Summa Teologica - I

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Articolo 5 - Se creare appartenga esclusivamente a Dio

Infra, q. 65, a. 3; q. 90, a. 3; In 2 Sent., d. 1, q. 1, a. 3; In 4 Sent., d. 5, q. 1, a. 3, sol. 3;C. G., II, cc. 20, 21; De Verit., q. 5, a. 9; De Pot., q. 3, a. 4; Quodl., 3, q. 3, a. 1;Comp. Theol., c. 70; Opusc. 15, De Angelis, c. 10

Pare che il creare non appartenga esclusivamente a Dio.

Infatti:

1. Secondo Aristotele [ Meteor. 4,3; De anima 2,4 ], è perfetto ciò che può fare qualcosa di somigliante a se stesso.

Ora, le creature immateriali sono più perfette delle creature corporee, le quali [ tuttavia ] possono generare cose somiglianti a se stesse: infatti il fuoco genera il fuoco e l'uomo genera un altro uomo.

Quindi una sostanza immateriale [ un angelo ] può produrre un'altra sostanza immateriale che le sia simile.

Ma una sostanza immateriale non può essere prodotta che per creazione, poiché manca in essa la materia dalla quale possa essere prodotta.

Quindi qualche creatura può creare.

2. Quanto maggiore è la resistenza da parte di ciò che viene prodotto, tanto maggiore potenza si richiede in chi opera.

Ora, il contrario oppone certo maggiore resistenza che il nulla.

Quindi è opera di maggior potenza fare qualcosa da un contrario, il che tuttavia le creature fanno, che non il produrre qualcosa dal nulla.

Con più ragione dunque le creature potranno fare anche quest'ultima cosa.

3. La potenza di chi opera viene misurata dalla cosa prodotta.

Ora, l'essere creato è una realtà finita, come si è dimostrato [ q. 7, a. 2ss ] trattando dell'infinità di Dio.

Quindi per produrre mediante la creazione una cosa creata non si richiede che una potenza finita.

Ma avere una potenza finita non è incompatibile con il concetto di creatura.

Quindi non è impossibile che una creatura crei. In contrario: S. Agostino [ De Trin. 3,8.13 ] dice che né gli angeli buoni né quelli cattivi possono essere creatori di qualcosa.

Molto meno quindi le altre creature.

Dimostrazione:

Stando a quanto si è detto [ a. 1; q. 44, aa. 1,2 ], è abbastanza evidente a prima vista che l'atto creativo è un'azione propria soltanto di Dio.

In realtà è necessario riferire gli effetti più universali alle cause più universali e primigenie.

Ma tra tutti gli effetti il più universale è lo stesso essere.

Quindi bisogna che questo sia effetto esclusivo della prima e universalissima causa, che è Dio.

E nel libro De Causis [ 3 ] si legge che neppure l'intelligenza, o « anima superiore », dà l'essere se non in quanto opera in forza di una mozione divina.

Ora, nel concetto di creazione rientra la produzione dell'essere stesso, e non delle sue sole determinazioni specifiche o numeriche.

Quindi è chiaro che la creazione è un'operazione propria di Dio.

Ma può succedere che a un ente venga concesso di compiere l'operazione che è propria di un altro non per virtù propria, bensì come strumento, agendo in virtù di quell'altro: come l'aria che in virtù del fuoco ottiene la facoltà di riscaldare e di infuocare.

Per questo motivo alcuni hanno pensato che, sebbene la creazione sia un'operazione propria della causa universale, tuttavia una causa subordinata, agendo in forza della causa prima, potrebbe creare.

Così Avicenna [ Met. 9,4 ] affermò che la prima sostanza separata, creata [ immediatamente ] da Dio, ne crea una seconda a sé inferiore, e la sostanza della sfera celeste, e l'anima di questa; e a sua volta la sostanza della sfera celeste crea la materia dei corpi inferiori.

E allo stesso modo anche il Maestro delle Sentenze [ 4,5 ] dice che Dio può comunicare alla sua creatura la potenza creatrice, in modo che essa possa creare per delega, non in forza della propria capacità.

Ma la cosa non è ammissibile.

Infatti la causa seconda strumentale non prende parte all'azione della causa superiore se non in quanto coopera, mediante una sua peculiarità, a disporre un soggetto all'azione dell'agente principale.

Se dunque non causasse nulla in base a ciò che forma la sua peculiarità, il suo impiego nell'azione sarebbe inutile, e non ci sarebbe affatto bisogno di determinati strumenti per determinate funzioni.

Vediamo invece che la scure, tagliando il legno, funzione che le deriva dalla sua forma caratteristica, produce la figura della sedia, che è l'effetto proprio dell'agente principale [ cioè dell'artigiano ].

Ora l'essere, che è l'effetto proprio di Dio nel creare, è il presupposto di ogni altra cosa.

Quindi non si può fare nulla dispositivamente o strumentalmente in vista di questo effetto, non dipendendo la creazione da un presupposto qualsiasi che possa essere disposto da parte di una causa strumentale.

- Quindi non è possibile che una creatura abbia la facoltà di creare, né per virtù propria, né come strumento o per delega.

Ed è specialmente fuori luogo affermare che un corpo possa creare: poiché nessun corpo agisce senza un contatto o un moto, e quindi per agire richiede qualcosa di preesistente, atto a essere toccato e mosso: cosa incompatibile con l'idea di creazione.

Analisi delle obiezioni:

1. Un essere perfetto che abbia ricevuto una data natura produce qualcosa di simile a sé non già producendo quella natura in modo assoluto, ma imprimendola in qualche soggetto.

Quest'uomo infatti non può essere causa della natura umana presa in senso assoluto, poiché in tal modo verrebbe a essere causa di se stesso, ma è causa del fatto che la natura umana sia in quest'altro uomo generato.

E così nel suo agire presuppone una determinata materia, dalla quale quest'altro uomo deriva.

Ma come l'uomo singolo riceve la natura umana, così qualsiasi ente creato riceve, per così dire, la natura dell'essere: poiché Dio soltanto è il suo proprio essere, come si è detto sopra [ q. 7, a. 1, ad 3; a. 2 ].

Quindi nessun ente creato può produrre un altro ente come tale, ma soltanto può causare l'essere in un dato soggetto: perciò all'operazione con la quale una creatura produce qualcosa di somigliante a sé va presupposta una qualche entità che faccia di una cosa questo dato soggetto.

Ora, in una sostanza immateriale non si può presupporre qualcosa che la costituisca nella sua individualità numerica: poiché essa è numericamente determinata in forza della sua forma, mediante la quale riceve l'essere, trattandosi di una forma sussistente.

Quindi una sostanza immateriale non può produrre un'altra sostanza immateriale somigliante a sé per il suo essere [ sostanziale ], ma soltanto quanto a certe perfezioni complementari: come quando affermiamo con Dionigi [ De cael. hier. 8,2 ] che l'angelo superiore illumina l'inferiore.

E in questo modo vi è una paternità anche tra gli esseri celesti, come risulta dalle parole dell'Apostolo [ Ef 3,15 ]: « Dal quale [ da Dio Padre ] ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome ».

E anche da ciò risulta evidente che nessun essere creato può causare senza presupposti.

Cosa questa incompatibile con il concetto di creazione.

2. È accidentale che una cosa derivi dal suo contrario, come dice Aristotele [ Phys. 1,7 ], poiché di per sé essa viene ricavata da un soggetto che è in potenza.

Il contrario quindi resiste all'agente in quanto trattiene la potenzialità da quell'atto al quale l'agente tende a portarla: come il fuoco tende a portare la materia dell'acqua a un atto che gli assomiglia, ma trova ostacolo nella forma e nelle disposizioni contrarie, dalle quali la potenza viene come legata perché non sia portata all'atto.

E quanto maggiormente la potenza è legata, tanto maggior forza si richiede nell'agente per ridurre in atto la materia.

Per cui molta maggiore potenza si richiede nell'agente se non preesiste alcuna potenzialità.

Così dunque è chiaro che è un'opera di maggior potenza produrre qualcosa dal nulla che non da un'entità contraria.

3. La potenza di chi opera non va misurata soltanto in base alla natura del prodotto, ma anche in base al modo della produzione: infatti un calore più intenso non solo riscalda di più, ma riscalda anche più celermente.

Sebbene quindi creare un effetto finito non manifesti una potenza infinita, tuttavia lo stesso creare dal nulla manifesta una potenza infinita.

Cosa questa già dimostrata sopra [ ad. 2 ] .

Se infatti si richiede nell'agente tanta maggiore efficacia quanto più la potenza è lontana dall'atto, bisogna che l'efficacia di chi produce senza presupporre alcuna potenza, quale è l'agente che crea, sia infinita: poiché non esiste confronto tra l'assenza di ogni potenzialità e una qualche potenza - che l'efficacia di un agente naturale presuppone sempre -; come [ non può esserci confronto ] tra il non ente e l'ente.

E siccome nessuna creatura ha una potenza o un essere semplicemente infiniti, come si è provato in antecedenza [ q. 7, a. 2 ], rimane stabilito che nessuna creatura può creare.

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