fece notare che tutto questo si trova già in S. Agostino, e anche molto di più.

Il primo lungo discorso di de Sacy prova che è spaventato dalle vedute di Pascal sull'utilità di Montaigne per la conversione cristiana.

All'esperienza di Montaigne e di Pascal, egli oppone quella di Agostino, il convertito modello: importa solo la Sacra Scrittura, superiore ad ogni filosofia.

Pascal non è sconcertato per questo e prosegue il suo discorso.

Pensa che è possibile utilizzare la conoscenza dell'uomo che trova in Epitteto e Montaigne, non certo per approvare la loro filosofia, ma per insegnare agli uomini a conoscersi e tlisporli a favore del Vangelo.

Infatti, Epitteto, lo stoico, ha ben visto ciò che noi dobbiamo fare, ma il suo orgoglio gli impedisce di misurare la debolezza e l'impotenza dell'uomo.

Da parte sua, Montaigne, lo scettico, che mette la fede tra parentesi, ha ben visto ciò che siamo, cioè deboli e vili, ma si rifugia in una etica confortevole, che incorraggia la pigrizia e la mediocrità.19

De Sacy mantiene il suo giudizio sulla vanità dei filosofi e ritorna sempre a S. Agostino.

Dice a Pascal che questi assomiglia « a quei medici esperti che, con il loro abile modo di usare i più forti veleni, ne traggono i migliori rimedi ».20

Ma Pascal è tenace.

Resta convinto che Epitteto e Montaigne possono servire al suo progetto religioso.

È vero che l'uomo deve essere come lo vuole Epitteto, è ugualmente vero che l'uomo è come lo vede Montaigne, ma le due posizioni sono vane e si oppongono precisamente là dove si afferma la loro verità: « Mi sembra, dice, che la fonte degli errori di questi due filosofi è di non aver saputo che lo stato attuale dell'uomo differisce da quello della sua creazione; di modo che l'uno, notando qualche traccia della sua prima grandezza e ignorando la sua corruzione, ha trattato la natura come sana e senza bisogno di riparatore, ciò che lo conduce al colmo della superbia; invece l'altro, sperimentando la miseria attuale e ignorando la prima dignità, tratta la natura come necessariamente inferma e irreparabile, ciò che lo precipita nella disperazione di giungere a un vero bene e da qui nell'estrema viltà.

Così questi due stati che si dovevano conoscere insieme per vedere tutta la verità, essendo conosciuti separatamente, conducono necessariamente all'uno o all'altro di questi due vizi: l'orgoglio e la pigrizia ».21

La critica di Epitteto e di Montaigne non sfocia in una terza filosofia, ma obbliga la ragione a lasciare il piano dove si elaborano le filosofie.

L'antropologia non può costruirsi che diventando teologia.

L'uomo, non si riconosce che in Gesù Cristo. « Scusi, signore, dice Pascal a de Sacy, di inoltrarmi davanti a voi nella teologia, invece di restare nella filosofia, che era il mio solo soggetto, ma vi sono portato insensibilmente; è difficile non entrarvi, qualunque sia la verità che si tratta, perché la teologia è il centro di ogni verità ».22

La teologia, infatti, tramite il suo insegnamento sul peccato, sull'incarnazione e la redenzione, ci permette di distinguere ciò che è vero in Epitteto e in Montaigne, senza cadere tuttavia nei loro errori: « Se sono pieni del concetto della grandezza dell'uomo, che cosa possono aver immaginato in proposito che non resti inferiore alle promesse del Vangelo, che non sono se non il degno prezzo della morte di un Dio?

E se si compiacciono invece di vedere l'infermità della natura umana, i loro concetti non eguagliano certo quelli della vera debolezza del peccato, di cui quella stessa morte costituì il rimedio.

Quindi, tutti ci trovano più di quanto non abbiano desiderato e, quel che è mirabile, vi si trovano uniti, essi che non si potevano accordare su un piano infinitamente interiore ».23

I due stati che rappresentano la nostra vita quotidiana - grandezza e miseria, grazia e peccato - si riconciliano soltanto in Gesù Cristo, vertice dell'umanità.

Così, Pascal trova in Epitteto ( Manuale e Dissertazioni ) e in Montaigne ( Saggi ) delle « verità di fatto » sull'uomo delle quali intende servirsi per provocare nei suoi lettori reazioni che li dispongano a ricevere la parola di Dio.

Si servirà di Montaigne per abbattere l'orgoglio degli uomini, di Epitteto per scuotere la loro pigrizia.

In tal modo la filosofia lavora per uno scopo a lei estraneo, contribuendo a mantenere uno stato di umiltà e un desiderio di ricerca che sono le prime condizioni della conversione.

La sostanza del Colloquio è formata da una documentazione e da riflessioni in vista di un'apologetica.

L'intenzione di Pascal è di utilizzare Epitteto contro Montaigne e Montaigne contro Epitteto, per turbare la pace di coloro che si dedicano all'uno o all'altro.

Là dove si crede che Epitteto e Montaigne dispensano dal leggere il Vangelo, Pascal vuole mostrare che essi invitano invece a farlo per comprendere noi stessi, guardandoci dall'alto.

Siamo di fronte a un nuovo tipo di apologetica che Pascal vuole utilizzare rivolgendosi ai libertini e ai cristiani intiepiditi.

Si può quindi affermare che le riflessioni di Pascal non sono state provocate dal Colloquio con de Sacy, ma hanno invece provocato il Colloquio stesso.

Pascal ha sperimentato la sua nuova apologetica su de Sacy prima di sperimentarla sugli altri.

L'idea di scrivere un'apologià del cristianesimo sarebbe quindi contemporanea della conversione, di cui il Memoriale conserva il ricordo.

Pascal è convinto dell'utilità di un'apologetica basata sugli autori in voga negli ambienti del suo tempo.

Preoccupazione quindi di parlare all'uomo del suo tempo e consapevolezza di presentare un'apologià in cui la persuasione è cosa diversa dalla dimostrazione.24

2. L'apologetica dei miracoli

La riflessione religiosa di Pascal è stata inoltre sollecitata da un avvenimento che ha avuto un ruolo importante nella storia della sua vita e del suo pensiero, cioè il miracolo della sacra Spina, di cui beneficiò sua nipote, Marguerite Périer, di dieci anni.

La bambina, che soffriva da tre anni di una fistola lacrimale purulenta, fu guarita instantaneamente il 24 marzo, al tocco di una reliquia della sacra Spina.25

Ricordiamo il contesto dell'avvenimento.

Questo sopravvenne al momento delle più vivaci discussioni sulla condanna delle cinque proposizioni tratte da l'Augustinus di Giansenio, da parte di Innocenze X nel 1653

Ma i giansenisti distinguono la questione di diritto dalla questione di fatto.

La condanna, dicono, riguarda l'eresia come tale, ma non il senso del testo di Giansenio.

Una Bolla di Alessandro VII, datata del 16 ottobre 1656, conferma che le cinque proposizioni ( testo e senso ) sono tratte dall'Augustmus ( Ds 2010-2012 ).

A Port-Royal il clima è surriscaldato.

La prima Provinciale è del 23 gennaio 1656.

È l'epoca in cui Arnaud, processato e censurato dalla Sorbonne ( 29 gennaio 1656 ), deve nascondersi « sotto falso nome e travestito ».

Gli editori delle Provinciali, sono ricercati dalla polizia.

I Solitari di Port-Royal devono disperdersi.

Il 20 marzo 1656 corre voce che l'espulsione delle suore è imminente.

Si vive in un clima di persecuzione.

Ed ecco che il 24 marzo 1656 avviene a Port-Royal il miracolo della sacra Spina.

Per giunta la miracolata è la nipote stessa di Pascal; la figlioccia di colui che ha appena pubblicato la quinta Provinciale e sta preparando la sesta.

Sette medici consultati parlano di guarigione straordinaria, cioè di miracolo.

Anche il primo chirurgo del re esprime la stessa opinione.

L'Arcivescovo di Parigi dichiara autentico il miracolo.

La convinzione di Pascal della guarigione miracolosa della nipote si basa su quello che ha visto non meno che sulla constatazione dei medici.

La guarigione è totale: tutti i segni di anormalità sono scomparsi.

La gioia di Pascal « fu così grande, scrive Gilberte Périer nella sua vita di Pascal, che ne fu tutto invaso; e poiché la sua mente rifletteva sempre molto sulle cose di cui si occupava, l'occasione di quel miracolo particolare gli suggerì molti pensieri assai importanti sul miracolo in genere sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento »26

Ben presto, a mano a mano che la notizia del miracolo si diffonde, una tesi è formulata a Port-Royal: il miracolo della sacra Spina, nel clima di persecuzione in cui vive Port-Royal, è interpretato come un segno di Dio in favore del giansenismo.

Pascal usa la stessa chiave di lettura, si tratta di un segno: Dio è con noi.

I gesuiti entrano nel dibattito.

Non negano certamente l'autenticità del miracolo, ma si rifiutano di leggere nell'avvenimento un'approvazione del giansenismo, dicendo che la voce che si è espressa attraverso l'autorità di due papi non può essere contraddetta da un miracolo che darebbe ragione ai giansenisti contro la Chiesa.

Port-Royal replica che Dio ha voluto dimostrare l'innocenza di una casa ingiustamente perseguitata e l'ortodossia della dottrina che vi si professa.

Nella sesta Provinciale ( 4 dicembre 1656 ), Pascal se la prende coi gesuiti che rifiutano di vedere nel miracolo della sacra Spina un segno di Dio a favore di Port-Royal: « Voi calunniate quelle che non hanno orecchie per udirvi, ne bocca per rispondervi.

Ma Gesù Cristo, nel quale sono nascoste per apparire un giorno con lui, vi ascolta e vi risponde per loro.

Si sente oggi questa voce santa e terribile, che stupisce la natura e consola la Chiesa.

Io temo, Padri, che coloro i quali induriscono i loro cuori e si rifiutano con ostinazione di ascoltarlo quando parla come Dio, siano obbligati di ascoltarlo con terrore quando parlerà come Giudice ».27

Come si vede il tono della polemica sale rapidamente.

Pascal non smette, durante gli anni 1656-1657, di accumulare note in vista di uno scritto sui miracoli.28

Tuttavia non scriverà Provinciali su questo soggetto.

Ma era giunto il tempo di uno studio su ciò che diventava il centro del dibattito, cioè il rapporto tra miracolo e dottrina.

Durante la Quaresima, nel marzo 1657, il P. de Lingendes, gesuita, fa una predica sui veri miracoli, che confermano la nostra religione, in opposizione ai falsi miracoli degli eretici.

L'allusione a Port-Royal è chiara a tutti gli ascoltatori.

In seguito a ciò, Pascal conduce una inchiesta per proprio conto sui punti caldi che riguardano i miracoli: una definizione del miracolo che possa escludere i prodigi operati dal diavolo; il senso dei miracoli attribuiti ai pagani, agli eretici, all'Anticristo; il modo di stabilire che un vero miracolo è sempre segno della vera religione.

Manda a questo proposito all'abate di Saint-Cyran un questionario di dodici domande.29

Le riflessioni di Pascal sul miracolo sono quindi state provocate dal caso particolare del miracolo della sacra Spina.

In un primo tempo Pascal si interessa ai criteri che permettono di stabilire l'autenticità dei vari miracoli e del loro significato.

Poi, a mano a mano che il dibattito si allarga, si interessa al problema più vasto dei rapporti miracolo-dottrina.

Infine, in un'ultima generalizzazione, ben conforme alla logica del soggetto e alle esigenze del suo genio, Pascal pensa alla sua opera sui fondamenti della religione cristiana.

La riflessione sulla prova tradizionale della religione mediante i miracoli, sarebbe situata fin d'allora all'interno di un'apologetica più generale.

Testimonianze di questa riflessione, sempre più ricca, sono le note e i frammenti accumulati da Pascal e conservati nelle serie XXXII e XXXIII dell'edizione Lafuma.

È quindi in occasione di una polemica sul miracolo che Pascal è stato condotto a concepire un progetto più vasto di apologià del cristianesimo.

Progetto che includerebbe senza dubbio un capitolo sui miracoli, ma all'interno di una visione più generale.

Che tale sia stato l'itinerario di Pascal, è un fatto attestato da Gilberte Périer nella vita di suo fratello; « Tutte le diverse riflessioni fatte da mio fratello sopra i miracoli, gli diedero nuovi lumi sulla religione.

Poiché tutte le verità si ricavano l'una dall'altra, gli bastava applicarsi all'esame di una verità, che subito le altre gli arrivavano quasi in folla e si enucleavano nella sua mente in maniera da esaltarlo, come lui stesso ci ha confessato.

E fu in quella occasione che si sentì talmente infervorato a combattere gli atei che, conscio dei lumi che Dio gli aveva dato per convincerli e confonderli senza scampo, si diede a comporre quell'opera, i cui frammenti raccolti ci fanno tanto rimpiangere che non abbia potuto riunirli lui stesso, e, con tutto quello che vi avrebbe aggiunto, farne un libro di compiuta bellezza ».30

3. Accostamento e articolazione delle due apologetiche

Al centro di una grande opera c'è sempre una zona di mistero che sfugge all'autore stesso.

Detto questo, sembra che l'apologià della religione cristiana, abbozzata nei Pensieri sia nata da un accostamento di due progetti complementari: quello di una apologetica moderna, adattata al linguaggio e alla mentalità dell'epoca; quello che si propone di riprendere, rinnovandoli, alcuni capitoli dell'apologetica tradizionale.

Come è avvenuto, in Pascal, questo accostamento?

Il luogo d'incontro e di articolazione dei due progetti è identificabile?

Sembra di sì, alla luce di alcuni frammenti chiave.

L'articolazione dei due progetti è visibile in un primo frammento ben conosciuto, generalmente riconosciuto come un abbozzo delle grandi linee del piano dell'Apologià:

Parte prima: Miseria dell'uomo senza Dio.

Parte seconda: Felicità dell'uomo con Dio.

Oppure:

Parte prima: La natura è corrotta ( provarlo con la stessa natura ).

Parte seconda: Esiste un Riparatore ( provarlo con la Scrittura ) ( B60 C73 ).31

Il collegamento tra i due paragrafi costituito da oppure indica chiaramente che si tratta di uno stesso movimento.

I due paragrafi indicano le due fonti dell'argomentazione: la natura e la Sacra Scrittura.

L'apologetica del Colloquio con de Sacy sembra corrispondere al primo paragrafo; l'apologetica nata dalle riflessioni sul miracolo della sacra Spina sembra rispondere al secondo paragrafo.

Ma osservando meglio, constatiamo che, prima di rinviare a due sezioni di un'opera, il frammento segna due momenti di una stessa riflessione.

Ogni parte non ha senso che mediante l'altra: sappiamo che c'è corruzione nella natura perché la Sacra Scrittura ci insegna che c'è un Riparatore.

In realtà questo movimento era già contenuto nel Colloquio.32

Il secondo frammento è più rivelatore: Ordine.

Gli uomini mostrano disprezzo per la religione; hanno per essa odio e paura che sia vera.

Per guarirli di ciò, bisogna cominciare col provare che la religione non è contraria alla ragione; è venerabile, e bisogna farla rispettare; in seguito renderla amabile, far desiderare ai buoni che sia vera e poi provare che essa è vera.

Venerabile perché ha ben conosciuto l'uomo; amabile, perché promette il vero bene » ( B187 CI ).

Si tratta di operare nell'anima un capovolgimento radicale.

Là dove c'era disprezzo, si deve ispirare rispetto.

Ciò che era oggetto di odio, deve diventare amabile.

Al timore che la religione sia vera si deve sostituire il desiderio che lo sia.

Fin qui siamo nel quadro della nuova apologetica di Pascal, basata sull'analisi della condizione umana, come è descritta nel Colloquio.

« E poi provare che essa è vera »: qui Pascal s'impegna a riconsiderare l'apologetica tradizionale.

Per Pascal, la descrizione della condizione umana non è un presupposto ( una specie di parte estrinseca ), ma parte integrante del discorso apologetico, perché egli è persuaso che non si arriverà mai a convincere l'indifferente offrendogli semplicemente delle prove: occorre prima farsi ascoltare ed essere gradito.

L'apologetica deve prima trarre gli uomini dal loro disprezzo e dallo loro indifferenza; essa deve inquietarli, turbarli, poi metterli in condizioni di desiderare la ricerca della verità.

C'è quindi la necessità di creare uno stato d'animo prima di passare all'esposizione dei fondamenti storici della fede.

Si deve suscitare nell'uomo un'attrattiva per l'ipotesi cristiana, renderla « amabile », far « desiderare » che sia « vera », dimostrando che la religione cristiana, benché sia mistero e scandalo, riesce a decifrare il mistero dell'uomo.

Senza dubbio la forza illuminante e rasserenante del Vangelo non è la prova della verità storica del cristianesimo, ma fa « desiderare » che il cristianesimo sia vero.

Il libertino, indifferente o ateo, aveva paura di sbagliarsi credendo vera la religione: deve invece temere di sbagliarsi non credendo che essa sia vera ( B241 C458 ).

Si tratta di un capovolgimento psicologico, di un cambiamento radicale di direzione.

È venuto allora il momento di esporre le prove tratte dalla Sacra Scrittura.

In un terzo frammento Pascal indica lo schema delle questioni da trattare nella parte dell'Apologià dedicata alle prove della religione: Prove della religione. - Morale, Dottrina, Miracoli, Profezie, Figure ( B290 C486 ).

Prove:

1) La religione cristiana, con la sua affermazione nel mondo, si è affermata da sé così fortemente e così dolcemente, pur essendo contraria alla natura.

2) La santità, l'altezza e l'umiltà di un'anima cristiana.

3) Le meraviglie della Sacra Scrittura.

4) Gesù Cristo in particolare.

5) Gli apostoli in particolare.

6) Mosè e i profeti in particolare.

7) Il popolo giudaico.

8) Le profezie.

9) La perpetuità: nessuna religione possiede la perpetuità.

10) La dottrina che da ragione di tutto.

11) La santità di questa legge.

12) Il comportamento stesso del mondo.

Nella conclusione si ritrova il movimento del frammento precedente, cioè che non si deve esitare, di fronte alle prove, a seguire l'inclinazione che ci porta ad accogliere una religione che sappiamo amabile e desiderabile ( B289 C487 ).

Quindi l'apologetica prefigurata nel Colloquio con de Sacy ha per scopo di trasformare un atteggiamento più o meno ironico o anche aggressivo, in un sentimento d'inquietudine e anche di desiderio che il cristianesimo sia la vera religione.

Nel corso di una seconda tappa, l'apologetica nata dalle riflessioni di Pascal sul miracolo, pone le condizioni di una adesione ponderata a questa religione che già si sa amabile e degna di venerazione.

Arriviamo qui al punto limite di ciò che l'uomo può nel mistero della conversione.

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12 N. FONTAINE, Mémoires pour servir a l'histoire de Port-Royal, t. II, Utrecht, 1736, pp. 55-73.
13 P. COURCELLE, L'Entretien de Pascal et Sacy. Ses souces et ses énigmes, Paris, 1960. Vedi anche: H. GOUHIER, Blaise Pascal, Cammentaires, Paris, 1966, pp. 68-98; A. GOUNELLE, L'Entretien de Pascal avec M. de Sacy. Etudes et commentaire, Paris, 1966.
14 P. COURCELLE, L'Entretien de Pascal et de Sacy, p. 141.
15 H. GOUHIER, Jìlaise Pascal. Commentaires, p. 87.
16 Ibid., pp. 87-88; A. GOUNELLE, L'Entretien de Pascal avec M. de Sacy. pp. 32-33.
17 J. CHEVALIER, ed., Entretien avec M. de Sacy, in PASCAL, Oeuvres compètes. Plèiade Paris, 1954, p. 562.
18 Ibid., p. 562.
19 Ibid., pp. 571-572.
20 Ibid., p. 573.
21 Ibid., pp. 571-572.
22 Ibid., pp. 572-573.
23 Ibid., p. 573.
24 H. GOUHIER, Blaise Pascal. Commentaires, pp. 94-98.
25 Sul racconto e il contesto dell'avvenimento, vedi H. GOUHIER, Blaise Pascal. Commentaires, pp. 131-140.
26 « La Vie de Monsieur Pascal par Madame Périer», in PASCAL, Oeuvres complètes, p. 15 (trad. it., Pensieri, Paoline, Roma, 1979, p. 47).
27 Sesta Provenzale, in PASCAL, Oeuvres complètes, pp. 862-863.
28 « Sur les miracles », in PASCAL, Oeuvres complètes, pp. 1066-1069.
29 « Questions sur les miracles proposées par Pascal a l'Abbé de Saint-Cyran », in PASCAL, Oeuvres complètes, pp. 1069-1072.
30 « La Vie de Monsieur Pascal par Madame Périer », in PASCAL, Oeuvres complètes, p. 16 (trad. it., Pensieri, Edizioni Paoline, Roma 1979, pp. 48-49).
31 Vedi nota 11, p. 57.
32 H. GOUHIER, Blaise Pascal. Cbmmentaires, pp. 168-169.