Summa Teologica - I |
Infra, q. 103, a. 6; C. G., III, cc. 76, 77, 83, 94; Comp. Theol., cc. 130, 131; De Angelis, c. 14
Pare che Dio non provveda direttamente a tutte le cose.
1. A Dio bisogna attribuire tutto ciò che conferisce onore e dignità.
Ma è proprio della dignità di un re avere dei ministri per mezzo dei quali provvedere ai propri sudditi.
Quindi con maggior ragione Dio non provvede direttamente a tutti gli esseri.
2. Alla provvidenza spetta ordinare le cose al loro fine.
Ma il fine di ciascuna cosa non è altro che la sua perfezione e il suo bene.
D'altra parte ogni causa è capace di portare il suo effetto al bene.
Quindi ogni causa agente viene a compiere gli [ stessi ] effetti della provvidenza.
Se dunque Dio provvedesse immediatamente a tutti gli esseri, sarebbero eliminate tutte le cause seconde.
3. S. Agostino [ Enchir. 5.17 ], come anche il Filosofo [ Met. 12,9 ], parlando delle cose vili afferma che « è meglio ignorarle che conoscerle ».
Ma a Dio bisogna attribuire tutto ciò che è meglio.
Quindi Dio non ha la provvidenza immediata di certe cose vili e cattive.
Sta scritto [ Gb 34,13Vg ]: « Ha forse costituito un altro a capo della terra?
Ovvero ha affidato a un altro l'orbe da lui fabbricato? ».
E S. Gregorio [ Mor 24,20 ] commenta: « Da se stesso governa il mondo che da se stesso ha creato ».
La provvidenza comprende due cose, cioè il piano o ordinamento degli esseri verso il loro fine e l'esecuzione di questo piano, che prende il nome di governo.
Per quanto riguarda la prima cosa, Dio provvede immediatamente a tutto.
Poiché nella sua mente ha l'idea di tutti gli esseri, anche dei più piccoli: e a tutte le cause che ha prestabilito per produrre degli effetti ha dato la capacità di produrre quei dati effetti.
Per cui è necessario che abbia avuto in antecedenza nella sua mente [ tutto ] l'ordine di tali effetti.
- Per quanto riguarda invece la seconda cosa, [ cioè il governo ], vi sono alcuni intermediari della divina provvidenza.
Poiché essa governa gli esseri inferiori mediante gli esseri superiori: e ciò non per difetto di potenza, ma per sovrabbondanza di bontà, per comunicare anche alle creature la dignità di cause.
E così viene scartata l'opinione di Platone, il quale, come riferisce S. Gregorio di Nissa [ Nemesio, De nat. hom. 44 ], poneva una triplice provvidenza.
La prima sarebbe stata propria del Dio supremo, che di preferenza e in modo speciale avrebbe provveduto alle cose spirituali, e secondariamente a tutto il mondo, interessandosi dei generi, delle specie e delle cause universali.
La seconda provvidenza avrebbe riguardato invece gli individui delle realtà [ corporee ] soggette alla generazione e alla corruzione: e questa [ Platone ] l'attribuiva agli dèi che percorrono i cieli, cioè alle sostanze separate, che muovono con moto circolare i corpi celesti.
La terza infine sarebbe stata la provvidenza delle cose umane, che egli attribuiva ai dèmoni, che i Platonici ponevano in mezzo fra noi e gli dèi, come riferisce S. Agostino [ De civ. Dei 9, cc. 1,2 ].
1. Avere dei ministri come esecutori della propria provvidenza fa parte della dignità di un re; ma che questi non abbia in sé la nozione esatta di ciò che i suoi ministri debbono eseguire è un indice di impotenza.
Infatti ogni scienza operativa è tanto più perfetta quanto più scende ai particolari nei quali si produce l'azione.
2. Dal fatto che Dio ha immediatamente cura di tutte le cose non vengono eliminate le cause seconde, che sono le esecutrici del piano divino, come appare chiaro da quanto si è detto sopra [ nel corpo ].
3. Per noi è meglio ignorare certe cose cattive e vili in quanto ci impediscono di considerare le cose migliori, dato che non ci è possibile pensare molte cose insieme, e anche perché il pensiero delle cose cattive talora spinge al male la nostra volontà.
Ma ciò non ha luogo in Dio, che con un solo sguardo vede insieme tutte le cose, e la cui volontà non può volgersi al male.
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