Summa Teologica - I

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Sintesi dottrinale delle questioni sull'unità di Dio

La SS. Trinità ( I, qq. 27 – 43 ).

I

1 - L'Angelico Dottore, fin dall'inizio delle sue considerazioni teologiche ci ha avvertiti che « noi non possiamo sapere che cosa è Dio ».

Però, servendoci di tutto ciò che ci è dato sapere intorno a ciò che vediamo nella natura e nella storia, possiamo acquistare delle nozioni che ci permettono di sapere che cosa egli non è, attribuendo inoltre al principio supremo ogni perfezione positiva manifestata a noi dai suoi effetti.

Tutta la molteplice, mutevole e quasi effimera realtà cosmica dipende necessariamente da un'altra realtà che porta in sé la ragione stessa del suo esistere e in sé unisce, trascendendoli, in tre modi dell'essere: l'« entitativo » o reale; l'« intenzionale » o intellettuale; il «tendenziale» o volitivo.

Non è difficile riconoscere in questa sintesi tomista un certo riflesso del pensiero di S. Agostino che, raccogliendo le preziose conquiste umane nella ricerca di Dio, dice essere Dio « la causa dell'esistere, la ragione del conoscere, l'ordine del vivere ».

Tommaso è tutto proteso nell'elaborazione del concetto di Dio quale può risultare in noi da questo triplice ordine di indagine, ammassando in esso tutto ciò che di bello egli trova sparso altrove.

Per questo le pagine dove scolpisce questo concetto hanno una densità trasluminosa difficilmente raggiungibile dal pensiero umano.

Come realtà ultra-entitativa, Dio è una purissima attualità che esclude non solo quanto sa di corporeo, ma altresì ogni ombra di potenzialità.

Perciò l'Angelico Dottore, poggiando fortemente sul dato della rivelazione biblica, secondo il quale Dio è « Colui che è », ne salva tutto il valore positivo e ne giustifica tutto il contenuto reale, spiegandola alla intelligenza umana nel modo geniale che fa del suo sistema una sintesi armoniosa nella quale la filosofia, come regina, porta alla teologia, sua imperatrice, i suoi più preziosi acquisti.

Dio, egli dice, è l'essere per sé sussistente e, come tale, racchiude in sé, in modo eminente e come in fonte, quanta perfezione si trova sparsa e disseminata nelle realtà create, o che può essere da noi concepita, senza limitazioni.

Egli, per questa pienezza di perfezione, realizza in sé il concetto di bene assoluto che Platone riconobbe veramente degno di Dio come principio supremo.

Egli è infinito, immutabile, come colui che esclude ogni limite di spazio e di tempo, ossia è immenso ed eterno; esiste tuttavia in tutte le cose create che, come loro principio distinto e causa efficiente, egli fa esistere.

É anche la monade e l'unità assoluta che, per il suo totale e irriducibile contrasto col « non-essere », è conoscibile anche da noi, ma con diverso lume e in vario grado sia per se stessa che per i suoi riverberi nelle creature.

E come può essere conosciuta da noi, così possiamo esprimere con vari nomi questa realtà sovrana.

Quale realtà ultra-intenzionale, ossia ultra-intellettuale, Dio è anche purissima attualità di cognizione, come lo è di entità; senza traccia, quindi, di quelle ombre che l' intendere importa anche nelle più sublimi intelligenze create.

Non vi sono cioè in lui quei vari elementi o principi dell'atto conoscitivo ( facoltà, specie, atti, oggetto ), che caratterizzano la vita intellettuale di ogni spirito creato.

Egli, infatti, intenzionalmente, è l'ente assoluto e possiede tutte le varie e molteplici sue partecipazioni, altrove disseminate e composte, nel modo eminentissimo che a lui solo conviene.

Egli è la sede delle idee esemplari e la verità assoluta, per l'assoluta identità tra l'essere e il conoscere, tra l'ordine reale e quello ideale.

É pure realtà vivente della cui vita e nella cui vita tutto vive, anche ciò che in sé è privo di vita.

Quale realtà ultra-tendenziale o appetitiva o volitiva, Dio ugualmente esclude da sé ogni distinzione reale di facoltà volitive, abiti virtuosi, pluralità di atti, ma tutto racchiude nel semplicissimo concetto di volere necessario, riguardo al bene assoluto, e libero, rispetto alle varie e infinite partecipazioni o irradiazioni, che da lui derivano la loro diversa stabilità nell'essere.

Quale confluenza di questo conoscere e volere, egli è anche provvidenza che, dall'eternità, tutto dispone sia nell'ordine naturale, sia nell'ordine soprannaturale.

E, come predispone, Dio, che è potenza infinita, eseguisce poi nel tempo il suo programma di azione manifestandosi quale causa prima che dà a tutto e a tutti l'esistere, e tocca nel più intimo tutte le modalità dell'essere, quale fonte di necessità, contingenza o libertà nei diversi enti che da lui, come da causa universalissima e trascendente, dipendono.

Questa prima realtà, sintesi purissima dell'essere, del conoscere e del volere, è, quindi, supremamente beata, ed è la beatitudine di tutti coloro che, riconoscendo la voce di Dio, docilmente seguono la via segnata nella storia.

Ad ognuno di questi tre modi d'essere si può riportare tutto quello che la mente umana balbetta quando parla di Dio.

Perciò, alcuni teologi lo considerano di preferenza come l'« ente assoluto»; altri lo contemplano come purissima « attualità intellettuale» ; altri mettono l'accento sulla nozione di « bene sommo ».

L'Angelico Dottore, per vivificare tutti gli elementi della teologia, si serve del concetto di esse per se subsistens ( I, q. 4, a. 2 ).

In possesso di questa nozione, egli procede, con metodo più squisitamente teologico, alla sistemazione della dottrina trinitaria, nucleo centrale e inequivocabilmente caratteristico dell'insegnamento rivelato dalla parola di Gesù Cristo.

In tale nozione confluiscono i due dati della rivelazione biblica ( Es 3,14 ) e della contemplazione filosofica di Grecia ( Aristotele, 12 Metaphys., c. 9 ).

2 - Se ben si osserva, alla radice di tutti gli errori e di tutte le eresie trinitarie, c'è una falsa nozione di Dio che rende impossibile o compromette ineluttabilmente la sintesi dottrinale cristiana.

L'orientalismo gnostico con la sua torbida nozione di Dio - silenzio abissale - nasconde il senso di indeterminatezza che si ritrova, con più elaborato linguaggio, nel neo-platonismo e nella stessa mistica indiana della Brhadàranyaka-Upanishad: « Brahman è l'Autogeno ».

D'altra parte, se la materia, essendo intrinsecamente impura, non può essere toccata dal Dio supremo, è necessario porre una serie più o meno lunga di Potenze intermediarie che, fuori di lui, permettano l'organizzazione della materia e il ritorno delle particelle luminose, sparse nel mondo, al focolare centrale della luce divina.

L'Angelico Dottore può superare genialmente queste posizioni di compromesso, perché è in possesso di una luminosissima nozione di Dio che, mentre ne rispetta la trascendenza, non lo separa né dalla realtà creata né dalla conoscenza dell'uomo.

La vitalità dell'ipsum esse per se subsistens, mentre spiega l'onda vitale che circola nel mondo, conserva la caratteristica che il pensiero di Tommaso d'Aquino le ha impresso; per essa, Dio parimente trascende, unendoli, i due generi d'attualità, sempre distinti nelle creature: quello dell'essere e quello dell'operare, dell'esistere e dell'agire.

L'assoluto, Dio, non solo è se stesso, ma questo stesso esistere nella sua purissima attualità non è che vita perenne, sgorgante dagli intimi principi di sé ed avente per oggetto tutte le possibili partecipazioni dell'essere; perciò, l'eterno è insieme l'attuale, senz'ombra alcuna di indeterminatezza.

L'atto creatore col quale l'insegnamento biblico inizia l'ammaestramento dell'uomo intorno a Dio, è il raggio luminoso che spazza via ogni tenebra di indeterminatezza e ogni nebbia di illusione mistica.

La creazione, con la sua quasi infinita varietà di enti via via più perfetti, il governo del mondo, che tutta questa sterminata molteplicità di enti fa convergere mirabilmente al medesimo fine, mentre ci mostrano in Dio una vitalità più palese, sono anche gli indizi di quella vita più profonda, più intima, più vera che sta nascosta nelle latebre della sua imperscrutabile natura.

Questa vita intima di Dio non ci può essere nota se non per mezzo della rivelazione, come automanifestazione di Dio all'uomo per educarlo alla vita migliore e beata.

Essa forma l'oggetto della presente ricerca teologica.

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